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METIS OSSERVA COME SI PROPAGA LA TURBOLENZA NEL VENTO SOLARE

Grazie alle riprese del coronografo Metis a bordo della missione europea Solar Orbiter, un gruppo internazionale coordinato da ricercatori INAF è riuscito ad osservare la propagazione dei moti turbolenti del vento solare dalle zone più interne della corona del Sole fino allo spazio. La conoscenza dei meccanismi che guidano l’evoluzione e la propagazione di questi fenomeni nel vento solare aiuterà a migliorare le previsioni sul potenziale impatto che esso può avere nel nostro Sistema planetario e soprattutto sulla Terra. Lo studio a cui hanno collaborato anche ricercatori e ricercatrici di ASI, CNR e delle Università di Firenze, Padova, Urbino, Genova, Catania, Palermo e della Calabria, è stato pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.

Il vento solare è un flusso incessante di particelle cariche provenienti dal Sole, il cui andamento è tutt’altro che costante. Nel loro moto nello spazio, le particelle del vento solare interagiscono con il campo magnetico variabile del Sole, seguendo traiettorie caotiche e fluttuanti, un fenomeno che prende il nome di turbolenza.

Le riprese ottenute dalla missione Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea grazie al coronografo Metis progettato da Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Università di Firenze, Università di Padova, CNR-Ifn, e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana con la collaborazione dell’industria italiana, confermano qualcosa che si sospettava da tempo: il moto turbolento del vento solare inizia molto vicino al Sole, all’interno della porzione di atmosfera solare nota come corona. Piccoli disturbi che influenzano il vento solare nella corona vengono trasportati verso l’esterno e si espandono, generando un flusso turbolento più lontano nello spazio.

“Questo risultato ha aperto una nuova finestra sulla fisica del vento solare grazie a Metis, il coronografo di nuova concezione – tutta italiana – a bordo del Solar Orbiter, che ha permesso acquisizioni ad alta cadenza di immagini coronali con un contrasto senza precedenti tra segnale coronale e background”

commenta Silvano Fineschi dell’INAF e Responsabile Scientifico del contributo italiano alla missione. Bloccando la luce diretta proveniente dal Sole, il coronografo Metis è in grado di catturare la luce visibile e ultravioletta più debole proveniente dalla corona solare. Le sue immagini ad alta risoluzione e ad alta cadenza mostrano la struttura dettagliata e il movimento all’interno della corona, rivelando come il movimento del vento solare diventi già turbolento alle sue radici. Le riprese utilizzate dal team di ricerca per osservare in dettaglio la propagazione della turbolenza sono state ottenute il 12 ottobre 2022 e messe in sequenza per realizzare una animazione video. In particolare, l’anello color rosso nel video mostra le osservazioni di Metis. A quella data, la sonda si trovava a soli 43,4 milioni di km dal Sole, meno di un terzo della distanza Sole-Terra. L’immagine del Sole al centro del video è stata scattata dall’Extreme Ultraviolet Imager (EUI) di Solar Orbiter, lo stesso giorno delle osservazioni di Metis.

“L’elevata risoluzione spaziale e temporale di Metis sta gettando nuova luce sui meccanismi fisici che regolano il vento solare e la sua propagazione, consentendo una migliore comprensione dei processi attraverso i quali il Sole determina le condizioni fisiche dello spazio interplanetario con effetti anche a Terra” dice Marco Stangalini, ricercatore e Responsabile di Programma ASI della missione Solar Orbiter. “Questo significativo risultato è solo l’ultimo di una lunga serie di successi e offre grandi speranze per il futuro. Nei prossimi anni, infatti, Solar Orbiter inclinerà la sua orbita, permettendoci di osservare il Sole da una prospettiva completamente nuova per la prima volta”.

La turbolenza influenza il modo in cui il vento solare viene riscaldato, il modo in cui si muove attraverso il Sistema solare e il modo in cui interagisce con i campi magnetici dei pianeti e delle lune che attraversa. Comprendere la turbolenza del vento solare è fondamentale per prevedere la meteorologia spaziale e i suoi effetti sulla Terra.

L’articolo “Metis observation of the onset of fully developed turbulence in the solar corona” di Daniele Telloni, Luca Sorriso-Valvo, Gary P. Zank, Marco Velli , Vincenzo Andretta, Denise Perrone, Raffaele Marino, Francesco Carbone, Antonio Vecchio, Laxman Adhikari, Lingling Zhao, Sabrina Guastavino, Fabiana Camattari, Chen Shi, Nikos Sioulas, Zesen Huang, Marco Romoli, Ester Antonucci, Vania Da Deppo, Silvano Fineschi, Catia Grimani, Petr Heinzel, John D. Moses, Giampiero Naletto, Gianalfredo Nicolini, Daniele Spadaro, Marco Stangalini, Luca Teriaca, Michela Uslenghi, Lucia Abbo, Frederic Auchere, Regina Aznar Cuadrado, Arkadiusz Berlicki, Roberto Bruno, Aleksandr Burtovoi, Gerardo Capobianco, Chiara Casini, Marta Casti,  Paolo Chioetto, Alain J. Corso, Raffaella D’Amicis, Yara De Leo, Michele Fabi, Federica Frassati, Fabio Frassetto, Silvio Giordano, Salvo L. Guglielmino, Giovanna Jerse, Federico Landini, Alessandro Liberatore, Enrico Magli, Giuseppe Massone, Giuseppe Nisticò, Maurizio Pancrazzi, Maria G. Pelizzo, Hardi Peter, Christina Plainaki, Luca Poletto, Fabio Reale, Paolo Romano, Giuliana Russano, Clementina Sasso, Udo Schuhle, Sami K. Solanki, Leonard Strachan, Thomas Straus, Roberto Susino, Rita Ventura, Cosimo A. Volpicelli, Joachim Woch, Luca Zangrilli, Gaetano Zimbardo e Paola Zuppella è stato pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.

Immagine satellitare dal Solar Dynamics Observatory - SDO della NASA. Foto di Amy Moran
questa immagine satellitare dal Solar Dynamics Observatory – SDO della NASA mostra la luce ultravioletta in marrone chiaro. Foto NASA di Amy Moran, in pubblico dominio

Testo e immagini dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

Resistenza ai pesticidi dei roditori delle isole italiane: un fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e la biodiversità

Un nuovo studio coordinato dalla Sapienza, in collaborazione con l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del CNR, ha indagato la resistenza genetica ai rodenticidi nei topi domestici in 11 piccole isole italiane. I risultati del lavoro, che sensibilizzano su un uso più consapevole di tali sostanze, sono stati pubblicati sulla rivista Science of the Total Environment.

La presenza di roditori invasivi come ratti o topi sulle isole del Mediterraneo, ricche di biodiversità e con una cospicua presenza umana, rappresenta una grave minaccia per questi delicati ecosistemi, oltre a causare gravi danni alle attività umane.

In questi ambienti il controllo dei roditori avviene frequentemente attraverso l’impiego di sostanze rodenticide basate su principi attivi anticoagulanti e che , se usate senza seguire le opportune linee guida, possono avere gravi impatti ambientali per il possibile avvelenamento diretto o secondario di altre specie. Inoltre, esiste anche la possibilità che si sviluppi una resistenza genetica a tali sostanze. Questo rende difficile il controllo delle popolazioni di roditori e aumenta conseguentemente la quantità di rodenticidi rilasciati nell’ambiente.

In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, frutto della collaborazione fra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), è stata indagato il fenomeno della resistenza genetica ai rodenticidi nelle isole italiane confermando una presenza piuttosto diffusa di topi resistenti su 7 delle 11 isole studiate.

“In questo lavoro, che rappresenta la prima indagine sulla resistenza ai rodenticidi anticoagulanti effettuata su più isole del Mediterraneo – spiega Francesco Gallozzi della Sapienza – abbiamo analizzato particolari mutazioni del gene VKORC1, coinvolto nei fenomeni di resistenza, nei topi domestici (Mus domesticus) e identificato 6 nuove mutazioni mai trovate nel topo domestico e 4 nuove mutazioni mai identificate nei roditori”.

Per il reperimento dei campioni dalle diverse isole è stata fondamentale la collaborazione tra più enti, tra i quali NEMO srl, che si occupa direttamente della gestione dei roditori sulle isole italiane ed è stata protagonista delle attività di eradicazione di roditori invasivi in molte di esse.

Lo studio, effettuato nell’ambito delle attività del National Biodiversity Future Center e in particolare dello Spoke 5 sulla biodiversità urbana a cui partecipa la Sapienza, ha portato alla luce la necessità di un utilizzo più consapevole dei rodenticidi per permettere una gestione efficace dei roditori invasivi e per minimizzare gli impatti di tali sostanze sulle specie non-target.

“In presenza di resistenza ai rodenticidi vanno considerati metodi alternativi per il loro controllo – commenta Riccardo Castiglia, coordinatore dello studio. “Altrimenti, il rischio è quello di arrecare un danno irreparabile ad ambiente e biodiversità”.

Topo dall'isola di Ventotene. Crediti per la foto: Davide Giuliani
Resistenza ai pesticidi dei roditori delle isole italiane: un fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e la biodiversità. Topo dall’isola di Ventotene. Crediti per la foto: Davide Giuliani

Riferimenti bibliografici:

A survey of VKORC1 missense mutations in eleven Italian islands reveals widespread rodenticide resistance in house mice – Francesco Gallozzi, Lorenzo Attili, Paolo Colangelo, Davide Giuliani, Dario Capizzi, Paolo Sposimo, Filippo Dell’Agnello, Rita Lorenzini, Emanuela Solano, Riccardo Castiglia – Science of The Total Environment 2024, DOI: https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2024.176090

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Premio ICIS Presidential Rising Star in Translational Science a Livio Provenzi dell’Università di Pavia
Riconosciuto il valore della ricerca scientifica condotta presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento UNIPV e di IRCCS Fondazione Mondino


PAVIA. In occasione della XXIV edizione del congresso biennale “International Congress on Infant Studies (ICIS, https://infantstudies.org/)” – una società scientifica internazionale dedicata alla promozione della ricerca sullo sviluppo dei bambini dalla nascita ai 3 anni di età – il professor Livio Provenzi dell’Università di Pavia è stato insignito del premio “Presidential Rising Star in Translational Science” (https://infantstudies.org/award-recipients/). Si tratta di un riconoscimento internazionale prestigioso che riconosce i meriti e la qualità della ricerca scientifica condotta presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo (https://www.devpsychobiology.com/) che il prof. Provenzi coordina da cinque anni presso IRCCS Fondazione Mondino e il dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia. In particolare, il premio sottolinea l’impatto traslazionale – ovvero le implicazioni cliniche, sociali e applicative – della ricerca condotta dal prof. Provenzi e dal suo team nell’ambito del benessere genitoriale e dello sviluppo infantile nei primi mille giorni dal concepimento ai due anni di vita. Progetti che includono lo studio degli effetti dello stress materno in gravidanza, i marcatori epigenetici del dolore neonatale, la regolazione della regolazione dell’attività cerebrale genitore-bambino e la messa a punto e la verifica di efficacia di interventi precoci a supporto della genitorialità in contesti di rischio evolutivo e franca disabilità del neurosviluppo.

Un riconoscimento internazionale per la ricerca traslazionale: Il prof. Livio Provenzi premiato dall’ICIS

In occasione della XXIV edizione del Congresso Biennale dell’International Congress on Infant Studies (ICIS) 2024 che si è tenuta nei giorni 10-12 luglio a Glasgow in Scozia, il professor Livio Provenzi dell’Università di Pavia ha ricevuto il prestigioso premio “Presidential Rising Star in Translational Science”. Questo evento biennale è un’importante vetrina per la comunità scientifica internazionale che si dedica alla promozione della ricerca sullo sviluppo dei bambini dalla nascita ai 3 anni di età. L’ICIS, rinomata per il suo impegno nel sostenere la ricerca infantile, ha istituito questo premio per la prima volta, conferendolo al prof. Provenzi per riconoscere la qualità e l’impatto della ricerca scientifica condotta presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo (dpb lab), un centro all’avanguardia che Provenzi coordina presso le Neuroscienze Pediatriche dell’IRCCS Fondazione Mondino e il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia. Del laboratorio fanno parte due ricercatrici di Fondazione Mondino (Serena Grumi e Alessandra Raspanti), una ricercatrice accademica (Sarah Nazzari) e due dottorande in Psicologia (Elena Capelli e Miriam Pili), oltre a più di 15 studenti ogni anno.

La Ricerca Traslazionale: Fondamentale nei Primi Mille Giorni di Vita

La ricerca traslazionale rappresenta un ponte fondamentale tra la scienza di base e le applicazioni cliniche, sociali e pratiche. Nei primi mille giorni di vita, che vanno dalla concezione ai due anni, il cervello del bambino attraversa un periodo di sviluppo critico e rapidissimo. Durante questa fase, i processi di crescita neurologica e fisica sono particolarmente influenzabili dalle esperienze ambientali e dalle interazioni con i genitori e in generale il contesto di cura.

“I genitori non sono un insieme di competenze, ma un luogo, un posto” sostiene il prof. Provenzi, “sono il luogo in cui avviene la crescita e lo sviluppo dei bambini. Prendersi cura di questo luogo è una priorità”.

Infatti, gli interventi a favore della genitorialità basati su evidenze scientifiche in questo periodo possono avere un impatto significativo e duraturo sullo sviluppo e sul benessere del bambino, prevenendo possibili difficoltà future e promuovendo uno sviluppo sano e armonioso. La ricerca traslazionale, quindi, non solo approfondisce la nostra comprensione scientifica di questi processi, ma traduce queste conoscenze in interventi pratici che possono essere applicati nelle cure quotidiane e nelle politiche sanitarie.

