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Non è mai morto nessuno – Intervista ad Alessandro Mustazzolu e recensione del suo nuovo libro

Tay mi invia una foto, scrivendomi

Non puoi immaginare cosa mi è successo! Ho comprato il salmone al supermercato e, prima di cucinarlo l’ho ispezionato, come mi hai sempre detto di fare. Qualcosa si muoveva! Incredibile…proprio a me doveva capitare di vedere quel vermetto?!

Tay è una persona consapevole del fatto che le infezioni alimentari sono solo una delle possibili vie di contatto con microrganismi, ma se non fosse stata informata sul genere Anisakis, come avrebbe gestito la situazione? Probabilmente, le avrei suggerito il libroNon è mai morto nessuno” di Alessandro Mustazzolu.

Il testo “Non è mai morto nessuno”, edito da Gribaudo, aiuta a diventare più consapevoli della presenza di un gran numero di microrganismi nel mondo in cui con-viviamo. Il merito del volume è quello di guidarci nella conoscenza dell’invisibile intorno a noi, il quale diventa percepibile, spesso, solo quando si parla di malattie infettive. Le informazioni presenti potrebbero aiutarci anche nelle conversazioni “scomode”, ossia quelle in cui l’interlocutore è in errore, è vittima di un bias cognitivo e non si hanno più strumenti per aprirgli gli occhi.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

I bias cognitivi sono costrutti mentali derivanti da percezioni errate che nutrono pregiudizi e ideologie. I bias cognitivi, utilizzati spesso per prendere decisioni rapide, possono avere forte impatto sulla quotidianità. Ebbene, i bias inerenti i microrganismi sono definiti dall’autore microbias.

Dopo la meravigliosa prefazione di Barbascura X, divertente e provocatoria, gli argomenti sono divisi in tre sezioni: microbias in cucina, microbias fuori dalla cucina, microbias e microbioma. Ogni argomento inizia con una storia di vita quotidiana: una conversazione, il pensare tra se e se, notizie ascoltate in TV, ecc. I paragrafi non sono quasi mai lunghi e affrontano ciascuno una parte in cui è stata segmentata la tematica: passo passo sarete condotti alla fine e avrete una visione d’insieme. Al termine di ogni “capitolo” c’è la bibliografia per risalire alla fonte primaria. Infine, nella parte finale, il lettore è indotto a riflettere sul presente e su un futuro prossimo, soprattutto per quanto riguarda il fenomeno della resistenza antimicrobica agli antibiotici.

Sebbene alcuni passaggi sembrino ostici e difficili per i non addetti ai lavori, basta essere pazienti: sarà tutto chiarito nel paragrafo o nella pagina seguente, in un box di approfondimento (più numerosi nella prima sezione rispetto alle altre due) o da un’immagine schematica. Il libro, infatti, non è solo adatto alle persone che mostrano la volontà di correggere microbias, ma anche a tutte quelle persone interessate ai microrganismi.

Il rigore scientifico lo si vede dall’attenzione per il lessico e la terminologia. Non per essere pedanti, ma al fine di evitare di incorrere in ulteriori incomprensioni ed errori, bisogna usare i termini idonei e appropriati. Il tutto è supportato da aneddoti personali, racconti di storia della scienza, analogie e metafore. Il lettore non deve aspettarsi un manuale di buone pratiche, un archivio di cose da fare o non fare: ripeto, il libro rende consapevoli le persone su numerose pratiche della vita quotidiana in cui o si fa finta di non sapere o si tenta la sorte… perché tanto “non è mai morto nessuno”. Dopo questo libro potreste non cambiare nulla di ciò che facevate in cucina, per esempio, ma almeno sarà una vostra scelta consapevole: non sarebbe ammesso dire “non lo sapevo”.

Il libro, quindi, può essere letto anche per avere la risposta pronta a coloro i quali credono che qualsiasi influencer, TikToker, Instagrammer possa essere chiamato divulgatore scientifico. Il lavoro divulgativo di Alessandro Mustazzolu potrebbe rendere più consapevoli anche gli amici e i parenti più ostinati. La “conversione” non è assicurata.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

Inizierei dalla divulgazione scientifica, attività che svolge sia su Instagram che su YouTube. Piero Angela ha fatto scuola con la sua proverbiale onestà intellettuale e il rigore. Molte persone che si occupano oggi di divulgazione lo hanno preso ad esempio. Come si è approcciato alla divulgazione scientifica?

Piero Angela è stato sicuramente il “papà” di molti divulgatori, i suoi programmi hanno fatto storia e hanno ispirato molti di noi fin da bambini, tuttavia il mio approccio al mondo della divulgazione parte dai vaccini. Nel periodo in cui fu introdotto l’obbligo vaccinale.
Una volta percepita la confusione da parte delle persone sul tema, ho avvertito l’urgenza di spiegare a più gente possibile l’argomento, sfatando alcuni luoghi comuni e spiegando i meccanismi biologici alla base di questo strumento che ogni anno salva milioni di vite.

Come avvicinare le persone non esperte alla scienza?

Credo che la chiave sia nella curiosità. Le persone hanno sete di conoscenza, sta a noi “dissetarle” nella maniera più opportuna. Il problema è che non tutte le sorgenti d’acqua sono pure, esattamente come diceva Piero Angela.

Facciamo un salto alla pandemia causata dal SARS-CoV-2. Essa ha fatto conoscere al grande pubblico la parola zoonosi, cioè il fenomeno biologico secondo il quale un patogeno è trasmesso da un’altra specie animale all’uomo. C’è però anche la possibilità di un fenomeno inverso, cioè che gli umani infettino gli altri animali. Quanto si sa sull’argomento? Può spiegarci brevemente quali sono i meccanismi biologici che favoriscono il passaggio di un virus da una specie ospite all’altra?

Sicuramente la pandemia ha reso “pop” molti termini che prima circolavano solamente tra gli addetti ai lavori. Il fenomeno del spillback si riferisce alla trasmissione di un virus dagli umani agli animali, come avvenuto con SARS-CoV-2 in cani, gatti e visoni. Questo processo avviene quando il virus, originariamente zoonotico, “torna indietro” verso una specie animale.

Meccanismi chiave includono la compatibilità dei recettori, mutazioni che favoriscono l’adattamento virale e il contatto ravvicinato tra umani e animali. Il fenomeno è facilitato anche da ambienti densi, come allevamenti, dove il virus può circolare, creando un rischio di riserve animali che perpetuano la diffusione virale. L’argomento è affascinante e sicuramente in futuro verrà approfondito, spero che gli studi in tal senso si intensifichino presto.

Immagine di Viktor Forgacs

Parliamo di un’altra pandemia che continua da circa quarant’anni: quella causata dal virus dell’immunodeficienza umana (Human immunodeficiency virus, HIV). Tra i metodi per ridurre il rischio di trasmissione sessuale dell’HIV è disponibile la PreP, sigla che significa Profilassi pre-Esposizione. Si tratta di uno strumento farmacologico preventivo efficace per chi ha attività sessuale non protetta. Nel 2023 è stata approvata in Europa la long acting PrEP, somministrazione iniettabile a lunga durata di azione da effettuarsi ogni due mesi. Quali sono i benefici, le difficoltà e le prospettive di tale trattamento?

La prevenzione delle nuove infezioni rappresenta un aspetto cruciale e gli strumenti a disposizione per attuarla sono molteplici e a vari livelli, dall’uso del profilattico (maschile o femminile) alla profilassi pre-esposizione (PrEP). Questa strategia implica l’utilizzo, prima dei rapport sessuali, di farmaci antiretrovirali nelle persone HIV-negative per ridurre il rischio di contrarre l’infezione.

“Prevenzione”, come in molte altre malattie una parola chiave, un termine facile da capire, difficile da applicare, soprattutto se ci si convince che un determinato evento, come il contatto con l’HIV, sia precluso solamente a poche categorie di persone, quando invece, i virus non guardano in faccia a nessuno. La long acting PrEP offre un’alternativa alle pillole giornaliere, richiedendo solo sei iniezioni all’anno, il che potrebbe migliorare significativamente l’aderenza, soprattutto per le persone che hanno difficoltà ad assumere farmaci quotidiani.

Immagine di Bermix Studio

Cambiamo argomento e soffermiamoci sulle fake news riguardanti gli alimenti. Numerose fake news riguardano il presunto cibo contaminato e viaggiano veloci, non solo sui social network. Quali sono, a suo avviso, i meccanismi e le strategie che oggigiorno portano alla diffusione delle fake news? Quali consigli darebbe ai lettori per informarsi sulla sicurezza di ciò che mangiano?

Come spiego nel mio libro, le fake news sugli alimenti riguardano soprattutto modi di fare radicati nel tempo che hanno cementificato le proprie origini nelle tradizioni famigliari. Andarle a toccare significa “rovinare” i ricordi famigliari e mettere in discussione concetti ormai dati per veri. Consiglio di leggere, iniziando dalle etichette.

Che le uova vadano messe in frigo dopo l’acquisto non è una opinione personale di qualcuno ma è una raccomandazione scritta dai produttori per determinati motivi legati al microbiota presente nel guscio. Che i würstel vadano cotti prima del loro consumo non lo dice il divulgatore sui social a cui credere ma c’è scritto sulle confezioni per motivi validi che il produttore conosce benissimo, come il rischio di contrarre batteri pericolosi per la salute umana come la Listeria.

Immagine di Vlad Tchompalov

Inoltre, ritiene sia necessaria la polarizzazione, anche riguardo ai temi scientifici, quando i cittadini vogliono compartecipare alle scelte delle società moderne?

La polarizzazione in ambito scientifico può essere problematica, specialmente quando i cittadini vogliono prendere parte alle decisioni che riguardano la società moderna. Come microbiologo, la mia visione è che il dibattito scientifico dovrebbe basarsi sui dati e non su divisioni ideologiche.

La scienza funziona attraverso il consenso basato sull’evidenza: esperimenti, prove ripetibili e analisi critica. Polarizzare una discussione scientifica, rendendola binaria, distorce questa realtà complessa e può portare a decisioni non informate, rischiando di ostacolare progressi importanti, come la lotta contro le malattie infettive. Un approccio equilibrato e basato sulla conoscenza è essenziale per garantire una compartecipazione responsabile e consapevole.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

Parliamo adesso di un altro tema del suo libro: la farmaco resistenza. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) ha definito la resistenza che molti microrganismi stanno sviluppando ai farmaci antimicrobici “Una delle più gravi minacce sanitarie del nostro tempo”. Come affrontare tale minaccia globale?

Concordo sul fatto che la minaccia sia grave e soprattutto appartenga ai nostri tempi e non a quelli futuri. La minaccia purtroppo non si può affrontare con la speranza di vincerla dal basso, ovvero non si può pensare che un consumo più mirato di queste molecole risolva il problema.

È solamente questione di tempo prima che le molecole attive contro i batteri finiscano, prima cioè che alcuni batteri diventino resistenti praticamente a tutto. La salvezza, come sempre, arriverà dalla scienza, ma un consumo attento e oculato, che ricordo non è responsabilità solamente dei cittadini ma anche dei medici e dei farmacisti, rallenterà il momento in cui verremo proiettati in quella che ormai viene chiamata “era pre-antibiotici”.  

la cover del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente
la cover del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente

 

Alessandro Mustazzolu è microbiologo e micobatteriologo. Si è occupato, per molto tempo, di sorveglianza e ricerca nei confronti dei micobatteri, in particolare di quello responsabile della tubercolosi. La sua carriera scientifica inizia nell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini e si sviluppa rapidamente, prima attraverso collaborazioni con laboratori privati e poi con un’esperienza lavorativa, che a oggi perdura, presso l’Istituto Superiore di Sanità. Oltre al lavoro di microbiologo, si è impegnato come insegnante presso scuole, università, congressi, e come autore di diverse pubblicazioni su riviste internazionali. Da qualche anno si occupa di creare contenuti a carattere microbiologico anche su Instagram e YouTube.

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

Il libro “Tùttu-cià” è un archivio di risorse didattiche, ma non solo. Si tratta di un testo “sonoro”, “vedibile”, partecipativo. Le informazioni presenti nel lavoro sono adatte a tutte le persone interessate al modo in cui abitiamo il mondo. Lo stile è gioioso e ironico, ma non manca del rigore scientifico necessario ad approcciarsi alle complesse tematiche ambientali e della convivenza civile. Il lettore deve mostrarsi paziente nella lettura del libro perché non si tratta solo di un volume nozionistico, ma di uno stile comunicativo personale. Notevole spazio è dedicato alla scuola e… al rap.

Tùttu-cià Greenopoli Giovanni De Feo
Il professor Giovanni De Feo con il libro Tùttu-cià (2024). Foto Giovanni De Feo

Il metodo Greenopoli, su cui si basa il libro, parla per farsi capire, è adatto ai bambini e alle persone con qualche anno di più. Parlare in modo nuovo per vedere le cose in modo nuovo. A tratti leggermente prolisso o ripetitivo (1), il contenuto si impara ad apprezzarlo per l’originalità e la creatività con cui l’autore presenta tematiche scomode alle studentesse e agli studenti delle scuole primarie, suscitando interesse e partecipazione. Il libro fa riflettere sulle scelte quotidiane di ciascuno di noi e sulle ricadute sociali di quelle stesse scelte.

Cosa troviamo nel libro? Non ci sono solo contenuti scientifici, ma è descritto anche il processo di realizzazione dei testi, strofa per strofa, parola per parola: la scelta dei vocaboli non è mai banale, ma prevede uno studio dedicato per conciliare il ritmo tipico delle canzoni rap e la correttezza dei contenuti.

Metafore, esempi, canzoni, consigli e “spiegoni” relativi ai processi di presa in carico e gestione dei rifiuti, per esempio. Il libro è un viaggio nel mondo di oggi, ma mira a un mondo sostenibile di un futuro prossimo. Probabilmente, molti consigli forniti già si conoscono, ma gli adulti faticano a recepirli. Ecco, quindi, che l’azione educativa del metodo Greenopoli cerca di correggere gli adulti grazie (alla scuola) alle bambine e ai bambini.

Sebbene all’inizio si faccia leggermente fatica a entrare nel ritmo del libro, poi ci si “ambienta” e gli argomenti sono spiegati in un’ottica didattica con l’ausilio di codici QR (tranne pochissimi che non funzionano, essi riportano a video e audio). Ogni argomento inizia con un rap, una filastrocca o un racconto. Il libro, quindi, si può leggere “a caso”: siete autorizzati a non seguire un ordine e rileggere il libro “all’occorrenza”.

Sarebbe stato possibile migliorare ulteriormente il lavoro inserendo immagini o grafici; intervallare il testo con i codici QR e non relegarli spesso alla fine del capitolo. Un altro suggerimento riguarda le fonti e i riferimenti bibliografici: sarebbe stato apprezzabile avere le “classiche” note a piè di pagina per consentire al lettore di soffermarsi subito sull’approfondimento proposto. Invece, sparsi nel testo, sono più difficili da ritrovare (2).

Il libro ha tutte le caratteristiche per essere un valido strumento per la comunità e vi chiarirà definitivamente come gestire il cartone della pizza!


Immagine di Nareeta Martin

Il consorzio nazionale imballaggi (CONAI) fornisce una guida per imparare a leggere l’etichettatura ambientale e un elenco degli errori più comuni che si fanno con la raccolta differenziata. Gli strumenti ci sono, eppure ancora si fatica con la raccolta differenziata dei rifiuti. Perché?

Non sempre si presta la giusta attenzione ai gesti che si compiono. Si è spesso distratti, soprattutto quando siamo in gruppo intenti a parlare d’altro. Un esempio classico, che mi è familiare, è quello degli studenti universitari intenti a consumare bevande e merendine alle vending machines. Non sempre prestano attenzione a come conferire correttamente l’imballaggio divenuto rifiuto e non di rado lo depositano nel più vicino contenitore o in un qualunque contenitore. In generale, c’è chi sbaglia in buona fede, ma anche chi sbaglia perché non educato alla raccolta differenziata. Ecco perché non bisogna lesinare risorse nel fare informazione, sensibilizzazione e nell’organizzare iniziative di coinvolgimento. Su questo il Conai sta facendo molti sforzi. A tal proposito posso citare il progetto “Cambia Menti” che stiamo attuando proprio insieme presso l’Università di Salerno, grazie al preziosissimo supporto della dott.ssa Maria Concetta Dragonetto e del dott. Fabio Costarella, neo Vicedirettore Conai, nonché la redazione delle “LINEE GUIDA per la raccolta differenziata, dei rifiuti da imballaggio e degli altri rifiuti urbani, nelle Università” in collaborazione anche con la RUS, Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile.

La raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) domestici effettuata in Italia nel 2023 ha registrato un andamento negativo rispetto al 2022 (-3,1%). Siamo lontani dal target di raccolta stabilito dall’Unione Europea. Con percentuali differenti, la riduzione tocca il Nord (- 1,3%), il Centro (- 1,1%), il Sud (- 8,3%). Fanalino di coda rimane la Campania (3 kg/ab). Quali suggerimenti darebbe al lettore-consumatore per conferire correttamente questi particolari rifiuti? E quali alle amministrazioni locali per invertire l’andamento negativo?

Bisogna ragionare in un’ottica di “miniera urbana” per cui le nostre case sono degli autentici “depositi aurei” contenenti tanti minerali preziosi a materiali critici, oro compreso. Un esempio da cui partire è l’abbandono di vecchi telefonini e più recenti smartphone in fondo a cassetti senza fondo. Occorre far presente ai cittadini che esistono due importanti possibilità. La prima è nota come regola del “1 a 1” che consiste nel ritiro gratuito del vecchio elettrodomestico a fronte dell’acquisto di un nuovo elettrodomestico equivalente. La seconda, invece, è nota come regola del “1 a 0”: vale per tutti i “piccoli RAEE”, cioè le apparecchiature con dimensioni inferiori ai 25 cm. Per beneficiare di questo servizio, è necessario restituire il prodotto presso i punti vendita che dispongono di apposite aree dedicate alla vendita di apparecchiature tecnologiche con una superficie superiore a 400 metri quadrati. Le amministrazioni locali potrebbero organizzare campagne di informazione e sensibilizzazione al riguardo, partendo dalle scuole, dagli uffici pubblici, dagli studi medici, dagli amministratori di condominio, etc. Molto importante, inoltre, il ruolo dei centri di raccolta comunali dei rifiuti, da vedere, in una nuova ottica, come dei centri commerciali alla rovescia e, quindi, dove si va per portare i propri materiali giunti alla fine di un loro ciclo di vita o ancora in buone condizioni e, quindi, da avviare allo scambio, alla donazione e al riuso.


Immagine di Johannes Plenio

Quest’anno la Paper Week, una grande campagna corale di formazione e informazione su carta e cartone e sul loro riciclo, tenutasi dall’8 al 14 aprile e promossa da Comieco (Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli imballaggi cellulosici), ha come capitale Salerno. Il riciclo della carta in Italia si conferma un’eccellenza europea. Potrebbe riassumerci i passi condotti per raggiungere questo importante traguardo-punto di ripartenza?

Da sempre sono legato al mondo della carta e il mio legame si è rafforzato negli anni Novanta quando ho avuto modo di svolgere la parte pratica della mia tesi di laurea in ingegneria presso la Cartesar di Pellezzano, un autentico gioiello del riciclo della carta da macero. Salerno è al centro del “ciclo del riciclo” di Comieco proprio grazie alle sue cartiere e alle sue cartotecniche. Grazie all’ufficio sud di Comieco, diretto dalla dott.ssa Giacinta Liguori, ho iniziato a collaborare con Comieco nazionale in tanti progetti e ho avuto modo di apprezzare quanta attenzione e quante risorse stiano dedicando al “Piano per il Sud”, sotto la spinta dell’instancabile Direttore Generale Carlo Montalbetti e del suo Vice Roberto Di Molfetta. La differenza la fanno sempre le persone. In questi anni ho potuto apprezzare il grande lavoro che fanno in Comieco persone come Eleonora Finetto, Elisa Belicchi e Claudia Rossi. Un gran bel lavoro di squadra, questo è ciò che fa la differenza. In occasione della Paper Week a Salerno, il giorno 11 aprile mi hanno dato la possibilità di far cantare e ballare i rap di Greenopoli a più di cinquecento allievi e allieve delle scuole di Salerno, che per un mese sono stati coinvolti in attività di educazione ambientale grazie al prezioso contributo di Comieco e all’attività svolta dalla mia ex allieva Valentina Iannone, ambientologa e cantante. Occorre fare le cose con passione, organizzazione ed entusiasmo, e i risultati arrivano sempre!

Tùttu-cià Greenopoli Giovanni De Feo Paper Week
Giovanni De Feo a Salerno in occasione dell’incontro Gioca la tua carta del giorno 11 aprile 2024. Crediti per la foto: Comieco

La strategia per l’economia circolare mira a una crescita sostenibile che coinvolge tutti gli anelli delle varie filiere produttive: produzione, distribuzione, consumo e fine vita dei beni. Quale fase, a suo avviso, ha fatto i maggiori passi verso la giusta direzione?

Io insegno ecologia industriale e mi occupo di Life Cycle Assessment, cioè di valutazione del ciclo di vita dei prodotti, partendo dall’estrazione delle materie prime, passando per la produzione del bene e degli imballaggi, per la distribuzione, l’uso e il fine vita. Le fasi che hanno fatto maggiori passi avanti sono proprio la produzione degli imballaggi e il fine vita, sotto la spinta propulsiva delle direttive europee di settore. Occorre, tuttavia, ricordare che l’economia non potrà mai essere perfettamente circolare, poiché il trattamento dei rifiuti genera altri rifiuti ed emissioni in una catena senza fine. L’economia può essere “quasi circolare”. Ciò che devono imparare i protagonisti delle diverse filiere, compresi i consumatori, che con le loro scelte mettono in moto e orientano il processo, è acquisire sempre maggiore consapevolezza e imparare a “essere leggeri”. Tra più alternative dobbiamo sempre scegliere quella più sostenibile.

In occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2024, istituita dall’Onu nel 1992, l’l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha realizzato cinque infografiche per riflettere sull’importanza vitale dell’acqua e promuovere la gestione sostenibile delle risorse idriche. Le chiedo un commento sui seguenti dati emersi: il 42,4% dell’acqua potabile è dispersa per inefficienza delle reti comunali di distribuzione; il 28,8% delle famiglie non si fida a bere acqua di rubinetto; quasi il 70% delle persone over 14 fa attenzione a non sprecare acqua.

Purtroppo, è ben noto che le nostre reti di distribuzione dell’acqua siano delle autentiche “reti colabrodo” a causa della loro vetustà e della scarsa e insufficiente manutenzione. Bisogna investire di più nei programmi di controllo periodico e di manutenzione della rete, in un’ottica di prevenzione e di protezione della rete idrica. L’Italia è seconda solo al Messico per consumo pro-capite di acqua in bottiglia, ma questo non è spiegabile in considerazione dell’elevata qualità delle nostre acque di falda, mentre in Messico hanno problemi serissimi in fatto di risorse idriche. Già venticinque anni fa andavo in giro a fare test di assaggio dell’acqua con i quali invitavo a trovare la differenza nel sapore tra acqua di rubinetto e acqua in bottiglia. Le persone non erano in grado di distinguerle. Per cui è tutto un fatto di pregiudizi e di scarsa fiducia. A tal proposito, anche su questo tema bisogna investire in campagne di informazione e sensibilizzazione sulla qualità delle acque delle reti idriche a suon di analisi, da fare, perché no, anche al rubinetto delle nostre abitazioni. In fatto di lotta agli sprechi e di risparmio idrico abbiamo fatto passi da gigante anche grazie all’educazione ambientale che si fa nelle scuole e che poi i bambini e le bambine riportano in famiglia. I nostri figli sono delle splendide guardie ambientali, come le “PGA” di Greenopoli!

Immagine di Imani

Ha incontrato migliaia di studentesse e studenti dal 2014, è un accademico, ma si occupa anche di comunicare la scienza degli ambienti e l’educazione ambientale. Scienza e società sono sempre più interconnessi e oggi la comunicazione della scienza coinvolge tutti i cittadini. Come e perché è nato Greenopoli?

L’idea del metodo/progetto di educazione ambientale Greenopoli nasce nel 2006 in un mio periodo di crisi/cambiamento. In quell’epoca decisi di “cambiare rotta” e di iniziare un percorso che in diciotto anni mi ha portato a fare divulgazione ambientale prima nella mia provincia, poi nella regione Campania, quindi in Italia e ora praticamente ovunque ci sia l’opportunità. Lo scorso anno sono arrivato in Bangladesh, il paese con la più alta densità di popolazione al mondo e con drammatici problemi sociali e ambientali. Ho incontrato centinaia di meravigliosi sorrisi di bambini e giovani desiderosi di un futuro migliore e più sostenibile, che è identico a quelli che incontro settimanalmente nei miei “giri in giro” per le scuole, per le biblioteche e le sale consiliari per provare a far “guardare il mondo con occhi diversi” verso una società che non contrapponga più il “sapere umanistico”, da una parte, e il “sapere scientifico”, dall’altra. Tutti i saperi servono per dare sapore alla nostra vita e per affrontare i problemi con un approccio olistico e perché no divertente: io ci provo con Greenopoli, al ritmo del Tùttu-cià!

Tùttu-cià Giovanni De Feo Paper Week
l’evento Gioca la tua carta del giorno 11 aprile 2024 a Salerno. Crediti per la foto: Comieco

Giovanni De Feo è professore associato di Ingegneria Sanitaria-Ambientale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno. Relatore, correlatore e tutor in circa 500 tesi di laurea; è editor e referee di riviste internazionali. Ha partecipato, in qualità di relatore, a numerosi seminari, convegni, master e corsi di aggiornamento. È autore e coautore di circa 200 pubblicazioni tecnico-scientifiche e monografie.

Da giugno 2017, è responsabile del tavolo tematico “Rifiuti” del Gruppo di Lavoro per la “Sostenibilità di ateneo” dell’Università di Salerno e la rappresenta anche in diversi gruppi di lavoro della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile.

Svolge la sua attività di ricerca su Life Cycle Assessment (LCA); gestione, trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi e delle acque reflue.

È ideatore e promotore del progetto di educazione ambientale Greenopoli che da dicembre 2014 ha coinvolto più di 600 scuole e circa ottantamila studenti.

Numerosissimi i premi a partire dal 2018: Vesuvio Verde, Anfiteatro d’argento, Premio Internazionale Prata, Premio Ambientalista dell’Anno “Luisa Minazzi”; premi Pabulum e “Eccellenza per i giovani campani 2019”; Premio PA sostenibile e resiliente 2021.

Infine, nel 2023 è stato invitato a tenere incontri di educazione ambientale in Spagna e in Bangladesh e ha vinto il premio Giovanni Bozzini Award – Best Italian paper award” al convegno internazionale Sardinia Symposium.

Tùttu-cià Greenopoli Giovanni De Feo
Foto Giovanni De Feo

Note:

(1) Ci spiega il prof. De Feo che si tratta di un effetto voluto: è lo stile dello “spiegone”, ed è anche il suo stile di insegnamento: ripetere le cose più volte per essere certo che ascolta, possa capire. Anche nel leggere può essere utile ripetere le cose, perché chi legge non è detto che rilegga.

(2) Ci informa il prof. De Feo che si è trattato di scelte editoriali ben precise.

 

Si ringrazia il professor Giovanni De Feo per le immagini di Greenopoli e nelle quali compare.

Quello che sai sulla plastica è sbagliato – Intervista agli autori e recensione del nuovo libro di Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, edito da Gribaudo (2023).

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Il libro Quello che sai sulla plastica è sbagliato, edito da Gribaudo, è una guida per il lettore-consumatore, divisa in quattro capitoli. Gli argomenti sono trattati con un approccio didattico che aiuta a imparare e reimparare quello che crediamo di sapere sulle plastiche: paragrafi, concetti in evidenza, parole chiave in grassetto, codici QR per approfondimenti (che riportano a video e a pratiche aziendali virtuose).

Il saggio fa riflettere sulle scelte quotidiane di ciascuno di noi e sulle ricadute sociali di quelle stesse scelte. Cosa troviamo nel libro? Metafore, esempi, excursus storici e aneddoti di storia della scienza, analogie utili a comprendere il concetto scientifico spiegato poi con il lessico idoneo. In più, le note consentono al lettore di soffermarsi subito sulla fonte o sull’approfondimento proposto.

Quello che sai sulla plastica è sbagliato è un viaggio nel mondo delle plastiche, senza proclami o annunci “urlati”. Vi sono poche formule chimiche spiegate in maniera chiara e immagini funzionali alle spiegazioni testuali. La grafica è piacevole, sebbene il testo sia leggermente piccolo. L’uso di diverse tipologie di grafici non appesantisce la narrazione, anzi rende il messaggio più comprensibile, lo riassume a vista d’occhio e consente al lettore di fare le sue considerazioni. Quello che sai sulla plastica è sbagliato ha tutte le caratteristiche per essere un valido strumento per la comunità.


Il libro inizia scardinando le piccole convinzioni e conoscenze del lettore. Per esempio, la prima frase che lo destabilizza è la seguente: “non tutto ciò che è plastica va nella plastica”. E tanto per complicarci la vita, dipende anche dal comune…
Nella stesura del libro vi siete imbattuti in fonti su metodologie di raccolta o di riciclo delle plastiche non idonee in Italia? E di realtà particolarmente virtuose?

Quando parliamo di gestione dei rifiuti e, in particolare, di recupero dei rifiuti plastici non è tanto semplice distinguere tra “virtuoso” e “non idoneo”. A seconda dei punti di vista la gestione dello smaltimento delle plastiche in Italia può essere considerato virtuoso o carente. Dipende da quali parametri prendiamo in considerazione e qual è l’obiettivo che ci prefiggiamo.

Negli Stati Uniti, ad esempio, si ricicla pochissimo e gran parte della plastica finisce in discarica, tuttavia questa gestione, sicuramente non ideale, permette di avere una filiera più semplice ed efficiente diminuendo la dispersione di rifiuti plastici nell’ambiente. Chiariamoci, la gestione statunitense è ben lontana dall’essere ideale o sostenibile, tuttavia, è esemplificativo del fatto che il panorama della gestione dei rifiuti è così complesso che è difficile dare una definizione assoluta di “idoneo”.

Per tornare all’Italia, noi siamo piuttosto forti nel recupero e riciclaggio delle plastiche. Questo sicuramente ci rende, almeno in parte, virtuosi. Tuttavia, recentemente, ci siamo opposti strenuamente alla nuova direttiva europea che mira ad eliminare gli imballaggi inutili e incentivava il riutilizzo.

Lo scenario migliore sarebbe quello che ci porta a non generare proprio il rifiuto, così da non doverlo gestire rischiando la dispersione nell’ambiente. Probabilmente questo potrebbe definirsi davvero virtuoso. L’Europa sta andando in questa direzione, l’Italia un po’ meno.

 

la copertina del libro Quello che sai sulla plastica è sbagliato, di Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, edito da Gribaudo (2023)
la copertina del libro Quello che sai sulla plastica è sbagliato, di Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, edito da Gribaudo (2023)

Immaginiamo di essere al supermercato: c’è davvero bisogno di tutto questo packaging?

A volte sì, a volte no. Gli imballaggi hanno lo scopo di proteggere il prodotto nel trasporto dal produttore al consumatore, quindi, per definizione, sono degli oggetti che diventano immediatamente un rifiuto.

D’altro canto, anche i prodotti che acquistiamo hanno un impatto sull’ambiente, quindi senza imballaggio molti di essi non arriverebbero nemmeno nelle nostre case perché danneggiati dal trasporto o, nel caso di alimenti, andati a male.
Anche lo spreco ha un impatto, spesso, ben superiore a quello dell’imballaggio correttamente gestito.

È comunque innegabile che in molti casi ci sia una sovrabbondanza di imballaggio e sicuramente noi consumatori siamo chiamati a selezionare i prodotti che si propongono di essere più sostenibili, ma per noi  cittadini non è sempre così facile capire quali lo siano realmente.

La soluzione migliore è proprio quella proposta dall’Europa nella nuova direttiva imballaggi che prevede di vietare per legge gli imballaggi inutili, limitandosi solo a quelli necessari per la corretta conservazione del prodotto.

supermercato supermarket
Foto di Joshua Rawson-Harris

Attendere che la ricerca scientifica faccia il suo corso e non mostrarsi frettolosi nel trarre le conclusioni. Soffermiamoci sul vostro modo prudente di trattare le microplastiche, un ambito di ricerca in espansione.

Le microplastiche sono sicuramente una questione delicata. Molti media ne parlano come qualcosa dall’impatto catastrofico, tuttavia ad oggi sappiamo molto poco del loro impatto sull’uomo e sugli ecosistemi.

Certo, il principio di precauzione ci suggerisce di tenere gli occhi aperti e fare il possibile per diminuirne la diffusione, perché se è vero che non abbiamo la certezza che ci facciano male, è decisamente poco probabile che ci facciano bene.

L’unica cosa che possiamo fare è continuare a studiare la questione e cercare di diminuire il più possibile la formazione delle microplastiche. Chiaramente il modo migliore per farlo è evitare di disperdere oggetti di plastica nell’ambiente.

 

Per quanto riguarda l’Italia, mettete in evidenza tanto i comportamenti virtuosi quanto le bad practice che non ci fanno esultare. Quali suggerimenti dareste al lettore-consumatore per non cadere nella trappola di sensazionalismi e proclami?

Il grosso problema con cui ci scontriamo nelle nostre presentazioni in giro per l’Italia è la difficoltà di comprensione, da parte del consumatore, su dove gettare un determinato oggetto.

Il fatto che ci siano moltissimi tipi di plastiche diverse, che possiamo mettere nel cestino solo gli imballaggi, e che si stiano diffondendo i materiali compostabili, che vanno conferiti (quasi sempre) nell’umido, rende piuttosto complesso per il consumatore capire cosa deve fare.

Ammettiamo che anche noi, ancora oggi, abbiamo qualche difficoltà. Inoltre, a volte le informazioni sulla confezione sono insufficienti e richiedono di andare sul sito dell’azienda per avere un’indicazione completa.

Il consiglio migliore che ci sentiamo di dare è quello di non fermarsi allo slogan, ma leggere con attenzione l’etichetta del prodotto prima di acquistarlo. L’ideale sarebbe avere leggi più stringenti che obblighino le aziende a inserire tutte le indicazioni di smaltimento sulla confezione del prodotto, ma in mancanza di questo, non rimane che prenderci noi l’onere di andare oltre gli slogan.

Ovviamente non sarà possibile farlo sempre e per tutti i prodotti che acquistiamo, ma farci attenzione ogni tanto è già un buon inizio.

 

Biodegradabile, compostabile, bio-based, plant-based, parole che nel libro vengono spiegate molto bene. Il marketing tiene sempre più conto della crescente coscienza ambientale delle persone? Lo fa nel modo corretto?

Se c’è una cosa positiva nel greenwashing, che alcune aziende mettono in atto, è proprio il fatto che si sentano forzate a improntare il proprio marketing sulla sostenibilità. Rispetto al passato, infatti, sembra sia diventato inaccettabile non essere sostenibili e amici dell’ambiente. Chiaramente, questa pressione da parte della società, trova facile risposta negli slogan, ma una più difficile risposta concreta.

D’altro canto, il marketing serve a vendere un prodotto, non a comunicare oggettivamente la sostenibilità. Molti di noi sono cresciuti con le pubblicità e le televendite e dovremmo sapere che non tutto quello che è scritto in grande su una confezione corrisponde alla realtà. Se partiamo da questo presupposto, che spesso dimentichiamo, dovrebbe essere più facile diventare dei consumatori critici e consapevoli.

 

Immagino non sia stato facile per voi districarsi nella chimica delle plastiche. Ma non è semplice anche per il legislatore. A vostro parere, le leggi sulla produzione, sul riutilizzo e sul riciclo delle plastiche sono coerenti e adeguate ai nostri tempi?

Non è una domanda facile. Noi abbiamo affrontato l’argomento dal punto di vista tecnico-scientifico, la questione politica si muove parallelamente ma su altri binari. Il mercato delle plastiche è enorme e ogni cambiamento implica un vasto impatto su migliaia di aziende di produzione, raccolta, smaltimento e riciclaggio. È comprensibile che un politico sia più prudente di uno scienziato e che le leggi non siano sempre perfettamente aderenti a quando dice la scienza. Detto questo, è abbastanza chiaro che la situazione attuale sia frutto di una certa leggerezza nella scrittura delle leggi e nella loro applicazione.

Certo, se noi tre avessimo in tasca la soluzione al problema delle plastiche probabilmente ora saremmo a Stoccolma a ritirare il Nobel.

Il nostro auspicio è che in futuro ci sia molta più attenzione da parte del legislatore nel richiedere un’informazione trasparente e nel fornire un’educazione alla popolazione.

Si riuscisse a standardizzare delle regole a livello nazionale (invece di avere regole diverse da comune a comune) sarebbe già un buon inizio.

la copertina del libro Quello che sai sulla plastica è sbagliato, di Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, edito da Gribaudo (2023)
la copertina del libro Quello che sai sulla plastica è sbagliato, di Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, edito da Gribaudo (2023)

Tecnologia, Legge, Politica ed Economia sono elementi decisivi per una maggiore sostenibilità di un mondo “plastico”. Secondo voi “parlano” davvero tra loro in vista degli ambiziosi obiettivi di valorizzazione dei rifiuti dell’Agenda 2030?

Sicuramente tutti questi ambiti parlano tra loro, ma non sempre si capiscono. Soprattutto, non in tutto il mondo questi campi della conoscenza hanno pari peso. Per molti paesi la crescita economica e industriale è più importante della sostenibilità ambientale. In altri la politica non vuole “pestare i piedi” ad una filiera produttiva consolidata e di successo. Come già citato più volte in questa intervista, l’Unione Europea si sta muovendo bene imponendo ai vari stati di modificare il proprio comportamento per migliorare la gestione dei rifiuti plastici. È probabile che anche questa nuova direttiva non risolverà completamente il problema, ma la strada è tracciata. Non rimane che vedere con quanta rapidità i politici italiani si adegueranno alle richieste e sulla base di questo trarre le nostre conclusioni. Se da un lato come cittadini non possiamo, singolarmente, risolvere i problemi causati dalla diffusione della plastica nel nostro tessuto produttivo, possiamo per lo meno valutare se i nostri rappresentati si stiano muovendo nella direzione giusta.

 

Ove non indicato diversamente, si ringraziano gli autori per le immagini.

 

Gli autori del saggio Quello che sai sulla plastica è sbagliato


Stefano Bertacchi
Stefano Bertacchi

Stefano Bertacchi è dottore di ricerca in biotecnologie industriali e ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca. Si occupa dello sviluppo di molecole di interesse industriale, mediante l’uso di microrganismi geneticamente modificati o meno. È anche un divulgatore scientifico, via social media ed eventi scientifici. Ha all’attivo tre libri: “Piccoli geni – alla scoperta dei microrganismi“, “Geneticamente modificati – Viaggio nel mondo delle biotecnologie”, “50 grandi idee biotecnologie

 

 

 

 


 

Ruggero Rollini
Ruggero Rollini

Ruggero Rollini è uno dei volti noti di Superquark+ su RaiPlay e  di Noos su Rai1. Laureato in chimica e divulgazione delle scienze naturali, si occupa di comunicazione della scienza sui social media e per eventi culturali. Tratta principalmente la chimica dell’ambiente e del quotidiano. Ha scritto “C’è chimica in casa” (Mondadori, 2022).

 

 

 

 

 

 


 

Simone Angioni
Simone Angioni

Simone Angioni è chimico con un dottorato sulla sintesi di polimeri innovativi per la transizione. Ha lavorato per anni nel mondo della ricerca specializzandosi sulle fonti di energia sostenibili. È divulgatore scientifico sia online sia collaborando come docente per diversi master in comunicazione della scienza. È autore di due libri “Chimica in 5 minuti” e “Con la giusta energia – Verso un futuro sostenibile“, entrambi editi da Gribaudo.

ERCOLANO – Trovare del tessuto cerebrale in resti archeologici dell’antichità è una cosa molto rara. Nel cervello i processi di morte cellulare sono molto rapidi, essendo costituito per l’80% di acqua. La decomposizione, quindi, inizia dopo 36-75 ore e la scheletrizzazione (cioè l’ultima fase della decomposizione) si ha tra circa i 5 e i 10 anni dopo la morte.  Sempre che non sia stato sottoposto a tecniche di mummificazione, come quelle utilizzate in Egitto, è difficile che questo delicato tessuto possa sopravvivere per anni, se non millenni. Trovare, poi, questo tessuto vetrificato, è una cosa ancor più rara.

Collegio degli Augustali. Foto: Pier Paolo Petrone, Università Federico II di Napoli. Copyright 2020

È quello che è accaduto durante alcune indagini paleoforensi nel sito archeologico di Ercolano a opera di un team di studiosi, guidati dall’antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso la sezione dipartimentale di Medicina Legale dell’Università “Federico II” di Napoli. Durante la loro ricerca, i membri del team hanno rinvenuto del materiale vetroso tra le ossa craniche di una vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 a.C. Tale materiale, in parte incrostato sul cranio della vittima, è stato successivamente analizzato, per poter accertare potesse trattarsi realmente di tessuto cerebrale vetrificato.

Frammento di cervello vetrificato. Foto: Università Roma Tre

La vetrificazione è un processo durante il quale un liquido, esposto a un’elevata temperatura, viene velocemente e bruscamente raffreddato, trasformandosi in un materiale simile al vetro. Gli autori dello studio spiegano che il tessuto cerebrale in questione, inizialmente esposto al caldo estremo della nube piroclastica del Vesuvio, ha poi ricevuto uno shock termico, con un abbassamento brusco di temperatura, che ha determinato la sua trasformazione in un materiale vitreo.

tessuto cerebrale Ercolano Pier Paolo Petrone
Collegio degli Augustali, il luogo del ritrovamento. Foto: Pier Paolo Petrone, Università Federico II di Napoli. Copyright 2020

A seguito di questo ritrovamento, si è proceduto a studiare il campione sfruttando un approccio multidisciplinare, coinvolgente esperti specializzati in diversi ambiti. Tramite l’uso del Microscopio elettronico a scansione e specifici strumenti di elaborazione delle immagini, il team è giunto alla  conclusione che non solo il materiale vetrificato apparteneva al sistema nervoso centrale della vittima, ma anche che al suo interno risultano preservate strutture tubulari simili agli assoni neuronali.

In seguito, il campione è stato sottoposto all’analisi proteomica, che consente di individuare specifici tipi di proteine, le quali sono sintetizzate da diversi geni del DNA. Grazie a questa tecnica, il team ha riscontrato una forte espressione di alcuni geni, presenti in abbondanza nel cervello, oltre che in altri distretti.

tessuto cerebrale Ercolano
Pier Paolo Petrone in laboratorio. Pier Paolo Petrone, Università Federico II di Napoli. Copyright 2020

Questa scoperta e future analisi più approfondite del campione, potranno dirci molto più rispetto alle caratteristiche del tessuto e delle proteine al suo interno, oltre che fornirci informazioni utili su proprietà tipiche dell’espressione genica nella popolazione di Ercolano.

Abbiamo intervistato il dott. Pier Paolo Petrone dell’Università “Federico II” di Napoli, e la dott.ssa Maria Giuseppina Miano del CNR di Napoli, che hanno risposto alle domande di ScientifiCult sul tessuto cerebrale da Ercolano.

tessuto cerebrale Ercolano Pier Paolo Petrone
Assoni, tessuto cerebrale dalla vittima di Ercolano. Foto: Università Roma Tre

Vedendo il profilo dell’espressione genica, si nota come tutte le strutture da voi indicate siano molto vicine a cavità cerebrali in cui è presente il liquido cerebrospinale. Come pensate che questo possa aver influito sul processo di vetrificazione? Pensate che la posizione più centrale e, quindi, più protetta, abbia giocato a sua volta qualche ruolo?

Pier Paolo Petrone: Osservazione interessante, ma non abbiamo al momento evidenze in questo senso. Tutto il cervello sembra aver reagito allo stesso modo, dando luogo a questo materiale dalla consistenza e apparenza vetrosa. Qualcosa di assolutamente unico, mai visto prima né negli altri siti sepolti dall’eruzione, né in eruzioni vulcaniche recenti.

Nel vostro studio avete analizzato l’espressione di alcuni geni le cui mutazioni sono presenti in alcune patologie importanti (Disturbo di Alzheimer, disabilità intellettiva, ipoplasia ponto-cerebellare). Pensate che un’analisi più approfondita di queste espressioni geniche possa dirci di più sullo stato del ragazzo vittima del Vesuvio?

Maria Giuseppina Miano: I dati da noi raccolti non ci consentono di avere informazioni di questo tipo. Non abbiamo dati sulle sequenze amminoacidiche delle proteine identificate né della sequenza nucleotidica dei geni corrispondenti. Ma non possiamo escludere che ulteriori studi possano darci altre importanti informazioni.

Il guardiano nel suo letto. Pier Paolo Petrone, Università Federico II di Napoli. Copyright 2020

Con l’analisi proteomica sono emerse espressioni di geni presenti in gran quantità nel cervello. Questi geni, però, si esprimono allo stesso modo in molti altri distretti del nostro organismo (ad esempio nelle ossa, come il MED13L o ATP6V1F). Con quali modalità avete escluso la possibilità che il campione possa essere stato contaminato nei secoli?

Pier Paolo Petrone: La contaminazione in questo caso è da escludere, in quanto il corpo della vittima era immerso nella cenere vulcanica, e così è rimasto per quasi duemila anni, fino alla sua scoperta negli anni ‘60 e quella, più recente, del  tessuto vetrificato nel cranio. Peraltro, le analisi biochimiche hanno mostrato la presenza di acidi grassi dei capelli umani e di sette proteine altamente rappresentate in tutti i distretti cerebrali, confermando l’appartenenza univoca di questo tessuto al cervello della vittima.

Neurone dal midollo spinale. Foto: Università Roma Tre

Come spiegate nell’articolo, il tessuto non è stato alterato in alcun modo dopo la vostra manipolazione. Pensate quindi di ritornare a fare ulteriori analisi biochimiche? Nel caso in cui pensiate di fare ulteriori analisi, quali ulteriori risultati ipotizzate di poter ottenere? (Es. Alterazioni della struttura proteica che suggeriscono un’anomalia genetica).

Maria Giuseppina Miano: Sono varie le linee di ricerca in corso e tutte molto promettenti. Ulteriori indagini sono in programma per poter identificare la sequenza amminoacidica delle proteine sinora rinvenute, e stabilire la presenza di eventuali varianti polimorfiche che potrebbero “raccontarci” qualcosa in più sulle caratteristiche genetiche degli abitanti di Ercolano a quel tempo.

Pier Paolo Petrone: Altre informazioni le stiamo già avendo dalla sperimentazione in corso su questo cervello, con l’obiettivo di stabilire la temperatura cui è stato esposto e i tempi di raffreddamento del deposito di cenere vulcanica. Informazioni, queste, cruciali per la valutazione del rischio vulcanico al Vesuvio, che incombe su Napoli e i suoi tre milioni di abitanti. Lo studio di un cervello di 2000 anni fa in futuro potrebbe salvare vite umane.

 

Riferimenti bibliografici sul tessuto cerebrale da Ercolano:

Petrone, P., Giordano, G., Vezzoli, E., Pensa, A., Castaldo, G., Graziano, V., Sirano, F., Capasso, E., Quaremba, G., Vona, A., Miano, M. G., Savino, S., & Niola, M. (2020). Preservation of neurons in an AD 79 vitrified human brain. PloS one15(10), e0240017. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0240017

Petrone, P., Pucci, P., Niola, M., Baxter, P. J., Fontanarosa, C., Giordano, G., Graziano, V., Sirano, F., & Amoresano, A. (2020). Heat-Induced Brain Vitrification from the Vesuvius Eruption in c.e. 79. The New England journal of medicine382(4), 383–384. https://doi.org/10.1056/NEJMc1909867