Spatial Transcriptomic: una metodica innovativa che svela informazioni fondamentali sull’apparato muscolo scheletrico
Uno studio italo-francese, coordinato dalle università Sapienza e Sorbona, evidenzia le potenzialità di una metodica di ultima generazione nella comprensione del legame tra struttura del muscolo scheletrico ed espressione genica. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Cell Reports, avrà importanti risvolti nella cura di alcune patologie traumatiche.
Il muscolo scheletrico è una struttura organizzata, composta da distretti anatomici ben definiti, come vasi sanguigni, tessuto connettivo e nervi, ognuno con compiti ben precisi.
A oggi non è chiara la correlazione diretta tra struttura del tessuto ed espressione genica. Da qui la difficoltà a stabilire come ciascuna unità corrisponda a contesti fisio-patologici specifici.
Proprio per approfondire tali aspetti è nata una collaborazione tra il gruppo di studio della Sapienza guidato da Luca Madaro del Dipartimento di Scienze anatomiche, istologiche, medico legali e dell’apparato locomotore e quello dell’Università Sorbona di Parigi guidato da Lorenzo Giordani. Al lavoro hanno preso parte anche Alberto Macone e Laura Ciapponi della Sapienza e Claudio Sette dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Reports, evidenzia le potenzialità di una metodica innovativa, chiamata Spatial Transcriptomic, nel colmare la carenza di informazioni circa la correlazione tra struttura del muscolo scheletrico ed espressione genica: tale approccio, insieme a un’analisi temporale, ha permesso di stabilire come i geni siano regolati in specifici distretti dell’apparato e come questa espressione genica si modifichi per effetto di perturbazioni esterne.
Il processo innovativo consiste in una combinazione tra la trascrittomica, disciplina che studia l’insieme di tutti gli RNA messaggeri detti trascrittomi, e l’immunofluorescenza, una tecnica immunologica che consente il rilevamento e la localizzazione di un’ampia varietà di antigeni in un dato tessuto o cellula.
Mediante questa tecnica, è stato possibile ottenere altre informazioni di notevole importanza sulla distribuzione spaziale degli enzimi, responsabili della sintesi delle poliammine, risulta essere circoscritta in una parte del muscolo corrispondente alle fibre muscolari con metabolismo glicolitico, e l’espressione di questi geni risulta dipendere dal nervo. Infatti, in caso di lesione di quest’ultimo, si osserva un’alterazione dell’espressione di tali geni.
Questi risultati hanno portato i ricercatori all’ipotesi che il ripristino dell’equilibrio nella sintesi delle poliammine potrebbe quindi rappresentare una valida strategia terapeutica in patologie traumatiche o genetiche dove il muscolo risulti denervato. Solo studi futuri potranno, però, confermare e dimostrare tale ipotesi innovativa.
Riferimenti:
Spatially resolved transcriptomics reveals innervation-responsive functional clusters in skeletal muscle – Chiara D’Ercole, Paolo D’Angelo, Veronica Ruggieri, …, Claudio Sette, Lorenzo Giordani, Luca Madaro – Cell Reports 2022 DOI:https://doi.org/10.1016/j.celrep.2022.111861
Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma
Il Museo di Anatomia Umana “Luigi Rolando” dell’Università di Torino
Chi visita il Museo di Anatomia Umana ha la possibilità di immergersi in un eccezionale esempio di museo scientifico ottocentesco, rimasto praticamente inalterato. Il Museo contiene infatti preparati anatomici artificiali e naturali, esposti in vetrine affollate. Le collezioni sono rese fruibili ai visitatori tramite postazioni video, codici QR e la guida cartacea disponibile al bookshop.
La prima sala del Museo di Anatomia Umana Luigi Rolando. Credits: Museo di Anatomia Umana, Università degli Studi di Torino
Una lunga storia
Il Museo di Anatomia Umana è uno dei più antichi appartenenti all’Università di Torino. Le sue origini risalgono infatti al 1739, quando il professore di anatomia Giovan Battista Bianchi sviluppa il Progetto per il Museo della Regia Università. Nelle sale espositive sono conservati alcuni preparati appartenenti a queste prime raccolte, ma la maggioranza dei materiali risale al secolo successivo. A cavallo tra Sette e Ottocento il Museo gode dell’attività di Direttori autorevoli, come Luigi Rolando, studioso del sistema nervoso, con la spiccata capacità di coniugare dati di natura morfologica, funzionale ed embriologica e fondatore della scuola neuroanatomica torinese. Gli succede Lorenzo Restellini, patriota convinto, medaglia al valore militare, che combatte in diverse battaglie risorgimentali come volontario nel servizio sanitario militare. Infine Carlo Giacomini, che sviluppa la scuola anatomica torinese in vari campi (neuroanatomia, anatomia topografica, embriologia, antropologia, primatologia) e mette a punto procedimenti tecnici originali per l’allestimento di preparati anatomici macro e microscopici, in parte conservati nel museo. Partecipa anche ad attività sanitarie durante eventi bellici, nel quadro della nascente Croce Rossa Internazionale. Questi scienziati contribuirono all’ampliamento delle collezioni anatomiche, pensate con scopo didattico: servivano infatti agli studenti e ai ricercatori di medicina nell’ambito dei propri studi.
Nel 1898 il Museo viene spostato nel Palazzo degli Istituti Anatomici, nato nell’ambito della Città della Scienza, voluta dai professori universitari e dalla Città di Torino per dare uno spazio funzionale e di prestigio alle discipline scientifiche. Qui le collezioni trovano la loro collocazione definitiva, che permane fino ad oggi.
Varcando la soglia del Museo si ha la sensazione di entrare in una “cattedrale della scienza” con un impianto architettonico che si sviluppa in una serie di colonne di granito che sostengono le volte a crociera e suddividono lo spazio in tre navate. Sulle pareti, in apposite lunette, sono collocati i ritratti di personaggi illustri del mondo accademico e naturalistico, come Andrea Vesalio, Marcello Malpighi, Giulio Bizzozero e lo stesso Luigi Rolando, l’unico posizionato nella sala dedicata allo studio del cervello.
Le collezioni esposte
Il Museo di Anatomia Umana espone preparati anatomici artificiali (prevalentemente modelli in cera), naturali (conservati a secco o in liquido) e collezioni frenologiche e primatologiche.
Lo scorticato, realizzato da Ercole Lelli, rappresenta un esempio di ceroplastica settecentesca. Credits: Museo di Anatomia Umana, Università degli Studi di Torino
Le cere del Museo, recentemente restaurate, rappresentano una delle più ricche collezioni esistenti. La raccolta comprende oltre 200 opere di ceroplastica, alcune delle quali risalenti alla seconda metà del Settecento. Altri preparati artificiali sono la “donna solo nel ventre aperta”, in gesso, che rappresenta uno dei pezzi più antichi esposti all’interno del Museo, già menzionata nel primo catalogo, datato 1739. Degno di nota è anche L’uomo di Auzoux, un modello anatomico di scorticato, realizzato in cartapesta dal medico e anatomista francese Louis-Jérome Auzoux, scomponibile in 129 pezzi ed appartenente alla prima serie entrata in commercio (1830).
L’uomo di Auzoux, uno dei pezzi più pregiati esposti in museo, è un esempio di preparati anatomici artificiali. Credits: Museo di Anatomia Umana, Università degli Studi di Torino
I preparati anatomici a secco e in liquido risalgono prevalentemente alla seconda metà dell’Ottocento, quando nuove tecniche di preparazione favoriscono l’allestimento di preparati di anatomia “naturale”. In molte vetrine si osservano preparati che sembrano ripetitivi, mentre osservando più attentamente si notano piccole differenze anatomiche, oggetto di interesse per lo studio della variabilità individuale.
La prima vetrina della sala principale mostra una serie di scheletri di feti umani a diverso stadio di ossificazione, dal terzo mese di gravidanza alla nascita; poco più avanti due vetrine conservano lo scheletro di una persona affetta da gigantismo acromegalico contrapposto a uno di nano armonico.
Nella seconda sala si apprezza una numerosa collezione di cervelli, preparati secco secondo il metodo di conservazione messo a punto da Carlo Giacomini. In questa sala, dedicata allo studio del cervello, è esposta anche una parte della collezione craniologica, composta da più di 1000 crani, preparati prevalentemente durante la seconda metà dell’Ottocento. Si tratta di una delle collezioni più importanti per il numero di individui di età e sesso noti.
Infine, la collezione frenologica, donata al Museo dall’Accademia di Medicina nel 1913, è composta da diverse teste in gesso, tra cui anche quella di Gall, fondatore della disciplina, oltre a calchi in gesso di crani e teste di personaggi divenuti famosi nel bene e nel male (come Cavour, Napoleone, Raffaello Sanzio…). La frenologia era una disciplina in voga nella prima metà dell’Ottocento, soprattutto in ambito artistico, che riteneva di poter individuare all’interno di precise aree del cervello la localizzazione di attitudini varie, qualità morali e facoltà individuali. Esaminando esternamente il cranio di un individuo si credeva di poter individuare le “bozze” della benevolenza, dell’affettività, della combattività, ecc.
Le collezioni “nascoste”
Tra le collezioni conservate nel deposito del Museo vi è quella di strumenti medico-chirurgici militari oltre a quella di calchi di reperti paleoantropologici.
La pinza “cavapalle” appartiene alla collezione di strumenti medico chirurgici Ottocenteschi e serviva ad estrarre i proiettili o altri corpi estranei dai soldati feriti sul campo. Credits: Museo di Anatomia Umana, Università degli Studi di Torino
Gli strumenti medico-chirurgici, oltre 200, sono stati attribuiti, per caratteristiche e tipologie costruttive e grazie alla presenza in molti casi dei marchi dei costruttori, a un periodo che va dalla fine del Settecento agli ultimi decenni dell’Ottocento. Sono state utilizzate dai due anatomisti Lorenzo Restellini e Carlo Giacomini durante le campagne militari ottocentesche. Successivamente sono stati disposti, nel corso del Novecento, nella sala settoria dell’Istituto Anatomico, dove venivano utilizzati nelle normali attività di dissezione da professori e studenti. Le operazioni di riordino del patrimonio in strumentaria di interesse storico-scientifico effettuate in anni recenti hanno permesso la loro identificazione e valorizzazione.
Questo è il calco dell’incisione di un uro presente nella Grotta del Romito ed appartiene alla collezione paleontologica del Museo di Anatomia Umana. Credits: Museo di Anatomia Umana, Università degli Studi di Torino
La collezione di calchi paleontologici, invece, è stata realizzata a partire dal 1980, anno di attivazione del Laboratorio di Paleontologia Umana da parte del prof. Giacomo Giacobini presso l’allora Istituto di Anatomia Umana dell’Università di Torino. Il Laboratorio ha sviluppato attività di ricerca riunendo, grazie anche a collaborazioni internazionali, una ricca collezione di elevata qualità di calchi di reperti paleoantropologici: reperti osteologici (principalmente crani), manufatti paleolitici (litici, in osso, avorio …), opere d’arte parietale e mobiliare, e un’importante collezione di sepolture paleolitiche. La collezione di calchi di sepolture è fra le più ricche al mondo ed ha un elevato valore scientifico, in quanto rappresenta una fotografia dello scavo paleoantropologico al momento del rinvenimento, poi successivamente smantellato.
Il Museo di Anatomia Umana Luigi Rolando dell’Università di Torino fa parte del Sistema Museale di Ateneo (SMA).
UN SIMULATORE PER ALLENARE I GIOVANI NEUROCHIRURGHI
Prima nel mondo, l’Università di Torino offre un rivoluzionario corso di tecnica chirurgica basato su una piattaforma di simulazione ibrida che integra strumenti digitali e fisici attraverso realtà aumentata e Scientific 3D Modelling. La tecnologia, sviluppata in Italia da UpSurgeOn, permette di abbattere tempi e costi della formazione dei chirurghi, riducendo la possibilità di errori sui pazienti.
Un simulatore per allenare i giovani neurochirurghi
Permettere di acquisire in mesi abilità che di norma richiedono anni di pratica, abbattere i costi – oggi altissimi – per la formazione dei neurochirurghi e aumentare la sicurezza per i pazienti, sono gli obiettivi di questo tipo di tecnologia. È una svolta epocale nella storia della chirurgia quella andata in scena nell’antica sala Settoria di Anatomia umanadell’Università di Torino il 16 febbraio, con l’inaugurazione della UpSurgeOn Academy, il primo corso sperimentale di tecnica chirurgica completamente basato su tecnologie di simulazione.
La Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia dell’Università di Torino è infatti la prima istituzione accademica al mondo che – grazie al suo direttore il prof. Diego Garbossa (Direttore Neurochirurgia U – AOU Città della Salute e della Scienza di Torino) e con il supporto del prof. Alessandro Vercelli, Vice Rettore vicario alla Ricerca Biomedica – permette ai suoi giovani neurochirurghi di eseguire veri e propri interventi cranici, con una importante novità: il training si svolge senza preparati di origine cadaverica – e ovviamente senza pazienti – ma con l’ausilio della BrainBox e dell’AnatomyTouch, simulatori ibridi sviluppati da UpSurgeOn con la sofisticata tecnica del Scientific 3D Modelling, in grado di riprodurre la natura anatomica e organica del corpo umano con un livello di fedeltà, accuratezza e realismo mai raggiunti prima d’ora.
Come avviene già oggi per i piloti in ambito aereonautico, si tratta di un primo passo concreto verso la certificazione delle abilità psicomotorie basate su simulazione.“Programmi simulation-based, come quelli di UpSurgeOn, permettono di acquisire e potenziare su base giornaliera abilità estremamente complesse necessarie per la neurochirurgia e la chirurgia in generale. I nostri specializzandi – spiega il prof. Diego Garbossa – possono simulare e ripetere delicati interventi chirurgici e, grazie alla realtà aumentata, visualizzare e interagire con i risultati sul loro tablet o smartphone. Tutto questo anche da remoto, cosa che in epoca Covid permette di continuare il training”.
Un simulatore per allenare i giovani neurochirurghi
Di norma uno specializzando deve aspettare molti anni per accedere alla sala operatoria, e anche quando ha la sua opportunità, non può ripetere l’esercizio con regolarità, perdendo ogni volta i progressi fatti. È come insegnare a un giovane allievo a suonare il pianoforte, ma dandogli la possibilità di toccare alcuni suoi tasti solo poche volte l’anno. Da oggi invece, con la UpSurgeOn Academy, il chirurgo potrà svolgere diverse volte una procedura prima di approcciare il paziente reale: aumenta quindi la qualità chirurgica e la sicurezza per i pazienti, un tema cruciale dal punto vista sanitario ma anche legale, basti pensare che circa il 19% delle cause legali in medicina riguarda la neurochirurgia.
Un simulatore per allenare i giovani neurochirurghi
Il periodo di formazione può così ridursi di qualche anno – oggi sono circa 10 – abbattendo drasticamente costi oggi altissimi (negli USA la formazione di uno specializzando può costare a un ospedale più di $1.2 milioni) legati anche alla pratica su cadavere (o su preparati anatomici), da sempre una spesa notevole quanto indispensabile nella formazione chirurgica che – in molti paesi – si traduce nella totale assenza di personale formato e quindi di cure chirurgiche.
Un simulatore per allenare i giovani neurochirurghi
“Se nei paesi sviluppati permettono di ridurre costi e anni di formazione, le tecnologie di simulazione chirurgica rappresentano nei paesi in via di sviluppo l’unico mezzo di formazione sostenibile e a basso costo. Con un impatto sociale enorme: nel mondo oggi si calcola una carenza di circa 27.000 neurochirurghi, a fronte di circa 5 milioni di casi chirurgici non trattati per la scarsità di chirurgi esperti. Anche per questo la nostra tecnologia – spiega il dr Federico Nicolosi, CEO di UpSurgeOn e Consultant di neurochirurgia presso l’Humanitas di Milano – dopo i riconoscimenti di numerose istituzioni scientifiche (tra tutte la World Federation of Neurosurgical Societies) ha ricevuto nel 2019 il grant Horizon 2020, il più importante finanziamento tecnologico dell’European Innovation Council”.
“Queste tecnologie, definite ibride perché nascono dalla fusione di bio-modellazione e realtà virtuale attraverso un nuovo processo che abbiamo definito “Scientific 3D Modelling” – aggiunge il dr Nicolosi – sono state ideate e sviluppate interamente in Italia, a Milano, dopo alcuni anni di sperimentazione scientifica, a partire dal 2017, quando con il Dr Giannantonio Spena (Direttore del Dipartimento di Neurochirurgia di Lecco) e il Dr Paolo Raimondo (VP Corporate Development dell’azienda) abbiamo fondato UpSurgeOn, start-up tecnologica specializzata in enhancement cognitivo e psicomotorio applicato alla chirurgia”.
Un simulatore per allenare i giovani neurochirurghi
Testo, foto e video dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino.