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Museo Galileo

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La storia del compasso di proporzione nella mostra “Circinus. Compassi di proporzione dal XV al XVIII secolo” al Museo Galileo di Firenze dal 28 giugno al 15 settembre

Firenze, 26 giugno – Cento compassi originali del XV e XVIII, di cui due esemplari del compasso geometrico e militare di Galileo Galilei, saranno esposti al Museo Galileo di Firenze dal 28 giugno al 15 settembre per la mostra “Circinus. Compassi di proporzione dal XV al XVIII secolo”, organizzata in collaborazione con l’Arithmeum di Bonn. L‘esposizione intende ricostruire la storia del compasso di proporzione, uno strumento di calcolo analogico che rappresenta una delle più significative conquiste della matematica pratica occidentale, illustrandone l’evoluzione, il funzionamento e i diversi utilizzi, e soprattutto il fondamentale ruolo svolto nello sviluppo delle applicazioni matematiche, invogliando i visitatori, e i più giovani in particolare, ad approfondire la conoscenza di questo straordinario strumento.

Gli strumenti in mostra provengono dall’Arithmeum di Bonn, dall’Astronomisch-Physikalisches Kabinett–Hessen Kassel Heritage, dalla Collezione Rocca di Bonn, dalla Collezione Delalande di Parigi e dalla Fondazione Pisa presso Palazzo Blu, oltre che dal Museo Galileo stesso, affiancati da volumi originali e in facsimile e da ricostruzioni di compassi di proporzione, tra i quali alcuni ideati da Leonardo da Vinci.

Tra i pezzi più importanti in mostra: due esemplari del compasso geometrico e militare di Galileo Galilei, uno dal Museo Galileo e l’altro dalla Fondazione Pisa; diverse “cassette matematiche”, raffinate scatole contenenti compassi e altri strumenti matematici: tra di esse si segnala la grande “cassetta da esploratore” costruita a metà XVIII secolo da Jacques Canivet, in prestito proveniente dalla Collezione Delalande, che contiene 160 strumenti matematici e da disegno in argento, acciaio, ottone, avorio, vetro e legno. E tra i pezzi pregiati anche un raro compasso di Fabrizio Mordente della fine del XVI secolo, concesso in prestito dall’Astronomisch-Physikalisches Kabinett di Kassel. Tra gli oggetti più curiosi, un set di strumenti matematici in miniatura della seconda metà del XVII secolo, che contiene sei strumenti, tra cui un minuscolo compasso di proporzione lungo appena 2,7 cm.

Il compasso di proporzione è stato per oltre due secoli un compagno indispensabile di architetti, ingegneri e scienziati. A prima vista, si tratta di uno strumento matematico molto semplice, costituito da due gambe piatte unite da un perno. Ogni gamba reca incise diverse scale, il cui utilizzo consente di effettuare misurazioni, eseguire calcoli e ricavare informazioni di vario genere.

“Il compasso di proporzione – si legge in una nota dei curatori – è anche un perfetto esempio della simbiosi tra scienza e arte, frutto della combinazione di rigorosi principi matematici con la maestria di artisti raffinati. I preziosi esemplari esposti in molti casi costituiscono veri e propri capolavori per la ricchezza dei materiali impiegati e la ricercatezza con cui furono realizzati”.

La mostra fiorentina costituisce uno sviluppo dell’esposizione “Proportionalzirkel und seltene Mathematik- und Zeicheninstrumente des 17. und 18. Jahrhunderts” allestita presso l’Arithmeum di Bonn (21 ottobre 2023 – 9 giugno 2024), ed è arricchita da una sezione appositamente concepita, dedicata alle origini del compasso di proporzione, da Leonardo da Vinci a Galileo Galilei, nella quale sono esposti strumenti e libri provenienti dalle collezioni del Museo Galileo.

 

Il catalogo della mostra è co-pubblicato da Edizioni Museo Galileo, Arithmeum Press e Sillabe.

Alla preview erano presenti i curatori della mostra — Ina Prinz (Direttrice, Arithmeum), Patrick Rocca (Curatore, Arithmeum), Filippo Camerota (Direttore scientifico, Museo Galileo) — oltre a Francesco Saverio Pavone e Roberto Ferrari, rispettivamente Presidente e Direttore esecutivo del Museo Galileo.

In occasione della preview della mostra, sono stati presentati anche gli interventi recentemente realizzati per garantire il massimo livello di accessibilità del percorso museale. Il Museo Galileo ha partecipato al bando PNRR del Ministero della Cultura per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi, impegnandosi a introdurre specifiche modalità di fruizione rivolte alle persone con diversi tipi di disabilità, a sostituire alcuni impianti obsoleti, a installare nuove sedute lungo il percorso espositivo e nuovi apparecchi di illuminazione a ridotto consumo energetico per ottimizzare la visibilità.

Testo e immagini dall’Ufficio stampa PS Comunicazione

ACCENSIONE DI UNA LAMPADA AD ARCO VOLTAICO OTTOCENTESCA AL BO

RIEVOCAZIONE STORICA DELL’EVENTO DEL 31 AGOSTO DEL 1853

lampada ad arco voltaico

Nell’ambito delle celebrazioni per l’inaugurazione del nuovo Museo di Storia della Fisica dell’Università di Padova intitolato a Giovanni Poleni ieri, 31 agosto alle ore 21.00 nel Cortile antico di Palazzo Bo sede dell’Università di Padova, è stata accesa una lampada ad arco voltaico per ricordare l’accensione della prima illuminazione elettrica del Veneto.

Organizzato dal Dipartimento di Fisica e Astronomia e dal Centro per i Musei dell’Università di Padova, l’evento ha riproposto a distanza di 168 anni una delle prime dimostrazioni di illuminazione elettrica pubblica in Italia voluta e organizzata da Francesco Zantedeschi, professore di fisica presso l’Ateneo patavino.

 

Il 31 agosto del 1853, infatti, proprio nel  utilizzando una lampada ad arco voltaico, Zantedeschi illuminò il Cortile Antico di Palazzo del Bo dalle 20 fino a mezzanotte, suscitando meraviglia nella popolazione. Sembra che gli abitanti dei vicini Colli Euganei, abbiano creduto si trattasse addirittura di un incendio in città. La serata è stata aperta con i saluti del Rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto, dell’Assessora del Comune di Padova, Francesca Benciolini, del direttore del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Ateneo, Flavio Seno, della direttrice Valentina Casi del MUMEC (Museo dei Mezzi di Comunicazione di Arezzo) e del curatore scientifico del MUMEC, Fausto Casi. Dopo l’intervento sull’illuminazione elettrica nell’800 di Paolo Brenni (Museo Galileo di Firenze) e lo spettacolo teatrale ‘Il 31 agosto 1853 a Padova’ con Lorenzo Maragoni e accompagnamento musicale di Annamaria Moro e Francesco Rocco, è stata accesa da Fausto Casi la lampada ad arco voltaico ottocentesca prestata dal MUMEC.

Caratteristiche tecniche

Lampada ad arco con regolatore del tipo Victor Serrin della metà del 1800

Proprietà: “Collezione Fausto Casi di Arezzo”

Gestione del MUMEC – Museo dei Mezzi di Comunicazione

lampada ad arco voltaico

Lampada ad arco per illuminazioni di gallerie teatri e luoghi all’aperto è usata anche nel campo fotografico per l’impressione dei dagherrotipi negli anni 1850 – 1870. La ditta di costruzione e della ditta ”Tecnomasio Italiano – Milano”, con ulteriore firma di ”Ing. Longoni Luigi”, uno dei fondatori della Tecnomasio Italiano con Carlo Dell’Acqua e Alessandro Duroni. I due carboni si accendono al centro di una parabola in rame argentato e lucidato, che riflette il bagliore dell’arco voltaico nell’ambiente circostante con una intensità di luce che all’epoca non aveva concorrenza. L’apparato ha un controllo del consumo dei due elettrodi di carbone, per mantenere l’arco luminoso al massimo del rendimento, costituito da un regolatore del tipo inventato a Parigi da Victor Serrin (1829-1905) che, assieme a Foucault, Dubosque ed altri, risolsero il problema del mantenimento della distanza degli elettrodi con complessi apparati elettromeccanici di nuova concezione rendendo queste lampade delle vere e proprie “macchine automatiche” i cui primi modelli erano costosissimi. L’alimentazione dell’apparato, in questi primi esperimenti, era effettuata con un complesso circuito di PILE a tazza del tipo BUNSEN con almeno 80 – 100 elementi1, posti in serie/parallelo. Oggi alimentiamo l’apparato dalla corrente alternata di linea al 220 Volt, utilizzando un alimentatore/raddrizzatore che fornisce corrente unidirezionale con le seguenti caratteristiche: primo trasformatore da circa 1.000 Volt/Ampere di potenza da 220 a 110 Volt; secondo trasformatore, sempre da circa 1.000 Volt/Ampere primario 110/ secondario 30 Volt misurata costantemente con il suo strumento (Voltmetro) originale ancora funzionante; uscita del secondo trasformatore con corrente al secondario 30 Ampere, collegato ad un grosso; reostato a filo con un commutatore a 4 posizioni per la regolazione dell’assorbimento; l’uscita del reostato, il centrale del commutatore, è messa in serie al raddrizzatore costituito dai due diodi di grossa potenza che, per garantire l’alto assorbimento senza  nuocere, sono stati posti in parallelo, accollandosi ciascuno la metà della corrente richiesta dalla lampada; un  grosso  condensatore  elettrolitico,  da  22.000  Micro Farad,  è collegato all’uscita del raddrizzatore in modo che, con la sua carica dovuta alla presenza della semionda, possa fornire una tensione di uscita non solo raddrizzata ma anche abbastanza livellata.

lampada ad arco voltaico

Il Museo “Giovanni Poleni”, che si trova in via Loredan 10 a Padova, aprirà le porte al pubblico a partire dal 2 settembre con un nuovo riallestimento capace di valorizzare a pieno la collezione dei 499 oggetti esposti. Dall’astrolabio alle macchine a vapore, dal battipalo che servì per la ricostruzione del ponte di Bassano alla macchina divulsoria ideata da Poleni per il restauro della Cupola di San Pietro, per citare solo alcuni degli oggetti che compongono una delle collezioni più ricche d’Europa.

Infomusei.unipd.it/fisica

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università di Padova.