I CARABINIERI TUTELA PATRIMONIO CULTURALE RESTITUISCONO AL NOBILE COLLEGIO CHIMICO FARMACEUTICO DI ROMA UN TESTO RARO DEL XVII SECOLO, UNIVERSALE THEATRO FARMACEUTICO DI ANTONIO DE SGOBBIS
Un importante testo raro del 1682 “Universale Theatro Farmaceutico” dell’autore Antonio De Sgobbis, farmacista veneziano, è stato recuperato dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza. Il bene era stato sottratto nell’anno 1985 dal Nobile Collegio Chimico Farmaceutico di Roma e da allora se ne erano perse le tracce, fino alla sua recente comparsa nel mercato antiquario.
La ricomparsa dell’opera non è passata inosservata al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, che quotidianamente svolge attività preventiva di controllo e monitoraggio del settore, avvalendosi del supporto tecnologico della Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti.
Il riscontro positivo scaturito dalla verifica e la successiva attività d’indagine condotta dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como, hanno permesso il recupero dell’opera e la restituzione all’ente di provenienza.
L’Autore, Antonio De Sgobbis, nato e cresciuto a Montagnana intorno al 1600, è stato un importante speziale della Serenissima, diventato famoso farmacista a Venezia dove possedeva una spezieria all’insegna dello struzzo situata nella centralissima zona delle Mercerie.
La sua farmacia divenne un centro di sperimentazione della chimica farmaceutica veneziana che, grazie alla sua passione e curiosità, diede origine alla pubblicazione di diversi testi, fra i quali anche l’Universale Theatro Farmaceutico.
Il volume, che rese l’autore famoso in tutta Europa e di cui siconoscono pochissime copie, rappresenta un’opera strutturata e dettagliata molto rara per l’epoca, una specie di prototipo enciclopedico piuttosto che un manuale di uso pratico da riporre e consultare in farmacia.
Il testo, in folio, ricchissimo di riferimenti bibliografici che per la loro ampiezza e ponderatezza aiutano a comprendere l’arte farmaceutica seicentesca, si compone di più di 800 pagine, corredate da tavole e tabelle di considerevole valore e dal ritratto dell’autore insieme a quello dei colleghi Giorgio Melichio e Alberto Stecchini.
Inoltre, a rendere particolarmente pregevole tale opera fu anche la scelta dell’editore, la Stamperia Baglioni di Venezia divenuta molto famosa già nel 1607 per essere stata scelta da Galileo Galilei per la sua Difesa contro le accuse di Baldassare Capra e il Sidereus Nuncius. Un’opera, quindi, che nella sua monumentalità resta una testimonianza unica e originale dell’appassionato esercizio della farmacopea privata a Venezia che, dopo ben 39 anni e grazie all’attività del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza, è potuta tornare al Nobile Collegio Chimico Farmaceutico di Roma.
Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale sull’Operazione Pandora VIII
Pietro D. Omodeo (Univ. Ca’ Foscari) ricostruisce la vicenda del famoso esperto di idrodinamica del ‘600 e del dibattito sulla salvaguardia della laguna
BENEDETTO CASTELLI, LO SCIENZIATO CHE VOLEVA SALVARE VENEZIA CON LA MATEMATICA
Storia di una rivoluzione basata su modelli riduttivi, senza considerare gli aspetti ambientali e di contesto
VENEZIA – Benedetto Castelli, chi era costui? Allievo prediletto di Galileo con il quale condivideva osservazioni telescopiche, matematico eccelso e fisico, tra gli scienziati più in vista della sua generazione, docente de La Sapienza di Roma, uno dei fondatori della moderna idrodinamica in quanto autore del Della misura dell’acque correnti (1628), la sua figura si ritrova collegata nella prima metà del ‘600 alla storia della laguna di Venezia.
La sua famosissima opera di idrodinamica sviluppa la teoria di come misurare la quantità delle acque correnti applicando le teorie galileiane, un punto di vista estremamente innovativo con aspetti pratici e che prende in considerazione la sezione del fiume e la velocità dell’acqua, elemento mai introdotto prima.
Castelli arriva a Venezia nel 1641 chiamato dai Senatori della Serenissima che già allora si trovavano ad affrontare dei problemi di salvaguardia della laguna quali il restringimento del perimetro lagunare, l’abbassamento del livello delle acque con rischio di progressivo impaludamento e il rischio che le bocche di porto di Malamocco non fossero più navigabili. Oltre a questo, esisteva anche un problema di difesa, visto che le acque sono sempre state considerate dalla Repubblica “le mura di Venezia”.