“Non dobbiamo educare o insegnare qualcosa ai genitori: dobbiamo prenderli sul serio e aiutarli ad essere il posto migliore per il loro bambino e la loro bambina”.

Livio Provenzi
Livio Provenzi

 

La ricerca scientifica del Prof. Livio Provenzi e del dpb lab

Il professor Livio Provenzi da diversi anni si occupa di comprendere e studiare come le precoci interazioni genitore-bambino costituiscano il tessuto attraverso cui promuovere lo sviluppo e il benessere infantile. I progetti di ricerca hanno ricevuto finanziamenti pubblici e privati e si concentrano su diversi aspetti cruciali. Tra questi: lo studio delle modificazioni biologiche nel neonato associate allo stress vissuto dalle donne in gravidanza durante la pandemia, gli effetti del dolore neonatale e della separazione precoce dai genitori nei nati pretermine, i meccanismi cerebrali attraverso cui genitori e bambini costruiscono la loro capacità di stare insieme, riconoscersi e imparare reciprocamente. Un recente progetto del dpb lab finanziato dal Ministero della Salute tramite il programma di Ricerca Finalizzata 2021 vede la collaborazione anche della dott.ssa Valentina Riva (IRCCS Medea, Bosisio Parini) e della dott.ssa Lucia Billeci (CNR, Pisa) e ha l’obiettivo di comprendere come un intervento precoce di supporto alla genitorialità possa favorire questi processi di regolazione e connessione cerebrale tra mamma e bambino.

Si tratta di un trial clinico – uno studio interventistico – che traduce in azioni di cura e presa in carico del piccolo e dei suoi genitori le conoscenze di base che abbiamo accumulato negli anni – anche grazie alla collaborazione con altri laboratori nel panorama internazionale” spiega il prof. Provenzi.

 

L’Importanza del Premio dell’ICIS

L’ICIS ha istituito il premio “Presidential Rising Star in Translational Science” per la prima volta e lo ha conferito a un ricercatore italiano. Questo rappresenta un riconoscimento significativo non solo per il prof. Provenzi, ma anche per l’intera comunità scientifica pavese.

“Il lavoro che svolgiamo presso il Laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo non sarebbe possibile senza una collaborazione virtuosa con gli istituti clinici e scientifici del territorio – dalla Fondazione Mondino al Policlinico San Matteo”

sottolinea Provenzi. Il laboratorio vanta inoltre collaborazioni nazionali con altri istituti scientifici e realtà accademiche, così come partecipa a reti internazionali per lo studio della qualità di vita e il benessere di nati pretermine (Gruppo SCENE) e la promozione della salute genitore-bambino nei primi mille giorni (TREASURE COST Action dell’Unione Europea). Questo premio sottolinea l’importanza della ricerca traslazionale nel migliorare la vita dei bambini e delle loro famiglie, trasformando le scoperte scientifiche in interventi concreti, efficaci. Questo riconoscimento può essere anche ispirazione per giovani studenti e ricercatori, sottolineando l’importanza di condurre ricerche che abbiano un impatto diretto e positivo sulla società.

Tanti studenti partecipano alle nostre ricerche e ci danno una mano fondamentale: Anche il laboratorio è un luogo di crescita e promuovere l’entusiasmo dei giovani è un obiettivo fondamentale”.

 

Ricerca e Benessere: Un Impegno per il Futuro

La ricerca nel campo dello sviluppo infantile è cruciale per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. Comprendere come le prime esperienze di vita influenzino il cervello e il comportamento dei bambini permette di sviluppare strategie e interventi mirati a sostenere il benessere e lo sviluppo ottimale. Il lavoro del prof. Provenzi e del suo team rappresenta un passo avanti in questa direzione:

Investire nella ricerca traslazionale e preventiva nella prima infanzia significa fare del bene alle famiglie e alla società” prosegue Provenzi “Se gli interventi vengono promossi prima dei tre anni non solo ci sono benefici in termini di benessere, ma ci sono anche importanti vantaggi economici e un risparmio di costi diretti e indiretti per il sistema socio-sanitario e le singole famiglie”.

 

Link utili

Developmental Psychobiology Lab web page: https://www.devpsychobiology.com/

Developmental Psychobiology Lab social page: https://www.instagram.com/dpb.lab/

Pagina ICIS dei premi: https://infantstudies.org/award-recipients/

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Testo e foto dall'Ufficio Stampa Università di Pavia, Epoché - Agenzia Giornalistica Culturale

LICIACUBE ANALIZZA I LUNGHI PENNACCHI DI DIMORPHOS

Roma, 28 febbraio 2024 – Il 26 settembre 2022 la sonda spaziale DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA – un oggetto da mezza tonnellata lanciato a 22.500 chilometri all’ora – ha colpito Dimorphos (il satellite dell’asteroide Didymos) nel corso del primo esperimento di difesa planetaria mai tentato nella storia, modificandone la traiettoria. Tutto questo “sotto gli occhi vigili” del cubesat dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), che dopo un anno e mezzo ci restituisce un’ulteriore “fotografia” di ciò che è successo nei secondi successivi l’impatto. In un articolo pubblicato oggi sulla rivista Nature, il gruppo internazionale di ricercatrici e ricercatori guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) analizza la composizione della nube di detriti e di polvere (plume, in inglese) espulsa dall’asteroide Dimorphos in seguito all’impatto esplosivo.

La prima sonda interplanetaria made in italy (progettata, costruita e operata per l’ASI dalla società torinese Argotec) è parte integrante della missione statunitense e il team scientifico italiano di LICIACube è coordinato da INAF e ASI in collaborazione con l’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IFAC), il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna e l’Università Parthenope di Napoli.

Gli strumenti a bordo di LICIACube, LUKE (LICIACube Unit Key Explorer) e LEIA (LICIACube Explorer Imaging for Asteroid), hanno inviato a terra dati straordinari prima e dopo l’impatto.

Elisabetta Dotto, ricercatrice presso l’INAF di Roma, prima autrice dell’articolo e coordinatrice del gruppo che lavora al programma LICIACube sin dalla sua ideazione, racconta:

“La fase scientifica è iniziata 71 secondi prima dell’impatto di DART, testimoniato ‘in diretta’ misurando una rapida variazione della luminosità del piccolo asteroide. Viaggiando ad una velocità relativa di circa 6,1 chilometri al secondo, LICIACube ha effettuato un sorvolo dell’oggetto raggiungendo, nel suo punto di massimo avvicinamento a Dimorphos, una distanza di soli 58 km, 174 secondi dopo l’impatto. LICIACube ha acquisito 426 immagini degli effetti prodotti dall’impatto”.

I risultati ottenuti da LICIACube sono importanti a livello scientifico per la comunità internazionale, trattandosi delle sole immagini raccolte in situ della prima missione di Difesa Planetaria mai condotta finora.

I pennacchi di Dimorphos sono simili alla coda di una cometa e sono generati dalla polvere espulsa nello spazio. A differenza delle comete, però, i “ciuffi” di Dimorphos sono stati generati artificialmente.

