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Riccardo Di Mambro

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Coltivare le verdure nello spazio: sarà possibile anche in assenza di luce 

La ricerca, a cui ha preso parte un team di biologi della Sapienza Università di Roma, ha individuato i meccanismi molecolari che consentono ad alcune microverdure di germogliare e crescere al buio. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Plant Communications”.

Tra le principali sfide nella coltivazione di verdure nello spazio, una delle più rilevanti è la limitata disponibilità di risorse energetiche, in particolare la luce, fondamentale per la crescita e il corretto sviluppo delle piante.

L’individuazione di varietà di microverdure in grado di essere coltivate in contesti ambientali estremi, come le missioni spaziali, rappresenta una soluzione ideale soprattutto per rifornire di cibi freschi gli astronauti durante i viaggi e la loro permanenza nello spazio.

Uno studio, pubblicato sulla rivista “Plant Communications” e coordinato dai ricercatori Raffaele Dello Ioio e Paola Vittorioso del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie della Sapienza, in collaborazione con l’Institute of Experimental Botany, l’Agenzia Spaziale Italiana e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, ha permesso di isolare microverdure capaci di germinare al buio identificando un meccanismo molecolare che promuove la loro crescita indipendentemente dalla luce.

La ricerca si è focalizzata sulla Cardamine hirsuta, più comunemente nota come crescione amaro peloso, una pianta modello con caratteristiche di microverdura.

I ricercatori hanno dimostrato che la Cardamine è capace di germinare indipendentemente dalla luce e che deve questa sua capacità agli alti livelli di Acido gibberellico (GA), ormone presente in tutte le piante e responsabile della loro crescita, e al regolatore DAG1, che invece è coinvolto nel processo indipendentemente dalle condizioni di luce.

I risultati ottenuti dalla ricerca permetteranno di traslare queste conoscenze anche ad altre microverdure attraverso tecnologia TEA (tecniche di evoluzione assistita), aumentando il plafond di prodotti vegetali disponibili per gli astronauti e avvicinando la colonizzazione di altri pianeti.

Grazie alla joint venture del gruppo di Paola Vittorioso e di Raffaele Dello Ioio, finanziata dalla regione Lazio, sarà possibile inoltre approfondire nuove prospettive per lo sviluppo di colture più resilienti e che riescano ad adattarsi a contesti ambientali sempre più complessi a causa del cambiamento climatico.

 “Oggi le tematiche legate all’ambiente – commenta Dello Ioio – coinvolgono la società in tutte le sue componenti rendendo necessario lo sviluppo di strategie alternative per rendere le coltivazioni sostenibili e adattabili alle nuove condizioni climatiche. La generazione di piante di interesse agronomico i cui semi sono capaci di germinare in condizioni non ottimali rappresenterebbe quindi un importante traguardo per la generazione di colture tolleranti i cambiamenti ambientali”.

Riferimenti bibliografici:

Andrea Lepri, Hira Kazmi, Gaia Bertolotti, Chiara Longo, Sara Occhigrossi, Luca Quattrocchi, Mirko De Vivo, Daria Scintu, Noemi Svolacchia, Danuse Tarkowska, Veronika Tureckova, Miroslav Strnad, Marta Del Bianco, Riccardo di Mambro, Paolo Costantino, Sabrina Sabatini, Raffaele Dello Ioio, Paola Vittorioso, A DOF transcriptional repressor-gibberellin feedback loop plays a crucial role in modulating light-independent seed germination, Plant Communications, Volume 0, Issue 0, 101262, DOI: https://www.cell.com/plant-communications/fulltext/S2590-3462(25)00024-0

Coltivare le verdure nello spazio: sarà possibile anche in assenza di luce; la ricerca si è concentrata sul crescione amaro peloso (Cardamine hirsuta). Foto di Rasbak, CC BY-SA 3.0

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Contrastare la sterilità dei terreni con piante tolleranti alle alte concentrazioni saline 

Una nuova ricerca coordinata da Raffaele Dello Ioio della Sapienza Università di Roma ha individuato il meccanismo molecolare che inibisce lo sviluppo delle radici quando una pianta si trova in un terreno con elevate presenza di sale. Lo studio, pubblicato su Communications Biology, può portare allo sviluppo di piante in grado di sopravvivere e avere alta resa agricola anche se esposte a questo minerale.

Come effetto del riscaldamento globale, le condizioni climatiche di molte aree nel mondo stanno radicalmente cambiando aumentando le zone soggette ad inaridimento del suolo o ad alluvioni. Tali cambiamenti causano un aumento della concentrazione salina nel suolo, rendendo molte aree coltivabili quasi completamente sterili. Infatti, l’aumento di sale nel suolo inibisce la crescita delle piante causando una notevole riduzione nella resa agricola.

Il primo organo che viene a contatto con il sale presente nel suolo è la radice: da questa propagano segnali che generano molteplici anomalie nello sviluppo di tutta la pianta che conducono alla morte.

Un nuovo studio coordinato da ricercatori del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza di Roma ha combinato esperimenti di biologia molecolare, genetica e biologia computazionale giungendo a identificare il meccanismo molecolare che inibisce la crescita della radice quando una pianta è esposta ad alte concentrazioni saline. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Communications Biology.

Il gruppo di ricerca si è servito della nota pianta modello Arabidopsis thaliana, meglio conosciuta come Arabetta comune, percomprendere come le condizioni chimiche, fisiche e meccaniche del suolo interferiscano con lo sviluppo della radice alterando di conseguenza lo sviluppo della pianta in toto.

“Questo studio – commenta Raffaele Dello Ioio – è seminale per la produzione futura di piante resistenti ad alte concentrazioni saline. Infatti, è plausibile che rendendo le radici delle piante insensibili alla presenza di sale nel suolo queste potranno sopravvivere ed avere alta resa agricola anche se esposte a questo minerale”.

Arabidopsis thaliana piante tolleranti concentrazioni saline
Contrastare la sterilità dei terreni con piante tolleranti alle alte concentrazioni saline: la pianta modello Arabidopsis thaliana. Foto di Flocci Nivis, CC BY-SA 4.0

Riferimenti:

microRNA165 and 166 modulate response of the Arabidopsis root apical meristem to salt stress – Daria Scintu, Emanuele Scacchi, Francesca Cazzaniga, Federico Vinciarelli, Mirko De Vivo, Margaryta Shtin, Noemi Svolacchia, Gaia Bertolotti, Simon Josef Unterholzner, Marta Del Bianco, Marja Timmermans, Riccardo Di Mambro, Paola Vittorioso, Sabrina Sabatini, Paolo Costantino & Raffaele Dello Ioio – Communications Biology (2023)  https://www.nature.com/articles/s42003-023-05201-6

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

 

Un team di ricercatori della Sapienza ha identificato uno degli orologi molecolari che regolano la maturazione degli organi nelle piante. Lo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, getta nuova luce sui meccanismi utili a migliorare l’adattamento delle piante alle variazioni ambientali

orologio molecolare piante orologi
Foto Sapienza Università di Roma

La maturazione degli organi presuppone, sia negli animali che nelle piante, cambiamenti nelle loro forme e nella loro anatomia. Tali cambiamenti avvengono nel corso del tempo, motivo per cui esistono dei veri e propri orologi molecolari che mediano e scandiscono l’interazione di specifici geni, in determinati momenti, affinché sia assunta la corretta morfologia.

Un nuovo studio del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, ha identificato nella pianta modello Arabidopsis thaliana l’orologio molecolare coinvolto nella regolazione della formazione della radice. Nello specifico, il team di ricercatori coordinato da Raffaele Dello Ioio ha indagato nella pianta il funzionamento di uno dei meccanismi che regola la divisione asimmetrica del tessuto, a cui consegue l’incremento del numero di strati da uno a due.

“Questo lavoro, appena pubblicato sulla rivista Current Biology, ha permesso di identificare uno di questi orologi, necessario alle piante per adattarsi all’ambiente esterno e alle sue variazioni – spiega Raffaele Dello Ioio. “Otto giorni dopo la germinazione, il momento in cui l’embrione che è nel seme inizia a uscire dalla fase di quiescenza, si verifica una riduzione dell’espressione di alcune piccole molecole di Rna, i microRNA 165 e 166. La divisione asimmetrica della cortex, una componente della struttura della radice, risulta dipendere proprio dalla minore espressione dei microRNA, che esercitano un controllo positivo sui livelli del fitormone gibberellina e uno negativo su quelli del fattore di trascrizione PHABULOSA”.

Conclude poi Raffaele dello Ioio, insignito nel 2019 dall’Accademia dei Lincei del premio “Antonio Feltrinelli giovani” per i suoi studi sui circuiti genetico-molecolari che regolano il corretto sviluppo degli organi delle piante, che “identificare questi meccanismi non solo permette di comprendere come avviene la maturazione degli organi, ma potrà essere di aiuto agli scienziati per capire come manipolare tali meccanismi per migliorare l’adattamento delle piante alle variazioni ambientali”.

Riferimenti:

A PHABULOSA-Controlled Genetic Pathway Regulates Ground Tissue Patterning in the Arabidopsis Root – Gaia Bertolotti, Simon Josef Unterholzner, Daria Scintu, Elena Salvi, Noemi Svolacchia, Riccardo Di Mambro, Veronica Ruta, Francisco Linhares Scaglia, Paola Vittorioso, Sabrina Sabatini, Paolo Costantino, Raffaele Dello Ioio – Current Biology, 2020.https://doi.org/10.1016/j.cub.2020.10.038

 

Testo e foto dalla Sapienza Università di Roma

Prevedere il comportamento delle piante con un modello matematico 

È uno dei pochi modelli computazionali che, riproducendo l’attività di diversi network genetici, è in grado di fare predizioni poi verificate in vivo. Lo studio, coordinato dal Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza in collaborazione con l’Università di Utrecht, è stato pubblicato sulla rivista Developmental Cell

piante modello matematico
Radice di Arabidodopsis thaliana esprimente il gene PLETHORA (in giallo) messa a confronto con il layout del modello matematico in cui una simulazione ha distribuito il gene PLETHORA (in bianco)

La crescita di un organo è un processo articolato in cui l’attività delle cellule e dei tessuti che lo compongono deve essere finemente regolata per garantire una forma e una dimensione finale compatibili con la sua funzione. Ciò vale anche per i vegetali, dei quali sono ancora poco noti i meccanismi alla base della formazione di organi, quali radici, fusti e foglie.

Con le moderne tecnologie di analisi molecolare ad ampio spettro è stato possibile raccogliere negli ultimi anni un’enorme quantità di dati di rilevanza biologica, ma la possibilità di integrarli in un modello capace di predire il comportamento in funzione di alcuni parametri resta ancora molto limitata.

In un nuovo studio coordinato da Sabrina Sabatini del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia computazionale dell’Università di Utrecht, è stato realizzato un modello computazionale in grado di riprodurre esattamente le fasi di crescita della radice di Arabidopsis thaliana. Integrando evidenze sperimentali con la biologia computazionale, il programma predice il comportamento della pianta in vivo e in diverse condizioni ambientali. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Developmental Cell.

Per acquisire tali risultati, i ricercatori hanno identificato alcuni dei circuiti molecolari centrali nella crescita della radice, utilizzandoli poi come parametri per lo sviluppo del modello.

“Questo lavoro – spiega Sabrina Sabatini – è un esempio di come si può modellizzare un sistema regolativo complesso predicendone gli esiti a partire dai parametri chiave. L’utilizzo di un modello computazionale ci ha permesso di stabilire ad esempio come la proteina PLETHORA (PLT), che si trova in grandi quantità nella nicchia staminale della radice, venga gradualmente diluita in seguito dell’attivazione della divisione cellulare e distribuita nelle cellule indifferenziate di nuova generazione, dove raggiunge livelli minimi di concentrazione”.

Da qui, i ricercatori hanno identificato i network attivi nel differenziamento cellulare e i loro meccanismi di funzionamento: come l’azione inibitoria reciproca di alcune molecole controlli il numero di cellule indifferenziate della radice e come tale processo venga interrotto, a 5 giorni dalla germinazione, da un ormone che favorisce il differenziamento e garantisca una crescita coerente dell’organo.

“Il nostro – conclude Sabatini –  è uno dei pochi modelli dinamici che incorpora l’attività di diversi network genetici in grado di riprodurre in silico la crescita della radice, e potrà essere utilizzato per fare predizioni testabili sperimentalmente in vivo”. 

 

Riferimenti per lo studio sul modello matematico per prevedere il comportamento delle piante:

A self-organized plt/auxin/arr-b network controls the dynamics of root zonation development in arabidopsis thaliana – Elena Salvi, Jaap Rutten, Riccardo Di Mambro, Laura Polverari, Valerio Licursi, Rodolfo Negri, Raffaele Dello Ioio, Sabrina Sabatini & Kirsten Ten Tusscher – Developmental Cell https://doi.org/10.1016/j.devcel.2020.04.004

 

Testo e immagine dell’arabidopsis thaliana dall’Università Sapienza di Roma.

Foto di Naldo Universe