Castelli, accademico illustre ed accreditato anche presso la Curia papale, interviene nei dibattiti scientifici della Repubblica alla ricerca della soluzione migliore dal punto di vista idrologico. La politica di Venezia era sempre stata quella di dirottare i fiumi all’esterno della laguna ed era già stata adottata nel 1610 deviando il corso del Brenta, ma i problemi persistevano.
Ed è qui che si inserisce la ricerca di Pietro Daniel Omodeo, docente di epistemologia storica presso il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari Venezia e vincitore di due progetti di storia della scienza nella prima età moderna: EarlyModernCosmology, Consolidator Grant finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC, Horizon 2020, GA 725883) ed EarlyGeoPraxis, progetto FARE finanziato dal MIUR. Nelle sue indagini nell’Archivio di Stato di Venezia ha rinvenuto una copia manoscritta di una sua relazione, Considerazione intorno alla laguna di Venezia (testo noto quale appendice all’edizione postuma del Della misura dell’acque correnti) non ancora studiata, ma ciò che è ancora più interessante, la trova in un contesto archivistico di documenti del Magistrato alle Acque, in cui i proti della laguna raccolgono quasi un secolo di studi, indagini, consulenze, questionari, relazioni per valutare la situazione e le misure da prendere. L’urgenza dei problemi affrontati è indicata con estrema chiarezza all’inizio del fascicolo che include la relazione del Castelli:
[I Senatori] hanno con una loro scr[rittur]a
veduta da me, pianto le miserie della laguna, et
detestata la malvagità degl’huomini, et per ben
esseguire le commissioni della Ser[enit]à
v[ostr]a, vorebbono levar le cause, et non si
possono per modo alcuno levare per esser già
inveterate, et per dir così, naturate.
In questo mare di documenti, la consulenza di Castelli doveva contribuire a chiarire i termini e le prospettive di gestione ambientale della laguna di Venezia e permettere al potere politico di decidere su come intervenire per il bene della Repubblica.
Castelli produce in questo contesto, quello che oggi chiameremmo un “report” che spiega le cause della “malattia” della laguna e le possibili soluzioni da adottare. I suoi studi di matematico lo avevano portato a scoprire per primo la formula per calcolare la portata di un fiume dalla sezione del suo letto e dalla velocità dell’acqua. “Ha offerto dimostrazioni geometriche volte a rendere possibile la misurazione delle acque correnti (la “misura”) spiega Omodeo – attraverso l’isolamento di poche variabili: la sezione di una via d’acqua e la sua velocità rappresentando un’altra applicazione di successo della fisica Galileiana”. Dai suoi calcoli matematici applicati alle acque correnti, aveva dedotto che deviare il Brenta fuori dalla laguna era stato un errore e proponeva una soluzione opposta: riportarne il corso all’interno perché la laguna aveva bisogno di più acqua. La prova della sua tesi era la quantificazione dell’innalzamento del livello dell’acqua grazie a questo aumento dell’immissione.
Ma Castelli non aveva tenuto conto di aspetti geologici fondamentali del problema della laguna: il fatto che il suo livello dipende dalle acque marine e dai sedimenti e che inevitabilmente il fiume avrebbe gettato in laguna. Egli aveva seguito la sua strada di matematico, ma aveva trascurato l’aspetto ambientale. In questa tesi mancava del tutto l’osservazione della laguna, l’osservazione diretta di chi in questo ambiente era nato e aveva vissuto: i veneziani.
La Repubblica rigettò la sua tesi e rifiutò la sua proposta; lo scorno fu grande. Ma perché la Serenissima prese questa decisione? I documenti ritrovati da Omodeo ci aiutano a capirlo: tra le carte che compongono il “dossier laguna” del 1600 figurano oltre ai pareri degli esperti di idrodinamica, degli ingegneri, dei costruttori, anche quelli della comunità dei pescatori veneziani, i Nicolotti. Vi sono infatti dei veri e propri questionari fatti ai pescatori della zona per capire direttamente dalle loro osservazioni quali fossero le dinamiche della laguna.
Ecco le domande di quello che sembra un moderno sondaggio:
“Qual sia la sua peschazione / Dove son soliti pescare / Che osservatione han fatto del stato della lag[un]a doppo levata la Br[ent]a / In quai luochi perticolarmente sia seguita alterazione /Per qual causa sia seguita / Se li tagli […] ha fatto benef[ici]o / Se le velme si sono abbassate / Se li canali si sono alterati / Se le barene si sono diminuite / Se il porto ha ricevuto danno o beneficio / Se sarebbe d’utile della lag[un]a il cessar di tagli o pure servan i tagli […] / Che cosa in generale o in particolare si potria fare per rimediar ai danni seguiti, et per giovar alla lag[un]a et porti / Come possino essere seguiti dan[n]i alla lag[un]a mentre essendo stata ampliata doverebbesi haverne ricevuto giovam[ent]o così per la salsedine dell’acque, come per il ricettacolo ch’è fatto maggiore / Se per dette novità si sono alterati i corsi delle acque / Se il cammin ha ricevuto alterazione / Se li fondi si sono diversificati nella qualità / Se le pesche sono le medesime.”
Splendida l’espressione di Dominio Vincentio, un pescatore di 54 anni che aveva visto la laguna prima della deviazione del Brenta e che ora notava che “l’acqua non può caminar e portar via il sporchesso nel reflusso”.
“Emesso di Dom[in]o Vincentio de S. Nicolo pescador d’anni 54 come
disse et dall’aspetto dimostra. Int[errogat]o in che stato si trovi la
lag[una] di V[enezi]a et se ha fatto alteratione dopo levata la B[rent]a,
[dis]se: Il terreno si è alzato assai […].
Io non so dir altro se non che quando l’acqua non può caminar la non
può portar via il sporchesso nel riflusso.
e.d. adunqe i tagli per se stessi non fanno alcun pregiud[iudizi]o alla
lag[un]a?
[dis]se: non vi fanno niente di utile.”
Gli amministratori veneziani entrano in discussione con i pescatori sulle cause delle variazioni e sui possibili interventi di miglioria che loro proponevano.
La raccolta di documenti è eccezionale in quanto propone uno dei primi esempi di quella che oggi magari chiameremmo “citizen science”, scienza partecipativa, in cui si crea una forma di condivisione dell’analisi per arrivare ad una decisione che tiene conto di vari fattori e di molteplici punti di vista ed è interessante anche capire in che misura l’interazione tra tecnici e pescatori serva a creare forme di consenso.
Omodeo spiega: “Quello che è interessante dal punto di vista di storia della scienza è che qui si contrappongono due modelli di scienza: il modello tecnocratico di Castelli che si fonda su basi matematiche e scientifiche e il modello democratico che prevede parti diverse che vengono interpellate che si confrontano integrando i saperi, si tiene conto di una pluralità di voci che si affiancano in sistemi complessi”.
Castelli aveva, dall’alto della sua scienza, forte dei principi e delle leggi fisiche, cercato di dare una risposta applicando la sua teoria matematica ai problemi della laguna, ma la sua rivoluzione, basata solo su modelli riduttivi era fallita, scontrandosi con le opinioni dei Senatori che si erano formate “dal popolo volgare”, come lui stesso sottolinea: “avrei stimato di più tesi ben organizzate di un unico uomo esperto, sebbene solo, piuttosto che le opinioni del volgo” “Avevo provato a proporre una cosa totalmente contraria alla maggior parte delle opinioni antiquate”.
“Castelli porta nelle sue valutazioni la scienza galileiana che gli permette di fare determinati calcoli matematici, ma non valuta i molteplici fattori ambientali. La cultura scientifica veneziana invece attinge ad un patrimonio più ampio di conoscenze ed esperienze complesse che guardano la laguna come un sistema, come un organismo, non si interviene solo da una parte, è tutto interconnesso, i fiumi, il mare, gli interventi umani sono elementi da valutare nella loro reciproca interazione. Castelli perde di vista la complessità sistemica del problema e non riesca a proporre una soluzione all’altezza”.
La vicenda della rivoluzione fallita di Benedetto Castelli è indicativa di come possono nascere errori dall’eccessiva fiducia in metodi che non tengono conto dei contesti a cui vanno ad applicarsi.
Il problema di allora forse ha molte analogie ai fatti contemporanei e ci si può insegnare qualcosa, poiché anche oggi, siamo testimoni di errori nella gestione dell’ambiente lagunare che non tengono conto dei contesti.
Ancora una volta, lo studio della storia ed in questo caso della storia della scienza, ci può aiutare a comprendere il presente e guardare al futuro.
Testo e immagine sullo studio di Benedetto Castelli dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia