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TUMORE DELL’OVAIO: PASSI AVANTI VERSO LA DIAGNOSI PRECOCE
Secondo i risultati di una ricerca l’applicazione di innovative tecniche di genomica permetterebbe di rilevare tracce di tumore ovarico con anni di anticipo rispetto alla manifestazione dei sintomi, grazie all’analisi del DNA sui tamponi utilizzati per il Pap test.
La scoperta potrebbe cambiare l’approccio alla malattia.

La ricerca, condotta in Humanitas, è stata portata a termine in maniera retrospettiva a partire dai tamponi di Pap test di 113 pazienti, raccolti e analizzati in collaborazione con numerosi centri su tutto il territorio italiano: IRCCS Ospedale San Gerardo di Monza, IRCCS Policlinico Gemelli di Roma, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Istituto Mario Negri di Milano e l’Università degli Studi di Padova.

Rozzano, 6 dicembre 2023 – Il sogno di una diagnosi precoce per il tumore dell’ovaio è oggi un passo più vicino alla realtà: secondo i risultati di uno studio, pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, grazie a nuove tecniche di analisi genomica è possibile identificare la presenza di alterazioni molecolari specifiche del tumore ovarico, con anni di anticipo rispetto alle prime manifestazioni della malattia, nei tamponi usati per il Pap test, il comune esame di screening dei tumori del collo dell’utero.

La diagnosi precoce del tumore dell’ovaio, i cui sintomi si manifestano tardivamente, è fondamentale per la sopravvivenza. Questa passa infatti, a cinque anni dalla diagnosi, da appena il 30% per i tumori diagnosticati al III stadio a oltre il 90% per i tumori identificati al I stadio, quando la malattia è ancora nella fase inziale di sviluppo.

«La sopravvivenza al tumore dell’ovaio dipende fortemente dal momento in cui la malattia viene scoperta: cambiare la nostra capacità di fare diagnosi precoce, significa cambiare le possibilità di cura. Ed è quello che crediamo sia possibile fare grazie a un approccio innovativo, implementabile su larga scala e non invasivo: utilizzando i tamponi dei Pap test e applicando tecniche di analisi genomica in grado di identificare un’importante firma molecolare di questo tumore: la sua instabilità genomica1»,

affermano Maurizio D’Incalci, professore di farmacologia in Humanitas University e responsabile del laboratorio di Farmacologia Antitumorale in IRCCS Istituto Clinico Humanitas, e Sergio Marchini, responsabile dell’Unità di Genomica traslazionale dello stesso istituto, che hanno ideato e coordinato lo studio.

«Il tumore all’ovaio viene diagnosticato quando ormai è in fase avanzata, quando cioè la malattia è diffusa in più organi. Il trattamento in questo stadio è molto complesso e spesso le pazienti vanno incontro a resistenza alla terapia. Avere dei metodi per la diagnosi precoce diventa cruciale: nello studio appena pubblicato abbiamo dimostrato come sia possibile – usando campioni che vengono abitualmente presi per il Pap test cioè campioni non invasivi, facili da ottenere e già utilizzati per altri screening – identificare con largo anticipo rispetto al momento della diagnosi le alterazioni genomiche precoci tipiche delle cellule tumorali. Il lavoro – sottolinea la professoressa Chiara Romualdi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova che ha partecipato alla pubblicazione – ha un’ampia parte sperimentale e una, altrettanto grossa, parte computazionale. Io mi sono occupata di supervisionare la parte biostatistica e computazionale di analisi del dato genomico per definire le soglie utilizzate per identificare un campione con presenza di cellule tumorali o meno».

La ricerca è stata condotta in maniera retrospettiva a partire dai tamponi di Pap test di 113 pazienti, raccolti e analizzati in collaborazione con numerosi centri su tutto il territorio italiano: IRCCS Ospedale San Gerardo di Monza, IRCCS Policlinico Gemelli di Roma, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Istituto Mario Negri di Milano e l’Università degli Studi di Padova.

La ricerca è stata possibile grazie al sostegno di Fondazione Alessandra Bono, Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e Alleanza Contro il Cancro. Gli studi proseguiranno anche grazie al contributo di Rinascente attraverso Fondazione Humanitas per la Ricerca.

Tumore dell’ovaio: la sfida della diagnosi precoce e il ruolo dell’instabilità genomica

In Italia ogni anno vengono diagnosticati più di 5000 nuovi casi di tumore all’ovaio, che si aggiungono alle circa trentamila donne che sono già in cura per la patologia. La forma più frequente di tumore ovarico è chiamato “carcinoma ovarico sieroso ad alto grado” (in acronimo HGSOC). Costituisce il 70% di tutte le diagnosi e rappresenta purtroppo la forma più aggressiva e letale della malattia, spesso resistente ai farmaci chemioterapici anche perché diagnosticata in fase avanzata. Il tumore all’ovaio è infatti una patologia che non dà sintomi facilmente riconoscibili.

Negli ultimi decenni diversi gruppi di ricerca nel mondo hanno provato a mettere a punto una tecnica di diagnosi precoce per il tumore ovarico, senza successo. Una di queste tecniche, come quella proposta da ricercatori di Humanitas su Science Translational Medicine, si basava sull’analisi dei tamponi per il Pap test, ma in quel caso si cercava una mutazione genetica che si è poi rivelata non sufficientemente specifica.

«A fare la differenza, questa volta, è l’idea di guardare a un’altra caratteristica molecolare delle cellule tumorali: la loro instabilità genomica – spiega Sergio Marchini –. Oggi sappiamo che già nelle prime fasi del processo di trasformazione tumorale, il DNA delle future cellule neoplastiche è caratterizzato da profonde anomalie nella sua struttura e organizzazione. L’instabilità genomica è quindi una caratteristica primitiva e non condivisa con le cellule sane, e quindi un’ottima base di partenza per sviluppare un test di diagnosi precoce».

Lo studio retrospettivo su 113 pazienti con tumore ovarico

Per realizzare lo studio, i ricercatori hanno raccolto i Pap test effettuati, anni prima della diagnosi, da 113 donne con tumore all’ovaio. I tamponi sono stati analizzati con una tecnica di sequenziamento del DNA che permette di rilevare anche piccole tracce di DNA tumorale e di misurare la loro instabilità genomica. I risultati così ottenuti sono poi stati confrontati con un gruppo di controllo: i Pap test di 77 donne sane, che non hanno ricevuto negli anni successivi alcuna diagnosi di tumore.

«Per la prima volta nella ricerca sulla diagnosi del tumore ovarico, i dati sono davvero promettenti: dimostrano che la tecnica impiegata è in grado di riconoscere nei tamponi la presenza di DNA tumorale con anni di anticipo rispetto alla manifestazione della malattia, in un caso addirittura nove anni prima. Il numero di falsi positivi nel gruppo di controllo è molto basso, così come il numero di falsi negativi tra i tamponi delle pazienti con tumore»,

spiegano Lara Paracchini e Laura Mannarino, prime autrici dello studio, di cui hanno curato rispettivamente gli esperimenti in laboratorio e l’analisi bioinformatica dei dati.

Si tratta però solo del primo fondamentale passo vero la dimostrazione di fattibilità ed efficacia di una tecnica di diagnosi precoce per questa malattia.

«I test diagnostici sono particolarmente complessi da testare perché vanno valutati nel mondo reale, su grandi numeri di pazienti e in modo prospettico. Solo così sarà possibile dimostrare che rilevando queste tracce di DNA altamente instabile siamo davvero in grado di predire la malattia e di implementare un percorso di monitoraggio che può salvare delle vite. I dati appena pubblicati su Science Translational Medicine aprono una strada: ora serve il sostegno di tutti per avviare un ampio e robusto studio prospettico, volto a confermare i dati e trasformare il sogno di una diagnosi precoce del tumore ovarico in una realtà concreta», conclude il prof. Maurizio D’Incalci.

DNA - Neuroscienze forensi
Foto di Darwin Laganzon

1 Pesenti C, Beltrame L, Velle A, et al. Copy number alterations in stage I epithelial ovarian cancer highlight three genomic patterns associated with prognosis. Eur J Cancer. 2022;171:85-95. https://doi.org/10.1016/j.ejca.2022.05.005

Per approfondire la notizia: https://www.humanitas.it/news/cancro-dell-ovaio-nuove-prospettive-di-cura-grazie-alla-genomica-molecolare/

 

Testi dagli Uffici Stampa dell’Università di Padova e della Humanitas University.

Mutazioni BRCA: un rischio anche per gli uomini. Caratterizzazione dello spettro dei tumori negli uomini con mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2

Foto di Ryan McGuire

Un nuovo studio internazionale coordinato dal Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza e sostenuto anche da Fondazione AIRC, ha fatto luce sullo spettro dei tumori che insorgono negli uomini con mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Oncology

Le mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 rappresentano un rilevante esempio di medicina di genere, pur essendo ereditate in ugual misura dai due sessi. Il loro ruolo nella suscettibilità alle forme ereditarie di neoplasie prettamente femminili, come tumori della mammella e dell’ovaio, è ben conosciuto ed è entrato di routine nella pratica clinica; al contrario, l’impatto sul rischio oncologico delle stesse mutazioni nei soggetti di sesso maschile è meno noto.

Uno studio coordinato da Laura Ottini del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza, in collaborazione con il consorzio internazionale CIMBA (Consortium for Investigators of Modifiers of BRCA1/2), ha evidenziato importanti e peculiari caratteristiche nello spettro dei tumori che insorgono negli uomini con queste mutazioni. I risultati della ricerca sostenuta anche da Fondazione AIRC sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista JAMA Oncology.

“Grazie alla collaborazione di oltre 50 gruppi di ricerca in tutto il mondo, abbiamo ottenuto e analizzato i dati clinici di circa 7000 uomini portatori di mutazioni BRCA1 e BRCA2” – spiega Valentina Silvestri del Dipartimento di Medicina molecolare, responsabile dell’analisi dei dati. “Mentre nelle donne è noto che i due geni BRCA hanno un impatto diverso sul rischio oncologico, poco si sapeva su eventuali analoghe differenze negli uomini. Lo studio ci ha permesso di confrontare le caratteristiche cliniche degli uomini con mutazioni di BRCA1 con quelle degli uomini con mutazioni di BRCA2 in un’ampia casistica, a oggi la più numerosa in letteratura, in modo da mettere in luce eventuali differenze”.

 I risultati mostrano che, a differenza di quanto accade nelle donne, dove è BRCA1 a conferire un maggior rischio, gli uomini con mutazioni di BRCA2 hanno una probabilità circa tre volte maggiore di avere un tumore rispetto a quelli con mutazioni di BRCA1. In particolare, i tumori alla mammella, alla prostata e al pancreas sono significativamente più frequenti negli uomini con mutazioni di BRCA2 rispetto a BRCA1, come pure più comuni in questo gruppo sono più neoplasie nel corso della vita e un’età più giovane di insorgenza della malattia. Di contro, lo spettro di tumori negli uomini con mutazioni di BRCA1 è risultato più eterogeneo, con una maggiore frequenza di cancro al colon.

“Per migliorare l’efficacia dei programmi di screening e sorveglianza oncologica negli uomini con mutazioni BRCA si dovranno prendere in considerazione queste differenze” – afferma Laura Ottini. “In generale, i risultati di questo studio potranno aiutare gli oncologi a sensibilizzare gli uomini con mutazioni BRCA nella percezione del loro rischio oncologico personale, e non più solo delle loro familiari di sesso femminile. Inoltre, questi dati contribuiranno a orientare i prossimi studi, su cui stiamo già lavorando, al fine di sviluppare linee guida sempre più personalizzate e specifiche per genere, in modo da garantire una migliore gestione clinica a tutti i pazienti”.

Riferimenti:
Characterization of the cancer spectrum in men with germline BRCA1 and BRCA2 pathogenic variants: Results from the Consortium of Investigators of Modifiers of BRCA1/2 (CIMBA) – Silvestri V, Leslie G, Barnes DR, … Ottini L. – JAMA Oncology (2020) DOI 10.1001/jamaoncol.2020.2134

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma