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Biotecnologie e malattie neurologiche: un parassita opportunamente ingegnerizzato, Toxoplasma gondii, per trasportare proteine al sistema nervoso centrale a fini terapeutici

Un gruppo di scienziati internazionali dell’Università degli Studi di Milano e di Human Technopole ha studiato un metodo per l’ingegnerizzazione del parassita Toxoplasma gondii come veicolo per il trasporto di proteine terapeutiche al sistema nervoso centrale, offrendo una potenziale soluzione alle difficoltà del trattamento delle malattie neurologiche.

La pubblicazione su Nature Microbiology.

Milano, 29 luglio 2024 – Ingegnerizzare un parassita, il Toxoplasma gondii, naturalmente adatto ad attraversare la barriera emato-encefalica ed entrare nelle cellule neuronali, in modo che possa fornire proteine ​terapeutiche al sistema nervoso centrale: ecco il risultato dello studio di un gruppo di scienziati internazionali di cui fanno parte anche gli studiosi dell’Università degli Studi di Milano e di Human Technopole, appena pubblicata su Nature Microbiology.

Le proteine ​​possono infatti essere utilizzate come terapie o come strumenti per studiare i processi biologici, ma il loro trasferimento alle cellule e ai tessuti bersaglio è reso complesso dalle loro grandi dimensioni, dalle interazioni con il sistema immunitario ospite e dalla necessità di aggirare diverse barriere, come la barriera ematoencefalica. Gli scienziati sono partiti da studi precedenti sul Toxoplasma gondii, un parassita che viaggia naturalmente dall’intestino umano al sistema nervoso centrale, e che, grazie alla sua naturale capacità di attraversare la barriera emato-encefalica ed entrare nelle cellule neuronali, è un potenziale strumento trasformativo per il trattamento dei disturbi cerebrali.

Il gruppo di ricerca italiano è coordinato da Giuseppe Testa, docente di Biologia Molecolare presso il Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia della Statale di Milano, Head of Neurogenomics presso Human Technopole e Direttore del Laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali presso IEO – Istituto Europeo di Oncologia.

 Attraverso una strategia di ingegnerizzazione per trasportare varie proteine umane ai neuroni sfruttando due organelli secretori (strutture specializzate che svolgono specifiche funzioni all’interno di una cellula) di Toxoplasma gondii gli autori hanno dimostrato con successo che le proteine potevano essere trasferite ai neuroni di topo e anche ai neuroni umani, grazie a esperimenti di laboratorio e analisi computazionali a risoluzione di singola cellula in organoidi cerebrali infettati dal parassita ingegnerizzato.

Diverse proteine di fusione, tra cui GDNF, PARK2, TFEB, SMN1 e MeCP2, sono state trasportate con successo nelle cellule ospiti. In particolare, MeCP2, una proteina implicata nella sindrome di Rett, un disordine del neurosviluppo, è stata trasportata con successo nei neuroni, e ha mostrato un’associazione funzionale con lacromatina, il complesso ecosistema di DNA, RNA, proteine e metaboliti nel nucleo delle cellule in cui si svolge l’espressione dei nostri geni. Lo studio ha dimostrato la somministrazione di MeCP2 agli organoidi cerebrali corticali differenziati da cellule staminali pluripotenti umane” spiega il professor Testa.

“Possono adesso prendere il via i prossimi passi per ottimizzare ulteriormente l’efficienza del sistema e affrontare i potenziali problemi di sicurezza associati all’utilizzo di un parassita come vettore. Siamo molto felici che una collaborazione internazionale così proficua fornisca un promettente nuovo approccio per il rilascio di proteine al sistema nervoso centrale mediante Toxoplasma gondii, offrendo una potenziale soluzione alle sfide poste dal trattamento delle malattie neuropsichiatriche, specialmente quelle dell’età evolutiva”, conclude Giuseppe Testa.

Toxoplasma gondii
Toxoplasma gondii. Foto di Danny S., CC BY-SA 4.0

Testo, video e foto dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano.

SVOLTA NELLA RISPOSTA IMMUNITARIA A BATTERI, PARASSITI E VIRUS: IDENTIFICATA LA MOLECOLA MIR-210

La ricerca, condotta da un team di scienziati dell’Università di Torino (MBC) e del VIB-KU Leuven, può aprire nuove strade nella gestione delle infezioni

miR-210 macrofagi
Macrofago. Foto Flickr dal NIAID, CC BY 2.0

Venerdì 7 maggio 2021, sulla rivista Science Advances, è stata pubblicata la ricerca Macrophage miR-210 induction and metabolic reprogramming in response to pathogen interaction boost life-threatening inflammation, condotta dal team del Prof. Massimiliano Mazzone (VIB-KU Leuven e Università di Torino) in collaborazione con la Prof.ssa Daniela Taverna (Università di Torino) e il Dr. Federico Virga (Università di Torino e VIB-KU Leuven).

Lo studio ha analizzato i macrofagi, un tipo specifico di globuli bianchi che forma la prima linea di difesa contro gli agenti patogeni. In particolare, il team ha identificato la molecola miR-210 come un regolatore chiave della risposta infiammatoria dei macrofagi a batteri, parassiti e proteine virali. Più nel dettaglio i ricercatori hanno dimostrato che, durante la sepsi e nel corso di diverse infezioni, il miR-210 favorisce uno stato infiammatorio dannoso per l’organismo.

I macrofagi sono tra i principali attori nella lotta contro gli agenti patogeni come batteri, parassiti e virus. Da un lato, l’attivazione dei macrofagi è essenziale per avviare e coordinare la risposta immunitaria per proteggere l’individuo dall’attacco microbico. Dall’altro lato però, possono contribuire ad uno stato infiammatorio esacerbato portando al danneggiamento e alla disfunzione di diversi organi.

Nei laboratori del Prof. Massimiliano Mazzone e della Prof.ssa Daniela Taverna, il Dr. Federico Virga, mettendo a contatto macrofagi sia murini che umani con agenti patogeni, ha studiato il ruolo del miR-210. “L’interazione tra macrofagi e agenti patogeni come batteri, parassiti e la proteina spike della SARS-CoV-2 induce l’espressione del miR-210 nei macrofagi, scatenando una risposta pro infiammatoria”, ha dichiarato il Dr. Virga.

Oltre a queste nuove scoperte, il team ha studiato i monociti, cellule precursori dei macrofagi, isolati da pazienti settici. Questi monociti hanno mostrato livelli più elevati di miR-210 rispetto agli individui sani o ai pazienti con una malattia diversa come il cancro. In una collezione storica di campioni di plasma di pazienti settici, livelli più elevati di miR-210 circolanti sono stati correlati a una ridotta sopravvivenza. Anche se ulteriori studi prospettici sono necessari, questi risultati incoraggiano a indagare il miR-210 come biomarcatore nella sepsi.

Il potenziale traslazionale di questi risultati è stato sottolineato dal Prof. Massimiliano Mazzone“Più di 10 milioni di persone sono morte a causa della sepsi nel 2017. Nonostante l’alta mortalità e morbilità di questa sindrome, l’identificazione e il monitoraggio della sepsi rimangono impegnativi e le opzioni terapeutiche sono limitate. I nostri dati suggeriscono che gli approcci basati sul miR-210 potrebbero aprire nuove strade per una migliore gestione della sepsi”.

La Prof.ssa Daniela Taverna ha aggiunto: “Questo studio sottolinea ulteriormente la rilevanza della ricerca sull’RNA. Infatti, in questo lavoro, siamo riusciti ad evidenziare il ruolo di un piccolo RNA non codificante, il miR-210, nel controllo delle infezioni e il suo possibile collegamento con la clinica. In contemporanea, la pandemia da SARS-CoV-2 ha dimostrato come i vaccini a RNA, sviluppati peraltro molto rapidamente, siano altamente efficaci contro l’infezione. Sicuramente gli sforzi degli ultimi 20 anni, volti a capire meglio il ruolo delle diverse molecole di RNA presenti nelle nostre cellule, ci permetteranno di intervenire in maniera più mirata a livello clinico, in tempi rapidi”.

La ricerca è stata condotta grazie al finanziamento da parte di diversi enti e associazioni. Massimiliano Mazzone è stato supportato da un ERC Consolidator Grant, dal Flanders Research Foundation e dal programma di ricerca e innovazione dell’Unione Europea Horizon 2020. Daniela Taverna è stata sostenuta da AIRCFondazione Cassa di Risparmio Torino e dal Ministero della Salute. Federico Virga ha usufruito di una borsa di dottorato in Medicina Molecolare presso l’Università di Torino.
Testo e foto dall’Università degli Studi di Torino