Repistat: individuata una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa
L’Università di Pisa partner dello studio che ha guadagnato la copertina del Journal of Medicinal Chemistry.
Si chiama REPISTAT, è una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa, una rara patologia genetica che può portare negli anni alla totale cecità. La scoperta arriva da uno studio, che si è guadagnato la copertina del Journal of Medicinal Chemistry. A progettare e sintetizzare la molecola è stato un gruppo di ricerca di chimica farmaceutica dell’Ateneo di Siena in collaborazione, per le prove biologiche, con il Dipartimento di Farmacia dell’Ateneo pisano, e con l’Istituto di Neuroscienze del CNR – Pisa, la University College London e l’Università di Ferrara.
La sperimentazione è stata condotta in vitro e su modelli animali e la speranza è che in futuro REPISTAT possa essere alla base della formulazione di un nuovo farmaco, magari un collirio, capace di ritardare l’evoluzione della malattia.
“La retinite pigmentosa è una rara malattia genetica tuttora priva di una cura risolutiva, a causarla sono circa 200 mutazioni su una sessantina di geni, la cura più efficace è la terapia genica, con costi altissimi però, tanto che sono state attualmente sviluppate delle terapie solo per due mutazioni – spiega la professoressa Ilaria Piano del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa – ci sono tuttavia degli elementi che accomunano tutte le forme di retinite pigmentosa, come ad esempio i processi infiammatori, ossidativi o l’apoptosi, cioè il meccanismo che regola la morte programmata delle cellule. La molecola che abbiamo sviluppato è in grado di agire come modulatore epigenetico e attraverso questo meccanismo interviene proprio su questi processi aprendo un’opportunità per trattare su larga scala i pazienti, indipendentemente dalla mutazione genica”.
La ricerca è frutto di RePiSTOP, un progetto di ricerca di interesse nazionale del 2022 finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Link articolo scientifico “Targeting Relevant HDACs to Support the Survival of Cone Photoreceptors in Inherited Retinal Diseases: Identification of a Potent Pharmacological Tool with In Vitro and In Vivo Efficacy”, Journal of Medicinal Chemistry, DOI: 10.1021/acs.jmedchem.4c00477
Elezioni USA 2020 su Twitter: sostenitori dei repubblicani più faziosi e organizzati dei pro democratici
I risultati di uno studio coordinato dall’Università di Pisa su EPJ Data Science
Più faziosi, coordinati e determinati a diffondere i propri messaggi in modo virale attraverso sistemi automatici come i bot. La descrizione fotografa il comportamento su Twitter dei gruppi di estrema destra pro repubblicani durante le elezioni presidenziali USA del 2020. Al contrario i sostenitori dei democratici apparivano complessivamente meno coordinati e impegnati principalmente in una comunicazione innocua e basata sui fatti. Alla vigilia delle nuove elezioni in USA, il quadro emerge da uno studio realizzato dall’Università di Pisa e dall’Istituto di Informatica e Telematica del CNR pubblicato su EPJ Data Science, una rivista del gruppo Springer Nature.
La ricerca ha analizzato un dataset di 260 milioni di tweet e ha individuato tre categorie principali: i gruppi moderati e genuinamente interessati al dibattito elettorale, i gruppi cospirativi che hanno diffuso informazioni false e narrazioni controverse e le reti di influenza straniera che hanno cercato di cavalcare il dibattito. Al di là del comportamento dei sostenitori di destra e di sinistra, i risultati hanno inoltre mostrato che Twitter è stato efficace nel contrastare l’attività solo di alcuni gruppi, mentre ha fallito con altri altrettanto sospetti.
“In un contesto di crescente preoccupazione per la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso i social media, il nostro studio offre un’analisi approfondita delle dinamiche su Twitter (ora X) durante le elezioni presidenziali del 2020 – dice il professore Marco Avvenuti del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa – Il comportamento coordinato online è un fenomeno complesso che può avere effetti significativi sulla società e sulla politica, rendendo essenziale la sua analisi e comprensione. Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2024, questi risultati offrono spunti cruciali per affrontare le minacce alla democrazia e alla comunicazione pubblica, contribuendo a garantire l’integrità del dibattito politico online”.
Marco Avvenuti
“Tra i risultati abbiamo anche trovato che alcune comunità straniere sono risultate più attive e determinate nell’influenzare il dibattito elettorale, con l’obiettivo di portare l’attenzione su proteste in atto nei loro paesi”, aggiunge Serena Tardelli, ricercatrice dell’Istituto di Informatica e Telematica del CNR.
Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa
ALTERAZIONE DEI RITMI CIRCADIANI, ISOLAMENTO E STRESS PSICOFISICO: L’UNIVERSITÀ DI PADOVA TESTA I LIMITI DI CORPO E MENTE IN AMBIENTI ESTREMI
Pubblicata su «European Journal of Applied Physiology» la ricerca dell’Ateneo patavino che studia gli effetti dell’esposizione a condizioni difficili sul corpo umano
In che modo l’esposizione a condizioni ambientali estreme, simili a quelle spaziali, può influenzare il corpo umano? Come reagisce il corpo allo stress dell’isolamento e del distacco dalle condizioni abituali terrestri? L’esplorazione spaziale non è più un sogno lontano ma una realtà tangibile: capire come questi fattori interagiscono con i processi biologici è fondamentale non solo per preparare gli astronauti a missioni future, ma anche per applicare tali conoscenze al miglioramento della sicurezza e della salute in ambienti estremi sulla Terra come quelli affrontati da subacquei, aviatori, alpinisti e persino lavoratori in ambienti industriali difficili.
Questo è stato argomento di studio del gruppo di ricerca dell’Università di Padova all’interno del programma EMMPOL (Euro Moon Mars POLand analog mission) che offre una piattaforma sperimentale di simulazione di missioni spaziali in ambienti che ne mimano i possibili habitat e che offrono una prospettiva unica su come lo stress, l’isolamento e l’esposizione a condizioni difficili possano influenzare il corpo umano studiando gli effetti di tali condizioni su stress ossidativo, infiammazione e invecchiamento biologico.
