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EMERGENZA QUALITÀ DELL’ARIA NELLA REGIONE VENETO

Le politiche ambientali finora applicate non sono sufficienti per un ambiente salubre

Pubblicato su «Atmospheric Environment» con il titolo “Long time series analysis of air quality data in the Veneto Region (Northern Italy) to support environmental policies” – condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Padova, Venezia,  Cagliari e dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) in cui si  evidenzia in modo definitivo come le attuali misure di contenimento promosse dalle politiche ambientali, rivolte principalmente al settore del traffico e spesso attuate in modo occasionale (es. chiusure domenicali del traffico), siano solo parzialmente efficaci nel migliorare la qualità dell’aria.

L’inquinamento atmosferico costituirà, se non lo sta già facendo, l’impatto ambientale più rilevante sull’ecosistema nel prossimo futuro, come rilevato da diversi studi disponibili nella letteratura di settore. Ad esempio, uno studio di carattere sanitario riporta che il tasso annuale di incremento di mortalità in Europa per inquinamento dell’aria è di 790.000 unità, pari ad un tasso specifico di mortalità di 133 su 100.000 abitanti e che, conseguentemente, l’attesa di vita media possa ridursi di circa 2,2 anni [1]. Più in particolare secondo i dati che emergono dalla ricerca “European city air quality viewer” [2], l’agenzia Europea per l’Ambiente ha evidenziato che tra le 15 città più inquinate d’Europa per il parametro polveri sottili ci sono Padova, Venezia, Vicenza, Verona e Treviso.

Lo studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista «Atmospheric Environment» dal titolo “Long time series analysis of air quality data in the Veneto Region (Northern Italy) to support environmental policies” – condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Padova, Ca’ Foscari Venezia, Cagliari e dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) – ha indagato in modo sistematico serie storiche di 10 anni di dati sulla qualità dell’aria (dal 2011 al 2021) nella regione Veneto per comprendere l’influenza di specifici fattori sulla qualità dell’aria come: i processi naturali (condizioni meteorologiche), le politiche ambientali, alcune attività antropiche limitate a determinati giorni dell’anno (ad esempio, i fuochi d’artificio di Capodanno e i tradizionali falò dell’Epifania) e le misure di emergenza sanitaria dovute al COVID-19 pandemia.

Alberto Pivato qualità aria Regione Veneto
Alberto Pivato

«I risultati della nostra ricerca – spiega il professor Alberto Pivato del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Padova e autore dello studio – hanno permesso di delineare i meccanismi che influenzano la qualità dell’aria nella Pianura Padana e di evidenziare in modo definitivo come le attuali misure di contenimento promosse dalle politiche ambientali, rivolte principalmente al settore del traffico e spesso attuate in modo occasionale (es. chiusure domenicali del traffico), siano solo parzialmente efficaci nel migliorare la qualità dell’aria. In particolare, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle PM10, è necessario integrare gli attuali piani di miglioramento della qualità dell’aria con misure strutturali più stringenti volte al controllo delle emissioni degli impianti di riscaldamento domestico, nonché promuovere politiche di efficienza energetica negli edifici e pratiche agricole più sostenibili. Con l’imminente applicazione del nuovo Green Deal europeo per la qualità dell’aria – continua Alberto Pivato – il rispetto dei limiti normativi diventerà sempre più difficoltosa nella Regione Veneto ed è per questo che abbiamo pensato di promuovere per questa primavera un momento di incontro e di riflessione per discutere delle migliori strategie da implementare».

Link alla ricerca: https://doi.org/10.1016/j.atmosenv.2023.119610

Titolo: titolo “Long time series analysis of air quality data in the Veneto Region (Northern Italy) to support environmental policies” – «Atmospheric Environment» 2023

Autori: Alberto Pivato, Luca Pegoraro, Mauro Masiol, Erick Bortolazzo, Tiziano Bonato, Gianni Formenton, Giovanna Cappai, Giovanni Beggio, Rosa Arboretti Giancristofaro.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Padova

Al via progetto LIFE PollinAction con 10 partner da Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Spagna

CAMPI FIORITI PER SALVARE API E FARFALLE

DA CA’ FOSCARI SOLUZIONI PER LA ‘CRISI DEGLI IMPOLLINATORI’

Il 40% degli impollinatori è a rischio estinzione. Soluzioni testate nel territorio: campi diventeranno praterie

 Anche il Passante di Mestre coinvolto nel progetto

Foto di Myriam Zilles

VENEZIA – Una nuova crisi ambientale minaccia tanto gli ecosistemi naturali quanto la sicurezza alimentare dell’uomo. Si tratta della ‘crisi degli impollinatori’, cioè degli insetti che, trasportando il polline, consentono la riproduzione dell’80% delle piante. La piattaforma intergovernativa su biodiversità e servizi ecosistemici (IPBES) calcola che oltre il 40% degli insetti impollinatori, principalmente api e farfalle, sia a rischio estinzione a causa del degrado ambientale e della scomparsa del loro habitat più importante: il prato fiorito.

Ricercatori ed esperti coordinati dalla botanica Gabriella Buffa, professoressa all’Università Ca’ Foscari Venezia, si sono quindi chiesti come intervenire per arginare questo declino, con ricerca ed azioni concrete, anche dimostrative. Così è nato il progetto europeo LIFE ‘Biodiversità’ PollinAction, che con un budget di 3,2 milioni di euro e 10 partner da Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Aragona (Spagna) metterà in campo, appunto, azioni finalizzate a invertire la tendenza.

“Il declino degli impollinatori è influenzato da diversi fattori come aumento dei prodotti chimici, parassiti e malattie – spiega Gabriella Buffa – tuttavia, la ricerca è abbastanza concorde nell’indicare il degrado ambientale e la perdita di habitat naturali e semi-naturali come la principale minaccia. Gli insetti in questi habitat trovano polline, nettare, siti di nidificazione e svernamento. Quindi è l’azione umana al momento il problema principale: consumo di suolo, urbanizzazione e intensificazione dell’agricoltura”.

La perdita degli insetti produrrà a cascata la scomparsa delle piante selvatiche (estinzione a cascata, o estinzione secondaria) con ripercussioni sul funzionamento degli ecosistemi naturali. Anche la produzione agricola ne risentirà, minacciando così la sicurezza alimentare per gli esseri umani e la fauna selvatica, nonché la stabilità economica.

Le soluzioni proposte seguono un approccio innovativo. Il progetto realizzerà infrastrutture ‘verdi’ ispirate e sostenute dalla natura. Si tratta quindi di opere sostenibili e a vantaggio della resilienza dei territori coinvolti, tra cui 6 comuni che hanno messo a disposizione aree, 11 aziende agricole, due apicoltori in Spagna, sei aree ad agricoltura estensiva in Friuli-Venezia Giulia ed il Passante di Mestre.

“Le ‘green infrastructure’ – aggiunge Gabriella Buffa – sono un approccio nuovo, soprattutto nel sud Europa dove sono state prevalentemente messe in atto in territori dove la pressione antropica è bassa e quindi pochi sono i potenziali beneficiari. PollinAction prevede l’implementazione di queste opere in un territorio molto complesso dal punto di vista socio-economico, cioè aree rurali e urbane”.

Per aumentare le fioriture campestri saranno convertiti 200mila metri quadrati di seminativi in prati fioriti, migliorati 2,6 milioni di metri quadri di praterie esistenti, realizzati corridoi ecologici su 30 chilometri di strade, oltre a 3,5 km di siepi campestri. Il Centro di Montecchio di Veneto Agricoltura e il Vivaio regionale in Friuli-Venezia Giulia produrranno 385mila piantine in totale, tra erbe ed arbusti, e 150 chilogrammi di sementi di fiori selvatici.

La partnership, vasta ed articolata, oltre a Ca’ Foscari e Veneto Agricoltura, comprende Direzione Agroambiente della Regione del Veneto, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Concessioni Autostradali Venete – Cav spa, gruppo EcorNaturaSì spa, Albatros S.r.l., Comune di Caldogno (VI), cooperativa SELC. Inoltre, il progetto, che ha respiro sovranazionale, comprende un partner spagnolo che condurrà azioni analoghe, il Centro de Investigación y Tecnología Agroalimentaria dell’Aragona.

Porranno terreni a disposizione del progetto inoltre numerosi sostenitori esterni: i Comuni di Carceri (PD), San Bellino (RO), Cartigliano (VI), Mirano (VE), Chiopris-Viscone (UD), Palmanova (UD), Montereale Valcellina (PN), Villesse (GO); l’Associazione tegliese Prati delle Pars Teglio v.to (VE); l’associazione Apicola Provincial de Jovenes Agricoltores de Teruel (E) e, in Friuli, la Riserva di caccia di Spilimbergo (PN).

Testo dall’Università Ca’ Foscari Venezia sul progetto europeo LIFE ‘Biodiversità’ PollinAction

Riaperture scolastiche: in un documento congiunto le indicazioni

agli istituti perla gestione di casi e focolai di Covid-19

Identificare un referente scolastico per il Covid-19 adeguatamente formato, tenere un registro degli eventuali contatti tra alunni e/o personale di classi diverse, richiedere la collaborazione dei genitori per misurare ogni giorno la temperatura del bambino e segnalare eventuali assenze per motivi di salute riconducibili al Covid-19.

Sono alcune delle raccomandazioni contenute nel rapporto “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia” messo a punto da ISS, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, INAIL, Fondazione Bruno Kessler, Regione Veneto e Regione Emilia-Romagna, che contiene anche i comportamenti da seguire e le precauzioni da adottare nel momento in cui un alunno o un operatore risultino casi sospetti o positivi.

Questo documento è il frutto di un impegno condiviso tra molte istituzioni nazionali e Regioni e Province Autonome. La necessità di riprendere le attività scolastiche è indicata da tutte le agenzie internazionali, tra le quali l’Oms, come una priorità ed è tale anche per il nostro Paese.– commenta il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro –. Pertanto, in una prospettiva di possibile circolazione del virus a settembre e nei prossimi mesi, è stato necessario sviluppare una strategia nazionale di risposta a eventuali casi sospetti e confermati in ambito scolastico o che abbiano ripercussioni su di esso, per affrontare le riaperture con la massima sicurezza possibile e con piani definiti per garantire la continuità”.

Il documento, di taglio operativo, descrive le azioni da intraprendere nel caso un alunno o un operatore scolastico abbia dei sintomi compatibili con il Covid-19, sia a scuola che a casa. Ad essere attivati saranno il referente scolastico, i genitori, il pediatra di libera scelta o il medico di medicina generale e il dipartimento di Prevenzione. Se ad esempio un alunno manifesta la sintomatologia a scuola, le raccomandazioni prevedono che questo vada isolato in un’area apposita assistito da un adulto che indossi una mascherina chirurgica e che i genitori vengano immediatamente allertati ed attivati. Una volta riportato a casa i genitori devono contattare il pediatra di libera scelta o medico di famiglia, che dopo avere valutato la situazione, deciderà se è necessario contattare il Dipartimento di prevenzione (DdP) per l’esecuzione del tampone. Se il test è positivo il DdP competente condurrà le consuete indagini sull’identificazione dei contatti e valuterà le misure più appropriate da adottare tra le quali, quando necessario, l’implementazione della quarantena per i compagni di classe, gli insegnanti e gli altri soggetti che rientrano nella definizione di contatto stretto. La scuola in ogni caso deve effettuare una sanificazione straordinaria. Fra i compiti degli istituti il documento prevede anche il monitoraggio delle assenze, per individuare ad esempio casi di classi con molti alunni mancanti che potrebbero essere indice di una diffusione del virus e che potrebbero necessitare di una indagine mirata da parte del DdP.

Il documento sottolinea che è difficile stimare al momento quanto la riapertura delle scuole possa incidere su una ripresa della circolazione del virus in Italia. “In primo luogo – scrivono gli esperti –, non è nota la trasmissibilità di SARS-COV-2 nelle scuole. Più in generale, non è noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano SARS-COV-2 rispetto agli adulti, anche se la carica virale di sintomatici e asintomatici, e quindi il potenziale di trasmissione, non è statisticamente differente. Questo non permette una realistica valutazione della trasmissione di SARS-COV-2 all’interno delle scuole nel contesto italiano. Non è inoltre predicibile il livello di trasmissione (Rt) al momento della riapertura delle scuole a settembre”. È previsto che il documento venga aggiornato per rispondere alle esigenze della situazione e alle conoscenze scientifiche man mano acquisite.

riaperture scolastiche COVID-19
Con le riaperture scolastiche, grande attenzione al COVID-19. Foto di Alexandra Koch

Testo dall’Ufficio Stampa Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it) sul documento relativo alla gestione di casi e focolai di COVID-19 dopo le riaperture scolastiche.

Il rapporto “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia” è sul sito del Ministero della Salute.