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Marisa Brini

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PARKINSON E SCAMBIO DI INFORMAZIONI INTRACELLULARE

Ricercatori dei dipartimenti di Scienze Biomediche e di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova, pionieri nello sviluppo di sensori per studiare la comunicazione intracellulare, mostrano il tallone di Achille del morbo di ParkinsonLo studio pubblicato su «Nature Communications»

La suddivisione in compartimenti cellulari con funzioni definite ha permesso alle cellule eucariotiche di evolversi adattandosi rapidamente alle condizioni ambientali e rappresenta uno degli aspetti più affascinanti della biologia moderna. Le funzioni distintive di ogni organello vengono mantenute attraverso l’isolamento e la concentrazione di specifici ioni, metaboliti ed enzimi evitando così la mescolanza indiscriminata dei loro contenuti.

Tuttavia, per poter assicurare il corretto svolgimento di tutte le funzioni cellulari i diversi compartimenti devono potersi “parlare” e scambiare informazioni in modo preciso e strettamente controllato al fine di garantire il coordinamento efficace delle attività cellulari.

Questo livello di regolazione si attua in specifici “siti di contatto” tra le membrane di diversi organelli, che rappresentano il collo di bottiglia attraverso il quale il flusso di sostanze viene dosato accuratamente e dinamicamente e che sfida la concezione tradizionale di compartimentalizzazione cellulare.

Tra gli organelli cellulari, i mitocondri e i lisosomi sono lo yin e yang del controllo energetico e metabolico e la loro comunicazione è critica per la sopravvivenza cellulare: difetti nel loro scambio di informazioni contribuiscono allo sviluppo di patologie di grande impatto sociale.

Ricercatori dei Dipartimenti di Scienze Biomediche e di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova hanno pubblicato lo studio “A SPLICS reporter reveals α-synuclein regulation of lysosome-mitochondria contacts which affects TFEB nuclear translocation” sulla prestigiosa rivista «Nature Communications» dove, attraverso una nuova metodologia sviluppata nei loro laboratori ed ampiamente riconosciuta a livello internazionale, hanno potuto osservare come avviene la comunicazione tra questi due organelli chiave (mitocondri e lisosomi) e come la proteina alfa-sinucleina, coinvolta nell’insorgenza di  malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer, interferisce con questa comunicazione portando alla morte delle cellule neuronali.

«Gli strumenti molecolari che abbiamo sviluppato si sono rivelati indispensabili – spiega il Prof. Tito Calì del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova – per la comprensione del linguaggio attraverso cui i diversi compartimenti cellulari si scambiano informazioni vitali. Riuscire a decifrare questo linguaggio permetterà non solo di far luce sui meccanismi molecolari alla base del funzionamento cellulare, ma anche di capire quando questa comunicazione viene meno, e perché, nelle diverse condizioni patologiche evidenziando così il tallone di Achille di una specifica malattia ed aprendo la strada allo sviluppo di nuovi farmaci mirati.»

Tito Calì
il Prof. Tito Calì del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova

«Nello specifico, lo studio che abbiamo condotto, ha permesso di identificare che alfa sinucleina, modificando le distanze che intercorrono tra i mitocondri, la centrale energetica delle cellule e i lisosomi, gli inceneritori cellulari, regola il trasferimento di segnali, gli ioni calcio, essenziali per il benessere delle nostre cellule – spiega la Prof.ssa Marisa Brini del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova – La perdita di questa funzione, dovuta per esempio all’ accumulo incontrollato di alfa-sinucleina nel sistema nervoso centrale, risulta in un indebolimento dei meccanismi protettivi che le nostre cellule possiedono per eliminare proteine/organelli  non funzionanti, con conseguente danno cellulare e sviluppo di malattie neurodegenerative».

Marisa Brini
la Prof.ssa Marisa Brini del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova

La disponibilità per la comunità scientifica di strumenti che permettono la comprensione dei meccanismi molecolari più fini alla base della comunicazione intracellulare apre la strada all’identificazione di nuovi bersagli farmacologici finora non esplorati.

Link alla ricerca: https://www.nature.com/articles/s41467-024-46007-2

Titolo: “A SPLICS reporter reveals α-synuclein regulation of lysosome-mitochondria contacts which affects TFEB nuclear translocation” – «Nature Communications» 2024

Autori: Flavia Giamogante, Lucia Barazzuol, Francesca Maiorca, Elena Poggio, Alessandra Esposito, Anna Masato, Gennaro Napolitano, Alessio Vagnoni, Tito Calì & Marisa Brini.

Come la proteina  alfa-sinucleina, coinvolta nell’insorgenza di malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer, interferisca nello scambio di informazioni intracellulare portando alla morte delle cellule neuronali. Foto di Konstantin Kolosov

Testo e foto di Marisa Brini e Tito Calì dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova

SARS-COV-2 E PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI

Team di ricercatori dell’Università di Padova chiarisce non solo che l’angiotensina II aumenta ACE2, il recettore cellulare del virus SARS-CoV-2, ma promuove anche l’infezione delle cellule bronchiali

Un lavoro scientifico pubblicato su «International Journal of Molecular Sciences» dal titolo “Angiotensin II Promotes SARS‐CoV‐2 Infection via Upregulation of ACE2 in Human Bronchial Cells” dal gruppo di ricerca multidisciplinare dell’Università di Padova coordinato dal Prof. Gian Paolo Rossi del Dipartimento di Medicina ha chiarito perché l’infezione da virus SARS-CoV-2 determini una prognosi peggiore nei pazienti con patologie cardiovascolaricome l’ipertensione arteriosa e lo scompenso cardiaco. Tali pazienti presentano un’attivazione di uno dei più importanti sistemi che regolano la pressione arteriosa, il sistema renina-angiotensina.

Attraverso una serie di esperimenti su cellule bronchiali umane, utilizzando sia il virus SARS-CoV-2 che una serie di pseudovirus, i ricercatori sono riusciti a dimostrare, per la prima volta, non solo che l’angiotensina II aumenta ACE2, il recettore cellulare del virus SARS-CoV-2, ma promuove anche l’infezione delle cellule bronchiali.  Secondo i ricercatori ciò avviene attraverso il recettore AT1 dell’angiotensina II, e l’attivazione della proteasi TMPRSS2, il bersaglio dell’antivirale giapponese nafamostat, attualmente in sperimentazione presso l’Azienda Ospedale-Università di Padova.

Questo studio fornisce un contributo fondamentale alla comprensione del meccanismo attraverso il quale i farmaci bloccanti del sistema renina-angiotensina – ACE inibitori e sartani – contrastando gli effetti dell’angiotensina II abbiano un effetto protettivo nei riguardi dell’infezione e quindi non debbano essere sospesi nei pazienti che s’ammalano di Covid-19.

«Merito del gruppo interdisciplinare di ricerca non è stato solo quello di chiarire questi aspetti dell’infezione da Covid-19, che sono assai importanti per la scelta della terapia – afferma Gian Paolo Rossi nel commentare lo studio – ma anche quello di valorizzare vari giovani ricercatori come Ilaria Caputo, Brasilina Caroccia, Ilaria Frasson, Elena Poggio, Tito Calì e Stefania Zamberlan che con approcci diversi e complementari hanno lavorato sotto la guida dei Professori: Sara Ritcher, Marisa Brini, Teresa Seccia e Margherita Morpurgo, appartenenti a diversi Dipartimenti dell’Ateneo patavino».

SARS-COV-2 E PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI
Gian Paolo Rossi

Lo studio è frutto del progetto di ricerca risultato vincitore di un bando competitivo nazionale promosso dalla Banca Intesa San Paolo di Torino.

 

Link alla ricerca: https://doi.org/10.3390/ijms23095125

Titolo: Angiotensin II Promotes SARS‐CoV‐2 Infection via Upregulation of ACE2 in Human Bronchial Cells – «International Journal of Molecular Sciences» – 2022

Autori: Ilaria Caputo, Brasilina Caroccia, Ilaria Frasson, Elena Poggio, Stefania Zamberlan, Margherita Morpurgo, Teresa M. Seccia, Tito Calì, Marisa Brini, Sara N. Richter e Gian Paolo Rossi

 

Testi e foto dall’Ufficio Stampa Università degli Studi di Padova