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Malattie ematologiche, il ruolo fondamentale del dialogo medico-paziente-figli

La comunicazione condivisa tra medico, paziente e figli, utilizzando anche immagini e metafore, riveste un ruolo cruciale per una maggiore serenità in caso di diagnosi di malattie ematologiche. Lo rivela uno studio guidato dal reparto di ematologia della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.

 

Milano, 15 luglio 2024 – L’importanza del dialogo tra genitori e figli, in caso di diagnosi di malattia ematologica, e il ruolo chiave del medico. Questi gli aspetti principali che emergono dallo studio “Communicating the diagnosis of a hematological neoplastic disease to patients’ minor children: a multicenter prospective study “, guidato dal reparto di Ematologia adulti della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, diretto dal professor Carlo Gambacorti Passerini, ematologo di Milano-Bicocca.

La ricerca si è svolta anche attraverso il confronto con reparti ematologi di altre strutture (Ospedale Niguarda di Milano, Policlinico di Milano, Policlinico San Matteo di Pavia) e ha evidenziato come la comunicazione condivisa, ma con ruoli ben precisi, possa essere la chiave per una maggiore serenità di tutta la famiglia.

Una nuova diagnosi di malattia oncoematologica rappresenta infatti un evento in grado di modificare radicalmente la vita quotidiana di una persona e gli equilibri familiari. In questo contesto, i figli in età minore spesso rappresentano la “voce dimenticata” all’interno della famiglia: nel tentativo di proteggerli dalle situazioni dolorose, i genitori tendono ad evitare la comunicazione con i figli in merito alla malattia, nella convinzione che bambini e ragazzi non possano comprendere quanto succede.

Questo studio ora invece sottolinea, grazie ai «dati emersi dall’analisi dei questionari sottoposti (dal 2017 al 2021) a coppie di genitori – dice la dottoressa Beatrice Manghisi del gruppo di ricerca di Monza, prima autrice dello studio – che la comunicazione di diagnosi di malattia ematologica ai figli minori, seppur con modalità diverse nei quattro centri coinvolti, abbia un impatto positivo, senza cambiamenti allarmanti nei comportamenti di bambini e ragazzi. Una comunicazione sincera ed aperta, in merito a questa tematica difficile, promuove il dialogo all’interno della famiglia, senza necessità di tenere nascosti ai figli ricoveri ed effetti collaterali delle terapie.»

In particolare, presso la Clinica Ematologica dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori, è attivo dal 2009 il “Progetto Emanuela” che offre aiuto ai genitori per parlare della loro malattia ai figli. Alla base di questo progetto, il colloquio di medico ematologo e psicologo insieme con i minori per spiegare loro cosa sta succedendo al genitore, offrendo così sia la competenza scientifica del medico sia la mediazione psicologica.

«Attraverso l’uso di immagini che illustrano con metafore e figure la malattia e la terapia – precisa la dottoressa Lorenza Borin, co-autrice dello studio – si preparano i bambini ai cambiamenti fisici che interverranno e si spiega il motivo per cui il genitore dovrà stare isolato. Durante il colloquio è presente una psicologa che sostiene il medico e guida la risposta alle domande, proponendo a seconda dell’età attività di dialogo, gioco o disegno.»

«Presso il nostro centro di Monza – prosegue Manghisi – è stata riscontrata una maggior apertura al dialogo tra figli e genitori, mentre nelle altre realtà, dove non esiste un progetto consolidato come il Progetto Emanuela, la comunicazione con i figli dei pazienti è affidata al supporto psicologico o ai genitori stessi.»

«La nostra esperienza con il progetto Emanuela ci convince fortemente del ruolo chiave che il medico ematologo può svolgere nella comunicazione con i figli dei pazienti. – conclude il prof. Carlo Gambacorti Passerini, direttore della Struttura Complessa Ematologia adulti del San Gerardo – I pazienti percepiscono le competenze mediche come complementari a quelle genitoriali, e identificano nell’ematologo un supporto indispensabile nella comunicazione, una figura in grado di prendersi cura anche degli aspetti familiari e relazionali. Questo nuovo ruolo del medico sembra avere un impatto positivo sui pazienti stessi, migliorando la comprensione della malattia, la fiducia nel personale sanitario e l’alleanza terapeutica medico-paziente.»

Malattie ematologiche: il ruolo fondamentale del dialogo medico-paziente-figli evidenziato da una ricerca su The Oncologist. Esempi di immagini usate per la comunicazione della diagnosi ai figli dei pazienti.

Riferimenti bibliografici:

Beatrice Manghisi, Lorenza Borin, Maria Rosaria Monaco, Gaia Giulia Angela Sacco, Laura Antolini, Raffaele Mantegazza, Monica Barichello, Umberto Mazza, Patrizia Zappasodi, Francesco Onida, Luca Arcaini, Roberto Cairoli, Carlo Gambacorti Passerini, Communicating the diagnosis of a hematological neoplastic disease to patients’ minor children: a multicenter prospective study, The Oncologist, 2024, DOI: oyae104, https://doi.org/10.1093/oncolo/oyae104

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca.

Malattie genetiche rare, parte la prima ricerca italiana sulla sindrome di Kleefstra

 Il progetto “Drop by drop” punta a studiare le alterazioni genetiche alla base della malattia, testando alcuni farmaci in laboratorio. La presentazione della ricerca (kick-off meeting) ha riunito i ricercatori dei tre partner Policlinico di Milano, Università degli Studi di Milano ed ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e i rappresentanti dell’Associazione Italiana Sindrome di Kleefstra. Il finanziamento della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica è di oltre 1 milione di euro.

Bergamo, 30 maggio 2023 – È stato presentato martedì 30 maggio all’ospedale Papa Giovanni XXIII un progetto di ricerca che punta a nuove conoscenze, anche di carattere terapeutico, sulla sindrome di Kleefstra, malattia genetica rara che si manifesta fin dall’infanzia con ritardo nello sviluppo psicomotorio, disabilità intellettiva, riduzione del tono muscolare, associati spesso ad anomalie del comportamento e neurologiche, epilessia, tratti autistici, difetti congeniti cardiaci e renali.

Obiettivo del progetto è anzitutto quello di costruire un registro ufficiale italiano per questa malattia, che resterà a disposizione dell’Associazione Italiana Sindrome di Kleefstra e garantirà una migliore conoscenza delle caratteristiche della condizione, per una migliore diagnosi, assistenza e per lo sviluppo di progetti futuri. Sarà poi creata una biobanca delle linee cellulari a scopo di ricerca, insieme a una “mappatura” delle mutazioni dei geni responsabili della sindrome in ciascun paziente. Le ricercatrici infine testeranno in laboratorio, attraverso modelli cellulari in vitro (organoidi), i possibili effetti benefici di molecole selezionate. Si punta a capire come una particolare classe di molecole possa ripristinare la corretta conformazione della cromatina che risulta alterata nella sindrome di Kleefstra e in altre 80 condizioni circa (cromatinopatie) che condividono alcune manifestazioni tipiche con la sindrome di Kleefstra, come disabilità intellettiva e anomalie del neurosviluppo.

Uno dei fattori che fa la differenza sul fronte delle malattie rare è la capacità di mettere in rete competenze e conoscenze. Il progetto ha tra i suoi punti di forza la complementarietà, dal punto di vista dell’approccio alla genetica, dei tre centri clinici e di ricerca lombardi partner del progetto. Donatella Milani, medico genetista del Policlinico di Milano ha una forte competenza nell’ambito della definizione clinica e della gestione di condizioni sindromiche rare, in particolare afferenti ai disturbi del neurosviluppo. Il gruppo dell’Università Statale di Milano, con Valentina Massa, docente di Biologia Applicata e Cristina Gervasini, docente di Genetica Medica, entrambe del Dipartimento di Scienze della Salute, si occuperà dello sviluppo e utilizzo di modelli cellulari 2D e 3D (organoidi). L’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è uno dei centri di riferimento in Italia per la diagnosi genetica delle malattie pediatriche rare e ultrarare.

“Indagare una malattia rara è sempre una sfida – ha spiegato Laura Pezzoli biologa genetista del Laboratorio di Genetica Medica dell’ASST Papa Giovanni XXIII e principal investigator del progetto -. Ogni piccolo passo in avanti rappresenta un progresso importante sia per i genitori che hanno già ricevuto una diagnosi per il figlio, sia per le famiglie ancora in cerca di un corretto inquadramento clinico per la condizione del proprio bambino”.

Scoperta recentemente dalla ricercatrice olandese Tjitske Kleefstra, da cui ha preso il nome, questa malattia genetica rara conta pochissime diagnosi. Si calcola siano tra 1.000 e 2.000 nel mondo, 58 delle quali in Italia.

Il progetto è stato accolto con entusiasmo da Mariella Priano, Presidente dell’Associazione Italiana Sindrome di Kleefstra“A nome dei bimbi e ragazzi senza voce ringraziamo la Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica e Regione Lombardia per il finanziamento, le ricercatrici per aver promosso la prima ricerca italiana della Sindrome di Kleefstra, sindrome rara e ancora poco conosciuta ed il genetista prof. Romano Tenconi che ci ha messo in contatto con loro. Sapere che un giorno l’impegno e la perseveranza delle ricercatrici potrà condurre alla tanto auspicata ‘pillola magica’ costituisce un’utile iniezione di fiducia e speranza per sopportare la sofferenza dei nostri figli”.

È proprio ispirandosi al motto dell’associazione che i ricercatori hanno deciso di chiamare questo progetto “Drop by drop”, una sintesi perfetta per rendere l’immagine del lavoro metodico con cui, a piccoli passi a volte impercettibili – goccia dopo goccia appunto – vengono indagate le malattie genetiche rare.

“Drop by drop” ha ricevuto un importante finanziamento di 1.157.500 euro da FRRB- Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica, attraverso il bando “Unmet Medical Needs” 2022.

“FRRB è lieta di finanziare un progetto che risponde pienamente ad uno degli obiettivi principali del Bando Unmet Medical Needs: la necessità di sviluppare terapie per il trattamento di malattie rare, tramite un approccio di precisione basato su caratteristiche genotipiche e fenotipiche dei pazienti, al fine di migliorare la conoscenza e la diagnosi di tali malattie e di sviluppare una cura” afferma Veronica Comi, Direttore Generale della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica. “Il progetto sarà realizzato da un team multidisciplinare e complementare, che con le proprie competenze, potrà dare slancio alla caratterizzazione della sindrome di Kleefstra e di altre cromatinopatie e allo sviluppo di approcci terapeutici. Inoltre, il progetto sarà coordinato da 3 donne; ciò conferma l’efficacia delle misure implementate da FRRB nei propri bandi per promuovere la partecipazione e affermare la carriera di responsabili scientifici di genere femminile nella ricerca biomedica” conclude Comi.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano.