News
Ad
Ad
Ad
Tag

EFSA

Browsing

Un collettivo di ricerca italiano per una riflessione costruttiva sul tema della carne coltivata a supporto di un processo decisionale ragionato

Una discussione interdisciplinare sul tema dell’agricoltura cellulare diventa una nota critica revisionata tra pari: pubblicati sulla rivista One Earth 10 spunti che, a partire dal caso specifico italiano, vengono proposti ai decisori politici e agli esperti del settore.

Quello della carne coltivata è oggi un argomento polarizzante nel discorso politico mondiale. L’Italia è stato il primo Paese ad approvare una legge che vieta produzione e vendita di prodotti ottenuti tramite agricoltura cellulare: da qui l’urgenza, percepita dalle ricercatrici e dai ricercatori che studiano il tema, di impostare una riflessione che possa contribuire a guidare i decisori politici, e tutte le parti interessate, a intraprendere percorsi di valutazione ragionati, fondati su evidenza scientifica e caratterizzati da un approccio interdisciplinare.

Politecnico di TorinoUniversità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Università di Torino, insieme all’Università di Roma Tor Vergata, all’Università di Trento, a The Good Food Institute Europe e all’Istituto di scienze delle produzioni alimentari, si pongono in prima fila nell’affrontare una sfida ben precisa: promuovere un sostegno bipartisan alla ricerca scientifica, che permetta a questa di verificare se siano plausibili la sostenibilità e la praticabilità dell’agricoltura cellulare, per poi lasciare alle parti politiche le decisioni in materia di policy. È fondamentale sensibilizzare la coscienza collettiva sull’importanza di garantire ricerca libera e rispettata a priori, tenuta ben distinta dalle scelte regolamentari, necessarie ma attinenti a un dominio diverso in una democrazia che ha tra i propri valori il progresso della conoscenza.

Le ricercatrici e i ricercatori coinvolti nel progetto – 19 in tutto – hanno quindi elaborato dieci spunti confluiti in una nota critica revisionata tra pari pubblicata oggi su One Earth, la rivista dell’editore scientifico Cell Press che si occupa specificatamente di sostenibilità. Dal titolo “Cultivated meat beyond bans: Ten remarks from the Italian case toward a reasoned decision-making process” l’articolo – ad accesso libero e gratuito – vede nel ruolo di autori corrispondenti Michele Antonio Fino, professore di diritto all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Alessandro Bertero, professore di biotecnologie all’Università di Torino, e Diana Massai, professoressa di bioingegneria al Politecnico di Torino. Hanno con loro partecipato alla stesura del testo esperti in biologia delle cellule staminali e dei muscoli, medicina rigenerativa e ingegneria dei tessuti, bioingegneria, ingegneria industriale, tecnologie e sicurezza alimentare, diritto comparato, filosofia etica, semiotica, psicologia e percezione del consumatore, nonché comunicazione scientifica.

L’attenzione delle ricercatrici e dei ricercatori si è concentrata in primo luogo sulla libertà della ricerca, necessaria all’innovazione. Come garanzia della libertà serve un uso corretto del linguaggio per riferirsi al tema: termini quali “coltivato” o “carne coltivata” – che riportano all’origine biologica delle cellule e al metodo di produzione – non sono equivalenti a “artificiale” o “carne sintetica”. Altrettanto fondamentale è la salvaguardia dell’integrità delle informazioni trasmesse, il discorso pubblico deve infatti diffidare di tutte quelle scorciatoie linguistico-concettuali usate per descrivere i prodotti dell’agricoltura cellulare e che rischiano di compromettere la capacità degli individui di formarsi una propria opinione sulla base dei dati.

L’agricoltura cellulare ha un potenziale importante, in un mondo che si trova oggi ad affrontare sfide alimentari e ambientali non più rimandabili, con la previsione di una crescita della popolazione che raggiungerà tra i 9 e gli 11 miliardi entro il 2050. Ed è pertanto irresponsabile minare la fiducia dei consumatori nella valutazione dei nuovi alimenti, mettendo in discussione le autorità competenti in materia, qual è l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

Nel testo si evidenzia quindi l’importanza di fornire consistente sostegno alla ricerca pubblica allo scopo di mitigare i rischi di iniquità associati ai brevetti privati e ai potenziali monopoli. Gli autori e le autrici si rivolgono ai decisori politici per richiedere una stabilità normativa che possa sostenere gli sforzi della ricerca e il potenziale trasferimento tecnologico in tema di nuovi alimenti. Non manca, infine, un riferimento alla libertà individuale nelle scelte alimentari: una volta appurata la sicurezza e approvata la produzione, la libertà di compiere scelte alimentari non deve essere infatti limitata da alcuna maggioranza ma lasciata al singolo.

“Negli ultimi anni, in diversi paesi è emersa una linea politica contraria alla carne coltivata non fondata sui risultati di una ricerca scientifica compiuta – commentano Alessandro BerteroMichele Antonio Fino e Diana Massai – La situazione creatasi in Italia, con la conseguente crisi di conoscenza acuita da decisioni politiche basate su informazioni come minimo incomplete, ha ispirato la nascita di un collettivo di ricerca fortemente interdisciplinare. La posizione che ne è scaturita è un appello argomentato a riportare il sapere scientifico e la ricerca al centro del dibattito su un tema cruciale com’è quello della agricoltura cellulare. In quanto settima economia mondiale, l’Italia ha la responsabilità di contribuire in modo attivo e consapevole al progresso della conoscenza, prima che venga svolta qualsiasi valutazione su tecnologie capaci di influire sul futuro alimentare globale”.

Torino, 20 dicembre 2024

il primo hamburger di carne coltivata (2013) a Londra, prodotto dall'Università di Maastricht. Fotogramma World Economic Forum estratto da video YouTube (7:53), CC BY 3.0
il primo hamburger di carne coltivata (2013) a Londra, prodotto dall’Università di Maastricht. Fotogramma World Economic Forum estratto da video YouTube (7:53), CC BY 3.0

Testo dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

UNA NUOVA APP PER IL MONITORAGGIO PARTECIPATIVO DEI MAMMIFERI SELVATICI: MAMMALNET, LA SCIENZA A PORTATA DI TUTTI

Scaricando l’app e condividendo gli avvistamenti di mammiferi selvatici, i cittadini potranno interagire direttamente con scienziati ed esperti, comprendere la natura e  supportare attivamente la conservazione della biodiversità.MammalNet iMammalia

Venerdì 16 aprile, in diretta streaming sulla piattaforma ZOOM è stato presentato alla stampa MammalNet, il progetto promosso dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority, EFSA), e coordinato in Italia dalle Università di Torino e Sassari, che ha l’obiettivo di monitorare e conservare i mammiferi selvatici europei tramite il coinvolgimento dei cittadini e l’utilizzo di un’App specifica per Android e iPhone.

Con MammalNet naturalisti, ambientalisti, escursionisti, cacciatori e cittadini parteciperanno attivamente alla citizen science, attraverso la condivisione delle proprie osservazioni di mammiferi selvatici, e contribuiranno direttamente alla comprensione della natura e della biodiversità, attività fondamentale per coadiuvare le ricerche faunistiche di pubblico interesse. MammalNet offre diversi strumenti tecnologici che possono aiutare i cittadini, e con loro gli studiosi, a documentare la presenza di mammiferi nel loro habitat.

Il progetto mette a disposizione di tutti iMammalia, un’app gratuita disponibile per i dispositivi Android e iPhone, che permette di registrare e condividere avvistamenti di mammiferi o dei loro segni e tracce in modo semplice e veloce. L’app include inoltre guide per identificare le diverse specie e può memorizzare tutte le osservazioni in modo da fornire un registro dettagliato di tutti gli avvistamenti. Attraverso le informazioni caricate dagli utenti si potrà registrare quali specie siano presenti in un determinato territorio e avere una migliore percezione di quali specie invece potrebbero essere assenti. Queste informazioni sono importanti per comprendere e prevedere con precisione la distribuzione delle specie e verranno utilizzate per aiutare a creare il prossimo Atlante Europeo dei Mammiferi.

MammalNet iMammalia

Gli appassionati potranno anche contribuire con immagini acquisite mediante trappole fotografiche. Pur senza essere esperti, molti cittadini sono perfettamente in grado di distinguere alcune specie di mammiferi, come conigli, lepri, volpi. Per altre specie tuttavia hanno bisogno del confronto di un esperto. Grazie all’impiego degli strumenti messi a disposizione dal progetto questa interazione con studiosi ed esperti sarà semplice ed efficace. Tutte le registrazioni saranno inviate alla una piattaforma web https://european-mammals.brc.ac.uk/ alla quale si potrà accedere per visualizzare anche le osservazioni degli altri utenti per vedere, ad esempio, quali aree geografiche o specie non sono ancora state incluse.

Il Progetto MammalNet ha inoltre lo scopo di affrontare alcune delle sfide ambientali attuali come i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, le zoonosi e le malattie emergenti legate alla fauna selvatica. I mammiferi selvatici influenzano anche la trasmissione di malattie che colpiscono il bestiame e gli esseri umani. Una buona comprensione della distribuzione dei mammiferi può aiutare a prendere decisioni basate su dati oggettivi, con l’obiettivo di ridurre il rischio di trasmissione.

MammalNet iMammalia

“A molti cittadini capita di osservare i mammiferi selvatici che vivono intorno a loro. L’avvistamento di una volpe in movimento o di un capriolo su un prato, o il riconoscimento di un animale investito sono preziose fonti di informazione per i ricercatori, e possono essere facilmente condivise usando iMammalia” dichiara Ezio Ferroglio, docente del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino e partner del progetto.

MammalNet iMammalia

“Le trappole fotografiche ci forniscono informazioni essenziali su dove e come vivono i mammiferi. Possono essere messe anche nel proprio giardino. È stupefacente vedere cosa sono in grado di fotografare. Se non si ha esperienza, si possono condividere le immagini ottenute e lasciarle classificare agli esperti; pian piano si può imparare  a riconoscere gli animali che ci circondano”, sostiene Massimo Scandura, professore dell’Università di Sassari, anche lui partner di MammalNet.

Durante la prima fase del progetto, i paesi coinvolti sono stati Spagna, Germania, Polonia e Croazia. Ora, nella seconda fase, nuovi Paesi si sono aggiunti tra cui l’Italia. MammalNet è un’opportunità per tutti per contribuire attivamente alla conservazione dei mammiferi, semplicemente limitandosi ad osservarli o a rilevarne la presenza attraverso i loro segni.

 

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino