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Giovanni De Lellis

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Al CERN SHiP – Search for Hidden Particles è il nuovo esperimento che cercherà le particelle ‘nascoste’: autorizzata la realizzazione dell’infrastruttura che lo ospiterà. 15 i Paesi coinvolti. Il federiciano Giovanni De Lellis è il responsabile italiano del progetto. Ruolo chiave della Federico II tra i fondatori.

Cercherà le particelle nascoste e studierà le proprietà dei neutrini per spiegare fenomeni del mondo sub-nucleare ancora sconosciuti. Lo farà attraverso una nuova infrastruttura che verrà costruita al CERN, che ne ha approvato la realizzazione. È SHiP – Search for Hidden Particles l’esperimento che vede impegnati ben 15 Paesi. Responsabile italiano del progetto è il fisico federiciano Giovanni De Lellis. L’Università Federico II è tra i fondatori del progetto ed ha una rappresentanza molto ampia di scienziati che vi prendono parte.

Disegno schematico dell’esperimento SHiP - Search for Hidden Particles
Disegno schematico dell’esperimento SHiP – Search for Hidden Particles

Il CERN ha approvato la costruzione di una nuova infrastruttura nell’Area Nord per ospitare l’esperimento SHiP (Search for Hidden Particles), una collaborazione internazionale che coinvolge 15 diversi Paesi. Lo scopo dell’esperimento è cercare particelle che interagiscono molto debolmente con la materia ordinaria, cosiddette particelle del settore nascosto, e studiare le proprietà dei neutrini, le particelle meno studiate tra quelle conosciute. Questi studi mirano a spiegare fenomeni che il Modello Standard delle particelle e interazioni fondamentali, ossia la teoria fisica che descrive il mondo sub-nucleare, non riesce a spiegare. Tra questi fenomeni c’è l’esistenza della materia oscura, la massa piccolissima dei neutrini e l’asimmetria barionica dell’Universo.

Link al progetto: http://ship.web.cern.ch/

L’approvazione di SHiP apre una nuova frontiera nell’investigazione dei problemi fondamentali ancora aperti nella Fisica delle particelle“,

dichiara Giovanni De Lellis, responsabile italiano del progetto, docente presso il Dipartimento di Fisica dell’Università Federico II.

SHiP, infatti, sarà l’esperimento alla cosiddetta frontiera dell’intensità, studiando le particelle prodotte da un numero di collisioni mai raggiunto prima, con la potenzialità di scoprirne nuove e spiegare così fenomeni ancora ignoti, come l’esistenza della materia oscura”.

il professore Giovanni De Lellis al CERN: la strumentazione SHiP
il professore Giovanni De Lellis al CERN: la strumentazione SHiP

L’esperimento sfrutterà i fasci di protoni ad alta intensità del Super Proton Synchrotron (SPS) del CERN. L’idea alla base del progetto è che le particelle che possono spiegare questi fenomeni ancora irrisolti siano così rare che non sia stato ancora possibile produrle in numero sufficiente da essere osservate. Di qui la necessità di far collidere un numero enorme di particelle, dalla cui interazione possono avere origine le rarissime particelle che il progetto mira a osservare, misurando i prodotti del loro decadimento o della loro interazione con il rivelatore.

“L’Università degli Studi di Napoli Federico II ha un ruolo chiave nell’esperimento perché è stata tra i fondatori del progetto nel 2014 insieme ad altri 5 Istituti incluso il CERN“,

spiega De Lellis. Nel 2016, la partecipazione federiciana si è estesa anche ai Dipartimenti di Ingegneria dell’Ateneo. Hanno infatti collaborato alla progettazione dell’esperimento docenti e ricercatori dei cinque Dipartimenti di Ingegneria oltre a quelli del Dipartimento di Fisica.

“Abbiamo colto le sfide tecnologiche di un progetto di frontiera del CERN, in un contesto interdisciplinare”,

spiega Andrea Prota, Direttore del Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, direttamente coinvolto con il suo gruppo di ricerca nella progettazione di una grossa struttura a vuoto dove le particelle nascoste dovrebbero decadere.

“L’Ingegneria napoletana contribuirà alla definizione delle specifiche del progetto e alla realizzazione del complesso apparato”.

Nei prossimi anni gli scienziati completeranno le ultime fasi della progettazione e inizieranno la costruzione dell’apparato che prevede di iniziare a prendere dati nel 2031. L’apparato si svilupperà per circa 100 m in una sala sperimentale dell’Area Nord del CERN.  

Per la prima volta un esperimento approvato dal CERN vede la partecipazione di una compagine federiciana così ampia“, conclude De Lellis. “L’approvazione di questo progetto è anche frutto del lavoro della Task Force di Ateneo SHiP-Fed, creata nel 2020 per raccogliere i saperi federiciani intorno al progetto, coagulando l’interesse e la partecipazione di dieci Dipartimenti.”

La Collaborazione SHiP in uno dei primi incontri tenutosi a Napoli, 9-11 Febbraio 2015. Foto di Fons Rademakers
La Collaborazione SHiP in uno dei primi incontri tenutosi a Napoli, 9-11 Febbraio 2015. Foto di Fons Rademakers

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Rettorato Università degli Studi di Napoli Federico II.

Osservati per la prima volta neutrini prodotti da una collisione di particelle. Pubblicati i primi dati dell’esperimento SND@LHC che coinvolge 180 scienziati di 14 Paesi del mondo coordinati dal professore Giovanni De Lellis della Federico II.

Osservati per la prima volta neutrini muonici di alta energia, emessi a seguito di collisione tra protoni all’interno del Large Hadron Collider. Immagine dal CERN

Sfruttare il Large Hadron Collider del CERN come sorgente per lo studio di neutrini, particelle elementari elusive, caratterizzate da una scarsissima interazione con la materia, emessi a seguito delle collisioni tra protoni all’interno del super acceleratore. Questo l’obiettivo della collaborazione internazionale SND@LHC, che coinvolge 180 scienziati di 14 Paesi del mondo coordinati dal professore Giovanni De Lellis dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver portato a termine la realizzazione del proprio apparato sperimentale nel marzo dello scorso anno, le ricercatrici e i ricercatori di SND@LHC, insieme ai colleghi della collaborazione FASER, altro esperimento al CERN che studia neutrini, hanno pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, i primi risultati dell’analisi dei dati acquisiti nel corso del 2022, da cui emerge la prima osservazione di neutrini muonici di alta energia prodotti da LHC. Oltre ad aprire una nuova finestra utile a indagare le proprietà dei neutrini, la misura, la prima del suo genere, rappresenta un’importante successo tecnologico, confermando la capacità del sistema di rivelazione adottato da SND@LHC di individuare particelle tanto elusive. Il risultato è stato indicato come “Editors’s suggestions” da Physical Review Letters.

Approvato nel marzo del 2021, l’esperimento Scattering and Neutrino Detector (SND@LHC) è stato installato a 480 metri dall’esperimento ATLAS in un in un tunnel in disuso che collega LHC all’SPS e ha come scopo l’individuazione e lo studio dell’elevato numero di neutrini di tutti e tre i sapori (elettronico, muonico e tauonico) che un collisore come LHC è in grado di produrre, finora sfuggiti a un’osservazione diretta a causa della loro bassa probabilità di interazione e della loro traiettoria parallela all’asse di collisione, che rende questi neutrini “invisibili” agli altri esperimenti di LHC.

“Gli esperimenti a LHC hanno sinora associato la presenza di neutrini alla rivelazione di energia mancante nella ricostruzione dei prodotti delle interazioni”, spiega il responsabile Giovanni De LellisOrdinario di Fisica Sperimentale all’Ateneo federiciano . “SND@LHC è stato progettato con l’obiettivo di rivelare queste particelle, di grande interesse per la fisica in quanto caratterizzate da energie molto elevate e non ancora esplorate, estendendo il potenziale scientifico degli altri esperimenti di LHC”.

Il professor Giovanni De Lellis al CERN
Il professor Giovanni De Lellis al CERN

SND@LHC presenta dimensioni ridotte rispetto alle altre tipologie di esperimenti dedicati allo studio dei neutrini attualmente in corso. Esso è costituito da due regioni. In quella più a monte ci sono lastre di tungsteno, per un peso complessivo di circa 800 kg, intervallate da film di emulsioni nucleari, in grado rivelare con estrema precisione l’interazione dei neutrini, e da sistemi traccianti elettronici basati su fibre scintillanti per la misura dell’instante in cui avvengono gli eventi di interazione e della loro energia elettromagnetica. La regione più a valle dell’apparato è invece dotata di un calorimetro adronico e un sistema di riconoscimento dei muoni.

“Il motivo che ha consentito la realizzazione di un apparato sperimentale di dimensioni contenute è legato all’elevato numero di collisioni di LHC, che si traducono in un altrettanto elevato flusso di neutrini nella direzione in avanti. L’ingente numero di neutrini, insieme alle loro alte energie, alla cui crescita corrisponde una maggiore probabilità di interazione, rendono possibile la loro rivelazione anche con apparati più compatti di quelli oggi impiegati nell’indagine sui neutrini grazie anche alla relativa vicinanza dell’apparato alla sorgente”, prosegue il professor De Lellis.

Grazie alle sue caratteristiche, SND@LHC è stato in grado isolare gli eventi dovuti all’interazione tra l’apparato sperimentale e i neutrini prodotti dall’acceleratore nel vasto campione di dati acquisiti nel 2022, costituito da diversi miliardi di muoni che attraversano l’apparato. SND@LHC ha osservato 8 eventi candidati interazioni di neutrino muonico, con una significatività statistica superiore a quella necessaria in fisica per confermare un’osservazione.

“Con questi primi risultati dell’analisi dei dati raccolti nel 2022, l’esperimento SND@LHC ha aperto una nuova frontiera nello studio dei neutrini e nella ricerca di materia oscura”, aggiunge Giovanni De Lellis. “Abbiamo osservato neutrini dal collider con una significatività superiore alle 5 sigma. Alla luce del fatto che una buona parte dei neutrini è originata dai decadimenti di quark pesanti, essi costituiscono un modo unico per studiare la produzione di questi quark, inaccessibile ad altri esperimenti. Queste misure sono anche rilevanti per predire il flusso di neutrini di altissime energie prodotti nei raggi cosmici, sicché l’esperimento fa da ponte tra la fisica degli acceleratori e quella delle astro-particelle”.

L’Università Federico II svolge un ruolo centrale all’interno della collaborazione insieme all’Istituto di Fisica Nucleare.

“Questo è il primo risultato pubblicato: l’indagine proseguirà con lo studio di neutrini muonici a più alta statistica e con la rivelazione di neutrini elettronici e del tau, nonché con la ricerca di materia oscura, grazie alle caratteristiche uniche dell’apparato sperimentale. Il coinvolgimento di gruppi di ricerca multidisciplinari della Federico II è anche il frutto del lavoro della Task Force d’Ateneo SHiP-Fed in cui sono coinvolti dieci Dipartimenti. Questo risultato apre una nuova era, quella della fisica dei neutrini da collisore di particelle, un nuovo filone di ricerca a cui contribuiscono i saperi federiciani in modo trasversale”, conclude De Lellis.

 

Riferimenti bibliografici:

R. Albanese et al. (SND@LHC Collaboration), Phys. Rev. Lett. 131, 031802 (19 Luglio 2023)

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Rettorato Università degli Studi di Napoli Federico II.