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Materiali per la vita

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Materiali per la vita di Devis Bellucci, edito da Bollati Boringhieri, è un libro che ci parla di biomateriali, da un lato raccontandone la storia, dall’altra facendo un po’ il punto della situazione [Vai all’antefatto].

Non sono storie lontane anni luce da noi, ma ci raccontano scoperte di biomateriali che sono ormai parte della vita quotidiana. Ci raccontano di come siamo arrivati ad avere le lenti a contatto, i cristallini artificiali, le protesi dell’anca, l’amalgama dei denti, a usare acido ialuronico e collagene, ecc. Insomma, invenzioni delle quali ci auguriamo di non aver mai bisogno, ma che per molti di noi sono invece realtà (e per fortuna, perché l’alternativa sarebbe sicuramente peggiore).

È un libro che – plausibilmente – pare destinato a invecchiare bene, perché le storie raccontate non sono focalizzate tanto sulle ultimissime scoperte, quanto sul percorso che da decenni, quando non secoli, stiamo percorrendo. Certo, non c’è tantissimo spazio per l’archeologia, ma l’autore fa ben intendere che da sempre siamo sul cammino dell’invenzione dei biomateriali.

È un libro che parla di una scienza fatta di persone, di tanto studio e fatica, di abnegazione, di meccanismi economici non sempre facili, di errori e direzioni che si rivelano sbagliate, di colpi di fortuna, di finali tragici come di riconoscimenti meritati.

Materiali per la vita Foto Giuseppe Fraccalvieri
Il saggio di Devis Bellucci, Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo, pubblicato da Bollati Boringhieri (2022) nella collana Saggi Scienze. Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Le storie dei biomateriali sono spesso storie di gente dotata di una “buona dose di saggia irragionevolezza” (p. 69), grazie alla quale riescono a portare avanti dei principî nuovi, rivoluzionando il loro campo, nonostante la diffidenza circostante.

Questa diffidenza non appare però mai del tutto immotivata, e proprio nelle ultime pagine del libro, Devis Bellucci ci lascia con un finale tragico, quello dello scandalo STAP, che fa intendere come per cambiare una concezione sia sempre necessario portare solide prove a sostegno delle proprie tesi. Anche al di là di questo, come si diceva, la storia dei biomateriali non è sempre una storia di successi, ma appare costellata di fallimenti, di ciarlatani, di pratiche esecrabili.

Scopriremo anche le storie di alcuni italiani, nessuno dei quali otterrà i riconoscimenti che avrebbe meritato. Viste le premesse, non mi sono sorpreso.

 

Dall’altra parte, anche se finora abbiamo parlato soprattutto di storie, nel saggio di Devis Bellucci troviamo anche i principî, che permettono al lettore di avvicinarsi in maniera non del tutto passiva alla materia, ma lasciando la piacevole sensazione di iniziare a capire.

Scopriremo così come la chimica del carbonio dialoga chimicamente con la materia inorganica, scopriremo principî come quelli di biocompatibilità, di bioattività, di osteointegrazione, oltre che la differenza tra biomateriali di prima, seconda e terza generazione.

Come spiega Devis Bellucci (pp. 9-16), il rapporto tra biomateriali e cellule del nostro corpo non è poi troppo diverso da quello di Gulliver legato dai lillipuziani. Illustrazione da p. 121 del libro Boys’ and Girls’ Bookshelf, volume nono, Children’s Book of Fact and Fancy, The University Society, New York (1912). Immagine Internet Archive Book Images da Flickr, in pubblico dominio

 

Tornando a quanto in antefatto, quello di Devis Bellucci è anche un libro che sostiene un rapporto sano con la scienza, piacevolmente equidistante dagli estremi, da eccessi che spesso avvelenano la discussione pubblica. Non troveremo quindi il “non ce lo dicono”, né “gli oscuri moventi di Big Pharma”, e neppure “la Scienza con la S maiuscola, che non sbaglia mai”.

Polietilene
Polietilene espanso. Foto di Tasuavicu, CC BY-SA 4.0

 

Ringraziamo Devis Bellucci per aver risposto alle domande di ScientifiCult:

Episodi come quello dello scandalo STAP sarebbero ancora possibili oggi? E in Italia?

Certo che possono succedere, in Italia e ovunque. Come racconto più volte nel libro, la scienza è fatta, prima di tutto, di persone. Col loro vissuto e le loro aspirazioni. Il rischio di una frode, o comunque di comportamenti eticamente discutibili, va messo in conto.

In altri casi, invece, il ricercatore di turno sbaglia in buona fede, arrivando perfino a interpretare inconsciamente i risultati in funzione delle proprie aspettative, scartando quel che non gli torna ed esaltando i dati che confermano le sue idee.

Ma per fortuna, non si fa scienza da soli. C’è un’intera comunità di addetti ai lavori che vaglia le novità, cerca di riprodurre i risultati, discute, critica e corregge. Nel caso delle STAP, furono proprio gli esperti in materia a sollevare dubbi sulla solidità della scoperta, visto che quei risultati non erano riproducibili in altri laboratori. La magagna è venuta presto a galla e gli articoli sono stati ritirati.

Gli errori – frodi incluse – possono sfuggire sul momento, ma di solito non hanno vita lunga. E tanto più la scoperta è eclatante, quanto più la comunità scientifica si attiva per “fare le pulci” ai risultati pubblicati.

Polietilene. Foto di Lluís de Tarragona, CC BY-SA 3.0

In queste settimane si parla sempre più insistentemente di interfacce che possano ampliare le possibilità umane. Pensa accetteremo mai una simile prospettiva, da un punto di vista culturale? I rischi e i vantaggi ai quali andremmo incontro sarebbero diversi da quelli che vediamo nei futuri distopici della fantascienza?

Penso che, come in ogni avventura dell’umanità, ci sarà spazio per tutto: qualcuno ambirà ad avere un corpo performante, in grado di correre veloce come il vento o, che so io, di vedere nell’infrarosso, e qualcuno si accontenterà di quel che madre natura ci ha donato, puntando sostanzialmente ad avere un corpo in buona salute e che mantenga le proprie funzionalità, nonostante l’invecchiamento, le malattie o eventuali incidenti di percorso che possono capitare.

Nel libro racconto il caso emblematico di Neil Harbisson, il primo ragazzo cyborg, in grado di percepire i colori in forma di suoni, anche quelli al di là delle possibilità della visione umana. Ha fatto bene a farsi impiantare in testa un’antenna per trasformare il mondo che ci circonda in una sinfonia? Non saprei. Mi auguro solo che possa spegnere l’impianto quando desidera il buio, cioè un po’ di silenzio.

Materiali per la vita Foto Giuseppe Fraccalvieri
Il saggio di Devis Bellucci, Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo, pubblicato da Bollati Boringhieri (2022) nella collana Saggi Scienze. Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Quali potrebbero essere le grandi scoperte in ambito biomateriali che ci aspettano nei prossimi decenni? Saranno inaspettate?

Riguardo all’inaspettato, quando fai ricerca è sempre lì che ti aspetta! A parte gli scherzi, sono tanti i campi di indagine da cui avremo – credo – delle belle sorprese. Impareremo sempre meglio a sfruttare i biomateriali per coadiuvare i processi autoriparativi dei nostri tessuti. Proprio al Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia stiamo cercando di sviluppare degli speciali biovetri in polvere, con effetto antibatterico e cicatrizzante, per metterli su cerotti e garze da impiegare laddove una ferita fatichi a guarire.

Penso, ad esempio, alle piaghe da decubito o a quelle che affliggono i pazienti diabetici. Ancora, impareremo a sfruttare sempre meglio la stampa e la biostampa 3D, così da realizzare in laboratorio parti di ricambio per i nostri corpi, fatte su misura per ognuno di noi. Infatti, il punto di partenza sono le cellule del corpo del paziente, prelevate tramite biopsia. In questo modo, il tessuto e chissà, in futuro l’organo che andiamo a impiantare non verrà rigettato dall’organismo: spariranno quindi le lunghe lista di attesa per i trapianti e anche i farmaci anti-rigetto diventeranno solo un brutto ricordo.

Un altro ambito interessante è quello dei biomateriali per drug-delivery, ossia il rilascio controllato di farmaci. In questo caso, il biomateriale, ad esempio sottoforma di nanoparticelle, viene caricato con un farmaco, e funge da vettore per condurre la molecola direttamente al bersaglio, ad esempio una massa tumorale. In ultimo, c’è tutto quello che arriverà grazie all’impiego dell’elettronica. Personalmente, sono molto curioso e fiducioso.

 

Le ultime parole del libro mi hanno incuriosito. Riusciremo superare il limite di Hayflick, a raggiungere l’immortalità? Sarebbe poi auspicabile o no?

Il limite di Hayflick ci racconta che, in un certo senso, è scritto nella trama stessa della vita che essa debba esaurirsi e spegnersi. Non so se riusciremo a modificare questo straordinario racconto, di cui facciamo parte e che si svolge ogni giorno attorno a noi. A livello di impressione, mi sembra più probabile che impareremo a riparare sempre meglio i nostri corpi, fino a rigenerarne alcune parti, più che a renderli immortali.

Materiali per la vita Foto Giuseppe Fraccalvieri
Il saggio di Devis Bellucci, Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo, pubblicato da Bollati Boringhieri (2022) nella collana Saggi Scienze. Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Riprendendo una suggestione del libro, nella scienza oggi servirebbe più gente ragionevole o irragionevole?

Serve gente innamorata di quello che fa: stare continuamente in bilico ai confini, seminare con fiducia senza veder crescere nulla per molto tempo, sentire di far parte di un grande gioco di squadra di cui non conosci appieno né le regole, né gli avversari. E non nascondiamolo: sono necessari grandi sacrifici. Spesso non hai orari, la precarietà è all’ordine del giorno e la tua mente è sempre un pochino da un’altra parte. Ci vogliono quindi passione e amore. L’amore deve essere ragionevole o irragionevole per continuare ad ardere e rinnovarsi, nonostante tutto? Me lo dica lei…

 

La copertina del saggio di Devis Bellucci, Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo
La copertina del saggio di Devis Bellucci, Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo, pubblicato da Bollati Boringhieri (2022) nella collana Saggi Scienze

Devis Bellucci

Devis Bellucci (Vignola, 1977) ha conseguito una laurea e un dottorato di ricerca in fisica all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dove oggi è ricercatore in Scienza e Tecnologia dei Materiali presso il Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari”. Si occupa di materiali compositi per il settore automotive e di biomateriali per ortopedia, odontoiatria e ingegneria dei tessuti. Scrittore, giornalista e divulgatore scientifico, ha pubblicato: “Perché la forchetta non sa di niente? E altre domande curiose per capire la scienza senza uscire di casa” (Rizzoli); “Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo” (Bollati Boringhieri) e “Guida ai luoghi geniali. Le mete più curiose in Italia tra scienza, tecnologia e natura per piccoli e grandi esploratori” (Ediciclo).

Antefatto 

Prima di incontrare l’autore del saggio Materiali per la vita, Devis Bellucci, mi stavo arrovellando su una questione. Nel tentativo di questa testata di comunicare gli avanzamenti scientifici (quindi, un fatto intrinsecamente positivo), notavo una risposta assai negativa dal pubblico.
Se si scopriva qualcosa a livello di astronomia, era uno spreco perché quei soldi era meglio spenderli per curare i tumori.
Se si raccontava un’iniziativa in ambito medico, si ipotizzavano chissà quali oscuri moventi.
Se si spiegavano gli avanzamenti nell’intelligenza artificiale, il pubblico si ribellava, ritenendola inutile e ipotizzando futuri distopici nei quali le macchine superano l’uomo, dimenticando completamente le attuali, ubique applicazioni dell’IA.
Non oso neppure accennare alle reazioni sul COVID-19.

La risposta mi era chiara, che non si può pretendere di avere una scienza “on demand”, ma che per raggiungere un obiettivo tanti piccoli passi intermedi sono necessari, che gli studi legati alle missioni spaziali hanno contributo alle nostre conoscenze in tante direzioni, ecc.
Sentivo però che non era una risposta di quelle che lasciano sazio l’interlocutore.

Devis Bellucci Beatrice Mautino Food & Science 2022 Foto Giuseppe Fraccalvieri
Devis Bellucci e Beatrice Mautino al Food&Science 2022 di Mantova. Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Arrivarono così i giorni del Food&Science Festival di Mantova e dell’intervento di Devis Bellucci, ricercatore in Scienza e Tecnologia dei Materiali, Università di Modena e Reggio Emilia. Il tema era quello dei materiali che incontrano il cibo, e rimasi piacevolmente colpito tanto dall’eloquio spigliato e acuto, come dalle storie raccontate.
Storie di scienza che spiegavano il mondo attorno, ma davano anche una risposta alle mie domande. Dai materiali utilizzati nello spazio che trovano applicazione sulla terra, a quelli scoperti decenni prima e ritenuti inutili, che diventano d’un tratto utilissimi nel contesto giusto.
È il concetto di serendipità (p. 88), che spesso trova applicazione in campo scientifico, e che in questo libro, oltre a mostrarsi con alcuni splendidi esempi, diventa anche un invito a non essere superficiali e a osservare con grande attenzione (p. 117).

Le storie raccontate in Materiali per la vita non mi sono parse troppo diverse da quelle dell’intervento, e pur nella forma scritta, conservano lo stesso spirito del racconto dal vivo, e così le pagine scorrono veloci [Torna all’inizio].