Ma come è cambiato Dimorphos dopo l’arrivo di DART? “La prima cosa stupefacente è stata che la superficie di Dimorphos – prosegue Dotto – non è stata più visibile a causa del materiale espulso. Oltre a testimoniare l’evento unico della deflessione di un asteroide grazie a un impatto cinetico, sono state ottenute immagini dettagliate di un asteroide binario che ci possono permettere di capire meglio la natura di questi oggetti. Poiché gli asteroidi sono ciò che resta di una fase intermedia del processo che ha portato alla formazione dei pianeti, i dati acquisiti forniscono informazioni importanti nello studio delle prime fasi di aggregazione del materiale che compone il Sistema solare”.

La ricercatrice INAF spiega che “il materiale espulso dal cratere di impatto ha formato un cono con un angolo di apertura di circa 140 gradi e una struttura complessa e disomogenea, caratterizzata da filamenti, granelli di polvere e massi singoli o raggruppati espulsi a seguito dell’impatto stesso di DART. Le immagini hanno mostrato che la parte più interna della coda aveva un colore bluastro e diventava via via più rossa con l’aumentare della distanza da Dimorphos. La velocità dei materiali espulsi varia da poche decine di m/s fino a circa 500 metri al secondo”.

Aggiunge Alessandro Rossi dell’ IFAC-CNR: “La complessa dinamica delle particelle  espulse dall’impatto costituisce  un’affascinante laboratorio di meccanica orbitale che verrà studiato a lungo dalla comunità delle scienze planetarie”.

Marco Zannoni, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale (DIN) e responsabile tecnico delle attività affidate all’Università di Bologna, commenta:

“Il contributo dell’Università di Bologna, nell’ambito di questo progetto, ha riguardato la determinazione ed il controllo della traiettoria di LICIACube, a partire dai dati di tracking ricevuti dalle antenne di terra del Deep Space Network della NASA. La sfida più grande è stata quella di guidare il nanosatellite LICIACube, che si trovava a 10 milioni di chilometri dalla Terra e viaggiava a più di 6 chilometri al secondo, a posizionarsi nel punto giusto ed al momento giusto per scattare le foto dell’impatto di DART con Dimorphos”.

Angelo Zinzi, Project Scientist ASI per LICIACube, commenta così:

“Il lavoro pubblicato può essere considerato un punto di partenza per la missione DART-LICIACube e, più in generale, nell’ambito della difesa planetaria. Grazie al grande lavoro realizzato da gli enti e le industrie coinvolte nella missione LICIACube, con il coordinamento del team di progetto dell’ASI, è stato dimostrato che i cubesat sono ormai pronti per missioni sia tecnologiche sia scientifiche nello spazio profondo e che l’Italia è in grado di essere un attore principale in questo contesto”.

E aggiunge: “LICIACube ha permesso di ottenere immagini e dati altrimenti impossibili da acquisire e che hanno fornito un impulso fondamentale alla conoscenza dell’evento di impatto avvenuto tra la sonda DART e Dimorphos. È importante anche sottolineare che tutti i dati e il Software di archiviazione e calibrazione dati sono stati gestiti dal centro dati scientifico di ASI (SSDC), utilizzando standard internazionalmente riconosciuti per la corretta preservazione e la disseminazione del dato. A seguito di questo lavoro, sono già in fase di pubblicazione e/o revisione, altri lavori dai quali ottoneremo un’analisi dei dati di LICIACube di maggiore dettaglio e conoscenza”.

“Grazie al grande lavoro del team scientifico sulle immagini, il Politecnico di Milano collaborando con CNR ha potuto contribuire al raffinamento dei modelli di espulsione dei frammenti e al miglioramento dello studio dell’evoluzione del loro moto nel sistema binario asteroideo”,

sostiene Michèle Roberta Lavagna, professoressa di Flight Mechanics del Politecnico di Milano, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali.

I dati a oggi ottenuti stanno dimostrando come, pur attraverso una piccola sonda, sia possibile raccogliere importanti dati scientifici e come, un team ben affiatato e coordinato possa ottenerne risultati unici di grande rilevanza scientifica.


 

Per ulteriori informazioni:

L’articolo “The Dimorphos ejecta plume properties revealed by LICIACube”, di E., Dotto, J.D.P., Deshapriya, I., Gai, P.H., Hasselmann, E., Mazzotta Epifani, G.,Poggiali, A., Rossi, G., Zanotti, A., Zinzi, I., Bertini, J.R., Brucato, M., Dall’Ora, V., Della Corte, S.L., Ivanovski, A., Lucchetti, M., Pajola, M., Amoroso, O., Barnouin, A., Campo Bagatin, A., Capannolo, S., Caporali, M., Ceresoli, N.L., Chabot, A.F., Cheng, G., Cremonese, E.G., Fahnestock, T.L., Farnham, F., Ferrari, L., Gomez Casajus, E., Gramigna, M., Hirabayashi, S., Ieva, G., Impresario, M., Jutzi, R., Lasagni Manghi, M., Lavagna6, J.-Y., Li, M., Lombardo, D., Modenini, P., Palumbo, D., Perna, S., Pirrotta, S.D., Raducan, D.C., Richardson, A.S., Rivkin, A.M., Stickle, J.M. Sunshine, P., Tortora, F., Tusberti, M., Zannoni, è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Testo e immagini dagli Uffici Stampa INAF, ASI, CNR, Politecnico di Milano e Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

Dagli scarti di melagrana un estratto, una protezione per il cuore

Una ricerca condotta dall’Istituto per la bioeconomia del CNR e dall’Università di Pisa ha rivelato che i residui della trasformazione dei frutti di melograno offrono un’importante protezione cardiovascolare dall’ipertensione. Lo studio, pubblicato su Nutrients, apre a potenziali applicazioni mediche favorendo anche un minor impatto degli scarti di melagrana sull’ambiente

Sottoprodotti derivanti dall’estrazione
Sottoprodotti derivanti dall’estrazione. Crediti per la foto: Francesco Meneguzzo

Un estratto di bucce e semi di melagrana completamente solubile in acqua, ottenuto mediante una tecnica innovativa, verde, efficiente e scalabile fino a capacità produttive industriali, si rivela efficace nel trattamento dell’ipertensione, sia acuta che cronica. Lo dimostra una ricerca in vivo condotta su un modello murino, pubblicata sulla rivista Nutrients e realizzata da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (CNR-IBE) e dell’Università di Pisa.

Estratto ottenuto da bucce e semi
Estratto ottenuto da bucce e semi. Crediti per la foto: Francesco Meneguzzo

L’estrazione del succo di melagrana genera sottoprodotti non edibili, bucce e semi, pari al 60% del peso del frutto, che sono disponibili in grandi quantità e conosciuti da tempo per le loro proprietà salutari, in gran parte dovute ai cosiddetti ellagitannini, in particolare punicalagina e acido ellagico.

“Finora, il recupero e la valorizzazione di questi sottoprodotti sono stati ostacolati dalla mancanza di una tecnica di estrazione adeguata, in grado di restituire un prodotto completamente solubile in acqua e più sicuro per l’organismo. Infatti, la qualità e le proprietà degli estratti di prodotti naturali, tra cui i sottoprodotti della melagrana, dipendono anche dalla tecnica estrattiva. L’applicazione della cavitazione idrodinamica, già verificata con successo su sottoprodotti degli agrumi e delle filiere forestali, ha consentito di estrarre una grande quantità di bucce e semi di melagrana in sola acqua, a bassa temperatura e in pochi minuti, con un consumo energetico molto limitato, restituendo un prodotto completamente solubile”, sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del CNR-IBE.

Lo studio ha previsto la somministrazione dell’estratto di melagrana per via orale a ratti spontaneamente ipertesi. “Dopo la somministrazione orale, i risultati hanno dimostrato una buona bioaccessibilità intestinale e la capacità di contrastare efficacemente l’incremento della pressione in un modello sperimentale di ipertensione, migliorando la disfunzione e riducendo lo spessore dell’endotelio, che è il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni. In aggiunta a questo, la somministrazione dell’estratto di melagrana ha dimostrato importanti effetti a livello cardiaco, perché ha consentito di abbassare i livelli di citochine, le molecole responsabili dei processi infiammatori e fibrotici a livello cellulare. Questi riscontri suggeriscono la possibilità di sviluppare meccanismi diversi e a più ampio spettro, rispetto alla protezione cardiovascolare”, afferma Lara Testai dell’Università di Pisa.

Questo tipo di ricerca scientifica dimostra come gli scarti della lavorazione di prodotti vegetali come la melagrana siano ricchi di sostanze preziose per la salute, rappresentando anche un valore aggiunto in un’ottica di sostenibilità. Gli esiti dello studio, infatti, oltre a suggerire i potenziali benefici per la salute umana, potranno contribuire ad aumentare il valore della filiera della melagrana e ad abbattere l’impatto ambientale connesso ai relativi sottoprodotti.

Processo estrattivo del succo di melagrana
Processo estrattivo del succo di melagrana. Crediti per la foto: Francesco Meneguzzo

Roma, 21 febbraio 2024

 

La scheda

Chi: Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Firenze), Università degli studi di Pisa – dipartimento di farmacia, Università degli studi di Parma – dipartimento di medicina e chirurgia, Azienda ospedaliero-universitaria di Parma – divisione di cardiologia, Azienda unità sanitaria locale-Ircss di Reggio Emilia – dipartimento di salute pubblica, HyRes srl

Che cosa: Benedetti G., Flori L., Spezzini J., Miragliotta V., Lazzarini G., Pirone A., Meneguzzo C., Tagliavento L., Martelli A., Antonelli M., Donelli D., Faraloni C., Calderone V., Meneguzzo F. and Testai L. (2024) Improved Cardiovascular Effects of a Novel Pomegranate Byproduct Extract Obtained through Hydrodynamic Cavitation «Nutrients» 16, 506

Link alla ricerca: https://doi.org/10.3390/nu16040506

Testo e foto dall’Ufficio Stampa del Consiglio nazionale delle ricerche – CNR

Agenti Conversazionali: interagire in modo naturale con l’Intelligenza Artificiale

 

I motori di ricerca che rispondono a domande verbali ancora non riescono a interagire in modo naturale con l’utente. Un nuovo meccanismo è stato messo a punto per capire e predire dove sta andando una conversazione tra umano e Intelligenza Artificiale
Agenti Conversazionali: interagire in modo naturale con l’Intelligenza Artificiale

Tramite gli assistenti digitali personalizzati basati sull’Intelligenza Artificiale, gli utenti interagiscono con i motori di ricerca utilizzando sempre più spesso query di ricerca conversazionali, anziché digitare le domande sulla tastiera. Interagire in modo verbale con l’Intelligenza Artificiale consente di formulare domande più mirate, specifiche e pertinenti a livello personale. In questo modo, l’utente mira a ottenere in modo più rapido ciò di cui ha bisogno nello specifico, intrattenendo una vera e propria conversazione con il sistema di ricerca online. Ma come conversa una Intelligenza Artificiale? Come fa a restringere le risposte all’area di interesse specifica dell’utente? Questa è la questione su cui al momento la scienza e l’ingegneria dell’informazione si stanno concentrando.

Da uno studio (https://www.dei.unipd.it/~ferro/papers/2023/SIGIR2023-FFMPT.pdf) del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa in collaborazione con Università di Padova e CNR arriva un metodo per valutare e prevedere l’efficacia di sistemi di Intelligenza Artificiale, come gli assistenti vocali, nel portare avanti una conversazione che soddisfi le aspettative dell’utente.

“Il punto di partenza – spiega Nicola Tonellotto, docente di ingegneria informatica all’Università di Pisa – è l’esigenza che gli agenti conversazioni siano ad un tempo efficaci, e cioè che diano risposte corrette, e in grado di mantenere l’interesse dell’utente durante la conversazione. Il nostro meccanismo riesce a dare al sistema un feedback immediato sull’andamento della conversazione, per esempio vedendo se il range di risposte cade al di fuori dell’area di interesse di chi sta facendo la domanda. Lo facciamo andando ad analizzare le proprietà matematiche e le relazioni tra i modelli di domande e risposte”.
SIGIR
Il lavoro è stato premiato con l’ACM SIGIR 2023 Best Paper Award Honorable Mention alla conferenza SIGIR (Conference on Research and Development in Information Retrieval), che riunisce annualmente i maggiori esperti sia accademici che industriali di reperimento delle informazioni, la scienza alla base dei motori di ricerca.
“Il lavoro sull’interazione tra esseri umani e intelligenza artificiale è parte delle attività del FoReLab (forelab.unipi.it), il laboratorio del Dipartimento che conduce ricerca all’avanguardia sulle tecnologie per il nuovo paradigma di società e industria 5.0. – prosegue Tonellotto – La ricerca su una sempre maggiore personalizzazione dei sistemi di intelligenza artificiale sui singoli utenti è destinata infatti ad avere un grande impatto anche nella nuova industria, per esempio nel campo della progettazione, generando dimostratori a partire da descrizioni testuali, per il supporto clienti tramite risponditori automatici con personalizzazione basate su social media, per interfacce uomo-macchina di ultima generazione, in grado di semplificare processi di controllo e ispezione, per ottimizzare la catena di gestione e produzione, e in diversi altri campi della società, come la medicina personalizzata, dove si possono progettare  interfacce personalizzate che si adattano automaticamente ai pazienti”.
Testo e foto dall’Unità Comunicazione Istituzionale dell’Università di Pisa.

MATERIALI QUANTISTICI: SCOPERTO UN NUOVO STATO DELLA MATERIA CONTRADDISTINTO DAL FENOMENO QUANTISTICO CHIAMATO CORRENTE CHIRALE
Su Nature studio guidato da Ca’ Foscari che potrà avere applicazioni basate su nuovi dispositivi nei campi della sensoristica, biomedicale e delle rinnovabili. Scoperta possibile grazie al Sincrotrone italiano Elettra.

mercoledì 7 febbraio 2024

Interno del Sincrotrone Elettra, a Basovizza, Triestefisica quantistica corrente chirale
Interno del Sincrotrone Elettra, a Basovizza, Trieste. Foto di Betta27, in pubblico dominio

VENEZIA – Un gruppo internazionale di ricerca ha scoperto un nuovo stato della materia contraddistinto dall’esistenza di un fenomeno quantistico chiamato corrente chirale. Tali correnti sono generate su scala atomica da un movimento cooperativo di elettroni, che è all’origine della nuova fase della materia appena scoperta, a differenza dei materiali magnetici convenzionali le cui proprietà hanno origine dalla caratteristica quantistica di un elettrone nota come spin e dal loro ordinamento nel cristallo.

La chiralità è una proprietà di estrema importanza nelle scienze, per esempio è anche fondamentale per capire il DNA. Nel fenomeno quantistico scoperto la chiralità delle correnti è stata rilevata studiando un processo di interazione tra luce e materia nel quale un fotone opportunamente polarizzato è in grado di emettere un elettrone dalla superficie del materiale con uno stato di spin ben definito.

La nuova scoperta, pubblicata oggi sulla prestigiosa rivista Nature, arricchisce in modo significativo la conoscenza sui materiali quantistici, in particolar modo sulla ricerca di fasi quantistiche chirali e sui fenomeni che avvengono alla superficie dei materiali.

“La rivelazione dell’esistenza di questi stati quantistici – spiega Federico Mazzola, ricercatore in Fisica dei materiali all’Università Ca’ Foscari Venezia e leader dello studio – può aprire la strada per lo sviluppo di un nuovo tipo di elettronica che impieghi correnti chirali come portatori di informazioni al posto della carica dell’elettrone. Inoltre, tali fenomeni potrebbero avere un importante risvolto per applicazioni future basate su nuovi dispositivi optoelettronici chirali, e un grande impatto nel campo delle tecnologie quantistiche per nuovi sensori, così come nel campo biomedico ed in quello delle energie rinnovabili”.

Nato da una predizione teorica, questo studio ha verificato in modo diretto e per la prima volta l’esistenza di questo stato quantistico, fino ad ora enigmatico ed elusivo, grazie all’utilizzo del Sincrotrone italiano Elettra. Finora la conoscenza circa l’esistenza di questo fenomeno era infatti limitata a predizioni teoriche per alcuni materiali. La sua osservazione sulle superfici dei solidi lo rende estremamente interessante per lo sviluppo di nuovi dispositivi elettronici ultra sottili.

Il gruppo di ricerca, che comprende partner nazionali e internazionali tra cui l’Università Ca‘ Foscari di Venezia, l’Istituto Spin e l’Istituto Officina dei Materiali del CNR e l’Università di Salerno, ha investigato il fenomeno su un materiale già noto alla comunità scientifica per le sue proprietà elettroniche e per applicazioni di spintronica superconduttiva, ma la nuova scoperta ha un respiro più ampio, essendo molto più generale ed applicabile ad una vasta gamma di materiali quantistici.

Questi materiali stanno rivoluzionando la fisica quantistica e l’attuale sviluppo di nuove tecnologie, con proprietà che vanno ben oltre quelle descritte dalla fisica classica.

Hanno partecipato allo studio ricercatrici e ricercatori dal Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari, Istituto Officina dei Materiali, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Fisica Teoretica dell’Università Jagellonica (Polonia), Istituto di Fisica dell’Accademia Polacca delle Scienze, Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello” dell’Università di Salerno, Istituto SPIN del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Sincrotrone SOLEIL, Interdisciplinary Nanoscience Center dell’Università di Aarhus, Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisica e Astronomia Department of Physics and Astronomy dell’Università Nazionale di Seul, Seul, Korea.

Riferimenti bibliografici:

Mazzola, F., Brzezicki, W., Mercaldo, M.T. et al. Signatures of a surface spin–orbital chiral metal, Nature (2024), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-024-07033-8

 

Testo dall’Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo Università Ca’ Foscari Venezia

Al via EPIQUE, per sviluppare il computer quantistico fotonico europeo

Progetto europeo da 10 milioni di euro guidato da Sapienza Università di Roma con 18 partner, tra cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università degli Studi di Firenze.

EPIQUE

(17/01/2024) – Fare da apripista per un computer quantistico europeo basato su fotoni, i quanti di luce: è la sfida di EPIQUE, il progetto di ricerca finanziato con 10.340.000 di euro dalla Commissione Europea realizzato da 18 partner di 12 Paesi e guidati da Sapienza Università di Roma e che prende il via oggi con il kick-off meeting.

“L’importante risultato ottenuto con il finanziamento del progetto EPIQUE coordinato dal professor Fabio Sciarrino, a cui vanno i più sinceri complimenti per il prestigioso riconoscimento ottenuto, è una ulteriore conferma – dichiara la Rettrice della Sapienza Antonella Polimeni – dell’impegno dell’Ateneo nell’ambito delle tecnologie quantistiche. Questo progetto si aggiunge ad altre iniziative che vedono Sapienza quale centro di eccellenza del settore, come leader dello Spoke sulle tecnologie fotoniche nell‘ambito del partenariato finanziato dal PNRR sulle quantum technologies, e come partner dello Spoke sul Quantum Computing della fondazione ICSC. Un nuovo successo per la nostra comunità che conferma la sempre crescente attenzione verso l’ecosistema europeo della ricerca.”

I computer quantistici sono una delle più promettenti tecnologie del futuro, macchine potenzialmente capaci di risolvere problemi impossibili anche per i più potenti super computer, ma si tratta di dispositivi in fase prototipale e sono ancora molte le possibili strade di sviluppo. Tra le più promettenti c’è quella basata sulla luce: l’uso di fotoni nel ruolo di qubit. Proprio per studiare in modo approfondito il potenziale offerto dallo sviluppo di piattaforme di calcolo quantistico fotonico nasce EPIQUE – European Photonic Quantum Computer, un progetto che punta a fare da apripista in un ambito con ampi margini di sviluppo.

Prototipi di computer quantistici basati su tecnologie fotoniche hanno dimostrato in questi anni importanti punti di forza, in particolare quelli di avere una bassa decoerenza dei qubit che permette di minimizzare la perdita dell’informazione, una semplice infrastruttura che non richiede di operare a temperature vicine allo zero come nei processori a superconduttori e una naturale integrazione con i sistemi di comunicazione a fibra ottica per la creazione di reti. Ben 3 delle 4 dimostrazioni ad oggi pubblicate di quantum advantage – ossia la capacità di eseguire un processo di calcolo di fatto impossibile per un computer tradizionale – sono state ottenute usando tecnologie fotoniche.

Tuttavia, i risultati esistenti sono stati spesso limitati da apparati ingombranti e difficili da scalare. Riconoscendo il potenziale di questo percorso tecnologico, EPIQUE punta ora a raccogliere le tante realtà europee, sia il mondo accademico che le Piccole e Medie Imprese, già oggi tra i leader al mondo in vari settori delle tecnologie fotoniche, per arrivare alla realizzazione di una piattaforma quantistica fotonica di uso generale. EPIQUE punterà allo sviluppo di 3 diversi prototipi dimostrativi di computer quantistici fotonici a decine di qubits e ad aprire la strada verso una più ambiziosa piattaforma quantistica di oltre 1.000 qubits.

“Il lavoro di EPIQUE è pronto a stabilire un nuovo standard europeo nella ricerca sul calcolo quantistico fotonico”, afferma Fabio Sciarrino della Sapienza, coordinatore di EPIQUE. “Integrando i progressi sia nelle tecnologie che sugli algoritmi – aggiunge – ci concentreremo sullo sviluppo di un percorso verso una piattaforma innovativa di calcolo quantistico. L’impatto delle tecnologie che svilupperemo potrà anche influenzare altre aree di applicazione delle tecnologie quantistiche, come il rilevamento quantistico e la metrologia”.

“I computer classici funzionano grazie al flusso di elettroni attraverso circuiti microelettronici. Una dinamica simile si rispecchia nei computer quantistici fotonici, che si avvalgono di circuiti fotonici integrati. In questi circuiti, i singoli fotoni sono incaricati di realizzare calcoli complessi”, spiega Roberto Osellame, Direttore di Ricerca al CNR-IFN di Milano. “Al CNR – aggiunge – noi creiamo questi circuiti fotonici incidendoli nel vetro mediante l’uso di laser. Grazie al progetto EPIQUE, prevediamo di elevare la complessità di questi dispositivi a livelli mai raggiunti prima, superando gli attuali standard tecnologici”.

EPIQUE è uno dei sei progetti, sulla base di altrettante soluzioni tecnologiche, ideati per sviluppare fisicamente un computer quantistico europeo nell’ambito della Quantum Flagship lanciata dalla Commissione Europea nel 2018 e finanziata con circa 1 miliardo di euro.

 

I partner di EPIQUE sono:

– Sapienza Università di Roma (Uniroma1) Italy

– Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Italy

– Università degli Studi di Firenze (Unifi) Italy

– Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) France

– Commissariat a l’Energie Atomique et aux Energies Alternatives (CEA) France

– Quandela France

– Single Quantum Bv (Single Quantum) Netherlands

– Universitaet Paderborn (UPB) Germany

– Ruprecht-Karls-Universitaet Heidelberg (UHEI) Germany

– Qubig Gmbh (Qubig) Germany

– Universitat Wien (UniVie) Austria

– Danmarks Tekniske Universitet (DTU) Denmark

– Nkt Photonics A/S Denmark.

– Laboratorio Iberico Internacional de Nanotecnologia Lin (INL) Portugal

– Naukowa I Akademicka Siec Komputerowa – Panstwowy Instytut (NASK) Poland

– Ceske Vysoke Uceni Technicke V Praze (CVUT) Czechia

– Tyndall, University College Cork – National University of Ireland, Cork (UCC) Ireland

– Interuniversitair Micro-Electronica Centrum (IMEC) Belgium

Maggiori informazioni sono disponibili al sito web https://cordis.europa.eu/project/id/101135288

 

Testo e imagini dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA: finanziato con 4 milioni di euro il progetto di ricerca IMPACT, coordinato dall’Università di Padova

Finanziato con 4 milioni di euro e coordinato dall’Università di Padova, studierà il ruolo e l’impatto di alterazioni genetiche sulla progressione clinica della cardiomiopatia aritmogena aprendo la strada allo sviluppo di nuove terapie per la gestione clinica della malattia e a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Si chiama IMPACT – Cardiogenomics meets Artificial Intelligence: a step forward in arrhythmogenic cardiomyopathy diagnosis and treatment – il progetto di ricerca della durata di 36 mesi finanziato con 4 milioni di euro dall’European Innovation Council per la cardiogenomica. La missione dell’European Innovation Council, istituito dalla Commissione europea nel 2021, è quella di individuare e sviluppare tecnologie innovative per la ricerca.

LOGO IMPACT

 Il team internazionale – coordinato dalla professoressa Alessandra Rampazzo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e composto da Universiteit Maastricht (dottoressa Martina Calore), Universitair Medisch Centrum Utrecht (dottoressa Anneline te Riele), Gruppo Lutech (dottoressa Barbara Alicino), Consorzio Italbiotec (dottoressa Melissa Balzarotti), Ksilink (dottor Peter Sommer) e Italfarmaco (dottor Christian Steinkuhler) – studierà lo sviluppo di nuove terapie per la cardiomiopatia aritmogena (ACM), una malattia genetica che colpisce il cuore e che rappresenta una delle principali cause di aritmie ventricolari e morte cardiaca improvvisa. Con un’incidenza di 1 su 5000, può essere considerata una malattia cardiovascolare di grande rilevanza.

Del gruppo padovano guidato da Alessandra Rampazzo fanno parte il professor Libero Vitiello e la dottoressa Martina Calore del dipartimento di Biologia che si focalizzeranno sull’analisi di modelli in vivo e in vitro di malattia allo scopo di identificare dei bersagli terapeutici, la professoressa Milena Bellin sempre del dipartimento di Biologia che valuterà l’effetto patogeno di varianti genetiche utilizzando microtessuti cardiaci umani generati da cellule staminali pluripotenti coltivate in laboratorio, la professoressa Paola Braghetta del dipartimento di Medicina Molecolare e il dottor Nicola Facchinello del CNR-Istituto di Neuroscienze  che metteranno a disposizione le competenze istologiche e biochimiche per studiare i meccanismi molecolari che controllano la funzionalità cardiaca nei modelli di malattia.

Alessandra Rampazzo cardiomiopatia aritmogena
Alessandra Rampazzo, coordinatrice del progetto di ricerca IMPACT per lo sviluppo di nuove terapie per la cardiomiopatia aritmogena – ACM

La cardiomiopatia aritmogena è una patologia degenerativa che interessa il cuore, frequentemente coinvolta nella morte improvvisa di atleti e adolescenti. Il segno istopatologico caratterizzante è la sostituzione fibroadiposa del miocardio, che pregiudica il funzionamento del muscolo cardiaco portando all’insorgenza di aritmie ventricolari. Ad oggi non è disponibile alcuna terapia per prevenire o almeno rallentare le progressive modificazioni del tessuto cardiaco.

Numerosi sono i geni le cui mutazioni sono certamente coinvolte in questa patologia, alcuni dei quali scoperti dal gruppo di ricerca della professoressa Alessandra Rampazzo. Tuttavia, molte delle alterazioni genetiche identificate nel DNA dei pazienti affetti sono di significato incerto e non ancora direttamente correlati alla patologia, e quindi di utilità limitata sia per i genetisti che per i medici.

«Grazie ai finanziamenti ottenuti da Horizon Europe, il nostro progetto di ricerca si propone di aprire nuove prospettive terapeutiche basandosi sui risultati ottenuti nei diversi modelli proposti. Si tratta di un progetto innovativo e multidisciplinare, il cui successo è fortemente sostenuto dalle diverse ma complementari competenze dei partner europei che fanno capo a istituzioni accademiche e aziende leader nel settore informatico, biotecnologico e farmaceutico – dice la professoressa Alessandra Rampazzo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, coordinatrice scientifica del team internazionale –. Una tale collaborazione consentirà di raggiungere gli ambiziosi traguardi prefissati. L’obiettivo generale del progetto finanziato dalla comunità europea è quello di integrare e analizzare mediante l’intelligenza artificiale i dati clinici e molecolari provenienti dal registro dei pazienti con ACM con dati provenienti da analisi strutturali e funzionali di modelli cellulari, quali microtessuti cardiaci tridimensionali, e modelli in vivo. Questi risultati ci permetteranno di ottenere una migliore comprensione del ruolo e dell’impatto di alterazioni genetiche sulla progressione clinica della cardiomiopatia aritmogena. Inoltre – conclude Alessandra Rampazzo – il progetto prevede uno screening e una successiva valutazione del potenziale terapeutico di numerosi composti e molecole innovative, sia in modelli cellulari che animali».

La scoperta di nuovi bersagli terapeutici e la comprensione dei meccanismi patogenetici sottostanti non solo potrebbero portare a nuove terapie per l’ACM, ma potrebbero aprire la strada ad una migliore gestione clinica della malattia e a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Il meeting di tutti i partecipanti, che ufficializzerà l’avvio del progetto, si terrà a Padova il 26 e 27 ottobre 2023.

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MORTI IMPROVVISE E CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA: GIOVEDÌ VERRÀ PRESENTATO IL PROGETTO IMPACT

Giovedì 26 ottobre 2023, dalle ore 14.00, nella Casa della Rampa Carrarese della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in via Arco Valaresso 32 a Padova verranno presentati partner, competenze e dati preliminari del progetto IMPACT.

Il meeting si concluderà nel primo pomeriggio di venerdì 27 ottobre nella Sala Conferenze di Palazzo del Monte di Pietà in piazza Duomo 14 a Padova della Fondazione Cariparo con la discussione degli aspetti tecnico scientifici del progetto IMPACT.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova. Aggiornato il 24 ottobre 2023.

PROGETTO GLAMS: BASI LUNARI COSTRUITE CON LA MATERIA PRIMA DEL SATELLITE TERRESTRE

Finanziato da ASI – Agenzia Spaziale Italiana – il progetto di ricerca dell’Università di Padova coordinato da Luca Valentini del Dipartimento di Geoscienze in cui si utilizzerà la tecnologia di stampa 3D per realizzare leganti cementizi a partire da sedimenti, polvere e frammenti di materiale lunari che si trovano in loco.

GLAMS (Geopolimeri per Additive Manufacturing e Monitoraggio Lunare) è il nome del progetto biennale dell’Università di Padova finanziato con oltre 400.000 euro dall’Agenzia Spaziale Italiana ed è risultato vincitore del bando “Giornate della ricerca accademica spaziale”, classificandosi al primo posto nell’area tematica “Materiali Avanzati”.

Si pone la finalità di realizzare elementi strutturali per la costruzione di basi lunari, mediante un approccio di stampa 3D che utilizza leganti cementizi formulati a partire da suoli lunari (regoliti), secondo il principio dello sfruttamento di materie prime disponibili in loco. Tale principio consentirà di minimizzare i costi e l’impatto ambientale dovuti al trasporto di materie prime dal pianeta Terra alla Luna.

GLAMS – coordinato dal Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali “Giuseppe Colombo” (CISAS) – in partnership con l’Istituto di Chimica della Materia Condensata e di Tecnologie per l’Energia del CNR (ICMATE) con sede a Genova e WASP, azienda italiana leader nel settore della stampa 3D – vede come responsabile scientifico il professor Luca Valentini del Dipartimento di Geoscienze, mentre il professor Carlo Bettanini e la dottoressa  Giorgia Franchin del Dipartimento di Ingegneria Industriale sono i leader di specifici work package.

Il team di ricerca intende ottimizzare il “cemento lunare” formulato a partire dalla regolite, tenendo conto delle specificità delle condizioni ambientali del satellite, tra cui le elevate escursioni termiche, le condizioni di ridotta gravità e pressione atmosferica e l’impatto di micro-meteoriti.

A tal fine, gli elementi strutturati verranno realizzati mediante un processo produttivo che consentirà di realizzare materiali con struttura macro-porosa, capace di conferire eccellenti proprietà di isolamento termico, con la finalità di mitigare il degrado dovuto ai cicli gelo-disgelo causato dalle estreme variazioni di temperatura. Inoltre, all’interno delle unità strutturali verranno integrati opportuni sensori per il monitoraggio di impatti micro-meteoritici.

Progetto GLAMS basi lunari Esempio di struttura porosa - analisi 3D mediante microtomografia a raggi X - di un campione di cemento
Esempio di struttura porosa – analisi 3D mediante microtomografia a raggi X – di un campione di cemento

Il progetto GLAMS

Nella prima fase del progetto, l’unità di ricerca dell’Università di Padova, sotto la guida di Luca Valentini e Giorgia Franchin, formulerà i “leganti geopolimerici” ottenuti dall’attivazione chimica della regolite lunare: questo tipo di legante non prevede l’utilizzo del classico cemento Portland, comunemente utilizzato per la costruzione in ambiente terrestre. Infatti, rispetto a quest’ultimo, sono caratterizzati da emissioni di CO2 significativamente ridotte, inoltre le proprietà allo stato fresco di questi leganti verranno opportunamente ottimizzate per consentire una corretta estrusione mediante stampa 3D.

Nelle fasi successive, l’Istituto di Chimica della Materia Condensata e di Tecnologie per l’Energia del CNR con sede a Genova provvederà a selezionare opportuni agenti schiumogeni che consentiranno di conferire una struttura macro-porosa al legante geopolimerico indurito.

Progetto GLAMS basi lunari Stampa 3D per estrusione di miscela geopolimerica
Stampa 3D per estrusione di miscela geopolimerica

Successivamente i partner di WASP si occuperanno di implementare le formulazioni ottimizzate durante le fasi precedenti del progetto, alla realizzazione di un prototipo di elemento strutturale, con struttura macro-porosa, a media scala, mediante stampa 3D.

Infine, il gruppo coordinato da Carlo Bettanini provvederà alla sensorizzazione degli elementi strutturali, integrando opportune reti di sensori, finalizzate al monitoraggio continuo degli impatti micro-meteoritici.

L’auspicio è che i risultati del progetto GLAMS possano contribuire a soddisfare le esigenze delle agenzie spaziali che prevedono, entro il prossimo decennio, di realizzare missioni spaziali finalizzate a costruire habitat lunari che possano ospitare insediamenti umani semi-permanenti.

Luca Valentini
Luca Valentini

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova sul Progetto GLAMS per la costruzione di basi lunari con materia prima dal satellite.