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La storia di Luca? L’emofilia A 

Giuseppe Luca Rizzo non rinuncia, oggi, all’amore per lo sport. E perché dovrebbe? Luca è affetto da emofilia A. L’emofilia è una malattia genetica rara provocata dalla mancanza dei fattori indispensabili per la coagulazione del sangue. Quando era piccolo, la sua condizione non gli consentiva di praticare niente. Poi, crescendo e conoscendo se stesso, lo sport è entrato a far parte della sua quotidianità. Ad una passione se ne aggiunse subito un’altra: la musica. Sport e musica hanno aiutato Luca ad affrontare le sfide legate alla malattia e ad aprirsi alle nuove. Attualmente, la vita delle persone affette da emofilia è migliorata grazie allo sviluppo di nuove terapie di profilassi, capaci di fornire un’efficace protezione dal rischio di sanguinamenti. Luca non aveva mai parlato volentieri della sua malattia, finché nel 2021 sentì l’esigenza di uscire allo scoperto. Luca sapeva che tante persone si limitavano nello sport a causa della malattia. Pianificò, allora, un viaggio in bicicletta per trasmettere un messaggio: con l’emofilia si può fare quasi tutto. L’esperienza, condivisa con la compagna, ha avuto una grande risonanza, tanto da indurlo ad organizzare altri viaggi.

Immagine  di Fabricio Macedo

L’emofilia

La coagulazione del sangue è un meccanismo protettivo per evitare eccessive perdite ematiche che metterebbero in pericolo la sopravvivenza. L’emofilia si eredita, in modalità recessiva, attraverso il cromosoma X: si manifesta solo nei maschi, mentre le donne possono essere portatrici sane. Essa è caratterizzata dalla carenza di uno specifico fattore della coagulazione. Esistono principalmente due forme di emofilia, la A e la B. Nel primo caso, è carente il Fattore otto (FVIII), mentre nel secondo il Fattore nove (FIX). L’emofilia A è più diffusa (prevalenza 1: 10.000) dell’emofilia B (prevalenza 1:30.000). Le manifestazioni dipendono dipendono dalla gravità della malattia, che è determinata in base alla gravità della carenza di attività del fattore coagulante. Si parla di emofilia grave quando il valore dell’attività del fattore coagulante è inferiore all’1%.

Le persone affette da emofilia, in genere, oltre alle problematiche tipiche dello stato emorragico, presentano anche altre complicanze: per esempio, sanguinamenti dolorosi e prolungati a livello dei muscoli e delle articolazioni. Tali complicanze, se non sono trattate tempestivamente e in maniera adeguata, possono portare a patologie articolari (artropatie) croniche e disabilità.

sangue emofilia A in forma grave

Immagine di Deutsch

Terapie

La cura dell’emofilia ha avuto grandi sviluppi negli ultimi decenni. Le misure di prevenzione specifica prevedono la somministrazione del farmaco contenente i fattori della coagulazione mancanti. Le due principali terapie per l’emofilia sono quella “on demand” (al bisogno, cioè al momento del sanguinamento) e la profilassi, che prevede la somministrazione costante del fattore carente. In Italia, uno tra i paesi più evoluti dal punto di vista clinico-terapeutico, viene utilizzata l’autoinfusione domiciliare. Come si legge su OMaR (Osservatorio Malattie Rare),

“In molte regioni italiane, dal 1976, il trattamento domiciliare è stato reso possibile grazie a leggi regionali ad hoc che permettono, dopo idoneo corso di formazione, di abilitare i pazienti e/o i loro assistenti ad eseguire la terapia a domicilio senza la presenza del personale sanitario”.

Comunque, anche tale terapia è invasiva perché i pazienti devono ripeterla periodicamente per tutta la vita.

Immagine di National Cancer Institute

I passi per approvare un farmaco

L’azienda californiana BioMarin Pharmaceutical due anni fa iniziò, in diversi Paesi del mondo (inclusa l’Italia con l’Ospedale Maggiore del Policlinico di Milano), un trial clinico di Fase III con il farmaco con nome commerciale Roctavian (terapia genica denominata valoctocogene roxaparvovec). Il percorso regolatorio di Roctavian ha previsto il processo di valutazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e i pareri del Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) e del Comitato per le Terapie Avanzate (CAT). Il 7 settembre 2022, la Commissione Europea ha concesso al farmaco Roctavian l’autorizzazione condizionata all’immissione in commercio per il trattamento dell’emofilia A grave. Tale tipo di autorizzazione garantisce che il farmaco approvato  soddisfi i rigorosi standard UE su sicurezza, efficacia e qualità. Come si legge sul sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità

le autorità regolatorie ricorrono a questo strumento se il beneficio della disponibilità immediata di un farmaco supera chiaramente il rischio legato al fatto che non tutti i dati sono ancora disponibili, normalmente richiesti per le autorizzazioni standard”.

Una volta concessa, le aziende sono obbligate a fornire entro determinate scadenze, ulteriori dati per confermare che i benefici continuano a superare nettamente gli eventuali rischi. 

Il farmaco è designato come orfano, cioè destinato alla cura di una malattia rara, la cui realizzazione, da parte delle aziende farmaceutiche, non consente ricavi per recuperare i costi sostenuti per il loro sviluppo. Tale denominazione garantisce a Roctavian un periodo di 10 anni di esclusività di mercato ed esclude la competitività di farmaci simili con la stessa indicazione terapeutica.

Immagine di Christian Lue

L’ultima terapia approvata

Roctavian è un medicinale per terapia avanzata denominato “prodotto di terapia genica”. La strategia alla base della terapia è fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso. Il farmaco è usato nei pazienti adulti affetti da emofilia A in forma grave che non hanno anticorpi per il FVIII e contro il virus che trasporta il gene del fattore mancante. Il tipo di virus utilizzato nel medicinale (detto virus adeno-associato) non provoca malattie nell’uomo. Roctavian è somministrato, in una struttura attrezzata, con infusione endovenosa un’unica volta. Esso fornisce al paziente il gene grazie a cui le cellule del fegato possono iniziare a produrre il FVIII senza che sia più necessario ricorrere alle infusioni periodiche (Osservatorio Malattie Avanzate).

Il dato che emerge dal trial, che ha coinvolto 134 pazienti, riguarda il numero annuo di episodi emorragici: si è ridotto di circa l’85% e con esso anche il tasso medio di infusioni di FVIII. Parallelamente, l’attività del FVIII nei pazienti che hanno ricevuto Roctavian si è mantenuta stabile nel tempo a due anni dalla somministrazione.

Il farmaco consentirà di ampliare le scelte terapeutiche del medico, potendo considerare anche un’infusione una tantum che protegge dalle emorragie per diversi anni.

Immagine di Lukas

 

Approfondimenti:

  1. Approvata in Europa la prima terapia genica per l’emofilia A
  2. First Gene Therapy for Adults with Severe Hemophilia A, BioMarin’s ROCTAVIAN™ (valoctocogene roxaparvovec), Approved by European Commission (EC)
  3. Emofilia: news su farmaci, terapie, sperimentazioni e qualità della vita
  4. Roctavian (valoctocogene roxaparvovec)
sangue emofilia A in forma grave
Immagine di qimono

Istituto Italiano di Tecnologia – IIT e Sapienza Università di Roma: realizzati in laboratorio per la prima volta organoidi cerebrali per lo studio della Sindrome dell’X fragile
Questo risultato consentirà di studiare in vitro il meccanismo molecolare della malattia e testare futuri farmaci.

organoidi cerebrali sindrome X fragile
Dettaglio a livello cellulare degli organoidi cerebrali derivati da cellule iPS umane di Controllo viste al microscopio confocale. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Riprodotti per la prima volta in laboratorio organoidi cerebrali (3D) come modello di studio della Sindrome dell’X Fragile, una malattia ereditaria legata a mutazioni nel gene FMRP localizzato sul cromosoma X, causa di disabilità cognitiva, problemi di apprendimento e relazionali.

Neuroni derivati da cellule iPS umane di Xfragile visti a microscopio confocale per identificazioni delle sinapsi glutammatergiche. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Death and Disease, è il risultato di una collaborazione tutta italiana fra Istituto Italiano di Tecnologia – IIT e Sapienza Università di Roma. In particolare tra Silvia Di Angelantonio e Alessandro Rosa, entrambi docenti Sapienza e ricercatori affiliati presso il centro IIT di Roma “Center for Life Nano & Neuro-Science” coordinato da Giancarlo Ruocco e il gruppo D3Validation dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, coordinato da Angelo Reggiani.

organoidi cerebrali sindrome X fragile
Organoidi cerebrali ottenuti da cellule iPS umane di controllo viste al microscopio confocale. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Gli organoidi 3D sono strutture cellulari tridimensionali artificiali, generate a partire da cellule staminali umane, che riproducono le caratteristiche dei veri organi. Si tratta di modelli in vitro che mostrano condizioni molto simili a quelle umane sia dal punto di vista fisiologico che patologico e che mimano in vitro l’interazione tra cellule. Negli ultimi anni la messa a punto di organoidi cerebrali umani derivati da cellule staminali pluripotenti indotte (cellule iPS, Premio Nobel per la Medicina 2012) ha permesso di ridurre i test condotti su modelli animali e ha aperto nuovi orizzonti per lo studio delle malattie del neuro-sviluppo come autismo e schizofrenia o della nota infezione da Zika virus.

organoidi cerebrali sindrome X fragile
Organoidi cerebrali ottenuti da cellule iPS umane di Xfragile viste al microscopio confocale. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Le cellule iPS sono cellule staminali che si possono ottenere ‘riprogrammando’ cellule non staminali, per esempio del sangue o della pelle, prelevate da qualunque individuo adulto.

organoidi cerebrali sindrome X fragile
Dettaglio a livello cellulare degli organoidi cerebrali derivati da cellule iPS umane di Xfragile viste al microscopio confocale. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

In questo studio le colture cellulari classiche (2D) e gli organoidi cerebrali (3D) sviluppati a partire da cellule iPS, riproducono in vitro alcune caratteristiche tipiche della sindrome dell’X Fragile, consentendo ai ricercatori di studiare il meccanismo molecolare della patologia e di dimostrare  come la proteina FMRP sia necessaria per supportare correttamente la proliferazione delle cellule neuronali e gliali e per impostare il corretto rapporto eccitazione-inibizione nello sviluppo del cervello umano.

organoidi cerebrali sindrome X fragile
Organoidi cerebrali ottenuti da cellule iPS umane di controllo. Le frecce rosse indicano lo sviluppo di strutture corticali. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Lo studio su modelli cellulari 3D, inoltre, ha permesso di scoprire uno squilibrio di dimensioni tra organoidi X fragile e organoidi di controllo cioè sani, ma soprattutto uno squilibrio in termini di bilancio eccitazione – inibizione delle cellule di X Fragile a favore dell’ipereccitabilità che si potrebbe ipotizzare essere alla base delle crisi epilettiche, sintomi tipici dei pazienti X Fragile.

organoidi cerebrali sindrome X fragile
Organoidi cerebrali ottenuti da cellule iPS umane di X Fragile. Le frecce rosse indicano lo sviluppo di strutture corticali. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Questi risultati ampliano le conoscenze sulla Sindrome dell’X Fragile e gettano le basi per lo screening di nuovi farmaci efficaci per questa patologia oltre al riposizionamento di quelli già in uso.

Silvia Di Angelantonio, ricercatrice affiliata presso il centro IIT di Roma “Center for Life Nano & Neuro-Science”. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

 “Ad oggi questo lavoro è il primo a dimostrare la possibilità di studiare la Sindrome dell’X Fragile in organoidi cerebrali e suggerisce che questa piattaforma sperimentale possa essere applicata per modellizzare in vitro la Sindrome dell’X Fragile” dichiara Silvia Di Angelantonio, ricercatrice affiliata presso il centro IIT – Center for Life Nano & Neuro-Science e docente Sapienza.

Alessandro Rosa, ricercatore affiliato presso il centro IIT di Roma “Center for Life Nano & Neuro-Science”
Caption: Alessandro Rosa, ricercatore affiliato presso il centro IIT di Roma. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

“L’uso di organoidi umani per lo studio di malattie come la Sindrome dell’X Fragile presenta notevoli vantaggi per la comprensione dei meccanismi molecolari che ne sono alla base” aggiunge Alessandro Rosa, ricercatore affiliato presso il centro IIT – Center for Life Nano & Neuro-Science e docente Sapienza.

Angelo Reggiani, Ricercatore Istituto Italiano di Tecnologia. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

“La disponibilità di organoidi derivati da cellule umane crea i presupposti per la identificazione di farmaci migliori e, in un futuro prossimo, di terapie sempre più personalizzate sulle necessità del malato” conclude Angelo Reggiani, coordinatore del laboratorio D3Validation dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Neuroni derivati da cellule iPS umane di controllo visti a microscopio confocale per identificazioni delle sinapsi glutammatergiche. Credits: Istituto Italiano di Tecnologia – © IIT, all rights reserved

Riferimenti:

Novel fragile X syndrome 2D and 3D brain models based on human isogenic FMRP-KO iPSCs – Carlo Brighi, Federico Salaris, Alessandro Soloperto, Federica Cordella, Silvia Ghirga, Valeria de Turris, Maria Rosito, Pier Francesca Porceddu, Chiara D’Antoni, Angelo Reggiani, Alessandro Rosa and Silvia Di Angelantonio – Cell Death & Disease https://doi.org/10.1038/s41419-021-03776-8

 

Testo e foto dell’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT, Image Library; dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma