News
Ad
Ad
Ad
Tag

tumore al seno

Browsing

Tumori, nel 2024 in diminuzione i tassi di mortalità nell’Unione Europea e nel Regno Unito, ma obesità e alcol tra i fattori che contribuiscono all’aumento dell’incidenza del tumore al colon-retto tra i giovani adulti

Le predizioni dei decessi per tumore indicano una diminuzione dei tassi di mortalità del 6,5% negli uomini e del 4% nelle donne nell’Unione Europea, tra il 2018 e il 2024. Seppur in diminuzione nei dati assoluti, il cancro del colon-retto è in aumento del 26% negli uomini e del 36% nelle donne tra i 25 e i 49 anni nel Regno Unito, probabilmente a causa di un aumento dell’obesità e del consumo di alcol e superalcolici. I risultati dello studio, coordinato dall’Università degli Studi di Milano assieme all’Università di Bologna e sostenuto da Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista “Annals of Oncology”.

 

Milano e Bologna, 29 gennaio 2024 – Un aumento di mortalità per tumore al colon-retto tra i giovani adulti di 25-49 anni emerge dai risultati, di uno studio, pubblicato oggi sulla rivista Annals of Oncology [1] nel quale si prevedono i tassi di mortalità per tumore nell’Unione Europea (UE) e nel Regno Unito per il 2024. La crescita conferma una tendenza già rilevata nel Regno Unito, che potrebbe dipendere da fattori di rischio quali sovrappeso e l’obesità. Ciononostante, la mortalità prevista per questo tipo di tumore risulta complessivamente in calo in tutta Europa.

Il gruppo di ricercatori, guidati da Carlo La Vecchia, docente di Statistica Medica ed Epidemiologia presso l’Università Statale di Milano, stima che il maggiore aumento dei tassi di mortalità per tumore al colon-retto tra i giovani si registrerà nel Regno Unito, dove nel 2024 ci sarà un aumento del 26% rispetto al 2018 negli uomini e di quasi 39% nelle donne. Si stimano aumenti anche in alcuni paesi della UE compresa l’Italia.

“I fattori chiave che contribuiscono all’aumento dei tassi di mortalità per tumore al colon-retto tra i giovani includono il sovrappeso, l’obesità e le condizioni di salute correlate, come alti livelli di glucosio nel sangue o il diabete”, ha dichiarato il professor La Vecchia.

L’aumento del consumo di superalcolici nell’Europa centrale e settentrionale e nel Regno Unito e la riduzione dell’attività fisica costituiscono ulteriori fattori di rischio. Il consumo di alcol è stato associato al tumore al colon-retto a insorgenza precoce e, infatti, nei Paesi in cui è stata riportata una riduzione del consumo di alcol (ad esempio Francia e Italia), non si è registrato un aumento marcato dei tassi di mortalità per questo tumore. Rispetto ai più anziani, il cancro al colon-retto diagnosticato nei giovani adulti tende a essere più aggressivo e con tassi di sopravvivenza più bassi.

“Si dovrebbe considerare l’adozione di politiche che promuovano l’aumento dell’attività fisica, la riduzione del numero di individui in sovrappeso o obesi e la limitazione del consumo di alcol. Inoltre, in termini di prevenzione, si dovrebbe valutare anche l’estensione dello screening per il tumore al colon-retto avviando la campagna a partire dai 45 anni. I programmi di screening variano in Europa, ma il crescente aumento dell’incidenza tra i giovani adulti negli Stati Uniti ha spinto la US Preventive Service Task Force a raccomandare la riduzione dell’età di inizio dello screening a 45 anni”, ha continuato La Vecchia.

I ricercatori hanno analizzato, per il quattordicesimo anno consecutivo, i tassi di mortalità per tumore nell’UE [2] e nel Regno Unito, esaminando gli stessi tassi anche nei cinque Paesi più popolosi dell’Unione Europea, ossia Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna. Sono stati raccolti i dati di mortalità dai database dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Eurostat. È stata analizzata la mortalità per diversi tumori, stomaco, colon-retto, pancreas, polmone, mammella, utero (compresa la cervice), ovaio, prostata, vescica e leucemie, sia per uomini che per donne[3].

 

Tutti i tumori

Si stima che nell’Unione Europea i tassi di mortalità standardizzati per età [4] per tumore diminuiranno del 6,5% negli uomini, passando da 132 per 100.000 nel 2018 a 123 per 100.000 nel 2024, e del 4% nelle donne, passando da 82,5 a 79 per 100.000. Nel Regno Unito, per il 2024 si prevede una diminuzione della mortalità per tumore di quasi il 14% negli uomini, passando da un tasso di 120 a 104 per 100.000, e del 10% nelle donne, passando da 92,5 a 83 per 100.000. Tuttavia, a causa dell’invecchiamento della popolazione, nell’UE si prevede un aumento del numero di decessi per tumore da 675.265 nel 2018 a oltre 705.100 nel 2024 negli uomini, e da 535.291 a oltre 565.700 nelle donne, arrivando a 1.270.800. Nel Regno Unito si stima un aumento da 91.059 a 92.000 negli uomini e da 79.631 a 80.900 nelle donne, per un totale di 172.900 morti attese per il 2024. I ricercatori hanno, inoltre, calcolato il numero di decessi per tumore evitati nel periodo compreso tra il 1989 e il 2024, ipotizzando che i tassi rimanessero costanti rispetto ai livelli del 1988. Hanno stimato che complessivamente sono stati evitati 6.183.000 decessi nell’UE (4.244.000 negli uomini e 1.939.000 nelle donne) e 1.325.000 nel Regno Unito (899.000 negli uomini e 426.000 nelle donne).

Tumore del polmone

Sebbene si registri un andamento favorevole negli uomini, il tumore al polmone è caratterizzato dai tassi più elevati per entrambi i sessi, sia nell’Unione Europea che nel Regno Unito. Per il 2024 i ricercatori stimano tassi di mortalità di 28 uomini e 13,6 donne ogni 100.000 abitanti nell’UE, con una riduzione rispetto al 2018 del 15% negli uomini e senza alcuna riduzione nelle donne. Nel Regno Unito si stimano tassi di mortalità per il cancro ai polmoni di 19 uomini e 16 donne ogni 100.000, con una riduzione del 22% negli uomini e del 17% nelle donne rispetto al 2018.

Tumore del colon-retto

Sia nell’UE che nel Regno Unito, attualmente, il cancro al colon-retto è per gli uomini la seconda causa di morte dopo il tumore ai polmoni e per le donne la terza causa di morte dopo il tumore alla mammella e ai polmoni. Gli andamenti di mortalità per questo tipo di tumore sono favorevoli, tranne che nelle donne nel Regno Unito. Tra i non fumatori, il tumore al colon-retto è la prima causa di morte per tumore sia nell’UE che nel Regno Unito. Nell’UE, per il 2024 si stima una diminuzione rispetto al 2018 di mortalità per tumore al colon-retto del 5% negli uomini, con un tasso previsto di 15 per 100.000, e del 9% nelle donne, con un tasso di 8 per 100.000. Nel Regno Unito si prevede un calo del 3% negli uomini, con un tasso di 14 per 100.000, mentre i tassi resteranno stabili nelle donne, con un tasso di 10 per 100.000.

“Queste tendenze complessivamente favorevoli possono essere spiegate dal miglioramento delle diagnosi e del trattamento del tumore al colon-retto. I tassi di mortalità tendono a diminuire nei Paesi con un migliore accesso ai programmi di screening e diagnosi precoce. Tuttavia l’aumento della mortalità tra i giovani è preoccupante”, ha commentato Carlo La Vecchia.

 

Tumore della mammella

Gli andamenti di mortalità per tumore alla mammella continuano a essere favorevoli nell’EU e nel Regno Unito. Nel 2024 si prevede una diminuzione del 6% nell’UE, passando da 14 per 100.000 donne nel 2018 a 13 nel 2024, e dell’11% nel Regno Unito, passando da 15 a 13 per 100.000 donne.

La professoressa Eva Negri, docente di Epidemiologia Ambientale e Medicina del Lavoro al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e co-leader della ricerca, ha proseguito:

“I progressi nella diagnosi del tumore alla mammella hanno un ruolo fondamentale nel sostanziale calo dei tassi di mortalità, ma i progressi nei trattamenti e nella gestione della malattia sono le ragioni principali dell’aumento del numero di persone che sopravvivono”.

 

Tumore del pancreas

Il tumore al pancreas, molto difficile sia da individuare che da trattare con successo, è l’unico tumore per il quale non si prevede un andamento favorevole nella mortalità nell’Unione Europea (ma non nel Regno Unito) per entrambi i sessi. Rappresenta oltre il 3% delle nuove diagnosi di tumore in Europa, ma circa il 7% dei decessi per cancro, ed è la quarta causa di morte per tumore. Si prevede che i tassi di mortalità nell’UE aumenteranno dell’1,6% negli uomini e del 4% nelle donne. Le tendenze sono migliori nel Regno Unito, dove si stima un calo del 7% negli uomini e del 2% nelle donne.

“Il fumo è il principale fattore di rischio per il cancro al pancreas, ma spiega solo in parte l’aumento dei tassi di mortalità. Anche il sovrappeso, l’obesità, il diabete come anche l’eccessivo consumo di alcolici possono avere un ruolo importante”, ha aggiunto Eva Negri.

E Carlo La Vecchia ha aggiunto: “Queste previsioni sottolineano l’importanza di controllare e, in ultima analisi, di eliminare il consumo di tabacco. Il tabacco rimane responsabile del 25% di tutti i decessi per tumore tra gli uomini e del 15% tra le donne nell’Unione Europea. Non solo è il principale fattore di rischio per i decessi per tumore ai polmoni, ma anche per altri tipi di tumore, tra cui quello al pancreas. Un ulteriore problema è rappresentato dall’aumento del consumo di superalcolici nell’Europa centrale e settentrionale”.

“Le nostre previsioni evidenziano anche l’importanza di colmare i divari tra i Paesi Europei per quanto riguarda i programmi di diagnosi e trattamento del tumore. I tassi di mortalità continuano a essere più elevati in Polonia e in altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, e ciò è dovuto in parte all’inadeguatezza dei programmi di screening per individuare tumori come quello alla mammella, al collo dell’utero e al colon-retto, nonché alla mancanza di accesso alle terapie più moderne”, hanno concluso i ricercatori.

Note

[1] “European cancer mortality predictions for the year 2024 with focus on colorectal cancer”, by C. Santucci et al. Annals of Oncologyhttps://www.annalsofoncology.org/article/S0923-7534(23)05110-4/fulltext

; doi: 10.1016/j.annonc. 2023.12.003

[2] Quando queste analisi sono state condotte, l’UE contava 27 Stati membri, con l’uscita del Regno Unito nel 2020. La Repubblica di Cipro è stata esclusa dalle analisi a causa dell’eccessiva mancanza di dati.

[3] Il manoscritto contiene tabelle dei tassi di mortalità per ogni sede tumorale analizzata per ciascuno dei sei Paesi.

[4] I tassi standardizzati per età (ed espressi per 100.000 abitanti) riflettono la probabilità annuale di morire aggiustata per struttura per età mondiale per fini comparativi.

 

causa rischio metastasi tumore al seno
Tumori, nel 2024 in diminuzione i tassi di mortalità nell’Unione Europea e nel Regno Unito. Foto di StockSnap

 

Testo dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano sulla diminuzione de tassi di mortalità dei tumori nel 2024 nell’Unione Europea e nel Regno Unito.

Microcalcificazioni del seno: non tutte sono correlate all’insorgenza del tumore

Una ricerca dell’Università degli Studi di Milano e Istituti Clinici Scientifici Maugeri, realizzata in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche e il Paul Scherrer Institute in Svizzera, ha studiato la correlazione tra le microcalcificazioni al seno e la presenza di tumori, scoprendo che l’assenza di whitlockite, un minerale solitamente presente nelle microcalcificazioni, potrebbe essere un indicatore della presenza di tumore. La pubblicazione su Cancer Communication.

donna microcalcificazioni tumore seno
Foto di Benjamin Balazs

Milano, 20 settembre 2023 – Le microcalcificazioni, piccoli depositi di calcio che si formano nel tessuto mammario e che possono essere rilevati alla mammografia, sono spesso, ma non sempre, un segnale di allarme per la presenza di un tumore al seno. E la relazione fra microcalcificazioni e tumore non è stata mai chiarita.

Lo studio pubblicato, sulla rivista Cancer Communication, è frutto della collaborazione tra i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri, coordinati dal Fabio Corsi, docente di Chirurgia Generale della Statale di Milano e capo della Breast Unit dell’IRCCS Maugeri Pavia, in collaborazione con colleghi dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie (Cnr-Ifn) e dell’Istituto di cristallografia (Cnr-Ic) del Consiglio nazionale delle ricerche e del Paul Scherrer Institute in Svizzera.

I ricercatori hanno infatti scoperto infatti che la relazione tra le microcalcificazioni e il tumore è legata alla presenza di un particolare minerale chiamato whitlockite, che è ricco di magnesio e che si trova nelle microcalcificazioni solo in assenza del tumore. I ricercatori hanno usato tecniche avanzate di spettroscopia (Raman, WAXS, XRF), per analizzare le microcalcificazioni prelevate da pazienti affette da tumore al seno. Hanno confrontato i campioni con quelli di donne sane e hanno osservato che nei tessuti tumorali la whitlockite era quasi assente, mentre nei tessuti sani era abbondante.

Questo suggerisce che il tumore al seno ha la capacità di alterare il metabolismo del calcio e del magnesio nel tessuto mammario, influenzando la formazione delle microcalcificazioni, eliminando la whitlockite e rendendole più dure, cosa che le rende in grado di stimolare ancora di più la crescita del tumore.

“Questo risultato apre nuove prospettive per lo sviluppo di metodiche più efficaci per lo screening del tumore al seno, basate sulla misurazione della concentrazione di whitlockite nelle microcalcificazioni”, spiega Fabio Corsi“Inoltre, potrebbe aiutare a capire meglio i meccanismi molecolari alla base della trasformazione maligna delle cellule mammarie. Da ultimo, infatti, questa scoperta potrebbe ridurre o meglio orientare l’indicazione alla biopsia mammarie ad oggi indispensabile per capire la natura del tessuto mammario in presenza di microcalcificazioni”.

 

Testo dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano

TUMORE AL SENO: IDENTIFICATO UN NUOVO MECCANISMO MOLECOLARE ALLA BASE DELLE FORME PIÙ AGGRESSIVE

Pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Communications i risultati di una ricerca coordinata da Università di Torino, Università Statale di Milano, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e sostenuta da Fondazione AIRC. Il meccanismo molecolare riguarda la proteina p140Cap che inibisce a monte l’attività della beta-Catenina, una potente proteina coinvolta nella crescita tumorale.

MilanoTorino, 11 maggio 2023. Una nuova chiave di lettura per comprendere i tumori della mammella più aggressivi nasce dagli studi condotti in collaborazione tra due gruppi di scienziati di Milano e Torino. Hanno coordinato la ricerca la professoressa Paola Defilippi, ordinario di Biologia applicata e Responsabile del Laboratorio di ricerca “Piattaforme di segnalazione nei tumori” presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e il professor Salvatore Pece, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e Direttore del Laboratorio “Tumori Ormono-Dipendenti e Patobiologia delle Cellule Staminali” dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO). I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, sono appena stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

La ricerca ha portato alla scoperta di un meccanismo molecolare con cui i tumori mammari si arricchiscono in cellule staminali tumorali. A loro volta queste cellule, da un lato, funzionano da forza motrice della crescita della massa tumorale e, dall’altro lato, sopprimono la risposta immunitaria naturale che, a livello del microambiente circostante il tumore, dovrebbe invece contrastare la crescita del cancro.

All’origine dell’intero processo c’è verosimilmente p140Cap, una proteina in grado di inibire la crescita tumorale. La sua assenza, che caratterizza almeno il 40-50% di tutti i casi di tumori mammari umani, determina una cascata di eventi che portano all’attivazione incontrollata del gene responsabile della sintesi di beta-Catenina, una potente proteina coinvolta nella crescita tumorale. Una volta attivata, la beta-Catenina provoca l’espansione del compartimento delle cellule staminali tumorali. A loro volta queste cellule rilasciano citochine anti-infiammatorie, inibendo così direttamente la risposta immunitaria anti-tumorale e creando un ambiente favorevole all’ulteriore crescita del tumore.

“Dunque p140Cap – sottolinea la professoressa Paola Defilippi – si comporta come una specie di interruttore molecolare che, tramite l’inibizione di beta-Catenina e la conseguente riduzione del compartimento delle cellule staminali tumorali, esercita una duplice funzione anti-tumorale: inibisce l’espansione della massa tumorale e sostiene una efficiente risposta immunitaria anti-tumorale nel microambiente circostante”.

“Attraverso studi clinici retrospettivi in coorti di pazienti – continua il professor Salvatore Pece – abbiamo dimostrato una chiara correlazione tra bassi livelli della proteina p140Cap nei tumori mammari più aggressivi e ridotta presenza di cellule del sistema immunitario, in particolare linfociti, nelle aree circostanti il tumore. Questi dati suggeriscono che p140Cap potrebbe essere utilizzato come un utile biomarcatore nella pratica clinica, per identificare i tumori mammari con alterazioni della risposta immunitaria anti-tumorale”.

Spiega Vincenzo Salemme, ricercatore del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino e primo autore dell’articolo:

“Il meccanismo molecolare con cui p140Cap inibisce a monte l’attività della beta-Catenina dipende dal fatto che la prima proteina è parte di un complesso macchinario multi-proteico deputato a distruggere la stessa beta-Catenina, che così non si accumula eccessivamente all’interno della cellula. In assenza di p140Cap questa funzione è alterata, come accade in alcuni tumori mammari, dove aumentano di conseguenza sia i livelli di beta-Catenina, sia la sua azione capace di influire sull’espansione delle cellule staminali tumorali”.

Continua la professoressa Paola Defilippi“Nel corso degli ultimi anni è emerso in modo chiaro che tra i principali responsabili all’origine della formazione e della continua crescita dei tumori ci sono le cellule staminali tumorali. Si tratta di cellule dotate di capacità illimitata di auto-rinnovamento e in grado di sostenere nel tempo la crescita della massa tumorale. In nostri precedenti studi avevamo già messo in luce il ruolo inibitore di p140Cap sulla crescita tumorale e stabilito che la perdita di questa proteina è legata a una maggiore aggressività biologica e a un decorso clinico più sfavorevole di alcuni tipi di tumori mammari. Non avevamo però ancora una completa comprensione del meccanismo d’azione specifico e della varietà di conseguenze funzionali legate alla perdita di p140Cap sulla crescita tumorale. Ora, attraverso questi studi sappiamo che questa funzione dipende da un’azione diretta di p140Cap sull’attività di beta-Catenina. Inoltre, grazie ai risultati ottenuti sia in topi di laboratorio con tumore mammario, sia in campioni ottenuti da pazienti, abbiamo compreso che la presenza di p140Cap è fondamentale. Infatti questa proteina, inibendo le cellule staminali tumorali, da un lato blocca direttamente la crescita del tumore e dall’altro lato permette una efficiente risposta immune anti-tumorale nel microambiente circostante il tumore stesso”.

“Sappiamo inoltre – aggiunge la professoressa Defilippi – che possiamo inibire l’azione tumorigenica delle cellule staminali tumorali e, al contempo, ripristinare una efficiente risposta immunitaria anti-tumorale nei tessuti circostanti la neoplasia. Ciò è possibile simulando la funzione di p140Cap all’interno del macchinario di distruzione della beta-Catenina, attraverso l’utilizzo di farmaci al momento disponibili solo per uso sperimentale”.

“I risultati dei nostri studi – sottolinea il professor Pece – si collocano nella prospettiva di alcuni tra i più importanti concetti emersi nella ricerca oncologica degli ultimi anni, nel tentativo di spiegare l’aggressività biologica e clinica dei tumori, in particolare di quelli mammari. Sappiamo oggi che i tumori più aggressivi e con decorso clinico più sfavorevole sono quelli arricchiti in cellule staminali tumorali, oppure quelli in grado di sfuggire alla risposta immunitaria naturale, rendendo inefficienti i meccanismi di barriera anti-tumorale esercitati dalle cellule del sistema immunitario. La nostra scoperta, dell’esistenza di un nuovo circuito molecolare p140Cap/beta-Catenina, apre a una prospettiva concreta per la stratificazione a fini terapeutici delle pazienti con tumore mammario che hanno perduto p140Cap. Tale perdita è infatti alla base dell’acquisizione contemporanea di entrambe queste caratteristiche aggressive della biologia dei tumori mammari. Grazie a questi risultati le pazienti potrebbero beneficiare in futuro di nuove terapie per colpire le cellule staminali tumorali e ripristinare una efficiente risposta immunitaria contro il cancro. Terapie di questo tipo sono oggi l’obiettivo delle principali linee di ricerca per lo sviluppo di nuovi farmaci in oncologia”.

“Questo studio rappresenta per noi motivo di grande soddisfazione – conclude il professor Pece – non solo per la sua valenza scientifica ma anche perché dimostra l’importanza dello sforzo cooperativo tra gruppi di ricerca che fondono differenti competenze scientifiche e piattaforme tecnologiche per far avanzare la conoscenza della biologia dei tumori mammari e aprire nuove prospettive terapeutiche per le pazienti”.

tumore al seno meccanismo molecolare p140Cap beta-Catenina
Identificato nuovo meccanismo molecolare alla base delle forme più aggressive di tumore al seno. Foto di Pexels

Testo dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

LO SPIN OFF DI UNITO DDC FINANZIATO CON 1,5 MLN DI EURO PER LO SVILUPPO DI TERAPIE MOLECOLARMENTE MIRATE RIVOLTE ALLA CURA DI LEUCEMIA E TUMORE AL SENO

Grazie all’investimento di Utopia SIS, la startup Drug Discovery and Clinic – nata all’interno dell’Incubatore 2i3T – fa un passo avanti per portare alla sperimentazione umana il proprio candidato farmaco per la Leucemia Mieloide Acuta.

La Drug Discovery and Clinic srl (DDC) – startup Spin-Off accademico dell’Università di Torino – ha ricevuto un finanziamento di 1,5 milioni di euro da parte di Utopia SIS (società di investimento specializzata in healthcare e biomedicale) per la messa a punto di terapie oncologiche per la cura di leucemie e di carcinomi della mammella.

Drug Discovery and Clinic srl DDC
foto del team di DDC con Utopia SIS

La DDC, nata all’interno dell’Incubatore d’imprese dell’Ateneo torinese 2i3T dall’unione di eccellenze di ricerca in ambito chimico farmaceutico (Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco di UniTo) e clinico (Ospedale Mauriziano e Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la cura dei Tumori), ha come missione lo sviluppo di una piattaforma per lo sviluppo di terapie molecolarmente mirate basate su inibitori innovativi di un enzima denominato Diidroorotato Deidrogenasi umana (hDHODH).

Le terapie molecolarmente mirate, volte a colpire direttamente le cellule neoplastiche che determinano l’insorgenza dei tumori, rappresentano i pilastri fondamentali delle più moderne ed efficaci terapie antitumorali, spesso in grado di sostituire completamente la più tradizionale e tossica chemioterapia. L’attività di DDC è focalizzata a sviluppare nuovi farmaci di questo tipo e di valutarne l’efficacia non solo in ambito oncologico, ma anche in altri settori della medicina come malattie immunologiche o causate da virus”, spiega il Prof. Giuseppe Saglio, Presidente del CdA e Clinical Scientific Officer di DDC.

Con il finanziamento di Utopia SIS, società promossa e partecipata dalla Fondazione Golinelli, dalla Fondazione Sardegna e dal Vice Presidente Esecutivo Antonio Falcone, DDC entra in una nuova fase della sua vita iniziando gli studi certificati necessari per portare alla sperimentazione umana per la Leucemia Mieloide Acuta il proprio candidato farmaco, una molecola risultata essere molto efficace nel ridurre l’incidenza della malattia su modelli animali.

“Questo investimento di Utopia è per noi molto strategico ed è di grande soddisfazione perché stiamo contribuendo al sostegno e allo sviluppo di una importante ricerca polifunzionale estremamente interessante e di grandissimo impatto scientifico. Il nostro Paese è ricco di eccellenze cliniche e di poli di ricerca che hanno bisogno di essere finanziati per terminare il percorso di sviluppo e l’importante impegno del Mediocredito Centrale, che rilascerà una garanzia sull’investimento per l’80%, anche in questa occasione rappresenta una testimonianza strategica per il settore”, commenta Antonio Falcone, Vice Presidente Esecutivo di Utopia SIS.

“Abbiamo compiuto un passo fondamentale per DDC, ne siamo molto soddisfatti e orgogliosi. L’ingresso di un partner come Utopia, un investitore di ampia e specifica esperienza in ambito healthcare, non porta solamente l’accesso ai fondi necessari per lo sviluppo strategico dell’azienda ma rappresenta un valore aggiunto di credibilità e una fonte di future opportunità”, conclude il Prof. Marco L. Lolli, CEO di DDC, che insieme al core team Donatella Boschi, Stefano Sainas, Marta Giorgis, Giuseppe Saglio, Paola Circosta e Agnese Chiara Pippione ha raggiunto l’accordo.

DDC è stata assistita in tutte le fasi dell’operazione dallo studio Leading Law e nello specifico da i partner Mario Donadio e Stefano Balzola, coadiuvati dal junior associate Stefano Flammini.

Testo e foto dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino

SCOPERTA UNA NUOVA CAUSA DI RISCHIO DI METASTASI DEL TUMORE AL SENO
IN UNO STUDIO DEL CENTRO BIOTECH DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

causa rischio metastasi tumore al seno
Foto di StockSnap

Il cancro al seno è il tumore più diffuso e una delle principali cause di mortalità nelle donne in tutto il mondo. Sebbene la diagnosi precoce e l’intervento terapeutico migliorino significativamente il tasso di sopravvivenza delle pazienti, l’insorgenza di metastasi nelle fasi avanzate della malattia, rappresenta ancora la causa principale dei decessi. I risultati di uno studio, condotto presso il Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino, hanno evidenziato come, in una casistica di oltre 2000 pazienti con tumore al seno, l’aumentata espressione della proteina PI3K-C2a sia direttamente correlata a un aumento del rischio di metastatizzazione del tumore primario. I dati sono pubblicati sulla rivista internazionale Advanced Science (impact factor 2020 = 16.8).

Dal punto di vista funzionale, l’aumentata l’attività lipide-chinasica della proteina PI3K-C2a sarebbe in grado di indurre un cambiamento nella struttura delle cellule tumorali, promuovendo l’insorgenza di caratteristiche pro-migratorie. In questo modo, la cellula tumorale diventa capace di “staccarsi” dalla massa tumorale primaria. Muovendosi all’interno del sistema circolatorio, può quindi aumentare l’infiltrazione dei tessuti e la generazione di formazioni metastatiche.

L’aspetto innovativo dello studio, sostenuto prevalentemente da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, è stata l’individuazione del meccanismo molecolare che permette alle cellule di migrare e metastatizzareFederico GulluniHuayi Li e Lorenzo Prever, ricercatori del laboratorio del Prof. Emilio Hirsch, hanno evidenziato come la cascata di segnalazione intracellulare attivata da elevati livelli di PI3K-C2a porti all’inattivazione funzionale di uno dei principali regolatori della migrazione cellulare, la proteina R-RAS. In particolar modo, è stato possibile dimostrare, grazie all’utilizzo di modelli murini e pesci zebra, come l’utilizzo di un inibitore selettivo, capace di limitare il funzionamento della proteina PI3K-C2a, sia in grado di bloccare il processo migratorio e invasivo delle cellule di tumore al seno. I dati ottenuti in laboratorio saranno ora da confermare in ulteriori studi preclinici e clinici.

Emilio Hirsch cause invecchiamento
Emilio Hirsch

Testo e foto del prof. Emilio Hirsch dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino sulla scoperta una nuova causa di rischio metastasi del tumore al seno.

 

Un Asteroide colpirà i tumori del seno e della tiroide

Asteroid è l’acronimo di un nuovo studio frutto della collaborazione tra diversi gruppi di ricerca italiani e valutato dal Mur miglior progetto per il suo settore nell’ambito dei Prin 2020

Asteroid tumore tumori seno mammella tiroide ormonosensibili
Il gruppo di lavoro di Elisabetta Ferretti del dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma

Studi recenti hanno documentato una frequente associazione tra l’insorgenza e l’aggressività dei tumori ormonosensibili, quali il tumore al seno e il tumore alla tiroide, e i contaminanti ambientali. E questo rappresenta il punto di partenza di Asteroid, nuovo progetto finanziato dal ministero dell’Università e della ricerca (Mur) nell’ambito del bando Prin 2020 e valutato come miglior progetto (primo classificato nel settore ERC LS3).

Lo studio è condotto da un team di ricercatrici e ricercatori di diverse università con competenze complementari ed interdisciplinari.

Il coordinatore è Michele Milella, responsabile della Sezione di Oncologia medica del dipartimento di Medicina dell’ateneo di Verona che metterà a disposizione le sue competenze negli studi clinici e traslazionali nel carcinoma mammario, in collaborazione con la Fondazione Policlinico Gemelli.

L’università di Siena con Maria Grazia Castagna del dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e neuroscienze contribuirà allo studio clinico dei carcinomi della tiroide.

L’università di Roma Tor Vergata con Roberto Bei del dipartimento di Scienze cliniche e medicina traslazionale svilupperà e caratterizzerà modelli preclinici dei due tumori per l’analisi degli effetti dei contaminanti ambientali e dei loro target molecolari per definire nuove strategie terapeutiche.

Silvia Migliaccio del dipartimento di Scienze motorie umane e della salute dell’università Roma Foro Italico si occuperà dell’impatto dell’ambiente e degli stili di vita, con particolare riguardo agli aspetti nutrizionali e dell’attività fisica.

La Sapienza Università di Roma con Elisabetta Ferretti del dipartimento di Medicina sperimentale – dipartimento che ha ricevuto altri 6 finanziamenti nell’ambito dello stesso bando – coordinerà l’analisi di nuovi biomarcatori circolanti e la caratterizzazione molecolare e cellulare mediante tecnologie “omiche”, sia dei modelli preclinici che dei campioni clinici.

Lo studio intitolato “Gene/environment interactions in breast and thyroid cancers: defining the biological role of and actioning endocrine disruptors and lifestyle to develop rational therapeutic/preventive interventions (Asteroid)” si occuperà di analizzare la complessa interazione tra geni e ambiente in questi due tumori. In particolare, saranno valutati il ruolo degli inquinanti ambientali e dello stile di vita sia nell’insorgenza sia nella modulazione dell’aggressività dei tumori. La ricerca partirà con un’analisi retrospettiva e prospettica in pazienti affette da tali tumori nelle quali saranno messe in evidenza le correlazioni tra gli aspetti genetici di ciascun tumore e lo stile di vita delle pazienti. Inoltre, saranno definiti i meccanismi molecolari di azione degli inquinanti ambientali in modelli preclinici dei diversi tipi di tumore. Sulla base dei risultati ottenuti saranno testati i cambiamenti biologici indotti da un intervento strutturato sullo stile di vita incentrato sulla consulenza nutrizionale e sull’esercizio fisico adattato per le pazienti affette da questi tumori.

Il progetto avrà delle importanti ricadute in quanto fornirà diverse innovazioni, collegando l’esposizione a sostanze inquinanti ambientali a biomarcatori, nuovi bersagli molecolari, stili di vita in due patologie ad elevata incidenza (tumore del seno e della tiroide). I risultati dello studio potranno essere utilizzati in diagnostica, applicazioni terapeutiche, preventive ed economico-sanitarie con ricadute sul Servizio sanitario nazionale.

“Il progetto è di estremo interesse sia scientifico che clinico/applicativo e consentirà di definire nuove strategie di intervento oncologico “di precisione” nei tumori della mammella e della tiroide – spiega il professor Milella –  La proposta progettuale è frutto di una collaborazione già esistente tra ricercatrici e ricercatori di diversi atenei e trae vantaggio dalla costituzione nell’ateneo veronese di un team di ricerca multidisciplinare afferente ai dipartimenti di Medicina e di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento (Team Force: Focus on research and care) dedicato a studiare l’impatto di nutrizione, benessere psicologico ed esercizio fisico nelle patologie oncologiche. Il finanziamento ricevuto dal Mur sosterrà questa importante ricerca, condotta in collaborazione con la Breast Unit e la Usd di Chirurgia endocrina dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aoui) di Verona, contribuendo a fornire una solida base razionale per azioni di cura e di prevenzione in questi tumori”.

 “Oggi – aggiunge la professoressa Ferretti – nell’era della medicina di precisione, siamo chiamati a sviluppare trattamenti personalizzati nelle patologie oncologiche che vedono al loro interno gruppi eterogenei di pazienti.

In questo contesto il mio laboratorio ha studiato l’uso di Rna non codificanti circolanti, in particolare microRna, come biomarcatori non invasivi in diversi tipi di tumori.

L’implicazione traslazionale del completamento con successo del progetto risiede nell’identificazione di nuovi bersagli patogenetici, diagnostici, terapeutici ed anche di nuovi biomarcatori, quali ad esempio i microRna, derivati da biopsia liquida che rappresentano uno strumento fondamentale per la stratificazione di pazienti costituendo così la base per un approccio terapeutico personalizzato”.

 

Riferimenti:

https://www.mur.gov.it/it/atti-e-normativa/decreto-direttoriale-n-2292-del-01-10-2021

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma e dall’Area Comunicazione – Ufficio Stampa dell’Università di Verona.

Tumori del seno: un nuovo algoritmo indicherà la cura su misura

Identificato allo IEO, dai ricercatori guidati da Di Fiore e Pece, lo studio è stato sostenuto da Fondazione AIRC.

I ricercatori del Programma di Novel Diagnostics dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), guidati da Pier Paolo Di Fiore e Salvatore Pece, direttore e vice direttore del Programma e docenti del dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università Statale di Milano, hanno messo a punto e convalidato un nuovo modello di predizione del rischio individuale di metastasi in donne con tumori mammari di tipo luminale, che rappresentano i tre quarti di tutti i tumori al seno.
Il modello sarà quindi una guida per gli oncologi per orientare le scelte terapeutiche paziente per paziente, evitando sia il sovra che il sotto-trattamento nelle terapie post-chirurgiche. Gli studi che hanno portato a questo importante risultato per la cura dei tumori del seno, sostenuti da Fondazione AIRC, saranno presentati al convegno annuale dell’ASCO (American Association of Clinical Oncology), il più importante meeting internazionale di oncologia medica.

Il nuovo modello – spiega Di Fiore – si basa sulla combinazione del predittore genomico (un set di geni che formano una “firma molecolare”) StemPrintER, che noi stessi abbiamo scoperto e validato un anno fa, con due parametri clinici: stato dei linfonodi e dimensione del tumore. In sostanza, abbiamo creato un nuovo modello di rischio, che associa, per la prima volta, dati clinici e dati genomici. Il risultato è stato eccellente: abbiamo testato il modello su oltre 1800 pazienti arruolate allo IEO e abbiamo dimostrato che la sua capacità di stimare il reale rischio di sviluppo di recidiva fino a 10 anni è superiore rispetto ai parametri clinico-patologici comunemente utilizzati nella pratica clinica”.

Il biomarcatore StemPrinter, individuato da IEO, è il primo e tuttora l’unico strumento capace di indicare il grado di “staminalità” presente nel tumore mammario primario, vale a dire il numero e l’aggressività delle cellule staminali del cancro. Queste cellule hanno un ruolo cruciale sia nell’avvio del processo di tumorigenesi che della diffusione metastatica nell’organismo, e sono anche alla base della resistenza alla chemioterapia di ogni tumore del seno. Studi recenti del team dell’IEO hanno inoltre confermato che il grado di staminalità delle cellule determina quell’eterogeneità biologica, clinica, e molecolare del tumore del seno, che ha fino ad ora reso molto difficile prevedere la prognosi e la risposta alla terapia.

“In uno studio condotto in collaborazione con Royal Marsden Hospital e Queen Mary University di Londra e anch’ esso presentato all’ASCO di quest’anno – continua Pece – abbiamo dimostrato che la predizione della prognosi e la conseguente scelta delle terapie per il tumore del seno è più efficace se si basa sulla conoscenza della staminalità delle cellule tumorali . Il nostro modello che integra dati di staminalità e dati clinici si candida quindi a diventare il golden standard per la prognosi del tumore del seno. È un modello duttile, oltreché affidabile: si applica sia alle pazienti con linfonodi negativi, che a quelle con pochi (da uno a 3) linfonodi positivi, che rappresentano il gruppo con il maggior bisogno di una predizione accurata del rischio di recidiva per evitare il sovratrattamento con chemioterapie aggressive non indispensabili, senza per questo trascurare il rischio di sviluppare una recidiva a distanza di anni”. 

“Il nuovo modello può rappresentare uno strumento importante per orientare noi oncologi nella scelta del trattamento adiuvante, che deve tenere in considerazione sia il rischio di recidiva della malattia che i vantaggi e gli svantaggi delle terapie mediche precauzionali”, commenta Marco Colleoni, direttore della Divisione di Senologia Medica e Co-chair dell’International Breast Cancer Study Group.

“I risultati del nostro studio rappresentano un ulteriore passo verso l’obiettivo che perseguiamo da anni: dare a ciascuna paziente la terapia migliore per lei e per la sua malattia – conclude Paolo Veronesi, direttore del Programma di Senologia IEO e professore associato all’Università degli Studi di Milano –. Grazie all’approccio multidisciplinare ed alla stretta interazione tra ricerca e clinica, la medicina personalizzata sta finalmente diventando una realtà anche per il tumore della mammella”.

Testo sull’algoritmo per le cure ai tumori del seno dall’Università Statale di Milano