Le missioni EMMPOL, coordinate da Sofia Pavanello del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova, e responsabile del BioAgingLab– che ha l’obiettivo di esplorare il tema dell’invecchiamento biologico –, hanno prodotto preziosi dati scientifici che avvicinano non solo alla comprensione delle sfide legate ai voli spaziali, ma offrono anche soluzioni per migliorare la salute in condizioni estreme sulla Terra.
Durante una di queste missioni simulate Tommaso Antonio Giacon, medico specializzando dell’Università di Padova, insieme ad altri quattro studenti di diverse nazionalità e università, ha trascorso una settimana di missione come astronauta analogo in isolamento nel Centro di Addestramento per Astronauti Analoghi (AATC) in Polonia. All’interno di un habitat che riproduce le condizioni di un insediamento lunare, gli studenti hanno affrontato sfide complesse come l’alterazione dei ritmi circadiani, l’isolamento, gli alti carichi di lavoro e lo stress psicofisico, esplorando i limiti del corpo e della mente umana.
I risultati di questa missione, pubblicati nello studio dal titolo “Environmental study and stress-related biomarkers modifications in a crew during analog astronaut mission EMMPOL 6” sulla rivista scientifica «European Journal of Applied Physiology», rivelano un aumento significativo dello stress ossidativo e dei livelli di cortisolo, segno che anche brevi periodi di isolamento e stress psicofisico possono alterare parametri biologici chiave. La ricercavede come primo autore Tommaso Antonio Giacon, medico specializzando dell’Università di Padova, e come coordinatrice Sofia Pavanello, docente del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova con la partecipazione di Gerardo Bosco, docente del dipartimento di Scienze biomediche dell’Ateneo patavino e di Simona Mrakic-Sposta del CNR di Milano, entrambi coautori.
La riduzione delle ore di sonno e la compromissione della qualità del riposo hanno ulteriormente evidenziato l’impatto profondo che queste condizioni hanno sul benessere psicofisico.
«La simulazione di una missione spaziale ci permette di comprendere come il corpo umano si adatti a condizioni estreme. Questi risultati non si limitano ai futuri astronauti, ma offrono preziose informazioni per migliorare la salute e la sicurezza di chi vive o lavora in ambienti estremi, come alpinisti, subacquei e lavoratori in contesti industriali complessi» spiega Sofia Pavanello, coordinatrice dello studio.
Sofia Pavanello
Le missioni EMMPOL rappresentano un esempio brillante di ricerca multidisciplinare: la collaborazione tra diversi settori – dalla biomedicina, alla fisiologia, fino all’ingegneria e architettura spaziale – ha permesso di raccogliere dati che arricchiscono la conoscenza scientifica e hanno ricadute pratiche per molteplici ambiti della vita quotidiana.
La partecipazione degli studenti dell’Università di Padova a queste missioni analoghe va oltre il semplice traguardo accademico: queste esperienze, presentate anche durante il festival Science4All dell’Università di Padova e supportate dal Rotary Club Padova, evidenziano il ruolo centrale dell’ateneo nel formare i ricercatori del futuro e dimostrano come la ricerca spaziale non sia confinata al cosmo, ma abbia un impatto concreto e diretto sulla nostra vita quotidiana. Attraverso l’esplorazione dei confini della scienza, i giovani ricercatori aprono nuove prospettive per un futuro più sicuro e sostenibile, gettando le basi per migliorare il benessere umano anche in condizioni ambientali estreme.
Titolo: Environmental study and stress-related biomarkers modifications in a crew during analog astronaut mission EMMPOL 6 – «European Journal of Applied Physiology» – 2024
Autori: T. A. Giacon, S. Mrakic-Sposta, G. Bosco, A. Vezzoli, C. Dellanoce, M. Campisi, M. Narici, M. Paganini, B. Foing, A. Kołodziejczyk, M. Martinelli & S. Pavanello
Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova
METIS OSSERVA COME SI PROPAGA LA TURBOLENZA NEL VENTO SOLARE
Grazie alle riprese del coronografo Metis a bordo della missione europea Solar Orbiter, un gruppo internazionale coordinato da ricercatori INAF è riuscito ad osservare la propagazione dei moti turbolenti del vento solare dalle zone più interne della corona del Sole fino allo spazio. La conoscenza dei meccanismi che guidano l’evoluzione e la propagazione di questi fenomeni nel vento solare aiuterà a migliorare le previsioni sul potenziale impatto che esso può avere nel nostro Sistema planetario e soprattutto sulla Terra. Lo studio a cui hanno collaborato anche ricercatori e ricercatrici di ASI, CNR e delle Università di Firenze, Padova, Urbino, Genova, Catania, Palermo e della Calabria, è stato pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.
Il vento solare è un flusso incessante di particelle cariche provenienti dal Sole, il cui andamento è tutt’altro che costante. Nel loro moto nello spazio, le particelle del vento solare interagiscono con il campo magnetico variabile del Sole, seguendo traiettorie caotiche e fluttuanti, un fenomeno che prende il nome di turbolenza.
Le riprese ottenute dalla missione Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea grazie al coronografo Metis progettato da Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Università di Firenze, Università di Padova, CNR-Ifn, e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana con la collaborazione dell’industria italiana, confermano qualcosa che si sospettava da tempo: il moto turbolento del vento solare inizia molto vicino al Sole, all’interno della porzione di atmosfera solare nota come corona. Piccoli disturbi che influenzano il vento solare nella corona vengono trasportati verso l’esterno e si espandono, generando un flusso turbolento più lontano nello spazio.
“Questo risultato ha aperto una nuova finestra sulla fisica del vento solare grazie a Metis, il coronografo di nuova concezione – tutta italiana – a bordo del Solar Orbiter, che ha permesso acquisizioni ad alta cadenza di immagini coronali con un contrasto senza precedenti tra segnale coronale e background”
commenta Silvano Fineschi dell’INAF e Responsabile Scientifico del contributo italiano alla missione. Bloccando la luce diretta proveniente dal Sole, il coronografo Metis è in grado di catturare la luce visibile e ultravioletta più debole proveniente dalla corona solare. Le sue immagini ad alta risoluzione e ad alta cadenza mostrano la struttura dettagliata e il movimento all’interno della corona, rivelando come il movimento del vento solare diventi già turbolento alle sue radici. Le riprese utilizzate dal team di ricerca per osservare in dettaglio la propagazione della turbolenza sono state ottenute il 12 ottobre 2022 e messe in sequenza per realizzare una animazione video. In particolare, l’anello color rosso nel video mostra le osservazioni di Metis. A quella data, la sonda si trovava a soli 43,4 milioni di km dal Sole, meno di un terzo della distanza Sole-Terra. L’immagine del Sole al centro del video è stata scattata dall’Extreme Ultraviolet Imager (EUI) di Solar Orbiter, lo stesso giorno delle osservazioni di Metis.
“L’elevata risoluzione spaziale e temporale di Metis sta gettando nuova luce sui meccanismi fisici che regolano il vento solare e la sua propagazione, consentendo una migliore comprensione dei processi attraverso i quali il Sole determina le condizioni fisiche dello spazio interplanetario con effetti anche a Terra” dice Marco Stangalini, ricercatore e Responsabile di Programma ASI della missione Solar Orbiter. “Questo significativo risultato è solo l’ultimo di una lunga serie di successi e offre grandi speranze per il futuro. Nei prossimi anni, infatti, Solar Orbiter inclinerà la sua orbita, permettendoci di osservare il Sole da una prospettiva completamente nuova per la prima volta”.
La turbolenza influenza il modo in cui il vento solare viene riscaldato, il modo in cui si muove attraverso il Sistema solare e il modo in cui interagisce con i campi magnetici dei pianeti e delle lune che attraversa. Comprendere la turbolenza del vento solare è fondamentale per prevedere la meteorologia spaziale e i suoi effetti sulla Terra.
L’articolo “Metis observation of the onset of fully developed turbulence in the solar corona” di Daniele Telloni,Luca Sorriso-Valvo, Gary P. Zank, Marco Velli ,Vincenzo Andretta,Denise Perrone,Raffaele Marino,Francesco Carbone,Antonio Vecchio,Laxman Adhikari, Lingling Zhao,Sabrina Guastavino,Fabiana Camattari,Chen Shi,Nikos Sioulas,Zesen Huang,Marco Romoli,Ester Antonucci,Vania Da Deppo,Silvano Fineschi,Catia Grimani,Petr Heinzel,John D. Moses,Giampiero Naletto,Gianalfredo Nicolini,Daniele Spadaro,Marco Stangalini, Luca Teriaca,Michela Uslenghi,Lucia Abbo,Frederic Auchere,Regina Aznar Cuadrado,Arkadiusz Berlicki,Roberto Bruno,Aleksandr Burtovoi,Gerardo Capobianco,Chiara Casini,Marta Casti, Paolo Chioetto,Alain J. Corso,Raffaella D’Amicis,Yara De Leo,Michele Fabi,Federica Frassati,Fabio Frassetto,Silvio Giordano,Salvo L. Guglielmino,Giovanna Jerse,Federico Landini,Alessandro Liberatore, Enrico Magli,Giuseppe Massone,Giuseppe Nisticò,Maurizio Pancrazzi,Maria G. Pelizzo, Hardi Peter,Christina Plainaki, Luca Poletto,Fabio Reale,Paolo Romano,Giuliana Russano, Clementina Sasso, Udo Schuhle,Sami K. Solanki,Leonard Strachan,Thomas Straus, Roberto Susino,Rita Ventura,Cosimo A. Volpicelli, Joachim Woch, Luca Zangrilli, Gaetano Zimbardo ePaola Zuppellaè stato pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.
questa immagine satellitare dal Solar Dynamics Observatory – SDO della NASA mostra la luce ultravioletta in marrone chiaro. FotoNASA di Amy Moran, in pubblico dominio
Testo e immagini dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
Resistenza ai pesticidi dei roditori delle isole italiane: un fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e la biodiversità
Un nuovo studio coordinato dalla Sapienza, in collaborazione con l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del CNR, ha indagato la resistenza genetica ai rodenticidi nei topi domestici in 11 piccole isole italiane. I risultati del lavoro, che sensibilizzano su un uso più consapevole di tali sostanze, sono stati pubblicati sulla rivista Science of the Total Environment.
La presenza di roditori invasivi come ratti o topi sulle isole del Mediterraneo, ricche di biodiversità e con una cospicua presenza umana, rappresenta una grave minaccia per questi delicati ecosistemi, oltre a causare gravi danni alle attività umane.
In questi ambienti il controllo dei roditori avviene frequentemente attraverso l’impiego di sostanze rodenticide basate su principi attivi anticoagulanti e che , se usate senza seguire le opportune linee guida, possono avere gravi impatti ambientali per il possibile avvelenamento diretto o secondario di altre specie. Inoltre, esiste anche la possibilità che si sviluppi una resistenza genetica a tali sostanze. Questo rende difficile il controllo delle popolazioni di roditori e aumenta conseguentemente la quantità di rodenticidi rilasciati nell’ambiente.
In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, frutto della collaborazione fra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), è stata indagato il fenomeno della resistenza genetica ai rodenticidi nelle isole italiane confermando una presenza piuttosto diffusa di topi resistenti su 7 delle 11 isole studiate.
“In questo lavoro, che rappresenta la prima indagine sulla resistenza ai rodenticidi anticoagulanti effettuata su più isole del Mediterraneo – spiega Francesco Gallozzi della Sapienza – abbiamo analizzato particolari mutazioni del gene VKORC1, coinvolto nei fenomeni di resistenza, nei topi domestici (Mus domesticus) e identificato 6 nuove mutazioni mai trovate nel topo domestico e 4 nuove mutazioni mai identificate nei roditori”.
Per il reperimento dei campioni dalle diverse isole è stata fondamentale la collaborazione tra più enti, tra i quali NEMO srl, che si occupa direttamente della gestione dei roditori sulle isole italiane ed è stata protagonista delle attività di eradicazione di roditori invasivi in molte di esse.
Lo studio, effettuato nell’ambito delle attività del National Biodiversity Future Center e in particolare dello Spoke 5 sulla biodiversità urbana a cui partecipa la Sapienza, ha portato alla luce la necessità di un utilizzo più consapevole dei rodenticidi per permettere una gestione efficace dei roditori invasivi e per minimizzare gli impatti di tali sostanze sulle specie non-target.
“In presenza di resistenza ai rodenticidi vanno considerati metodi alternativi per il loro controllo – commenta Riccardo Castiglia, coordinatore dello studio. “Altrimenti, il rischio è quello di arrecare un danno irreparabile ad ambiente e biodiversità”.
Resistenza ai pesticidi dei roditori delle isole italiane: un fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e la biodiversità. Topo dall’isola di Ventotene. Crediti per la foto: Davide Giuliani
Riferimenti bibliografici:
A survey of VKORC1 missense mutations in eleven Italian islands reveals widespread rodenticide resistance in house mice – Francesco Gallozzi, Lorenzo Attili, Paolo Colangelo, Davide Giuliani, Dario Capizzi, Paolo Sposimo, Filippo Dell’Agnello, Rita Lorenzini, Emanuela Solano, Riccardo Castiglia – Science of The Total Environment 2024, DOI: https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2024.176090
Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma
Premio ICIS Presidential Rising Star in Translational Science a Livio Provenzi dell’Università di Pavia Riconosciuto il valore della ricerca scientifica condotta presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento UNIPV e di IRCCS Fondazione Mondino
PAVIA. In occasione della XXIV edizione del congresso biennale “International Congress on Infant Studies (ICIS, https://infantstudies.org/)” – una società scientifica internazionale dedicata alla promozione della ricerca sullo sviluppo dei bambini dalla nascita ai 3 anni di età – il professor Livio Provenzi dell’Università di Pavia è stato insignito del premio “Presidential Rising Star in Translational Science” (https://infantstudies.org/award-recipients/). Si tratta di un riconoscimento internazionale prestigioso che riconosce i meriti e la qualità della ricerca scientifica condotta presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo (https://www.devpsychobiology.com/) che il prof. Provenzi coordina da cinque anni presso IRCCS Fondazione Mondino e il dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia. In particolare, il premio sottolinea l’impatto traslazionale – ovvero le implicazioni cliniche, sociali e applicative – della ricerca condotta dal prof. Provenzi e dal suo team nell’ambito del benessere genitoriale e dello sviluppo infantile nei primi mille giorni dal concepimento ai due anni di vita. Progetti che includono lo studio degli effetti dello stress materno in gravidanza, i marcatori epigenetici del dolore neonatale, la regolazione della regolazione dell’attività cerebrale genitore-bambino e la messa a punto e la verifica di efficacia di interventi precoci a supporto della genitorialità in contesti di rischio evolutivo e franca disabilità del neurosviluppo.
Un riconoscimento internazionale per la ricerca traslazionale: Il prof. Livio Provenzi premiato dall’ICIS
In occasione della XXIV edizione del Congresso Biennale dell’International Congress on Infant Studies (ICIS) 2024 che si è tenuta nei giorni 10-12 luglio a Glasgow in Scozia, il professor Livio Provenzi dell’Università di Pavia ha ricevuto il prestigioso premio “Presidential Rising Star in Translational Science”. Questo evento biennale è un’importante vetrina per la comunità scientifica internazionale che si dedica alla promozione della ricerca sullo sviluppo dei bambini dalla nascita ai 3 anni di età. L’ICIS, rinomata per il suo impegno nel sostenere la ricerca infantile, ha istituito questo premio per la prima volta, conferendolo al prof. Provenzi per riconoscere la qualità e l’impatto della ricerca scientifica condotta presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo (dpb lab), un centro all’avanguardia che Provenzi coordina presso le Neuroscienze Pediatriche dell’IRCCS Fondazione Mondino e il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia. Del laboratorio fanno parte due ricercatrici di Fondazione Mondino (Serena Grumi e Alessandra Raspanti), una ricercatrice accademica (Sarah Nazzari) e due dottorande in Psicologia (Elena Capelli e Miriam Pili), oltre a più di 15 studenti ogni anno.
La Ricerca Traslazionale: Fondamentale nei Primi Mille Giorni di Vita
La ricerca traslazionale rappresenta un ponte fondamentale tra la scienza di base e le applicazioni cliniche, sociali e pratiche. Nei primi mille giorni di vita, che vanno dalla concezione ai due anni, il cervello del bambino attraversa un periodo di sviluppo critico e rapidissimo. Durante questa fase, i processi di crescita neurologica e fisica sono particolarmente influenzabili dalle esperienze ambientali e dalle interazioni con i genitori e in generale il contesto di cura.
“I genitori non sono un insieme di competenze, ma un luogo, un posto” sostiene il prof. Provenzi, “sono il luogo in cui avviene la crescita e lo sviluppo dei bambini. Prendersi cura di questo luogo è una priorità”.
Infatti, gli interventi a favore della genitorialità basati su evidenze scientifiche in questo periodo possono avere un impatto significativo e duraturo sullo sviluppo e sul benessere del bambino, prevenendo possibili difficoltà future e promuovendo uno sviluppo sano e armonioso. La ricerca traslazionale, quindi, non solo approfondisce la nostra comprensione scientifica di questi processi, ma traduce queste conoscenze in interventi pratici che possono essere applicati nelle cure quotidiane e nelle politiche sanitarie.
“Non dobbiamo educare o insegnare qualcosa ai genitori: dobbiamo prenderli sul serio e aiutarli ad essere il posto migliore per il loro bambino e la loro bambina”.
Livio Provenzi
La ricerca scientifica del Prof. Livio Provenzi e del dpb lab
Il professor Livio Provenzi da diversi anni si occupa di comprendere e studiare come le precoci interazioni genitore-bambino costituiscano il tessuto attraverso cui promuovere lo sviluppo e il benessere infantile. I progetti di ricerca hanno ricevuto finanziamenti pubblici e privati e si concentrano su diversi aspetti cruciali. Tra questi: lo studio delle modificazioni biologiche nel neonato associate allo stress vissuto dalle donne in gravidanza durante la pandemia, gli effetti del dolore neonatale e della separazione precoce dai genitori nei nati pretermine, i meccanismi cerebrali attraverso cui genitori e bambini costruiscono la loro capacità di stare insieme, riconoscersi e imparare reciprocamente. Un recente progetto del dpb lab finanziato dal Ministero della Salute tramite il programma di Ricerca Finalizzata 2021 vede la collaborazione anche della dott.ssa Valentina Riva (IRCCS Medea, Bosisio Parini) e della dott.ssa Lucia Billeci (CNR, Pisa) e ha l’obiettivo di comprendere come un intervento precoce di supporto alla genitorialità possa favorire questi processi di regolazione e connessione cerebrale tra mamma e bambino.
“Si tratta di un trial clinico – uno studio interventistico – che traduce in azioni di cura e presa in carico del piccolo e dei suoi genitori le conoscenze di base che abbiamo accumulato negli anni – anche grazie alla collaborazione con altri laboratori nel panorama internazionale” spiega il prof. Provenzi.
L’Importanza del Premio dell’ICIS
L’ICIS ha istituito il premio “Presidential Rising Star in Translational Science” per la prima volta e lo ha conferito a un ricercatore italiano. Questo rappresenta un riconoscimento significativo non solo per il prof. Provenzi, ma anche per l’intera comunità scientifica pavese.
“Il lavoro che svolgiamo presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo non sarebbe possibile senza una collaborazione virtuosa con gli istituti clinici e scientifici del territorio – dalla Fondazione Mondino al Policlinico San Matteo”
sottolinea Provenzi. Il laboratorio vanta inoltre collaborazioni nazionali con altri istituti scientifici e realtà accademiche, così come partecipa a reti internazionali per lo studio della qualità di vita e il benessere di nati pretermine (Gruppo SCENE) e la promozione della salute genitore-bambino nei primi mille giorni (TREASURE COST Action dell’Unione Europea). Questo premio sottolinea l’importanza della ricerca traslazionale nel migliorare la vita dei bambini e delle loro famiglie, trasformando le scoperte scientifiche in interventi concreti, efficaci. Questo riconoscimento può essere anche ispirazione per giovani studenti e ricercatori, sottolineando l’importanza di condurre ricerche che abbiano un impatto diretto e positivo sulla società.
“Tanti studenti partecipano alle nostre ricerche e ci danno una mano fondamentale: Anche il laboratorio è un luogo di crescita e promuovere l’entusiasmo dei giovani è un obiettivo fondamentale”.
Ricerca e Benessere: Un Impegno per il Futuro
La ricerca nel campo dello sviluppo infantile è cruciale per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. Comprendere come le prime esperienze di vita influenzino il cervello e il comportamento dei bambini permette di sviluppare strategie e interventi mirati a sostenere il benessere e lo sviluppo ottimale. Il lavoro del prof. Provenzi e del suo team rappresenta un passo avanti in questa direzione:
“Investire nella ricerca traslazionale e preventiva nella prima infanzia significa fare del bene alle famiglie e alla società” prosegue Provenzi “Se gli interventi vengono promossi prima dei tre anni non solo ci sono benefici in termini di benessere, ma ci sono anche importanti vantaggi economici e un risparmio di costi diretti e indiretti per il sistema socio-sanitario e le singole famiglie”.
Link utili
Developmental Psychobiology Lab web page: https://www.devpsychobiology.com/
Developmental Psychobiology Lab social page: https://www.instagram.com/dpb.lab/
Pagina ICIS dei premi: https://infantstudies.org/award-recipients/
--
Testo e foto dall'Ufficio Stampa Università di Pavia, Epoché - Agenzia Giornalistica Culturale
LICIACUBE ANALIZZA I LUNGHI PENNACCHI DI DIMORPHOS
Roma, 28 febbraio 2024 – Il 26 settembre 2022 la sonda spaziale DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA – un oggetto da mezza tonnellata lanciato a 22.500 chilometri all’ora – ha colpito Dimorphos (il satellite dell’asteroide Didymos) nel corso del primo esperimento di difesa planetaria mai tentato nella storia, modificandone la traiettoria. Tutto questo “sotto gli occhi vigili” del cubesat dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), che dopo un anno e mezzo ci restituisce un’ulteriore “fotografia” di ciò che è successo nei secondi successivi l’impatto. In un articolo pubblicato oggi sulla rivista Nature, il gruppo internazionale di ricercatrici e ricercatori guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) analizza la composizione della nube di detriti e di polvere (plume, in inglese) espulsa dall’asteroide Dimorphos in seguito all’impatto esplosivo.
La prima sonda interplanetaria made in italy (progettata, costruita e operata per l’ASI dalla società torinese Argotec) è parte integrante della missione statunitense e il team scientifico italiano di LICIACube è coordinato da INAF e ASI in collaborazione con l’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IFAC), il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna e l’Università Parthenope di Napoli.
L’emissione di polvere di Dimorphos ripresa dal SOAR Telescope dal Cile il 28 settembre 2022. La lunghezza della coda è di circa 10.000 km. Crediti: CTIO/NOIRLab/SOAR/NSF/AURA/T. Kareta (Lowell Observatory), M. Knight (US Naval Academy). Elaborazione: T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/NSF’s NOIRLab), M. Zamani & D. de Martin (NSF’s NOIRLab)
I flussi di polvere attorno a Dimorphos (in alto). In basso l’asteroide compagno Didymos. La
risoluzione dell’immagine è di 7,5 m per pixel a 97 km da Dimorphos. Crediti: E.Dotto/INAF/ASI
Alcune caratteristiche morfologiche misurate nella coda di materiale espulso dall’asteroide Dimorphos dallo strumento LUKE a bordo di LICIACube 118 s dopo l’impatto. La risoluzione spaziale dell’immagine è di 23 m per pixel a 304 km da Dimorphos. Tutti i fotogrammi sono stati ruotati e ricentrati rispetto a Dimorphos. Didymos e Dimorphos sono saturi. Crediti: E.Dotto/INAF/ASI
Gli asteroidi del sistema binario visti dagli strumenti di LICIACube. Nello specifico, Didymos e Dimorphos viste da LEIA (b,c) e LUKE (d,e). Immagine b: il sistema binario ripreso a una distanza di circa 1.000 km, 5 s prima dell’impatto; Didymos è visibile al centro e Dimorphos appare come un anello (a causa della sfocatura dello strumento, scoperta durante il volo) nella parte inferiore destra di Didymos. Immagine c: la stessa scena vista 1 s dopo l’impatto. Immagin d: RGB dei bersagli acquisita ad una distanza di 76 km, 159 s dopo l’impatto. Immagine e: RGB a una distanza di 71 km, 174 s dopo l’impatto. Crediti: E.Dotto/INAF/ASI
LICIACube è una missione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), parte integrante della missione NASA DART, il cui obiettivo è stato il primo test in scala reale della tecnica di impatto cinetico, a scopo di difesa planetaria. Crediti: ASI
Gli strumenti a bordo di LICIACube, LUKE (LICIACube Unit Key Explorer) e LEIA (LICIACube Explorer Imaging for Asteroid), hanno inviato a terra dati straordinari prima e dopo l’impatto.
Elisabetta Dotto, ricercatrice presso l’INAF di Roma, prima autrice dell’articolo e coordinatrice del gruppo che lavora al programma LICIACube sin dalla sua ideazione, racconta:
“La fase scientifica è iniziata 71 secondi prima dell’impatto di DART, testimoniato ‘in diretta’ misurando una rapida variazione della luminosità del piccolo asteroide. Viaggiando ad una velocità relativa di circa 6,1 chilometri al secondo, LICIACube ha effettuato un sorvolo dell’oggetto raggiungendo, nel suo punto di massimo avvicinamento a Dimorphos, una distanza di soli 58 km, 174 secondi dopo l’impatto. LICIACube ha acquisito 426 immagini degli effetti prodotti dall’impatto”.
I risultati ottenuti da LICIACube sono importanti a livello scientifico per la comunità internazionale, trattandosi delle sole immagini raccolte in situ della prima missione di Difesa Planetaria mai condotta finora.
I pennacchi di Dimorphos sono simili alla coda di una cometa e sono generati dalla polvere espulsa nello spazio. A differenza delle comete, però, i “ciuffi” di Dimorphos sono stati generati artificialmente.
Ma come è cambiato Dimorphos dopo l’arrivo di DART? “La prima cosa stupefacente è stata che la superficie di Dimorphos – prosegue Dotto – non è stata più visibile a causa del materiale espulso. Oltre a testimoniare l’evento unico della deflessione di un asteroide grazie a un impatto cinetico, sono state ottenute immagini dettagliate di un asteroide binario che ci possono permettere di capire meglio la natura di questi oggetti. Poiché gli asteroidi sono ciò che resta di una fase intermedia del processo che ha portato alla formazione dei pianeti, i dati acquisiti forniscono informazioni importanti nello studio delle prime fasi di aggregazione del materiale che compone il Sistema solare”.
La ricercatrice INAF spiega che “il materiale espulso dal cratere di impatto ha formato un cono con un angolo di apertura di circa 140 gradi e una struttura complessa e disomogenea, caratterizzata da filamenti, granelli di polvere e massi singoli o raggruppati espulsi a seguito dell’impatto stesso di DART. Le immagini hanno mostrato che la parte più interna della coda aveva un colore bluastro e diventava via via più rossa con l’aumentare della distanza da Dimorphos. La velocità dei materiali espulsi varia da poche decine di m/s fino a circa 500 metri al secondo”.
Aggiunge Alessandro Rossi dell’ IFAC-CNR: “La complessa dinamica delle particelle espulse dall’impatto costituisce un’affascinante laboratorio di meccanica orbitale che verrà studiato a lungo dalla comunità delle scienze planetarie”.
Marco Zannoni, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale (DIN) e responsabile tecnico delle attività affidate all’Università di Bologna, commenta:
“Il contributo dell’Università di Bologna, nell’ambito di questo progetto, ha riguardato la determinazione ed il controllo della traiettoria di LICIACube, a partire dai dati di tracking ricevuti dalle antenne di terra del Deep Space Network della NASA. La sfida più grande è stata quella di guidare il nanosatellite LICIACube, che si trovava a 10 milioni di chilometri dalla Terra e viaggiava a più di 6 chilometri al secondo, a posizionarsi nel punto giusto ed al momento giusto per scattare le foto dell’impatto di DART con Dimorphos”.
Angelo Zinzi, Project Scientist ASI per LICIACube, commenta così:
“Il lavoro pubblicato può essere considerato un punto di partenza per la missione DART-LICIACube e, più in generale, nell’ambito della difesa planetaria. Grazie al grande lavoro realizzato da gli enti e le industrie coinvolte nella missione LICIACube, con il coordinamento del team di progetto dell’ASI, è stato dimostrato che i cubesat sono ormai pronti per missioni sia tecnologiche sia scientifiche nello spazio profondo e che l’Italia è in grado di essere un attore principale in questo contesto”.
E aggiunge: “LICIACube ha permesso di ottenere immagini e dati altrimenti impossibili da acquisire e che hanno fornito un impulso fondamentale alla conoscenza dell’evento di impatto avvenuto tra la sonda DART e Dimorphos. È importante anche sottolineare che tutti i dati e il Software di archiviazione e calibrazione dati sono stati gestiti dal centro dati scientifico di ASI (SSDC), utilizzando standard internazionalmente riconosciuti per la corretta preservazione e la disseminazione del dato. A seguito di questo lavoro, sono già in fase di pubblicazione e/o revisione, altri lavori dai quali ottoneremo un’analisi dei dati di LICIACube di maggiore dettaglio e conoscenza”.
“Grazie al grande lavoro del team scientifico sulle immagini, il Politecnico di Milano collaborando con CNR ha potuto contribuire al raffinamento dei modelli di espulsione dei frammenti e al miglioramento dello studio dell’evoluzione del loro moto nel sistema binario asteroideo”,
sostiene Michèle Roberta Lavagna, professoressa di Flight Mechanics del Politecnico di Milano, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali.
I dati a oggi ottenuti stanno dimostrando come, pur attraverso una piccola sonda, sia possibile raccogliere importanti dati scientifici e come, un team ben affiatato e coordinato possa ottenerne risultati unici di grande rilevanza scientifica.
Per ulteriori informazioni:
L’articolo “The Dimorphos ejecta plume properties revealed by LICIACube”, di E., Dotto, J.D.P., Deshapriya, I., Gai, P.H., Hasselmann, E., Mazzotta Epifani, G.,Poggiali, A., Rossi, G., Zanotti, A., Zinzi, I., Bertini, J.R., Brucato, M., Dall’Ora, V., Della Corte, S.L., Ivanovski, A., Lucchetti, M., Pajola, M., Amoroso, O., Barnouin, A., Campo Bagatin, A., Capannolo, S., Caporali, M., Ceresoli, N.L., Chabot, A.F., Cheng, G., Cremonese, E.G., Fahnestock, T.L., Farnham, F., Ferrari, L., Gomez Casajus, E., Gramigna, M., Hirabayashi, S., Ieva, G., Impresario, M., Jutzi, R., Lasagni Manghi, M., Lavagna6, J.-Y., Li, M., Lombardo, D., Modenini, P., Palumbo, D., Perna, S., Pirrotta, S.D., Raducan, D.C., Richardson, A.S., Rivkin, A.M., Stickle, J.M. Sunshine, P., Tortora, F., Tusberti, M., Zannoni, è stato pubblicato sulla rivista Nature.
Testo e immagini dagli Uffici Stampa INAF, ASI, CNR, Politecnico di Milano e Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
Dagli scarti di melagrana un estratto, una protezione per il cuore
Una ricerca condotta dall’Istituto per la bioeconomia del CNR e dall’Università di Pisa ha rivelato che i residui della trasformazione dei frutti di melograno offrono un’importante protezione cardiovascolare dall’ipertensione. Lo studio, pubblicato su Nutrients, apre a potenziali applicazioni mediche favorendo anche un minor impatto degli scarti di melagrana sull’ambiente
Sottoprodotti derivanti dall’estrazione. Crediti per la foto: Francesco Meneguzzo
Un estratto di bucce e semi di melagrana completamente solubile in acqua, ottenuto mediante una tecnica innovativa, verde, efficiente e scalabile fino a capacità produttive industriali, si rivela efficace nel trattamento dell’ipertensione, sia acuta che cronica. Lo dimostra una ricerca in vivo condotta su un modello murino, pubblicata sulla rivista Nutrients e realizzata da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (CNR-IBE) e dell’Università di Pisa.
Estratto ottenuto da bucce e semi. Crediti per la foto: Francesco Meneguzzo
L’estrazione del succo di melagrana genera sottoprodotti non edibili, bucce e semi, pari al 60% del peso del frutto, che sono disponibili in grandi quantità e conosciuti da tempo per le loro proprietà salutari, in gran parte dovute ai cosiddetti ellagitannini, in particolare punicalagina e acido ellagico.
“Finora, il recupero e la valorizzazione di questi sottoprodotti sono stati ostacolati dalla mancanza di una tecnica di estrazione adeguata, in grado di restituire un prodotto completamente solubile in acqua e più sicuro per l’organismo. Infatti, la qualità e le proprietà degli estratti di prodotti naturali, tra cui i sottoprodotti della melagrana, dipendono anche dalla tecnica estrattiva. L’applicazione della cavitazione idrodinamica, già verificata con successo su sottoprodotti degli agrumi e delle filiere forestali, ha consentito di estrarre una grande quantità di bucce e semi di melagrana in sola acqua, a bassa temperatura e in pochi minuti, con un consumo energetico molto limitato, restituendo un prodotto completamente solubile”, sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del CNR-IBE.
Lo studio ha previsto la somministrazione dell’estratto di melagrana per via orale a ratti spontaneamente ipertesi. “Dopo la somministrazione orale, i risultati hanno dimostrato una buona bioaccessibilità intestinale e la capacità di contrastare efficacemente l’incremento della pressione in un modello sperimentale di ipertensione, migliorando la disfunzione e riducendo lo spessore dell’endotelio, che è il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni. In aggiunta a questo, la somministrazione dell’estratto di melagrana ha dimostrato importanti effetti a livello cardiaco, perché ha consentito di abbassare i livelli di citochine, le molecole responsabili dei processi infiammatori e fibrotici a livello cellulare. Questi riscontri suggeriscono la possibilità di sviluppare meccanismi diversi e a più ampio spettro, rispetto alla protezione cardiovascolare”, afferma Lara Testai dell’Università di Pisa.
Questo tipo di ricerca scientifica dimostra come gli scarti della lavorazione di prodotti vegetali come la melagrana siano ricchi di sostanze preziose per la salute, rappresentando anche un valore aggiunto in un’ottica di sostenibilità. Gli esiti dello studio, infatti, oltre a suggerire i potenziali benefici per la salute umana, potranno contribuire ad aumentare il valore della filiera della melagrana e ad abbattere l’impatto ambientale connesso ai relativi sottoprodotti.
Processo estrattivo del succo di melagrana. Crediti per la foto: Francesco Meneguzzo
Roma, 21 febbraio 2024
La scheda
Chi: Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Firenze), Università degli studi di Pisa – dipartimento di farmacia, Università degli studi di Parma – dipartimento di medicina e chirurgia, Azienda ospedaliero-universitaria di Parma – divisione di cardiologia, Azienda unità sanitaria locale-Ircss di Reggio Emilia – dipartimento di salute pubblica, HyRes srl
Che cosa: Benedetti G., Flori L., Spezzini J., Miragliotta V., Lazzarini G., Pirone A., Meneguzzo C., Tagliavento L., Martelli A., Antonelli M., Donelli D., Faraloni C., Calderone V., Meneguzzo F. and Testai L. (2024) Improved Cardiovascular Effects of a Novel Pomegranate Byproduct Extract Obtained through Hydrodynamic Cavitation «Nutrients» 16, 506
Agenti Conversazionali: interagire in modo naturale con l’Intelligenza Artificiale
I motori di ricerca che rispondono a domande verbali ancora non riescono a interagire in modo naturale con l’utente. Un nuovo meccanismo è stato messo a punto per capire e predire dove sta andando una conversazione tra umano e Intelligenza Artificiale
Tramite gli assistenti digitali personalizzati basati sull’Intelligenza Artificiale, gli utenti interagiscono con i motori di ricerca utilizzando sempre più spesso query di ricerca conversazionali, anziché digitare le domande sulla tastiera. Interagire in modo verbale con l’Intelligenza Artificiale consente di formulare domande più mirate, specifiche e pertinenti a livello personale. In questo modo, l’utente mira a ottenere in modo più rapido ciò di cui ha bisogno nello specifico, intrattenendo una vera e propria conversazione con il sistema di ricerca online. Ma come conversa una Intelligenza Artificiale? Come fa a restringere le risposte all’area di interesse specifica dell’utente? Questa è la questione su cui al momento la scienza e l’ingegneria dell’informazione si stanno concentrando.
Da uno studio (https://www.dei.unipd.it/~ferro/papers/2023/SIGIR2023-FFMPT.pdf) del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa in collaborazione con Università di Padova e CNR arriva un metodo per valutare e prevedere l’efficacia di sistemi di Intelligenza Artificiale, come gli assistenti vocali, nel portare avanti una conversazione che soddisfi le aspettative dell’utente.
“Il punto di partenza – spiega Nicola Tonellotto, docente di ingegneria informatica all’Università di Pisa – è l’esigenza che gli agenti conversazioni siano ad un tempo efficaci, e cioè che diano risposte corrette, e in grado di mantenere l’interesse dell’utente durante la conversazione. Il nostro meccanismo riesce a dare al sistema un feedback immediato sull’andamento della conversazione, per esempio vedendo se il range di risposte cade al di fuori dell’area di interesse di chi sta facendo la domanda. Lo facciamo andando ad analizzare le proprietà matematiche e le relazioni tra i modelli di domande e risposte”.
Il lavoro è stato premiato con l’ACM SIGIR 2023 Best Paper Award Honorable Mention alla conferenza SIGIR (Conference on Research and Development in Information Retrieval), che riunisce annualmente i maggiori esperti sia accademici che industriali di reperimento delle informazioni, la scienza alla base dei motori di ricerca.
“Il lavoro sull’interazione tra esseri umani e intelligenza artificiale è parte delle attività del FoReLab (forelab.unipi.it), il laboratorio del Dipartimento che conduce ricerca all’avanguardia sulle tecnologie per il nuovo paradigma di società e industria 5.0. – prosegue Tonellotto – La ricerca su una sempre maggiore personalizzazione dei sistemi di intelligenza artificiale sui singoli utenti è destinata infatti ad avere un grande impatto anche nella nuova industria, per esempio nel campo della progettazione, generando dimostratori a partire da descrizioni testuali, per il supporto clienti tramite risponditori automatici con personalizzazione basate su social media, per interfacce uomo-macchina di ultima generazione, in grado di semplificare processi di controllo e ispezione, per ottimizzare la catena di gestione e produzione, e in diversi altri campi della società, come la medicina personalizzata, dove si possono progettare interfacce personalizzate che si adattano automaticamente ai pazienti”.
Testo e foto dall’Unità Comunicazione Istituzionale dell’Università di Pisa.
MATERIALI QUANTISTICI: SCOPERTO UN NUOVO STATO DELLA MATERIA CONTRADDISTINTO DAL FENOMENO QUANTISTICO CHIAMATO CORRENTE CHIRALE Su Nature studio guidato da Ca’ Foscari che potrà avere applicazioni basate su nuovi dispositivi nei campi della sensoristica, biomedicale e delle rinnovabili. Scoperta possibile grazie al Sincrotrone italiano Elettra.
VENEZIA – Un gruppo internazionale di ricerca ha scoperto un nuovo stato della materia contraddistinto dall’esistenza di un fenomeno quantistico chiamato corrente chirale. Tali correnti sono generate su scala atomica da un movimento cooperativo di elettroni, che è all’origine della nuova fase della materia appena scoperta, a differenza dei materiali magnetici convenzionali le cui proprietà hanno origine dalla caratteristica quantistica di un elettrone nota come spin e dal loro ordinamento nel cristallo.
La chiralità è una proprietà di estrema importanza nelle scienze, per esempio è anche fondamentale per capire il DNA. Nel fenomeno quantistico scoperto la chiralità delle correnti è stata rilevata studiando un processo di interazione tra luce e materia nel quale un fotone opportunamente polarizzato è in grado di emettere un elettrone dalla superficie del materiale con uno stato di spin ben definito.
La nuova scoperta, pubblicata oggi sulla prestigiosa rivista Nature, arricchisce in modo significativo la conoscenza sui materiali quantistici, in particolar modo sulla ricerca di fasi quantistiche chirali e sui fenomeni che avvengono alla superficie dei materiali.
“La rivelazione dell’esistenza di questi stati quantistici – spiega Federico Mazzola, ricercatore in Fisica dei materiali all’Università Ca’ Foscari Venezia e leader dello studio – può aprire la strada per lo sviluppo di un nuovo tipo di elettronica che impieghi correnti chirali come portatori di informazioni al posto della carica dell’elettrone. Inoltre, tali fenomeni potrebbero avere un importante risvolto per applicazioni future basate su nuovi dispositivi optoelettronici chirali, e un grande impatto nel campo delle tecnologie quantistiche per nuovi sensori, così come nel campo biomedico ed in quello delle energie rinnovabili”.
Nato da una predizione teorica, questo studio ha verificato in modo diretto e per la prima volta l’esistenza di questo stato quantistico, fino ad ora enigmatico ed elusivo, grazie all’utilizzo del Sincrotrone italiano Elettra. Finora la conoscenza circa l’esistenza di questo fenomeno era infatti limitata a predizioni teoriche per alcuni materiali. La sua osservazione sulle superfici dei solidi lo rende estremamente interessante per lo sviluppo di nuovi dispositivi elettronici ultra sottili.
Il gruppo di ricerca, che comprende partner nazionali e internazionali tra cui l’Università Ca‘ Foscari di Venezia, l’Istituto Spin e l’Istituto Officina dei Materiali del CNR e l’Università di Salerno, ha investigato il fenomeno su un materiale già noto alla comunità scientifica per le sue proprietà elettroniche e per applicazioni di spintronica superconduttiva, ma la nuova scoperta ha un respiro più ampio, essendo molto più generale ed applicabile ad una vasta gamma di materiali quantistici.
Questi materiali stanno rivoluzionando la fisica quantistica e l’attuale sviluppo di nuove tecnologie, con proprietà che vanno ben oltre quelle descritte dalla fisica classica.
Hanno partecipato allo studio ricercatrici e ricercatori dal Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari, Istituto Officina dei Materiali, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Fisica Teoretica dell’Università Jagellonica (Polonia), Istituto di Fisica dell’Accademia Polacca delle Scienze, Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello” dell’Università di Salerno, Istituto SPIN del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Sincrotrone SOLEIL, Interdisciplinary Nanoscience Center dell’Università di Aarhus, Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisica e Astronomia Department of Physics and Astronomy dell’Università Nazionale di Seul, Seul, Korea.