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Giove: pianeta in costante movimento

Le misure di gravità effettuate dalla sonda Juno della Nasa hanno rivelato che le masse gassose di Giove si muovono, provocando sulla superficie del pianeta oscillazioni simili a onde marine con ampiezze tra i 15 e gli 80 metri. I risultati dello studio, coordinato dal Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Giove pianeta in costante movimento
Rappresentazione artistica della sonda Juno attorno a Giove, pianeta in costante movimento. Crediti: Nasa/JPL-Caltech

Giove è un pianeta gassoso e le sue masse interne possono muoversi, generando oscillazioni simili per certi versi alle onde marine e ai terremoti terrestri. Questi spostamenti di masse provocano piccole variazioni della gravità del pianeta.

Un nuovo studio, coordinato da Daniele Durante del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza, ha rivelato, grazie alle misurazioni della sonda spaziale Juno della Nasa, come il campo di gravità di Giove sia perturbato dalle oscillazioni interne, ovvero vere e proprie onde che si propagano da una parte all’altra del pianeta. In particolare, gli strumenti altamente sensibili della sonda spaziale in orbita intorno al pianeta hanno permesso di misurare i periodi di oscillazione dei modi più energetici, che risultano dell’ordine dei 15 minuti e che generano onde di ampiezza compresa tra i 15 e gli 80 metri sulla superficie.

I risultati della ricerca, realizzata da un team internazionale e finanziata in parte dall’Agenzia spaziale italiana, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Communications.

Giove pianeta in costante movimento
Rappresentazione artistica di Juno in orbita intorno a Giove, pianeta in costante movimento. Essendo il pianeta un gigante gassoso, il suo campo di gravità è perturbato dalla presenza di oscillazioni interne, che muovono grandi quantità di massa. Crediti, immagine di Juno: NASA/JPL-Caltech.
Crediti, immagine di Giove: NASA, ESA, A. Simon (Goddard Space Flight Center), and M. H. Wong (University of California, Berkeley) and the OPAL team

La missione della sonda Juno, in orbita intorno a Giove dal 5 luglio 2016, ha come obiettivi principali lo studio dei processi di formazione della struttura interna, del campo magnetico e dell’atmosfera del pianeta. Giove, che da solo ha una massa due volte e mezzo maggiore rispetto a quella di tutti gli altri pianeti messi assieme, è composto quasi esclusivamente da idrogeno ed elio. Il suo interno non è direttamente osservabile e per comprenderne la struttura più profonda si ricorre a misurazioni accurate del campo gravitazionale, espressione della distribuzione delle masse interne del pianeta.

“Circa ogni 52 giorni – spiega Daniele Durante, primo autore dello studio – la sonda Juno compie passaggi ravvicinati del pianeta, a circa 4,000 km dal limite delle nubi. A queste distanze Juno subisce piccole ma misurabili accelerazioni esercitate dalle oscillazioni interne del pianeta”.

Lo strumento di radio scienza KaT (Ka-Band Translator, realizzato da Thales Alenia Space Italy e finanziato dall’Agenzia spaziale italiana), presente a bordo della sonda, è il cuore dell’esperimento di gravità che ha permesso di misurare le perturbazioni al campo gravitazionale causato dalle oscillazioni interne a Giove. Il KaT riceve e ritrasmette il segnale radio inviato da una speciale antenna di terra ubicata nel deserto della California, permettendo di misurare la velocità della sonda con precisioni di centesimi di millimetro al secondo e variazioni di gravità 60 milioni di volte più piccole della gravità terrestre.

Profilo della velocità radiale dello strato superiore di Giove in funzione della frequenza di oscillazione dei modi normali interni. Ogni linea rappresenta un modello diverso la cui opacità è proporzionale alla probabilità del modello stesso: linee più scure indicano modelli più probabili, mentre linee più chiare indicano modelli via via meno probabili. La dispersione delle linee fornisce un’indicazione dell’incertezza del profilo di ampiezza ottenuto

Le misure di gravità effettuate da Juno avevano già portato ad altre importanti scoperte relative alla struttura interna del pianeta, tra cui la profondità dei forti venti est-ovest (con velocità fino a 360 km/h), che si spingono fino a circa 3,000 km al di sotto del livello delle nubi. Inoltre, le misure di gravità effettuate durante due sorvoli ravvicinati della Grande Macchia Rossa di Giove hanno permesso di determinarne per la prima volta la profondità, pari a circa 300 km, assai inferiore a quella dei venti est-ovest.

Nelle 22 orbite dedicate allo studio del campo gravitazionale di Giove, durante i primi 5 anni della missione, la sonda Juno ha sorvolato il pianeta fino a 4-5,000 km al di sopra del livello delle nubi (poiché Giove non ha una vera e propria superficie), misurando molto accuratamente il campo di gravità del pianeta ad ogni passaggio. Si è così potuto osservare che la gravità del gigante gassoso cambiava leggermente nel tempo.

“Per il nostro team scientifico – continua Daniele Durante – l’interpretazione di gran lunga più convincente è la presenza di fenomeni dinamici quali i modi di oscillazione. Le misure mostrano quindi un pianeta in costante movimento, non solo intorno al suo asse di rotazione, attorno cui compie un giro completo in 10h e 55m, ma anche al suo interno”.

Gli strati più esterni oscillano verticalmente per 15–80 metri ogni circa 15 minuti, in maniera simile a ciò che avviene per le maree terrestri. Questi modi di oscillazione sono chiamati ‘di tipo p’, poiché la forza di richiamo è la pressione interna.

“Analogamente a quanto è avvenuto per il sole con quel vasto campo di ricerca noto come eliosismologia, la misura di queste oscillazioni con strumenti dedicati potrà fornire in futuro – conclude Durante – una descrizione della struttura interna del pianeta assai più dettagliata di quanto sia possibile al giorno d’oggi”.

Riferimenti:
Juno spacecraft gravity measurements provide evidence for normal modes of Jupiter – Daniele Durante, Tristan Guillot, Luciano Iess, David J. Stevenson, Christopher R. Mankovich, Steve Markham, Eli Galanti, Yohai Kaspi, Marco Zannoni, Luis Gomez Casajus, Giacomo Lari, Marzia Parisi, Dustin R. Buccino, Ryan S. Park, Scott J. Bolton – Nature Communications (2022) https://doi.org/10.1038/s41467-022-32299-9

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Giove, il pianeta più grande del sistema solare

Testo, video e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

La NASA sceglie VERITAS: la Sapienza su Venere

La missione spaziale selezionata dalla Nasa per l’esplorazione di Venere vede coinvolto in maniera determinante il gruppo di ricerca della Sapienza guidato da Luciano Iess. VERITAS dovrà rispondere a molte domande sull’evoluzione di questo pianeta ancora misterioso che, da un passato molto simile a quello della Terra, è diventato uno dei luoghi più inospitali del sistema solare.

La missione spaziale VERITAS (Venus Emissivity, Radio Science, INSAR, Topography and Spectroscopy) a cui la Sapienza partecipa con un contributo fondamentale, è risultata vincitrice nella selezione delle missioni planetarie della Nasa. Lo ha comunicato la Nasa stessa il 2 giugno scorso nell’ambito della selezione delle prossime missioni di classe Discovery da 500 milioni di dollari.

VERITAS sarà lanciata tra il 2026 e il 2028 e ospiterà a bordo una strumentazione molto sofisticata finanziata dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) a cui ha contribuito il gruppo di ricerca guidato da Luciano Iess, composto da giovani ricercatori della Sapienza.

“La forte presenza italiana nel team scientifico che ha portato alla selezione di VERITAS rappresenta un ulteriore esempio del ruolo della nostra università nella ricerca spaziale e nell’esplorazione del sistema solare – dichiara Luciano Iess, professore del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza – Questa missione ci permetterà di dare risposta a interrogativi che sono ormai rimasti aperti troppo a lungo”.

Veritas Venere
Un’immagine radar di quella che appare come una recente colata lavica, ripresa dalla sonda Magellan (NASA) piu’ di 25 anni fa

Venere infatti ha sempre suscitato grande interesse e fascino nella comunità scientifica. Gli unici dati globali sulla sua superficie e struttura interna sono stati forniti dalla sonda Magellan (NASA) più di 25 anni fa (1994-95). Da sempre indicato come il pianeta cugino della Terra per le dimensioni, massa e distanza dal Sole molto simili, Venere ha però intrapreso, per cause ancora ignote, un percorso evolutivo estremamente diverso da quello del nostro pianeta, al punto che oggi è uno dei luoghi più inospitali del sistema solare. La sua densa atmosfera, composta in gran parte di anidride carbonica e nubi di acido solforico, ha una pressione al suolo 90 volte maggiore di quella terrestre e temperature medie di 460 °C. Tuttavia studi recenti indicano per Venere un passato molto diverso e assai più simile a quello della Terra.

Veritas Terra Venere
La Terra e Venere fianco a fianco, viste dallo spazio (quest’ultima attraverso il radar della sonda Magellan)

VERITAS si propone di dare una risposta alle molte domande della comunità scientifica riguardanti non solo l’evoluzione passata, ma anche quella presente e futura, in particolare ricercando la presenza di vulcani attivi e di processi dinamici superficiali, quali la tettonica a placche. VERITAS sarà inoltre in grado di determinare la composizione e struttura interna del pianeta, fornendo ulteriori indizi per la comprensione non solo dei pianeti rocciosi, ma anche di una classe di esopianeti con caratteristiche simili.

La missione sarà coordinata da Suzanne E. Smrekar (Jet Propulsion Laboratory, California Institute of Technology) e costituisce, insieme a DaVinci+, che studierà l’atmosfera del pianeta, una delle due missioni della Nasa a Venere.

Nel team scientifico di VERITAS, il gruppo italiano, coordinato da Luciano Iess (Co-Lead dell’esperimento di gravità), è composto da giovani ricercatori del Centro di Ricerca Aerospaziale Sapienza (CRAS), del Dipartimento di Ingegneria meccanica aerospaziale (DIMA) e del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni (DIET). I ricercatori del CRAS-DIMA (Gael Cascioli, Fabrizio De Marchi, Paolo Racioppa), hanno condotto, attraverso simulazioni numeriche, la definizione dell’esperimento di gravità, dedicato alla determinazione della struttura interna del pianeta. I ricercatori del DIET (Roberto Seu e Marco Mastrogiuseppe, Co-Lead del radar VISAR) hanno contribuito allo sviluppo di tecniche di elaborazione dei dati del radar ad apertura sintetica, con lo scopo di individuare la presenza di processi geologici superficiali recenti. Gaetano di Achille, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, completa la partecipazione italiana con le competenze sulla struttura geologica del pianeta.

“Il successo di VERITAS – commenta Gael Cascioli, dottorando in Ingegneria aeronautica e spaziale presso il DIMA – è passato anche attraverso la fiducia che è stata riposta nei giovani ricercatori e ricercatrici che, come me, hanno portato entusiasmo, competenza ed energia nel team scientifico internazionale”.

 

Link:

NASA: https://www.nasa.gov/press-release/nasa-selects-2-missions-to-study-lost-habitable-world-of-venus

ASI: https://www.asi.it/#divSlideshow

 

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

COME CAMBIANO LE FUNZIONI COGNITIVE IN ASSENZA DI GRAVITÀ

RICERCATORI DI UNITO IMPEGNATI IN VOLI PARABOLICI
CON L’AGENZIA SPAZIALE EUROPEA

Il Dipartimento di Psicologia dell’Ateneo torinese è capofila del progetto internazionale GraviTo. I risultati saranno utili alle future missioni nello spazio profondo, come ad esempio quelle su Marte

GraviTo
La campagna voli 2019. Foto Courtesy ESA

Il 26, 27 e 28 aprile un team di ricercatori guidato dall’Università di Torino effettuerà una campagna di voli parabolici per testare gli effetti dell’assenza di peso e della microgravità sulle funzioni cognitive degli esseri umani. Gli esperimenti saranno svolti a bordo di un Airbus A310 Zero-G, e il volo sarà effettuato dalla società francese Novespace all’aeroporto di Bordeaux Mérignac.

I ricercatori fanno parte del progetto GraviTo (Spatial Attention and Motor Awareness in Altered Gravitational Environments), che ha vinto un bando dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ed è stato presentato dal Dipartimento di Psicologia di UniTo insieme alla Université Catholique de Louvain (UCLouvain, Brussels, Belgio), alla Medical University of South Carolina (MUSC, Charleston, USA), e a Vastalla srl, una PMI italiana.

Gli studi previsti dal progetto rientrano nelle sperimentazioni di quella che può essere definita la “Neuropsicologia dello Spazio”. GraviTo ha, più precisamente, l’obiettivo di indagare come cambiano l’attenzione spaziale e la consapevolezza motoria in condizioni di gravità alterata, due funzioni di rilievo per astronauti e piloti. Il progetto scientifico è coordinato dalla Prof.ssa Raffaella Ricci (UniTo e MUSC), docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica del Dipartimento di Psicologia di UniTo, insieme alla Dott.ssa Adriana Salatino (UniTo e UCLouvain) e al Dott. Stefano T. Chiadò (Vastalla). Il team del Dipartimento di Psicologia è inoltre composto dalla Prof.ssa Annamaria Berti e dai Dott.ri Roberto GammeriClaudio Iacono ed Emanuele Cirillo.

In questa campagna di voli (75esima ESA Parabolic Flight Campaign) i diversi progetti selezionati dall’ESA, tra cui GraviTo, sono condotti durante tre voli effettuati in tre giorni distinti. Negli esperimenti di voli parabolici le condizioni a gravità ridotta sono create effettuando una manovra di volo parabolico che produce periodi di assenza di peso di circa 22 secondi. Ogni parabola inizia (pull-up) e finisce (pull-out) con un periodo di ipergravità (a 1,8 g; g è il simbolo che indica l’accelerazione di gravità) di circa 20 secondi. Un volo tipico dura due o tre ore e comprende 30 manovre paraboliche.

La campagna voli 2019. Foto Courtesy ESA

La comprensione dei cambiamenti cognitivi che avvengono nell’uomo in ambiente a gravità alterata permetterà di individuare efficaci contromisure da applicare nelle future missioni a lungo termine nello spazio profondo, come ad esempio quelle su Marte, il Pianeta rosso.

Durante il volo spaziale, gli effetti della gravità non si avvertono più (assenza di peso o microgravità) o sono ridotti (gravità parziale rispetto alla gravità terrestre – 1 g) come accade sulla superficie della Luna (0,16 g) o su quella di Marte (0,38 g). Le alterazioni di gravità offrono sfide uniche per la ricerca di base e quella applicata. Considerate le limitate opportunità di volo spaziale, sono necessari esperimenti che utilizzino modelli terrestri di gravità ridotta per comprendere meglio i meccanismi di adattamento e per prepararsi ai futuri voli spaziali. Sulla Terra è possibile ricreare uno stato di assenza di peso o di gravità parziale utilizzando il volo parabolico, inizialmente utilizzato per l’addestramento degli astronauti e ora anche per le sperimentazioni scientifiche di tipo tecnologico o di fisiologia umana.

Quella che si svolgerà nei prossimi giorni non è la prima campagna di voli parabolici per il team internazionale guidato da UniTo; una precedente si è svolta, infatti, nel novembre del 2019. E ci sono già i primi parziali risultati. Sulla Terra a 1g, in condizioni fisiologiche normali, siamo in grado di orientare l’attenzione verso stimoli rilevanti e salienti e siamo consapevoli delle azioni che compiamo volontariamente. Due importanti componenti di queste funzioni sono quella visiva e quella vestibolare. In microgravità la componente vestibolare è alterata e il nostro cervello fa principalmente affidamento sulla componente visiva, producendo delle anomalie che i ricercatori del progetto GraviTo stanno individuando e studiando.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino