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CA’ FOSCARI, PROGETTO RARA FACTORY FRA LE 4 START UP PREMIATE AL MOTOR VALLEY ACCELERATOR EXPO
AL VIA A VENEZIA LA RICERCA PER LA GENERAZIONE SINTETICA DELLE TERRE RARE

Il progetto ottiene un finanziamento di 400 mila euro, le attività saranno sviluppate nei laboratori di Marghera Venezia al VEGA Parco Scientifico  Tecnologico

I ricercatori dello spin off studiano materiali innovativi e sostenibili combinando fisica della materia, teoria delle reti e intelligenza artificiale per sostituire le ‘terre rare’ con composti puliti

19 dicembre 2024

VENEZIA – RARA Factory, lo spin off dell’Università Ca’ Foscari Venezia che sviluppa materiali innovativi e sostenibili combinando fisica della materia, teoria delle reti e intelligenza artificiale, è tra le quattro startup selezionate e finanziate da Motor Valley Accelerator, la principale piattaforma di Open Innovation in Italia dedicata all’innovazione nei settori Mobility ed Automotive.

L’annuncio è avvenuto nel corso del Motor Valley Accelerator Expo svoltosi a Fiorano Modenese, nel cuore della Motor Valley dell’Emilia-Romagna; un appuntamento nel quale si sono radunati startup e dipartimenti di R&D ed innovazione delle principali aziende del mondo nel settore Mobility ed Automotive.

Il progetto RARA Factory è coordinato dai docenti del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi Stefano Bonetti e Guido Caldarelli, dal prof. Michele Bugliesi del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica e da Stefano Micelli, docente della Venice School of Management.

Il team di ricerca studia lo sviluppo di un algoritmo per la generazione sintetica delle terre rare che fanno parte di un più ampio gruppo di “materiali rari” o “materiali critici”, per esempio nichel o cobalto, che sono alla base di tutti i dispositivi elettronici di ultima generazione, come batterie ricaricabili, motori elettrici, schermi TV e LCD.

L’obiettivo di Rara Factory è infatti quello di offrire una soluzione completamente nuova al problema. L’idea non è di trovare terre rare o materiali rari, riciclandoli o cercando nuovi giacimenti, ma di sostituirli completamente con composti puliti e abbondanti di prestazioni uguali o superiori.

Stefano Bonettidocente di Ingegneria Fisica a Ca’ Foscari: “La scorsa settimana abbiamo partecipato come RARA Factory all’Expo 2024 del Motor Valley Accelerator a Modena, un evento di punta per l’innovazione tecnologica nel settore automobilistico, dove i materiali sono cruciali. L’Expo ha offerto un’opportunità esclusiva per connettersi con innovatori che stanno ridefinendo il panorama della mobilità. Come RARA Factory siamo state una delle quattro startup innovative premiate nel 2024 con un investimento di accelerazione di 400mila euro, che servirà ad avviare le prime attività nei nostri laboratori a Marghera. Abbiamo firmato accordi di collaborazione con diverse importanti aziende del settore, estremamente interessate nell’usare la nostra tecnologia per sostituire materiali critici nei loro prodotti. È entusiasmante vedere come la ricerca di base che stiamo portando avanti potrà avere un impatto su scala così ampia”.

Progetto RARA Factory, foto di gruppo

Motor Valley Accelerator nasce da un’iniziativa congiunta del network nazionale di CDP Venture Capital Sgr, UniCredit, e Fondazione Modena, gestito da Plug and Play, anche in veste di investitore, e CRIT. In quattro anni di attività ha contribuito a rafforzare l’ecosistema dell’industria automotive finanziando complessivamente 28 startup. Grazie alla collaborazione con le aziende partner (STMicroelectronics, Ferrari, Agrati, Dallara, Sabelt, OMR, Gruppo Hera e UnipolSai Assicurazioni) che sono state anche protagoniste nelle fasi di selezione, sono stati avviati oltre 30 Proof of Concept di cui una parte si sono evoluti in progetti avanzati verso l’implementazione.

Testo e foto dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia

Ophiuroid Optimum: grazie alle stelle serpentine antartiche è stata identificata un nuovo periodo climatico della Terra

Pubblicato su Scientific Reports lo studio del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa su una carota di sedimento marino dell’Antartide

Un gruppo di ricercatori e ricercatrici del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa ha identificato un nuovo periodo climatico del nostro pianeta denominato “Ophiuroid Optimum” che va dal 50 al 450 d.C.

Lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports è stato condotto in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e il Museo Nazionale di Storia Naturale del Lussemburgo. Ricercatori e ricercatrici hanno analizzato una carota di sedimento marino raccolta ad una profondità di 462 m sotto il livello del mare nell’Edisto Inlet, un fiordo nel Mare di Ross occidentale in Antartide.

Lo studio della carota ha consentito di ricostruire la storia climatica della Terra negli ultimi 3600 anni evidenziando anche periodi già noti come il caldo medievale, fra il 950 e il 1250 d.C., e la piccola età glaciale, dal 1300 sino al 1850 d.C.. Durante l’intervallo di tempo denominato “Ophiuroid Optimum”, nell’area antartica dell’Edisto Inlet, si sono susseguite estati australi caratterizzate dall’assenza di ghiaccio marino ed importanti fioriture algali. Il persistere di queste condizioni ambientale ha permesso lo sviluppo di un’ampia comunità “bentonica”, ossia di organismi acquatici, animali e vegetali che vivono vicino ai fondali, ricca in stelle serpentine.

Questa carota di sedimento ci ha consentito di effettuare degli studi paleoecologici e paleoclimatici ad altissima risoluzione – spiega Giacomo Galli dottorando fra gli Atenei di Pisa e Ca’ Foscari Venezia – questo perché è in gran parte fatta di fango costituito principalmente da diatomee, cioè piccole alghe unicellulari con guscio siliceo, a cui si aggiungono foraminiferi che sono organismi unicellulari con guscio che può fossilizzare, e resti di ofiure, cioè animali noti con il nome di stelle serpentine, echinodermi simili alle stelle marine. In particolare, gli abbondanti resti fossili delle stelle serpentine hanno permesso di identificare e caratterizzare il nuovo periodo climatico”.

La nostra comprensione del clima presente, nonché la possibilità di modellare quello futuro, è possibile solo grazie ai dati che derivano dalle informazioni sul clima del passato – conclude la professoressa Morigi dell’Università di Pisa – ogni tassello che ci aiuta a comprendere meglio la storia climatica del nostro Pianeta ha enormi implicazione nell’aiutarci a capire come questa si evolverà nel prossimo futuro”.

Hanno partecipato alla ricerca per il dipartimento della di Scienze della terra dell’Università di Pisa Giacomo Galli, la professoressa Caterina Morigi, responsabile di vari progetti per la ricerca in Antartide (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, PNRA) ed in Artide (Programma di Ricerca in Artico, PRA) e Karen Gariboldi, ricercatrice esperta di diatomee. Fra gli altri autori Ben Thuy, ricercatore presso il Museo Nazionale di Storia Naturale del Lussemburgo, uno dei maggiori esperti di ofiuroidi fossili al mondo.

Riferimenti bibliografici:

Galli, G., Morigi, C., Thuy, B. et al. Late Holocene echinoderm assemblages can serve as paleoenvironmental tracers in an Antarctic fjord, Sci Rep 14, 15300 (2024), DOI: https://doi.org/10.1038/s41598-024-66151-5

Nella foto, la bivalve Adamussium colbecki, il riccio Sterechinus neumayeri, la spugna Homaxinella balfourensis, la stella serpentina Ophionotus victoriae, ragni di mare Colossendeis. Foto NSF/USAP, di Steve Clabuesch, in pubblico dominio
L’immagine ha lo scopo di mostrare una specie di stelle serpentine, Ophionotus victoriae, i cui fossili sono stati centrali in questa ricerca che ha individuato il nuovo periodo climatico Ophiuroid Optimum. Nella foto, la bivalve Adamussium colbecki, il riccio Sterechinus neumayeri, la spugna Homaxinella balfourensis, la stella serpentina Ophionotus victoriae, ragni di mare Colossendeis. Foto NSF/USAP, di Steve Clabuesch, in pubblico dominio

Testo dal Polo Comunicazione CIDIC – Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura dell’Università di Pisa.

Costruire con il DNA: una formula matematica per farlo senza errori

Una ricerca internazionale, a cui ha collaborato un team della Sapienza, ha sviluppato un metodo per individuare la soluzione ottimale e più efficiente per costruire strutture complesse con mattoncini di DNA attraverso un meccanismo di auto-assemblaggio. La scoperta apre a nuove prospettive per la progettazione di nanomateriali e per applicazioni in campi come la fotonica e la nanoelettronica. I risultati sono pubblicati su Science.

Tutti i bambini, avendo tra le mani i mattoncini lego o i pezzi di un puzzle, hanno provato almeno una volta a realizzare una costruzione o a ricomporre l’immagine nascosta nelle tessere.

Riuscire ad assemblare le molecole di DNA, come fossero i mattoncini lego o i pezzi di un puzzle, per realizzare strutture complesse come i cristalli, è l’ultima frontiera della fisica.

Il DNA si presta a essere utilizzato a tale scopo, grazie alla complementarietà delle quattro basi azotate, che lo rende molto versatile e adatto a unirsi in composti. Attraverso un meccanismo detto di ‘auto- assemblaggio’ le molecole stesse, anche in enorme numero, formano una struttura organizzata come conseguenza di interazioni specifiche e locali tra i costituenti, senza azioni esterne.

Tuttavia, riuscire a ottenere e a controllare l’auto-assemblaggio delle particelle non è semplice. Data una determinata struttura, la sfida è riuscire a sintetizzarla in maniera corretta ed efficiente, riducendo il più possibile il numero delle diverse componenti necessarie. Una collaborazione internazionale ha cercato di indagare a fondo il problema in uno studio in uscita su Science. Tra gli esperti coinvolti anche Lorenzo Rovigatti, Francesco Sciortino e John Russo del Dipartimento di Fisica della Sapienza, insieme ai colleghi della Ca’ Foscari, di Columbia e della Arizona State University.

Riprendendo l’esempio precedente, i mattoncini lego e i pezzi di un puzzle sono in realtà due processi alternativi e diversi di costruzione. I primi sono tutti simili tra loro e sono progettati in modo da potersi legare con qualsiasi altro mattoncino per creare infinite forme. I secondi invece sono tutti diversi e si legano solo al loro corrispondente, in una posizione ben precisa, per formare un disegno predefinito.

La scelta degli scienziati sta dunque nel mezzo: non mattoncini tutti uguali per avere infinite strutture, né pezzi tutti diversi per ottenere il risultato voluto, ma il numero minimo di elementi diversi per creare esattamente e solamente la conformazione cercata.

La chiave per arrivare alla soluzione è stata la traduzione di questo problema teorico, e quindi della struttura desiderata, in un insieme di clausole logiche semplici. Queste possono essere poi risolte numericamente, ricavando così una soluzione ottimale ed efficiente per qualsiasi forma.

Per dimostrare la validità del metodo, gli autori hanno deciso di realizzare sperimentalmente l’auto-assemblaggio di un cristallo scelto per le sue proprietà fotoniche su scala nanometrica, , il pirocloro, “un cristallo che non esiste in natura ed era considerato impossibile da realizzare sperimentalmente” – dice John Russo, del Dipartimento di Fisica – Per crearlo sono state utilizzate particelle interamente composte di DNA (in gergo ‘DNA origami’). In questo modo è stato possibile dimostrare che come previsto si forma precisamente la struttura richiesta, in una sorta di puzzle da soli quattro tipi di pezzi che infallibilmente si assembla da solo.

“Il lavoro si basa sull’idea di utilizzare uno strumento matematico chiamato “Soddisfacibilità booleana”, anche noto come SAT, per risolvere il problema di auto-assemblare strutture ordinate a partire da un numero limitato di mattoncini. Il vantaggio di usare il SAT è che, oltre a ottenere una soluzione che assembli la struttura ordinata voluta, permette anche di affinare la soluzione affinché eventuali strutture che competono con quella target vengano sfavorite – dichiara Lorenzo Rovigatti del Dipartimento di Fisica – In questo lavoro applichiamo questa tecnica sofisticata per progettare al computer e poi ottenere in laboratorio un materiale cristallino mai stato assemblato prima, dimostrando chiaramente le potenzialità del nostro metodo, che abbiamo ribattezzato ‘SAT-assembly’.”

Questo approccio innovativo alla formazione spontanea delle strutture offre una nuova prospettiva per la progettazione di nanomateriali, consentendo di costruire strutture composte da miliardi di componenti disposti con assoluta precisione e aprendo la strada ad applicazioni in campi come la fotonica e la nanoelettronica.

 

Riferimenti bibliografici:

Inverse design of a pyrochlore lattice of DNA origami through model-driven experiments

Hao Liu, Michael Matthies, John Russo, Lorenzo Rovigatti, Raghu Pradeep Narayanan, Thong Diep, Daniel McKeen, Oleg Gang, Nicholas Stephanopoulos, Francesco Sciortino, Hao Yan, Flavio Romano, Petr Šulc

Science – doi: 10.1126/science.adl5549  

 

costruire DNA
Un metodo per individuare la soluzione ottimale e più efficiente per costruire strutture complesse con mattoncini di DNA attraverso un meccanismo di auto-assemblaggio. Foto PublicDomainPictures

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Inventato in Italia il software per ottimizzare la qualità delle immagini di risonanza magnetica cardiaca: si chiama THAITI

Brevetto di scienziate e scienziati di Milano-Bicocca, Ca’ Foscari e Auxologico premiato alla più importante conferenza medica di settore. Supporta gli operatori nel calcolo di un parametro fondamentale per la corretta visualizzazione delle cicatrici cardiache

VENEZIA, MILANO, 14 febbraio 2024 – Come l’abilità nel “cogliere l’attimo” conta nella fotografia d’autore, così fino ad oggi è stata l’esperienza dell’operatore di radiologia a fare la differenza nella visualizzazione di aree cicatriziali nel cuore durante l’esecuzione di esami di risonanza magnetica cardiaca. Un’invenzione di scienziate e scienziati italiani promette di innovare questa fondamentale pratica diagnostica, rendendola accurata al primo “scatto” grazie all’intelligenza artificiale. Si chiama “THAITI” ed è un software messo a punto e brevettato da un team interdisciplinare composto da Daniela Besozzi e Daniele M. Papetti dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Marco S. Nobile dell’Università Ca’ Foscari Venezia, e Camilla Torlasco dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano.

A sancirne il valore è stata la conferenza globale sulla risonanza magnetica cardiovascolare (CMR 2024), che all’invenzione italiana ha assegnato il primo premio della Shark Tank Competition, giudicando THAITI “innovativo, di impatto clinico, con valore traslazionale e pronto per la commercializzazione”. Brevettato a livello italiano e internazionale, il modello ora punta a trovare investimenti grazie anche alla collaborazione degli uffici di trasferimento tecnologico dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Università Ca’ Foscari e dell’Istituto Auxologico Italiano.

Il software è in grado di calcolare il valore ottimale del cosiddetto “tempo di inversione”, un parametro necessario per l’acquisizione di immagini mirate a identificare l’eventuale presenza di tessuto cicatriziale nel cuore a seguito di somministrazione di un mezzo di contrasto. Essendo strettamente correlato alla quantità di mezzo di contrasto presente nel cuore, il tempo di inversione è diverso per ogni paziente e il suo valore ottimale varia ripetutamente nel corso di uno stesso esame. Normalmente, l’operatore seleziona e modifica il tempo di inversione con un processo guidato dall’esperienza, e basato sull’aspetto dell’immagine precedente e sulle caratteristiche del paziente. THAITI, a partire da informazioni fisiologiche e antropometriche del paziente ed informazioni tecniche sull’esame, sfrutta un modello di intelligenza artificiale per determinare il tempo di inversione ottimale, personalizzato e dinamico, con cui ottenere una serie di immagini di alta qualità  del tessuto cardiaco durante l’intera esecuzione dell’esame di risonanza magnetica.

“La nostra invenzione – spiega Camilla Torlasco, cardiologa Coordinatrice del Servizio di Risonanza Magnetica Cardiaca di Auxologico – ottimizza la qualità delle immagini acquisite, e rappresenta quindi un prezioso strumento di supporto alla diagnosi. Inoltre, THAITI fluidifica il flusso di lavoro, riducendo la fatigue degli operatori e migliorando l’esperienza del paziente”.

“THAITI è uno strumento per applicare un approccio di medicina di precisione – specifica Daniele M. Papetti, assegnista di ricerca presso l’Università di Milano-Bicocca – perché il tempo di inversione viene calcolato sfruttando caratteristiche specifiche di ciascun paziente. Inoltre, THAITI assicura la possibilità di acquisire coerentemente immagini di qualità standardizzata, che facilitano la riproducibilità degli esami e dei loro risultati”.

Il prototipo è in una fase avanzata di sviluppo. “Le funzionalità fondamentali di THAITI sono state messe a punto – racconta Marco S. Nobile, professore di Informatica all’Università Ca’ Foscari – rimane da perfezionare l’interfaccia utente e assicurare la scalabilità del sistema, che deve poter rispondere in tempo reale a una grande quantità di richieste provenienti potenzialmente da tutto il mondo”.

Il software non richiede investimenti in strumentazione per essere utilizzato, è sufficiente la licenza d’uso. “Questo aspetto – aggiunge Daniela Besozzi, professoressa di Informatica all’Università di Milano-Bicocca – oltre a facilitare l’adozione di THAITI, lo rende una soluzione di particolare impatto sia per i paesi a reddito basso o medio-basso, dove la diffusione della risonanza magnetica cardiaca è limitata anche dalla difficoltà di fornire una formazione adeguata agli operatori di radiologia, sia per i centri di risonanza magnetica cardiaca a basso volume o aperti di recente”.

La risonanza magnetica cardiaca è un esame fondamentale per la valutazione della cardiopatia ischemica e delle cardiomiopatie, situazioni in cui la presenza e le caratteristiche di eventuale tessuto cicatriziale sono indispensabili a fini diagnostici, prognostici, e per guidare la gestione clinica dei pazienti. Inoltre, con la risonanza magnetica cardiaca è possibile studiare accuratamente cardiopatie congenite, malattie del pericardio e dell’aorta e, in misura minore, l’apparato valvolare cardiaco. THAITI è stato addestrato su una molteplicità di patologie cardiovascolari, garantendone la massima generalizzabilità.

Risonanza magnetica cardiaca, IRCCS Istituto Auxologico Italiano. Foto di Ugo De Berti, https://www.udb.it
Inventato in Italia il software per ottimizzare la qualità delle immagini di risonanza magnetica cardiaca: si chiama THAITI. Nella foto, risonanza magnetica cardiaca, IRCCS Istituto Auxologico Italiano. Foto di Ugo De Berti, https://www.udb.it

Testo e foto dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia, dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca e dall’Ufficio Stampa Auxologico IRCCS

Cambiamento climatico, l’Artico sta perdendo la “memoria”

Lo scioglimento causato dal riscaldamento globale sta deteriorando rapidamente il segnale climatico contenuto nei ghiacciai delle isole Svalbard. Questo è quanto scoperto da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di scienze polari del CNR e dall’Università Ca’ Foscari Venezia. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista The Cryosphere.

VENEZIA – In tutto il Mondo i ghiacciai si stanno ritirando a una velocità senza precedenti, e questo sta comportando la perdita delle informazioni riguardanti la storia del clima e dell’ambiente in essi contenute. A perdere la memoria sono anche i ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard, nel Circolo polare artico: lo dimostra per la prima volta uno studio internazionale pubblicato sulla rivista The Cryosphere, guidato da ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISP) e dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

“Dobbiamo pensare agli strati di ghiaccio come a pagine di un manoscritto antico che gli scienziati sono in grado di interpretare. Anche se le evidenze del riscaldamento atmosferico sono ancora conservate nel ghiaccio, il segnale climatico stagionale è andato perduto”, spiega Andrea Spolaor, ricercatore del CNR-ISP. “I ghiacciai a queste quote – con l’attuale tasso di riscaldamento e l’aumento della fusione in estate – rischiano di perdere le informazioni climatiche registrate al loro interno, compromettendo la ricostruzione del cambiamento climatico affrontato dalla Terra nel corso del tempo”.

Dal 2012 al 2019, il team di ricerca ha studiato l’evoluzione del ghiacciaio dell’Holtedahlfonna, uno dei più elevati dell’arcipelago delle Svalbard, scoprendo che il segnale climatico, visibile nel 2012, era completamente scomparso nel 2019.

“L’arcipelago delle Svalbard è particolarmente sensibile ai cambiamenti del clima, a causa dell’altitudine relativamente bassa delle sue principali calotte glaciali”, spiega Carlo Barbante, direttore del CNR-ISP e professore all’Università Ca’ Foscari. “Inoltre, la posizione geografica enfatizza il fenomeno dell‘amplificazione artica, ossia l’aumento delle temperature più rapido rispetto alla media globale, causato da processi come la riduzione del ghiaccio marino e dell’albedo, che è la capacità di rifrazione dei raggi solari. Quest’ultima, tipica delle superfici chiare, contribuisce a mantenere le temperature più basse”.

Proprio per mettere in salvo questi archivi, nel 2023 i ricercatori impegnati nei progetti Ice Memory e Sentinel hanno portato a termine una complessa campagna di perforazione del ghiacciaio dell’Holthedalfonna, riuscendo ad estrarre tre carote di ghiaccio profonde. La speranza della comunità scientifica è che questi campioni contengano ancora informazioni climatiche rappresentative della regione.

“I risultati di questa ricerca, evidenziando la minaccia che gli effetti del cambiamento climatico rappresentano, sottolineano la necessità di preservare gli archivi glaciali e le relative informazioni climatiche, ora a rischio a causa del riscaldamento globale”, conclude Jacopo Gabrieli,

 

13 febbraio 2024

La scheda

Chi: Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Venezia (CNR-ISP), Università Ca’ Foscari Venezia

Che cosa: Studio sulla perdita del segnale climatico dei ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard, pubblicato su The Cryosphere https://doi.org/10.5194/tc-18-307-2024

Spolaor A., Scoto F., Larose C., Barbaro E., Burgay F., Bjorkman M. P., Cappelletti D., Dallo F., De Blasi F., Divine D., Dreossi G., Gabrieli J., Isaksson E., Kohler J., Martma T., Schmidt L. S., Schuler T. V., Stenni B., Turetta C., Luks B., Casado M., and Gallet J.-C. (2023) Climate change is rapidly deteriorating the climatic signal in Svalbard glaciers, «The Cryosphere» 18, 307–320

 

Testo e immagini dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia

MATERIALI QUANTISTICI: SCOPERTO UN NUOVO STATO DELLA MATERIA CONTRADDISTINTO DAL FENOMENO QUANTISTICO CHIAMATO CORRENTE CHIRALE
Su Nature studio guidato da Ca’ Foscari che potrà avere applicazioni basate su nuovi dispositivi nei campi della sensoristica, biomedicale e delle rinnovabili. Scoperta possibile grazie al Sincrotrone italiano Elettra.

mercoledì 7 febbraio 2024

Interno del Sincrotrone Elettra, a Basovizza, Triestefisica quantistica corrente chirale
Interno del Sincrotrone Elettra, a Basovizza, Trieste. Foto di Betta27, in pubblico dominio

VENEZIA – Un gruppo internazionale di ricerca ha scoperto un nuovo stato della materia contraddistinto dall’esistenza di un fenomeno quantistico chiamato corrente chirale. Tali correnti sono generate su scala atomica da un movimento cooperativo di elettroni, che è all’origine della nuova fase della materia appena scoperta, a differenza dei materiali magnetici convenzionali le cui proprietà hanno origine dalla caratteristica quantistica di un elettrone nota come spin e dal loro ordinamento nel cristallo.

La chiralità è una proprietà di estrema importanza nelle scienze, per esempio è anche fondamentale per capire il DNA. Nel fenomeno quantistico scoperto la chiralità delle correnti è stata rilevata studiando un processo di interazione tra luce e materia nel quale un fotone opportunamente polarizzato è in grado di emettere un elettrone dalla superficie del materiale con uno stato di spin ben definito.

La nuova scoperta, pubblicata oggi sulla prestigiosa rivista Nature, arricchisce in modo significativo la conoscenza sui materiali quantistici, in particolar modo sulla ricerca di fasi quantistiche chirali e sui fenomeni che avvengono alla superficie dei materiali.

“La rivelazione dell’esistenza di questi stati quantistici – spiega Federico Mazzola, ricercatore in Fisica dei materiali all’Università Ca’ Foscari Venezia e leader dello studio – può aprire la strada per lo sviluppo di un nuovo tipo di elettronica che impieghi correnti chirali come portatori di informazioni al posto della carica dell’elettrone. Inoltre, tali fenomeni potrebbero avere un importante risvolto per applicazioni future basate su nuovi dispositivi optoelettronici chirali, e un grande impatto nel campo delle tecnologie quantistiche per nuovi sensori, così come nel campo biomedico ed in quello delle energie rinnovabili”.

Nato da una predizione teorica, questo studio ha verificato in modo diretto e per la prima volta l’esistenza di questo stato quantistico, fino ad ora enigmatico ed elusivo, grazie all’utilizzo del Sincrotrone italiano Elettra. Finora la conoscenza circa l’esistenza di questo fenomeno era infatti limitata a predizioni teoriche per alcuni materiali. La sua osservazione sulle superfici dei solidi lo rende estremamente interessante per lo sviluppo di nuovi dispositivi elettronici ultra sottili.

Il gruppo di ricerca, che comprende partner nazionali e internazionali tra cui l’Università Ca‘ Foscari di Venezia, l’Istituto Spin e l’Istituto Officina dei Materiali del CNR e l’Università di Salerno, ha investigato il fenomeno su un materiale già noto alla comunità scientifica per le sue proprietà elettroniche e per applicazioni di spintronica superconduttiva, ma la nuova scoperta ha un respiro più ampio, essendo molto più generale ed applicabile ad una vasta gamma di materiali quantistici.

Questi materiali stanno rivoluzionando la fisica quantistica e l’attuale sviluppo di nuove tecnologie, con proprietà che vanno ben oltre quelle descritte dalla fisica classica.

Hanno partecipato allo studio ricercatrici e ricercatori dal Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari, Istituto Officina dei Materiali, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Fisica Teoretica dell’Università Jagellonica (Polonia), Istituto di Fisica dell’Accademia Polacca delle Scienze, Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello” dell’Università di Salerno, Istituto SPIN del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Sincrotrone SOLEIL, Interdisciplinary Nanoscience Center dell’Università di Aarhus, Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisica e Astronomia Department of Physics and Astronomy dell’Università Nazionale di Seul, Seul, Korea.

Riferimenti bibliografici:

Mazzola, F., Brzezicki, W., Mercaldo, M.T. et al. Signatures of a surface spin–orbital chiral metal, Nature (2024), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-024-07033-8

 

Testo dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia

DA CA’ FOSCARI UN ALGORITMO PER SOSTITUIRE LE TERRE RARE CON MATERIALI SOSTENIBILI

Stefano Bonetti, fisico a Ca’ Foscari, ha presentato l’attività della Fondazione Rara in audizione alla Commissione Esteri della Camera:

Non c’è un modo pulito di estrarre terre rare, ma con la ricerca possiamo trovare nuovi materiali, generando un forte impatto economico”.

VENEZIA – Lantanio, cerio, praseodimio, neodimio. Sono solo le prime delle diciassette ‘terre rare’ presenti nella tavola periodica degli elementi. Si chiamano terre, ma sono sostanzialmente dei metalli, tutti con colore simile, indispensabili per l’economia del presente e del futuro, per la transizione ecologica, e per gli interessi di molti Paesi.

Le terre rare fanno parte di un più ampio gruppo di “materiali rari” o “materiali critici”, per esempio nichel o cobalto, che sono alla base di tutti i dispositivi elettronici di ultima generazione, come batterie ricaricabili, motori elettrici, schermi TV e LCD. Sono anche elementi fondamentali per lo sviluppo delle tecnologie più avanzate in campo aerospaziale, medico, della difesa e delle energie rinnovabili. Il controllo e il primato sull’export di questi materiali, la cui domanda è destinata a crescere in modo rapido ed esponenziale in tutto il mondo, è attualmente in mano alla Cina.

Norme e strategie per superare il ‘monopolio’ cinese e regolamentare il procedimento complesso e poco sostenibile di estrazione e lavorazione delle terre rare e dei materiali critici, sono in discussione anche a livello di Unione Europea e di singoli Stati, tra i quali l’Italia, dove sono coinvolti il ministero delle Imprese e del Made in Italy e quello dall’Ambiente.

Stefano Bonetti, Ordinario di Fisica della Materia a Ca’ Foscari, è rappresentante di Fondazione Rara ETS, no profit nata per promuovere ed effettuare ricerca su tecnologie e materiali sostenibili, offrendo soluzioni ‘pulite’ e percorribili in qualunque strategia geopolitica legata ai materiali rari. Insieme a lui, i docenti di Ca’ Foscari Guido Caldarelli, Ordinario di Fisica Teorica, Michele Bugliesi, Ordinario di Informatica e precedente Rettore, insieme ad Alberto Baban, Presidente di VeNetWork ed ex Presidente Nazionale di Piccola e Media Impresa di Confindustria, e Anna Soatto, di Cortellazzo&Soatto.

Nei giorni scorsi Bonetti è stato invitato per un’audizione alla Commissione Esteri della Camera dei deputati, dove ha spiegato le criticità e possibili sviluppi nel campo delle terre e dei materiali rari, e ha presentato l’attività della Fondazione.

“Al momento stiamo sviluppando e brevettando un algoritmo che permetta di sostituire completamente le terre rare con materiali sostenibili e abbondanti, cercando e combinando materiali con proprietà simili – spiega Bonetti. – La realtà è che non c’è un modo pulito di estrarre terre rare, che significa che i processi per evitare di inquinare richiedono costosi processi di bonifica, che di ritorno aumenterebbero i prezzi dei materiali e porterebbero probabilmente fuori mercato le terre rare estratte in Europa. Consideriamo poi il costo sociale: qualsiasi dispositivo elettronico di uso quotidiano ha una batteria che contiene cobalto, e l’estrazione di cobalto avviene quasi totalmente in Congo, senza regole ambientali e sfruttando in maniera tragica lavoro minorile. Il paradosso è evidente: per effettuare una transizione ecologica che mira a salvare il pianeta, ci procuriamo materiali distruggendo alcune aree del pianeta stesso, e le persone che ci vivono. Anche le attuali alternative in discussione, ovvero recuperare e riciclare le terre rare da vecchi dispositivi elettronici, o di trovare nuovi giacimenti, hanno ancora altissimi costi energetici, ambientali e sociali”.

Stefano Bonetti sostituire terre rare
Stefano Bonetti

L’approccio proposto dal gruppo di ricerca offre una soluzione completamente nuova al problema. L’idea non è di trovare terre rare o materiali rari, riciclandoli o cercando nuovi giacimenti, ma di sostituirli completamente con materiali abbondanti e sostenibili.

“Ci sono elementi come il sodio, il potassio, il ferro, il titanio, e diversi altri, che sono molto più abbondanti, e distribuiti su tutto il pianeta – continua Bonetti. – Con questi elementi comuni, si possono creare dei materiali compositi, delle leghe, che possono avere le proprietà delle terre rare. In questo modo, potremmo continuare a sviluppare tecnologia necessaria alla transizione ecologica, con materiali a basso impatto ambientale. Inoltre, anche gli altri problemi di diritti umani, di concentrazione di potere in mano a pochi attori si risolverebbero, perché questi materiali si trovano distribuiti su tutto il pianeta”.

L’idea è semplice, ed è quella di provare tante combinazioni di materiali, testarli e trovare quelli simili. La difficoltà sta nell’altissimo numero di combinazioni possibili, paragonabile a quanti sono gli atomi nell’universo.

“Quello che abbiamo fatto all’interno della Fondazione Rara, grazie ad una combinazione di competenze unica in fisica della materia, in fisica teorica e in informatica, è lo sviluppo di un algoritmo in grado di ottimizzare la ricerca di questi materiali in maniera molto più efficiente di quanto fatto fino ad ora, creando un’elaborazione dei materiali. Dopo l’algoritmo, l’obiettivo successivo è quello di creare un database di materiali mirati a sostituire le terre rare.”

Le ricadute di un’impresa di questo tipo sull’intero sistema nazionale sono destinate ad avere un forte impatto dal punto di vista economico, perché l’Italia diventerebbe leader di materiali sostenibili per le nuove tecnologie (il solo settore microelettronica ha un valore stimato di 700 miliardi nel 2027); strategico e geopolitico, perché diventerebbe punto di riferimento per le industrie che operano nell’ambito della transizione ecologica; e infine politico, con un ruolo leader in Europa nelle politiche per i materiali sostenibili.

Tra le raccomandazioni di breve-medio periodo che Fondazione Rara ha presentato nel corso dell’audizione, spiccano: un impegno della politica a livello internazionale per inserire la ricerca di materiali sostenibili tra le priorità dei prossimi anni, lo stanziamento di fondi europei mirati alla sostituzione dei materiali critici con materiali sostenibili e l’utilizzo di e fondi PNRR per la ricerca sui materiali sostenibili.

Video dell’audizione di Stefano Bonetti alla Commissione Esteri: https://webtv.camera.it/evento/22978

 

Testo e foto dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia sull’algoritmo per sostituire le terre rare con materiali sostenibili.

The Cooling Solution

la mostra fotografica
dal 19 maggio al 31 luglio 2023

presso l’Università Ca’ Foscari Venezia

The Cooling Solution

The Cooling Solution è un progetto fotografico e scientifico che mostra come persone con diversi background culturali e socioeconomici si adattino a condizioni di alta temperatura e umidità, in paesi temperati e tropicali. La mostra fotografica è esposta a Venezia in due sedi dell’Università Ca’ Foscari Venezia (Ca’ Foscari Zattere – Cultural Flow Zone e il Cortile Grande dell’ateneo) dal 19 maggio al 31 luglio 2023.

The Cooling Solution è un progetto di arte e scienza che ha scelto la fotografia d’autore di Gaia Squarci per raccontare come persone provenienti da diversi contesti socioculturali, in varie parti del mondo, si adattino a temperature crescenti ed alti tassi di umidità. A partire dal titolo, il termine “soluzione” vuole mettere in discussione il paradigma dell’adattamento al cambiamento climatico incentrato sull’uso indiscriminato dei condizionatori. Il progetto esamina come l’uso dell’aria condizionata si sia affermato come l’unica strategia onnipresente e intensamente pubblicizzata per far fronte al caldo estremo in diverse parti del mondo, non importa quanto caldo o umido ci sia.  Secondo il rapporto “The Future of Cooling” pubblicato nel 2018 dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, nei prossimi 30 anni  verranno venduti 10 impianti di aria condizionata al secondo, raggiungendo così nel 2050 il numero strabiliante di 5,6 miliardi di impianti installati a livello mondiale.

L’intento di The Cooling Solution è quello di rendere accessibili all’ampio pubblico, attraverso il potere comunicativo della fotografia, una serie di risultati scientifici che sono stati prodotti in 5 anni dal progetto di ricerca ENERGYA. Il progetto, finanziato dal Consiglio Europeo per la Ricerca (ERC) è stato coordinato da Enrica De Cian, professoressa di Economia ambientale a Ca’ Foscari e ricercatrice presso la Fondazione CMCC. La mostra integra i risultati del progetto scientifico con un reportage fotogiornalistico tra Brasile, India, Indonesia e Italia, offrendo così un percorso visivo attraverso esperienze quotidiane di persone alle prese con il disagio termico, esempi di raffreddamento inefficiente e inefficace, iper-raffreddamento, architettura vernacolare e tecnologie all’avanguardia.

Gallery. Fotografie di Gaia Squarci

“The Cooling Solution vuole far riflettere i visitatori sul concetto di comfort termico, mostrando come questo dipenda non solo dalla temperatura, ma anche dal modo in cui persone in diversi regioni e società si siano storicamente adattate a condizioni di caldo ed umidità estremi. Quello che stiamo osservando oggi è un uso eccessivo o non adeguato di metodi energivori per mantenere le condizioni di comfort termico, anche laddove esistono alternative che potrebbero dare un risultato altrettanto soddisfacente. La mostra mette in luce le contraddizioni ambientali e sociali legate all’uso eccessivo dell’aria condizionata, nonché la tensione con gli obiettivi che spesso ne motivano l’utilizzo, come la necessità di proteggere le persone più fragili della società, dai bambini agli anziani, alle persone con disabilità” – spiega Enrica De Cian, professoressa del Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia e ricercatrice della Fondazione CMCC.

 

Gaia Squarci, autrice delle fotografie esposte a Ca’ Foscari, aggiunge: “Senza dubbio ci troveremo a vivere in un pianeta più caldo, e senza dubbio, in alcuni contesti, l’aria condizionata può e potrà salvare vite. Ma esistono tantissimi altri modi di raffrescarsi, soprattutto quando le condizioni di temperatura e umidità non sono estreme. La mostra intende anche dare visibilità ad architetture, tecnologie, e comportamenti che ci potranno aiutare ad adattarci senza surriscaldare il pianeta”.

SCHEDA INFORMATIVA

The Cooling Solution

Mostra fotografica 19 maggio – 31 luglio 2023

Fotografia di Gaia Squarci, ricerca di ENERGYA, coordinata dalla prof.ssa Enrica De Cian, Università Ca’ Foscari Venezia e Fondazione CMCC, curatela di Kublaiklan e coordinamento arte-scienza di Elementsix.

  • Interni: Ca’ Foscari Zattere – Cultural Flow Zone, Dorsoduro 1392, Venezia

  • Esterni: Cortile Grande dell’Università Ca’ Foscari Venezia, Dorsoduro 3246, Venezia

 

ORARI

Cortile Grande

Dal lunedì al venerdì 8.00 – 18.00

Sabato 8.00 – 13.00

Entrata libera, 2 e 3 giugno chiuso per festività nazionale

Tesa 1, Ca’ Foscari Zattere

Dal lunedì al venerdì 10.00 -18.00

sabato 10.00 – 18.00
Domenica 15.00 -18.00

Entrata libera, 2 e 3  giugno chiuso per festività nazionale

 

INAUGURAZIONE

Venerdì 19 maggio 2023, ore 17.00, Cortile Grande Università Ca’ Foscari, Ca’ Foscari Venezia, Dorsoduro 3246, Venezia

Introduzione di Cristina Baldacci di THE NEW INSTITUTE Centre for Environmental Humanities, seguita da un tour guidato alle Zattere Cultural Flow Zone con la fotografa Gaia Squarci, la coordinatrice scientifica Enrica De Cian, il collettivo curatoriale Kublaiklan, e il coordinatore del progetto di arte-scienza Elementsix.

Per registrarsi all’inaugurazione, compilare il form

 

WORKSHOP SCIENTIFICO

Venerdì 19 maggio 2023, ore 09.00, Aula Baratto, Università Ca’ Foscari Venezia, Dorsoduro 3246, Venezia

La mattina del 19 maggio si svolgerà nella storica Aula Baratto dell’Università Ca’ Foscari, un workshop scientifico con rinomati esperti internazionali, dove verrà discusso il previsto boom dell’aria condizionata nei prossimi 20 anni, insieme ad alcune delle possibili alternative.

L’agenda del workshop si trova in cartella stampa, per registrarsi al workshop, compilare il form

 

SITO WEB E CATALOGO

Il progetto sarà consultabile online dal 19 maggio 2023 su un sito web dedicato dal quale sarà anche possibile acquistare una copia cartacea del catalogo thecoolingsolution.com

 

A CURA DI

La mostra fotografica, curata da Kublaiklan, non sarebbe stata possibile senza la ricerca economica di Enrica De Cian ed il suo team, la ricerca etnografica di Antonella Mazzone, la ricerca politica di Marinella Davide, e la fotografia di Gaia Squarci, il tutto coordinato da Elementsix.

 

Questa mostra è supportata dal progetto di ricerca ENERGYA guidato da Enrica De Cian e finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (ERC) nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea (n. 756194), dalla Fondazione CMCC e dal progetto Marie Curie ACTION (No 841291) guidato da Marinella Davide. È stata organizzata congiuntamente dal Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia, dal centro THE NEW INSTITUTE Centre for Environmental Humanities, e dalla Oxford Martin School dell’Università di Oxford. “The Cooling Solution” rientra nell’ambito della programmazione delle iniziative di Public Engagement 2023 dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

Testo e immagini dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Area Comunicazione e Promozione Istituzionale e Culturale Università Ca’ Foscari Venezia

EMERGENZA QUALITÀ DELL’ARIA NELLA REGIONE VENETO

Le politiche ambientali finora applicate non sono sufficienti per un ambiente salubre

Pubblicato su «Atmospheric Environment» con il titolo “Long time series analysis of air quality data in the Veneto Region (Northern Italy) to support environmental policies” – condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Padova, Venezia,  Cagliari e dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) in cui si  evidenzia in modo definitivo come le attuali misure di contenimento promosse dalle politiche ambientali, rivolte principalmente al settore del traffico e spesso attuate in modo occasionale (es. chiusure domenicali del traffico), siano solo parzialmente efficaci nel migliorare la qualità dell’aria.

L’inquinamento atmosferico costituirà, se non lo sta già facendo, l’impatto ambientale più rilevante sull’ecosistema nel prossimo futuro, come rilevato da diversi studi disponibili nella letteratura di settore. Ad esempio, uno studio di carattere sanitario riporta che il tasso annuale di incremento di mortalità in Europa per inquinamento dell’aria è di 790.000 unità, pari ad un tasso specifico di mortalità di 133 su 100.000 abitanti e che, conseguentemente, l’attesa di vita media possa ridursi di circa 2,2 anni [1]. Più in particolare secondo i dati che emergono dalla ricerca “European city air quality viewer” [2], l’agenzia Europea per l’Ambiente ha evidenziato che tra le 15 città più inquinate d’Europa per il parametro polveri sottili ci sono Padova, Venezia, Vicenza, Verona e Treviso.

Lo studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista «Atmospheric Environment» dal titolo “Long time series analysis of air quality data in the Veneto Region (Northern Italy) to support environmental policies” – condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Padova, Ca’ Foscari Venezia, Cagliari e dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) – ha indagato in modo sistematico serie storiche di 10 anni di dati sulla qualità dell’aria (dal 2011 al 2021) nella regione Veneto per comprendere l’influenza di specifici fattori sulla qualità dell’aria come: i processi naturali (condizioni meteorologiche), le politiche ambientali, alcune attività antropiche limitate a determinati giorni dell’anno (ad esempio, i fuochi d’artificio di Capodanno e i tradizionali falò dell’Epifania) e le misure di emergenza sanitaria dovute al COVID-19 pandemia.

Alberto Pivato qualità aria Regione Veneto
Alberto Pivato

«I risultati della nostra ricerca – spiega il professor Alberto Pivato del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Padova e autore dello studio – hanno permesso di delineare i meccanismi che influenzano la qualità dell’aria nella Pianura Padana e di evidenziare in modo definitivo come le attuali misure di contenimento promosse dalle politiche ambientali, rivolte principalmente al settore del traffico e spesso attuate in modo occasionale (es. chiusure domenicali del traffico), siano solo parzialmente efficaci nel migliorare la qualità dell’aria. In particolare, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle PM10, è necessario integrare gli attuali piani di miglioramento della qualità dell’aria con misure strutturali più stringenti volte al controllo delle emissioni degli impianti di riscaldamento domestico, nonché promuovere politiche di efficienza energetica negli edifici e pratiche agricole più sostenibili. Con l’imminente applicazione del nuovo Green Deal europeo per la qualità dell’aria – continua Alberto Pivato – il rispetto dei limiti normativi diventerà sempre più difficoltosa nella Regione Veneto ed è per questo che abbiamo pensato di promuovere per questa primavera un momento di incontro e di riflessione per discutere delle migliori strategie da implementare».

Link alla ricerca: https://doi.org/10.1016/j.atmosenv.2023.119610

Titolo: titolo “Long time series analysis of air quality data in the Veneto Region (Northern Italy) to support environmental policies” – «Atmospheric Environment» 2023

Autori: Alberto Pivato, Luca Pegoraro, Mauro Masiol, Erick Bortolazzo, Tiziano Bonato, Gianni Formenton, Giovanna Cappai, Giovanni Beggio, Rosa Arboretti Giancristofaro.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Padova

IN ITALIA RISCHIO ESCLUSIONE DAL LAVORO PER CHI HA SUBITO ICTUS O INFARTO

Ricercatrici e ricercatori italiani hanno per la prima volta misurato gli effetti economici di shock di salute: riduzione della probabilità di lavorare e perdita reddituale del 10%.  La ricerca pubblicata su Labour Economics

In Italia, ictus e infarto hanno effetti a lungo termine sulla possibilità di proseguire la propria storia lavorativa e mantenere il proprio reddito. Un gruppo di ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia, Università di Torino, Università di Amsterdam e Dipartimento di Epidemiologia dell’Asl 3 di Torino hanno per la prima volta misurato questi effetti economici nel contesto italiano, riscontrando una riduzione della probabilità di lavorare del 10%, a cui si associa una corrispondente perdita reddituale. Emerge anche come le norme a difesa del lavoro possano offrire una sorta di ‘salvagente’ a chi subisce un brusco peggioramento di salute, facilitando la prosecuzione della propria storia lavorativa. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Labour Economics.

 

Cosa accade dopo un ictus o un infarto? Il lavoratore può veder aumentare il proprio “costo fisso” di lavorare e essere indotto a uscire dal mercato del lavoro. Alcuni potrebbero desiderare di continuare a lavorare, ma riducendo le ore lavorate. Infine, ci sono persone che potrebbero desiderare di continuare a lavorare mantenendo lo stesso impegno orario. Dal punto di vista del datore di lavoro, le reazioni potrebbero puntare a riduzioni di orario, mancate progressioni retributive, o persino la dismissione del lavoratore. Lo studio analizza proprio le conseguenze economiche di due imprevedibili e fulminei shock di salute.

“Purtroppo gli effetti degli shock di salute sulla vita lavorativa sono permanenti – spiega Francesca Zantomio, professoressa di Economia all’Università Ca’ Foscari Venezia e coautrice dello studio – nel contesto italiano è molto difficile per chi esce dal mercato del lavoro riuscire a rientrarci in un momento successivo. Inoltre, non c’è margine di aggiustamento delle ore lavorate, margine che permetterebbe di rimanere attivi ad una parte di soggetti che invece, ad orario invariato, faticano a continuare l’impiego preesistente. Perché il part-time volontario è molto poco diffuso. Né osserviamo reazioni di transizione ad altre forme di lavoro, o altri datori di lavoro”.

A livello di reddito ci sono strumenti di protezione, come la pensione di inabilità. “Non troviamo evidenza che aumenti la probabilità di smettere di lavorare e al contempo di non ricevere alcun sussidio – spiega Irene Simonetti, ricercatrice di Economia all’Università di Amsterdam e coautrice dello studio – né troviamo evidenza che gli operai (più a rischio di perdere la propria capacità reddituale) usino in maniera opportunistica strumenti di welfare, quando dotati di capacità lavorativa residua”.

“Infine – spiega Michele Belloni, professore di Economia all’Università degli Studi di Torino e coautore dello studio – i nostri risultati evidenziano come la normativa di protezione del lavoro in vigore fino al 2012 sia riuscita a favorire l’inclusione lavorativa di chi ha subito un peggioramento di salute”.

 

Lo studio si basa sui dati amministrativi relativi a lavoratori italiani tra il 1990 e il 2012, a cui sono agganciati dati ospedalieri che permettono di osservare le loro eventuali ospedalizzazioni non programmate e dovute a infarto o ictus. Dal 2012 sono entrate in vigore riforme normative di alleggerimento della protezione lavorativa che, secondo i ricercatori, potrebbero aver contribuito ad esacerbare disuguaglianze reddituali e di benessere nella vita dei lavoratori italiani.

In Italia rischio esclusione dal lavoro per chi ha subito ictus o infarto
In Italia rischio esclusione dal lavoro per chi ha subito ictus o infarto. Foto di aymane jdidi

 

L’articolo:

Irene Simonetti, Michele Belloni, Elena Farina, Francesca Zantomio (2022) Labour Market Institutions and Long Term Adjustments to Health Shocks: Evidence from Italian Administrative Records, Labour Economics (2022), doi: https://doi.org/10.1016/j.labeco.2022.102277

 

Testo dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino