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DISEGUAGLIANZE SOCIO-ECONOMICHE E USO PROBLEMATICO DEI SOCIAL MEDIA NEGLI ADOLESCENTI

Per la prima volta si è analizzata questa relazione in un campione cross-nazionale di 180.000 soggetti appartenenti a oltre 6.200 scuole di 43 paesi o regioni territoriali

C’è una correlazione tra diseguaglianze socio-economiche e uso problematico dei social media (siti di social network e di messaggi istantanei) comunemente usati dagli adolescenti?

Lo studio pubblicato su «Information, Communication & Society» dal titolo “Can an equal world reduce problematic social media use? Evidence from the Health Behaviour in School-aged Children study in 43 countries” – frutto di una collaborazione internazionale e che ha come prima firma la professoressa Michela Lenzi del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova – ha preso in esame un campione di circa 180.000  adolescenti dell’età di 11, 13 e 15 anni iscritti a oltre 6.200 scuole di 43 paesi o regioni territoriali e appartenenti al network Health Behaviours in School-aged Children, uno studio cross-nazionale promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che viene svolto ogni quattro anni.

Michela Lenzi DISEGUAGLIANZE SOCIO-ECONOMICHE E USO PROBLEMATICO DEI SOCIAL MEDIA NEGLI ADOLESCENTI
Michela Lenzi

Per la prima volta si è analizzata la relazione tra le diseguaglianze socio-economiche (misurata a vari livelli come la scuola e le nazioni) e l’uso problematico dei social media in un campione cross-nazionale. I risultati dell’indagine indicano che la correlazione esiste e che il luogo ideale per prevenire tali effetti sia la scuola perché è in questo contesto che le conseguenze delle diseguaglianze si fanno maggiormente sentire in adolescenza.

La ricerca

Circa 180.00 adolescenti – rispettivamente di 11, 13 e 15 anni, di differenti nazioni, campionati per tipologia di scuola e classe frequentata – hanno compilato un questionario contenente domande sul loro benessere, sui comportamenti legati alla salute e sulle caratteristiche dei contesti di vita.

I ricercatori hanno ipotizzato che il confronto sociale potesse rappresentare il processo che accomuna e collega due fenomeni: l’uso dei social media e le diseguaglianze socio-economiche. La letteratura scientifica aveva già validato, in altre pubblicazioni, le conseguenze negative delle diseguaglianze socio-economiche – riscontrate ad esempio per nazione, regione o quartiere – sul benessere psicologico e fisico degli adolescenti. Esiste un solido consenso tra i ricercatori sulla circostanza che in una società con molti “gradini” lo status diventa più saliente, difficile da ignorare e lo rende, anche nei soggetti appartenenti alle classi abbienti, più percepibile come svantaggioso della situazione vissuta dai singoli. Queste circostanze generano lo sviluppo di una “forte preoccupazione” per il proprio status le cui conseguenze si possono polarizzare in “sentimenti di inferiorità e vergogna” o, alternativamente, in una “tendenza ad amplificare artificialmente il proprio ego”.

Quale modo migliore allora per analizzare i processi di confronto sociale se non i social media, luoghi in cui, soprattutto in adolescenza, questo paragone è molto comune?

I ricercatori si sono chiesti se vivere in contesti molto diseguali, a scuola o in nazioni diverse, aumenti il rischio di uso problematico dei social media, con conseguenze negative sulla vita quotidiana come ad esempio una mancanza di controllo o effetti dannosi sulle relazioni sociali.

 I risultati

Gli esiti della ricerca mostrano che le diseguaglianze socio-economiche, misurate a vari livelli, hanno una relazione diretta con l’uso problematico dei social media.

In particolare, a scuola più lo status socio-economico degli adolescenti si allontana, in media, da quello degli studenti più ricchi dell’istituto, maggiore è il rischio di fare un uso problematico dei social media, a prescindere dalla ricchezza assoluta.

Nel contesto scolastico, il livello medio nel divario di ricchezza tra gli studenti di una scuola (che è un indice riassuntivo della scuola, non la posizione relativa dello studente o della studentessa), si associa ad un maggiore uso problematico dei social media, soprattutto tra le ragazze e i ragazzi che hanno minor sostegno da parte degli amici.

A livello nazionale esiste una relazione tra diseguaglianze e uso problematico dei social media solo per gli adolescenti con basso livello di sostegno familiare. Le spiegazioni di questi risultati devono essere indagate in maniera più approfondita. Infatti da un lato la preoccupazione per il proprio status, favorito dal vivere in contesti diseguali, può portare l’adolescente a cercare sui social una distrazione o uno sfogo di sentimenti negativi. Dall’altro i social media offrono la possibilità di cercare modelli alternativi con cui confrontarsi e di plasmare la propria immagine amplificandone gli aspetti positivi, tutti processi che potenzialmente portano ad un uso problematico.

«Lo studio va ad ampliare la nostra conoscenza sugli effetti negativi che elevati livelli di diseguaglianza possono avere sul benessere. Interventi mirati a ridurre le diseguaglianze socio-economiche potrebbero quindi avere ripercussioni positive anche nella prevenzione dell’uso problematico dei social media, oltre che su una grande varietà di conseguenze sanitarie e sociali come l’uso di sostanze, le gravidanze adolescenziali e l’obesità – dice la professoressa Michela Lenzi, prima autrice della ricerca pubblicata –. Secondo i nostri risultati possiamo affermare che proprio nel contesto scolastico le conseguenze delle diseguaglianze si fanno sentire in adolescenza. Inoltre è la scuola il luogo ideale per prevenire tali effetti. Come? Lavorando sulla percezione dello status socio-economico e sul valore ad esso attribuito nella nostra società, riducendo la tendenza a considerarlo una misura del valore personale, ma anche promuovendo la coesione e il sostegno tra studenti e l’insegnamento di competenze emotive, sociali e digitali. Affinché questi interventi possano essere efficaci è importante che siano associati a politiche che promuovano maggiori livelli di uguaglianza a livello nazionale».

Link alla ricerca: https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/1369118X.2022.2109981

Titolo: “Can an equal world reduce problematic social media use? Evidence from the Health Behavior in School-aged Children study in 43 countries” – «Information, Communication & Society» – 2022

Autori: Michela Lenzi, Frank J. Elgar,Claudia Marino, Natale Canale, Alessio Vieno, Paola Berchialla, Gonneke W. J. M. Steven, Meyran Boniel-Nissim, Regina J. J. M. van den Eijnden & Nelli Lyyra

 

Testo e foto dall’Università degli Studi di Padova

L’USO PROBLEMATICO DEI VIDEOGIOCHI IN ADOLESCENZA 

Una ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, dell’Università di Padova e della Flinders University ha rivelato come fattori socioeconomici possano influenzare il rischio di gaming problematico negli adolescenti europei. Lo studio riporta che il 20% dei giovani è ad alto rischio e che i ragazzi sono tre volte più esposti rispetto alle coetanee. Danimarca e Romania presentano rispettivamente la percentuale più bassa (12%) e più alta (30%) del fenomeno. L’Italia è al di sopra della media europea con circa il 24%. Positivo il ruolo della famiglia e delle politiche sociali. La ricerca è stata pubblicata su Addiction.

Una ricerca ­– condotta dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc), dal Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova (Unipd) e dall’australiana Flinders University – ha indagato in quale modo fattori individuali, sociali e contestuali siano associati a un maggiore rischio per gli adolescenti europei di gaming (uso dei videogiochi) problematico, cioè un utilizzo eccessivo dei videogame che possa mettere a repentaglio la salute e favorire l’allontanamento dalla scuola e dagli affetti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Addiction. La ricerca ha analizzato i dati dello studio European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs (ESPAD) del 2019, relativi ai comportamenti di gaming di 89000 adolescenti tra i 15 e i 16 anni residenti in 30 Paesi europei.

“Abbiamo rilevato che in Europa un ragazzo su cinque è ad alto rischio di gaming problematico (circa il 20%). L’esposizione al fenomeno dei ragazzi (30.8%) risulta tre volte più alto di quello delle ragazze (9.4%). È emerso anche che gli adolescenti residenti in Danimarca riportano i livelli più bassi di gaming problematico (12%), mentre quelli in Romania riferiscono una maggiore percezione di problemi associati all’uso di videogiochi (30.2%)”, spiega Sabrina Molinaro, ricercatrice del Cnr-Ifc e coordinatrice dello studio. “La percentuale di studenti italiani con un alto rischio di gaming problematico (23.9%) è superiore alla media europea, con un numero maggiore di ragazzi (34%) che percepisce conseguenze negative legate al gaming rispetto alle ragazze (12.8%)”.

Il contesto familiare e le politiche nazionali possono diminuire la probabilità che gli adolescenti sperimentino un uso problematico dei videogiochi.

“La ricerca indica come la presenza di regole genitoriali e di supporto emotivo familiare proteggano in adolescenza da un utilizzo eccessivo e distorto dei videogiochi”, conclude Alessio Vieno, professore Unipd. “Il rischio di gaming problematico è infine maggiore negli Stati dove sono più marcate le disuguaglianze economiche, mentre risulta minore nei Paesi dove vengono effettuati investimenti nelle politiche di salute pubblica, come i benefici fiscali per le famiglie”.

Alessio Vieno gaming problematico videogiochi adolescenza
Alessio Vieno

La ricerca sembra confermare la centralità del supporto emotivo della famiglia nel prevenire il fenomeno e l’importanza delle politiche di protezione sociale, grazie alle quali un maggiore sostegno economico può migliorare la qualità della relazione genitori-figli e fornire risorse per attività ricreative alternative per un sano sviluppo degli adolescenti.

Roma, 24 marzo 2022

 

La scheda

Chi: Cnr-Ifc, Unipd, Flinders University

Che cosaProblematic gaming risk among European adolescents: A cross-national evaluation of individual and socio-economic factorshttps://doi.org/10.1111/add.15843. Laboratorio di epidemiologia e ricerca sui servizi Sanitari (Sabrina Molinaro, Emanuela Colasante ed Elisa Benedetti), dal Laboratorio internet e dipendenza della scuola di psicologia dell’Università degli Studi di Padova (Alessio Vieno, Natale Canale, Erika Pivetta, Claudia Marino e Michela Lenzi) ed il professore australiano Daniel King.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università degli Studi di Padova sull’uso problematico di videogiochi in adolescenza.