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Un collettivo di ricerca italiano per una riflessione costruttiva sul tema della carne coltivata a supporto di un processo decisionale ragionato

Una discussione interdisciplinare sul tema dell’agricoltura cellulare diventa una nota critica revisionata tra pari: pubblicati sulla rivista One Earth 10 spunti che, a partire dal caso specifico italiano, vengono proposti ai decisori politici e agli esperti del settore.

Quello della carne coltivata è oggi un argomento polarizzante nel discorso politico mondiale. L’Italia è stato il primo Paese ad approvare una legge che vieta produzione e vendita di prodotti ottenuti tramite agricoltura cellulare: da qui l’urgenza, percepita dalle ricercatrici e dai ricercatori che studiano il tema, di impostare una riflessione che possa contribuire a guidare i decisori politici, e tutte le parti interessate, a intraprendere percorsi di valutazione ragionati, fondati su evidenza scientifica e caratterizzati da un approccio interdisciplinare.

Politecnico di TorinoUniversità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Università di Torino, insieme all’Università di Roma Tor Vergata, all’Università di Trento, a The Good Food Institute Europe e all’Istituto di scienze delle produzioni alimentari, si pongono in prima fila nell’affrontare una sfida ben precisa: promuovere un sostegno bipartisan alla ricerca scientifica, che permetta a questa di verificare se siano plausibili la sostenibilità e la praticabilità dell’agricoltura cellulare, per poi lasciare alle parti politiche le decisioni in materia di policy. È fondamentale sensibilizzare la coscienza collettiva sull’importanza di garantire ricerca libera e rispettata a priori, tenuta ben distinta dalle scelte regolamentari, necessarie ma attinenti a un dominio diverso in una democrazia che ha tra i propri valori il progresso della conoscenza.

Le ricercatrici e i ricercatori coinvolti nel progetto – 19 in tutto – hanno quindi elaborato dieci spunti confluiti in una nota critica revisionata tra pari pubblicata oggi su One Earth, la rivista dell’editore scientifico Cell Press che si occupa specificatamente di sostenibilità. Dal titolo “Cultivated meat beyond bans: Ten remarks from the Italian case toward a reasoned decision-making process” l’articolo – ad accesso libero e gratuito – vede nel ruolo di autori corrispondenti Michele Antonio Fino, professore di diritto all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Alessandro Bertero, professore di biotecnologie all’Università di Torino, e Diana Massai, professoressa di bioingegneria al Politecnico di Torino. Hanno con loro partecipato alla stesura del testo esperti in biologia delle cellule staminali e dei muscoli, medicina rigenerativa e ingegneria dei tessuti, bioingegneria, ingegneria industriale, tecnologie e sicurezza alimentare, diritto comparato, filosofia etica, semiotica, psicologia e percezione del consumatore, nonché comunicazione scientifica.

L’attenzione delle ricercatrici e dei ricercatori si è concentrata in primo luogo sulla libertà della ricerca, necessaria all’innovazione. Come garanzia della libertà serve un uso corretto del linguaggio per riferirsi al tema: termini quali “coltivato” o “carne coltivata” – che riportano all’origine biologica delle cellule e al metodo di produzione – non sono equivalenti a “artificiale” o “carne sintetica”. Altrettanto fondamentale è la salvaguardia dell’integrità delle informazioni trasmesse, il discorso pubblico deve infatti diffidare di tutte quelle scorciatoie linguistico-concettuali usate per descrivere i prodotti dell’agricoltura cellulare e che rischiano di compromettere la capacità degli individui di formarsi una propria opinione sulla base dei dati.

L’agricoltura cellulare ha un potenziale importante, in un mondo che si trova oggi ad affrontare sfide alimentari e ambientali non più rimandabili, con la previsione di una crescita della popolazione che raggiungerà tra i 9 e gli 11 miliardi entro il 2050. Ed è pertanto irresponsabile minare la fiducia dei consumatori nella valutazione dei nuovi alimenti, mettendo in discussione le autorità competenti in materia, qual è l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

Nel testo si evidenzia quindi l’importanza di fornire consistente sostegno alla ricerca pubblica allo scopo di mitigare i rischi di iniquità associati ai brevetti privati e ai potenziali monopoli. Gli autori e le autrici si rivolgono ai decisori politici per richiedere una stabilità normativa che possa sostenere gli sforzi della ricerca e il potenziale trasferimento tecnologico in tema di nuovi alimenti. Non manca, infine, un riferimento alla libertà individuale nelle scelte alimentari: una volta appurata la sicurezza e approvata la produzione, la libertà di compiere scelte alimentari non deve essere infatti limitata da alcuna maggioranza ma lasciata al singolo.

“Negli ultimi anni, in diversi paesi è emersa una linea politica contraria alla carne coltivata non fondata sui risultati di una ricerca scientifica compiuta – commentano Alessandro BerteroMichele Antonio Fino e Diana Massai – La situazione creatasi in Italia, con la conseguente crisi di conoscenza acuita da decisioni politiche basate su informazioni come minimo incomplete, ha ispirato la nascita di un collettivo di ricerca fortemente interdisciplinare. La posizione che ne è scaturita è un appello argomentato a riportare il sapere scientifico e la ricerca al centro del dibattito su un tema cruciale com’è quello della agricoltura cellulare. In quanto settima economia mondiale, l’Italia ha la responsabilità di contribuire in modo attivo e consapevole al progresso della conoscenza, prima che venga svolta qualsiasi valutazione su tecnologie capaci di influire sul futuro alimentare globale”.

Torino, 20 dicembre 2024

il primo hamburger di carne coltivata (2013) a Londra, prodotto dall'Università di Maastricht. Fotogramma World Economic Forum estratto da video YouTube (7:53), CC BY 3.0
il primo hamburger di carne coltivata (2013) a Londra, prodotto dall’Università di Maastricht. Fotogramma World Economic Forum estratto da video YouTube (7:53), CC BY 3.0

Testo dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

FOOD&SCIENCE FESTIVAL: Intrecci – Ottava edizione | Mantova, 17 – 19 maggio 2024

Food&Science Festival: ecco l'ottava edizione dal 17 al 19 maggio 2024

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Food&Science Festival: ecco l'ottava edizione dal 17 al 19 maggio 2024 poster


Se il percorso è breve, significa anche che è migliore? Non è detto, soprattutto parlando di scienza. Mescolanze, ricombinazioni e contaminazioni determinano un continuo dialogo tra i saperi provocando accelerazioni, rallentamenti e deviazioni difficilmente prevedibili ma molto spesso positivi. È su questi fenomeni che riflette l’ottava edizione del Food&Science Festival, a Mantova da venerdì 17 a domenica 19 maggio, dedicata agli Intrecci tra alimentazione, scienza, agricoltura, tecnologia, ambiente e salute. Promosso da Confagricoltura Mantova, ideato da FRAME – Divagazioni scientifiche e organizzato da Mantova Agricola, il Festival torna a dialogare con il proprio pubblico chiamando a raccolta scienziati, divulgatori, accademici ed esperti del panorama scientifico e culturale nazionale e internazionale per provare a immaginare il nostro futuro, a partire dal cibo.

Dalle conseguenze dell’emergenza climatica alla discussione sulle politiche agricole, dalla memoria di una forte tradizione produttiva alla nuova era della digital transformation, il viaggio nelle trame che legano settore agroalimentare e indagine scientifica si aprirà a incontri, tavole rotonde, focus tematici, eventi speciali, laboratori, mostre e visite guidate dove favorire l’incontro tra società, culture ed esperienze differenti attraverso la molteplicità di voci, prospettive e approcci creativi che contraddistinguono la manifestazione fin dalle sue prime edizioni.

Ad alternarsi nella tre giorni mantovana saranno professionisti di varie discipline che, insieme, dimostreranno con la propria presenza e il proprio lavoro la capillarità degli intrecci che legano settori diversi tra loro. Tra i molti, anche la columnist del “Washington Post” Tamar Haspel, che in un radicale cambio di vita è finita ad allevare ostriche a Cape Cod, Francesco Costa, giornalista e vicedirettore de “Il Post”, Oana Dima, executive manager del network europeo sull’agricoltura sostenibile tramite genome editing, il Premio Nobel per la Pace per le ricerche condotte sul cambiamento climatico Riccardo Valentini (in dialogo sabato alle 14.30 a Palazzo della Ragione con Alberto Mario Levi dell’Accademia Nazionale di Agricoltura), il chimico e divulgatore scientifico Dario Bressanini, Roberta Sonnino, docente di Sistemi alimentari sostenibili dell’Università del Surrey, Francesco Branca, direttore del dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di Ginevra, l’alpinista italiano Silvio Mondinelli, tra i pochissimi scalatori ad aver raggiunto tutte le quattordici vette più alte del mondo senza l’uso di ossigeno supplementare, e la food writer Sara Porro, vincitrice con Joe Bastianich del premio Bancarella della Cucina.

Non solo: animatori degli eventi speciali, parteciperanno anche i giornalisti scientifici Marco Ferrari e Roberta Villa, conduttori della Rassegna Stampa più amata di Mantova (venerdì e sabato, ore 9.30, Loggia del Grano), e Ruggero Rollini, YouTuber e divulgatore, “padrone di casa”, anzi di divano, su cui sabato e domenica intervista gli ospiti tra un incontro e l’altro.

Una molteplicità di prospettive su temi ampi e diversi in cui scienza e alimentazione si aprono a riflessioni su clima e tutela del suolo (con il vincitore del Glinka World Soil Prize della FAO Luca Montanarella), religione (con Giovanni Pernigotto, della Diocesi di Mantova), diritto (con Michele Fino, docente di Fondamenti del Diritto Europeo), psicologia (con la docente di psicologia dei consumi e della salute Guendalina Graffigna), chimica (con i divulgatori della pagina Il chimico sulla tavola, che smaschera tutti i falsi tentativi del mangiare per non mangiare, tra cibi “a zero calorie” e alimenti “light”, domenica alle ore 14.30 a Palazzo della Ragione), biodiversità (con Gabriele Guidi, comandante dei Carabinieri Forestali Forlì-Cesena, Federico Magnani dell’Università di Bologna e Gilmo Vianello, vicepresidente Accademia Nazionale di Agricoltura, sabato alle ore 15.15 a Palazzo della Ragione) e molto ancora.

Anche quest’anno l’inaugurazione ufficiale – alla presenza anche del Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, in dialogo con il Presidente nazionale Confagricoltura Massimiliano Giansanti – avrà luogo venerdì alle ore 17 e vedrà alternarsi sul palco del Teatro Bibiena, la più prestigiosa cornice della manifestazione, esponenti del mondo politico e delle istituzioni. A dare il via all’ottava edizione, con il tradizionale taglio del nastro, il Presidente di Confagricoltura Mantova Alberto Cortesi, l’Assessore all’Agricoltura Sovranità Alimentare e Foreste di Regione Lombardia Alessandro Beduschi e il Sindaco del Comune di Mantova Mattia Palazzi che consegneranno il premio Agricoltura Mantovana ad una personalità di spicco del mondo scientifico, seguiti dai partecipanti della tavola rotonda moderati dal giornalista Claudio Cerasa in cui esponenti del mondo delle istituzioni affronteranno i temi più attuali in campo agroalimentare in vista delle imminenti elezioni europee.

Come di consueto, oltre al Teatro Scientifico Bibiena, saranno tanti i luoghi di Mantova coinvolti: Palazzo della Ragione, Loggia del Grano (rassegna stampa e conferenze), Piazza Leon Battista Alberti (conferenze, laboratori, bookshop, ufficio stampa e accoglienza relatori), Piazza Mantegna (incontri), Piazza delle Erbe (Infopoint e laboratori), Piazza Marconi, Piazza Concordia, Sala delle lune e dei nodi (conferenze), Sala delle Capriate (installazioni, laboratori e degustazioni) e Via Goito (laboratori), vie e piazze cittadine. Tutti gli eventi sono gratuiti con registrazione obbligatoria sul sito del Festival.

FOOD&SCIENCE FESTIVAL: Intrecci - Ottava edizione | Mantova, 17 – 19 maggio 2024

I FILONI DELLE CONFERENZE

Legàmi

È un mosaico multidisciplinare ed estremamente composito quello che emerge esplorando il primo dei filoni tematici del Food&Science Festival: ambiente, legislazione, cibo, salute, sport, nutrizione, solo per citarne alcuni, sono i temi affrontati nella sezione Legàmi attraverso confronti, dialoghi e incontri in cui a essere certo è solo il punto di partenza, mai l’arrivo. Per esempio: cosa lega un’editorialista del “Washington Post” a un allevamento di ostriche in Massachusetts? La singolare parabola di vita di Tamar Haspel, giornalista statunitense, vincitrice nel 2015 del James Beard Foundation Award, il riconoscimento a “talenti e risultati eccezionali” legati al mondo alimentare, nella categoria “Food-Related Colums”. Proprio come nel suo libro To Boldly Grow (G.P. Putnam’s Sons, 2022), a Mantova aiuterà il pubblico a “cambiare idea”: abbiamo la tentazione di pensare che tutte le nostre convinzioni siano basate sui fatti e che i fatti persuaderanno gli altri. Nessuna di queste cose è vera, soprattutto quando si parla di cibo, in cui le emozioni giocano un ruolo molto importante (sabato, ore 14.30, Teatro Bibiena). Di una particolare dieta si occupa invece un altro degli ospiti di questa ottava edizione, il direttore del dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’OMS Francesco Branca che, in dialogo con Roberta Villa, mostrerà al pubblico la relazione tra dieta, anzi, “stile di vita” mediterraneo e ambiente mostrando in cosa consiste Una dieta sana e sostenibile, per tutti (sabato, ore 16, Teatro Bibiena).

Rimanendo in tema, Elena Dogliotti e Chiara Matilde Ferrari, biologhe nutrizioniste e supervisore scientifiche per Fondazione Umberto Veronesi (che cura l’incontro), esploreranno invece l’impatto delle scelte alimentari sul nostro pianeta e sulla nostra salute, coinvolgendo attivamente il pubblico partendo dalle domande “Ti sei mai interrogato su quali siano le scelte alimentari più sane per te e sostenibili per il pianeta? Che idea ti sei fatto?”. Tutti i partecipanti del Festival potranno scrivere le proprie risposte su un foglietto e imbucarle nella box che troveranno allo stand di registrazione (domenica, ore 16.30, Loggia del grano).

Tra gli ospiti, anche Luca Montanarella, tra i massimi scienziati esperti di suolo al mondo, invitato ad analizzare la zona che unisce tutela del suolo e transizione ecologica (sabato, ore 11.45, Teatro Bibiena), il Presidente della SIGA (Società Italiana Genetica Agraria) Silvio Salvi, a Mantova per ripercorrere i 70 anni dell’associazione scientifica nata con lo scopo di promuovere e valorizzare gli studi nel settore, e il duo Michele Morgante, direttore scientifico dell’Istituto di Genomica Applicata di Udine, Luciano Navarini, responsabile della ricerca e del coordinamento scientifico di Illycaffè Spa, con cui ricostruire la storia genetica dell’Arabica, la specie di caffè responsabile di oltre il 60% della produzione globale, grazie alla recente ricostruzione dei suoi cromosomi. Un risultato determinante per lo sviluppo di eventuali nuove varietà, più resistenti alle malattie o ai cambiamenti climatici, raccontato da chi ha contribuito attivamente al lavoro di ricostruzione e mappatura (sabato, ore 10.15, Teatro Bibiena). Genetica ma in campo animale è quella di cui parla Alessandro Bagnato, docente dell’Università degli Studi di Milano, che spiega cosa è davvero il miglioramento genetico in questo campo e perché Non si fanno animali a sei zampe! (domenica, ore 10.30, Loggia del grano).

Evoluzione e alimentazione si intrecciano anche nel racconto di Gabriella Morini, ricercatrice all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Davide Risso, senior research scientist per Tate & Lyle, co-autori di DeGustibus (Topic Edizioni, 2023) che mostrano come il gusto sia stato e continui a essere il protagonista del percorso evolutivo della specie, oltre che punto di contatto tra cultura, scienza e cucina (domenica ore 15.15, Piazza Leon Battista Alberti). Non solo: nell’equazione di cibo e scienza entra anche lo sport, portato sul palco del Festival da Silvio Mondinelli e Raffaella Scotto. Entrambi alpinisti, lui ha messo a segno tutte le quattordici vette più alte del mondo, lei è medico specialista in scienze dell’alimentazione: tra consigli utili e vissuto personale, insieme delineeranno il profilo della nutrizione corretta per frequentatori e amanti della montagna (sabato, ore 12.30, Loggia del grano). Dai paesaggi reali a quelli fantastici, Tito Faraci, uno dei più importanti sceneggiatori di fumetti italiani, porta a Mantova una domanda: come viene raccontato il cibo nei fumetti? Cosa mangiano gli abitanti di Topolinia? Quali manicaretti nasconde il ricettario di Nonna Papera? Domenica alle ore 11.45 al Teatro Bibiena risponde in dialogo con Dario Bressanini, chimico, grande appassionato del genere e autore, tra gli altri, proprio del fumetto Doctor Newtron (Feltrinelli Comics, 2023).

Ai legami tra nutrizione e territorio, infine, guardano due appuntamenti: il primo è un percorso per conoscere le principali tappe dell’evoluzione e dello sviluppo dell’allevamento di suini nel territorio mantovano, insieme al responsabile divulgazione e formazione tecnica di Levoni (che cura l’evento) Gian Luigi Restelli, che presenterà in anteprima la nuova accademia Assaggezza (domenica, ore 16.45, Piazza Leon Battista Alberti); il secondo, sarà invece il racconto di Novant’anni anni di ricerca e innovazione, in tavola di un prodotto, quello del Parmigiano Reggiano, nel novantesimo anniversario della fondazione del Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano (che cura l’evento). Per l’occasione, domenica alle ore 14.30 alla Loggia del grano, verranno presentati a Mantova i diversi ambiti di ricerca che vedono il Parmigiano Reggiano come protagonista, insieme ad Andrea Devecchi e Valentina Pizzamiglio, Chief Technical Officer presso Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano.

Nell’ottica dell’integrazione fra saperi e mestieri diversi che da sempre caratterizza il Festival, ci sarà poi un dialogo in collaborazione con il Politecnico di Milano – che partecipa con alcune iniziative sviluppate nell’ambito del progetto di ricerca PNRR Onfoods – Research and Innovation for Sustainable Food and Nutrition – tra Silvia Falasco, dottoranda del dipartimento ABC, architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito, che sta lavorando per misurare l’impatto ambientale di alcuni prodotti tipici della filiera mantovana, come il melone e la pera e i rappresentanti dei consorzi agricoli coinvolti (domenica, ore 16, Piazza Leon Battista Alberti).

Radici

Tradizioni, memoria, trasformazioni. Che significato hanno queste parole nel dizionario del presente? Di quali stili di vita sono portatori, da dove arrivano, e come si stanno modificando? È un viaggio intorno al mondo, tra le storie e le epoche, quello raccontato dagli interpreti di Radici, il secondo filone tematico del Festival. Punto di partenza: gli Stati Uniti, il luogo che più di ogni altro ci mostra in anteprima cosa accadrà dalle nostre parti. In una panoramica “on the road” tra gli american dishes più popolari, lo fa scoprire al pubblico di Mantova il vicedirettore de “Il Post” Francesco Costa, guida d’eccezione verso e oltre la Frontiera degli Stati Uniti, come titola il suo più recente libro, uscito quest’anno per Mondadori (domenica, ore 10, Teatro Bibiena). Dagli USA all’India, ma anche all’Europa e all’Africa, si muove invece Alessandro Marzo Magno, narratore delle rotte dei Piatti senza frontiere: lo storico dell’alimentazione proporrà un giro intorno al mondo per dimostrare quante e quali sono le contaminazioni che ogni giorno portiamo a tavola, dalla pasta col pomodoro che di italiano ha ben poco, al gelato per cui dobbiamo ringraziare il mondo arabo (domenica, ore 10.15, Palazzo della Ragione).

Viaggio nel passato è invece quello della coppia formata da Roberta Villa e dalla storica medievalista Roberta Piccinni, sabato alle ore 15.15 in Piazza Leon Battista Alberti, cantrici del ruolo della donna nella cucina medievale, tra agricoltura e pastorizia (con il sostegno di Fondazione Banca Agricola Mantovana), settore, quest’ultimo, che è anche il trait d’union degli intrecci di fibre intessuti da Luca Battaglini, docente di scienze e tecnologie animali all’Università di Torino, e Claudio Grisolini, dell’azienda di lana Tessilnova, che spiegano come le tradizioni siano fondamentali per mantenere il territorio addentrandosi nel campo della Traditional Ecological Knowledge, in cui coesistono e si sviluppano conoscenza indigena e conoscenze tradizionali delle risorse locali (domenica, ore 12.15, Loggia del grano). Rimanendo in tema di armonia tra uomo e natura, il direttore scientifico dell’Orto Botanico di Parma Renato Bruni e lo scienziato ed esperto di gestione forestale Giorgio Vacchiano spiegheranno quali strategie adottano le piante per sopravvivere e far fronte a una minaccia: non una, come facciamo troppo spesso noi esseri umani, ma tante e diverse tra loro, ognuna necessaria a coprire una piccola parte del problema e, insieme, capaci di risolverlo nella sua interezza (sabato, ore 17.30, Teatro Bibiena).

Proseguendo, sarà poi Amedeo Reyneri del dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, ad andare Oltre il biologico per concentrarsi sull’agricoltura rigenerativa e illustrare i benefici di questo approccio emergente ma non ancora codificato a cui le istituzioni europee stanno iniziando ad interessarsi ma che necessita ancora di strumenti adatti e indagini valutative (sabato, ore 14.30, Piazza Leon Battista Alberti). Stesso argomento, quello dell’agricoltura rigenerativa, proposto anche nell’incontro attraverso cui Syngenta intende proseguire il proprio discorso sul tema: dopo averne identificato lo scorso anno definizioni e pratiche, verranno raccontate quest’anno al Food&Science Festival le esperienze concrete portate avanti da alcune aziende, testimonianze preziose per evidenziare non solo i punti di forza ma anche le eventuali criticità incontrate. Ne parleranno Massimo Scaglia Amministratore Syngenta Italia e Mauro Coatti, Technical support Head Syngenta Italia, insieme ad alcuni ospiti del mondo istituzionale, scientifico e del comparto agricolo, tra cui Francesco Manca, imprenditore agricolo e Luca Montanarella, componente del Joint Research Center della Commissione Europea (venerdì, ore 14.30, Palazzo della Ragione).

Parola chiave di questo secondo filone, alle radici comuni dell’equilibrio tra corpo e mente, guarda invece Augusto Consoli, neuropsichiatra infantile dell’ASL Città di Torino, chiamando l’attenzione sui disturbi alimentari come espressione non solo di disagio emotivo ma anche ricerca di pienezza che non riguarda la sfera fisica ma quella emotiva e valoriale (sabato, ore 11, Piazza Leon Battista Alberti). Una riflessione che non si esaurisce qui ma può espandersi fino ad entrare nel campo della filosofia, delle scienze sociali, persino della teologia spirituale, dove a riprendere le fila è un altro degli ospiti del Festival: Giovanni Pernigotto, responsabile del Tavolo del Bene Comune della Diocesi di Mantova, protagonista dell’incontro Contro la cultura dello scarto. Per un’etica della fiducia (sabato, ore 11.30, Sala delle Lune e dei Nodi).

Chiudono la panoramica Enrica Favaro, medico specializzanda in Scienze dell’Alimentazione, e Matteo Ghisolfi, performer e studente di medicina, conduttori di un divertente quiz interattivo per andare oltre il frigorifero di casa e sfatare miti comuni e false verità sull’alimentazione facendo ricorso ai più recenti studi ed evidenze scientifiche sul tema (venerdì, ore 11, Piazza Leon Battista Alberti, riservato alle scuole), e Mattia Garutti che porta a Mantova un messaggio: non è mai troppo presto per iniziare a fare prevenzione, seguire stili di vita sani e fare qualche controllo medico (sabato, ore 11.30, Loggia del grano).

Effetto farfalla

Un battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas?”. È il titolo dell’articolo con cui il fisico Edward Lorents descriveva nel 1972 l’Effetto farfalla, secondo cui minime variazioni nelle condizioni di un sistema possono produrre nel tempo conseguenze anche molto significative all’interno del sistema stesso. Casualità e causalità, responsabilità, scelte e i loro effetti: sono questi gli elementi messi in gioco nella terza declinazione tematica del Festival, che più di ogni altra contempla il ruolo svolto dall’errore come motore di cambiamento.

Lo sanno bene Piero Martin e Devis Bellucci, protagonisti di un appuntamento in cui il minimo comune multiplo è proprio lo sbaglio. Il primo, docente di fisica sperimentale all’Università di Padova, ne parlerà raccontando alcune delle curiose Storie di errori memorabili che compongono il suo più recente saggio (Laterza, 2024), mentre il secondo, docente di scienza e tecnologia dei materiali all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, metterà insieme “la lunga sequela di errori” raccolta nel recente Eppure non doveva affondare (Bollati Boringhieri, 2024) per dimostrare che una delle caratteristiche della Scienza non è l’infallibilità, ma la capacità di ripensare se stessa a partire da sbagli, inesattezze, ingenuità e sciocchezze che costellano il suo cammino (domenica, ore 17.30, Piazza Leon Battista Alberti). E di sbagli ce ne sarà sicuramente almeno più di uno nell’insieme di conoscenze che crediamo di avere sulla plastica. Per esempio: la bottiglietta di plastica è meglio della borraccia di alluminio? Siamo vicini o lontani al sogno di produrre plastica da materiali come mais o canna da zucchero? Parlando di riciclo, siamo messi bene o male? Nell’incontro a seguire, alle 18.15 sempre in Piazza Leon Battista Alberti, chiariscono ogni dubbio i divulgatori e ricercatori Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, autori del libro Quello che sai sulla plastica è sbagliato (Gribaudo, 2023).

Quello che sai sulla plastica è sbagliato – Intervista

E non poteva mancare nel filone Effetto farfalla un incontro dedicati a insetti, animali e ambiente. Si confronteranno sul tema Maurizio Casiraghi, ordinario di Zoologia ed evoluzione all’Università di Milano Bicocca, che si concentra sui piccoli esseri viventi indispensabili per la nostra vita e la biodiversità del nostro ambiente, e star del suo ultimo libro, Vite formidabili (Il Mulino, 2024), e Stefano Mazzotti, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara, che dall’infinitesimamente piccolo alza lo sguardo verso altre Meravigliose creature (Il Mulino, 2024), portandoci alla scoperta di animali esotici in ambienti straordinari, dal Borneo alla Papua Nuova Guinea, facendo scorrere davanti ai nostri occhi una collezione di specie incredibili, ognuna delle quali rappresenta una valida ragione per impegnarsi, sempre e tanto, nella preservazione della biodiversità. Al Food&Science saranno insieme sabato alla Loggia del Grano alle ore 16.

Lontana dal regno animale ma vicina a clima e ambiente, la docente di Sistemi alimentari sostenibili dell’Università del Surrey Roberta Sonnino, autrice principale del Quadro della FAO per l’Agenda Alimentare Urbana torna a mettere al centro il cibo inserendosi in questo contesto attraverso riflessioni ampie che si intrecceranno a quelle riguardanti ricerca, politica e sostenibilità dei sistemi alimentari, fattori chiave del Green Deal Europeo e di strategie come Farm-to-Fork. Arricchiscono la panoramica gli esempi pratici vicini al nostro quotidiano portati da Anna Meroni, Marta Corubolo, Lucia Viganego e Daniela De Sainz del dipartimento di Design del Politecnico di Milano, che stanno progettando scenari di prossimità, collaborazione e trasversalità per il sistema urbano Milanese (sabato, ore 11.15, Palazzo della Ragione). Il rapporto, le cause e le conseguenze del clima che cambia l’energia, che cambia il clima, saranno invece al centro del dibattito a tre voci tra Anna Caponi, ricercatrice presso il laboratorio di Interaction Design dell’Università degli Studi di Siena, Roberto Mezzalama, docente dell’Università di Torino e Sofia Pasotto, attivista climatica, attesi domenica alle ore 16.30 a Palazzo della Ragione.

Salute delle piante e sicurezza alimentare nell’incontro di sabato alla Loggia del Grano, aperto dall’intervento di Alex Gobbi, Interim Scientific Officer dell’EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare (ore 11.15) e seguito dal confronto volto a sottolineare la complessità delle questioni agricole e della ricerca legata al rapporto tra scienza e agricoltura, soprattutto nell’ambito della difesa delle colture, a cui alle ore 11.45 parteciperanno Massimiliano Giansanti, Presidente nazionale di Confagricoltura e Paolo Tassani, Presidente di Federchimica – Agrofarma (in collaborazione con Federchimica – Agrofarma).

Completano il quadro di questa sezione Enrica Savoia, Olimpia Cabrini e Laura Maccarana, le relatrici del panel La misura del tempo delle donne in agricoltura, a cura di QdL – Quelle del Latte, che aggiungono il tassello della gestione d’impresa declinata al femminile (sabato, ore 12.30, Piazza Leon Battista Alberti), e il doppio appuntamento riservato alle scuole di venerdì mattina alla Loggia del grano (ore 9 e ore 10.45) Smogville. Fino all’ultimo respiro, a cura di Fondazione Umberto Veronesi.

Intrighi

Niente caratterizza il nostro secolo quanto la progressiva e inarrestabile velocità della comunicazione; l’informazione prodotta viaggia rapida, molto spesso incontrollata e a volte incontrollabile, distorcendosi nel tragitto. Nasce con l’intento di “raddrizzarla” il contenitore tematico Intrighi, metaforico luogo in cui approfondire le dinamiche che regolano fake news, lobbying e fact-checking mentre si danno battaglia intorno e sopra le nostre tavole. Perché spesso è proprio qui, sul cibo, che tutto converge: economia e società, psicologia e benessere, naturale e artificiale.

Tra gli altri, lo spiega con precisione e semplicità Andrea Devecchi: medico e specialista in scienze dell’alimentazione, arriva a Mantova per fare chiarezza sul digiuno intermittente e le altre diete strambe in un’operazione di “divulgazione medica” a metà tra fact-checking e debunking (domenica, ore 11, Palazzo della Ragione). Stesso approccio per Alessandro Mustazzolu, che domenica alle ore 10 in Piazza Leon Battista Alberti sfata miti e false credenze armato di evidenze scientifiche. Di contaminazione in contaminazione, dalle uova alla salmonella, dalle confetture al botulino, il giovane e brillante microbiologo, divulgatore scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità, offrirà al pubblico un punto di vista originale, completo e corretto per aiutare a rispondere a chiunque dica che “si è sempre fatto così”, o, come recita il titolo del suo recentissimo libro Non è mai morto nessuno (Gribaudo, 2024).

Da una prospettiva psicologica e comportamentale si sviluppano invece i successivi tre incontri con altrettanti professionisti del settore. Il primo è Andrea Pezzana, direttore della struttura complessa di nutrizione clinica della ASL Città di Torino, che parte dagli effetti delle “bufale” alimentari sul mercato e le mette in relazione con i concetti di Intoxication e Infoxication, termine coniato negli anni ’90 per descrivere la sindrome – già allora preoccupante – dell’intossicazione da eccessiva informazione (sabato, ore 12.15, Palazzo della Ragione). E allora, come orientarsi e fare ordine nel disordine informativo in cui ci troviamo? Risponde Roberta Villa nel suo Controglossario di medicina (Gribaudo, 2023), viaggio tra le parole che crediamo di conoscere dalla A di abbronzatura (che non è un marchio di salute) alla Z di zucchero (che non è un veleno), aiutando il pubblico a non lasciarsi ingannare né dai preconcetti né dalle trappole di chi, fingendo di parlare di scienza, fa invece i propri interessi (domenica, ore 10.45, Piazza Leon Battista Alberti).

I processi mentali che sottendono ai consumi alimentari e ai processi decisionali sono invece rispettivamente affrontati da Guendalina Graffigna, docente di Psicologia dei Consumi e della Salute presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza (sabato, ore 10.30, Palazzo della Ragione) e dal duo di divulgatori scientifici Non è la Zebra, con cui (ri)conoscere le distorsioni cognitive che ci guidano nelle scelte, persino quelle al ristorante (venerdì, ore 9, Piazza Leon Battista Alberti riservato alle scuole e domenica alle ore 12.30 a Palazzo della Ragione per il resto del pubblico). E parlando di cucina, pietanze e ristoranti… quando è successo che tutto è diventato improvvisamente gourmet? In una notte, risponde Sara Porro, tanto è stata improvvisa la transizione. Domenica alle 11.30 in Piazza Leon Battista Alberti, con voce divertita e divertente, l’autrice di La notte in cui tutto divenne gourmet (Einaudi, 2023) e la semiologa Simona Stano tracciano un’attenta ricognizione che intreccia linguaggio, marketing, economia e storytelling mettendo in campo, anzi a tavola, alcuni degli ingredienti utilizzati anche da un altro ospite del Festival, Michele Fino. Docente di fondamenti del diritto Europeo, Food Law ed ecologia giuridica presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, divulgatore giuridico, presenta il suo ultimo libro, Non me la bevo (Mondadori, 2024), coraggiosa azione di debunking delle mode e delle leggende che il marketing ha sapientemente “versato” nei calici del vino che acquistiamo e consumiamo (sabato, ore 17.45, Piazza Leon Battista Alberti). Accanto a lui, il degustatore Armando Castagno, ideatore e direttore di corsi di approfondimento per l’Associazione Italiana Sommelier. Un simile approccio analitico e divulgativo su una materia complessa come l’utilizzo della chimica nella filiera agroalimentare è quello che viene utilizzato anche nell’incontro, in collaborazione con Federchimica – Agrofarma e Federchimica – Aispec, rivolto al processo che porta dal campo al piatto: a spiegarne tutti i passaggi saranno gli esperti divulgatori di Non è la zebra e Il chimico sulla tavola (sabato, ore 16, Piazza Leon Battista Alberti).

Infine, con Ernesto Dezza, trova spazio in questa sezione la teologia, sempre esplora dal punto di vista dei temi cari al Festival. Docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è pronto a proporre una riflessione antropologica e filosofica sul cibo provocatoriamente intitolata Il frutto proibito, percorso letterario attraverso quattro episodi eloquenti – la mela dell’Eden, la ciliegia della Svizzera, le pere del Nord Africa e l’uva di Assisi – di una storia gustosa e affascinante (domenica, ore 11.45, Palazzo della Ragione).

Innesti

Introdurre nuovi elementi in insiemi preesistenti per creare contaminazioni e sperimentare nuove convivenze: a questo servono gli Innesti. Il quinto filone del Food&Science Festival indaga il rapporto tra enti pubblici e privati nel campo della ricerca e degli investimenti, domandando ai propri interlocutori quale sia il modo migliore per contribuire alla valorizzazione e al sostegno di realtà locali e territoriali. E infatti, la ricerca pubblica e privata, intreccio ormai indissolubile, è al centro del dialogo tra Camilla Corsi, responsabile mondiale della ricerca Crop Protection di Syngenta, e Alessandra Pesce, dirigente di ricerca CREA, che sabato alle 10.30 alla Loggia del grano approfondiranno le dinamiche tra il pubblico e il privato e come l’uno non possa fare a meno dell’altro per far sì che la ricerca possa progredire in maniera sempre più efficace (in collaborazione con Syngenta). Proseguendo, sarà poi il trio formato da Oana Dima, executive manager dell’EU SAGE network, ovvero il network europeo sull’agricoltura sostenibile attraverso l’editing genomico, Vittoria Brambilla, ricercatrice del dipartimento di scienze agrarie e ambientali dell’Università degli Studi di Milano, Federico Radice Fossati, imprenditore agricolo, e Mario Pezzotti, docente di genetica agraria dell’Università di Verona, a portare sul piano scientifico il dibattito sulle biotecnologie e genome editing in Italia e in Europa, esortando tutti a scendere In campo! (domenica, ore 14.30, Teatro Bibiena)

Degli innesti tra tecnologia, alimentazione e ricerca ci racconterà una innovativa start-up con sede in Puglia: Foreverland che ha sviluppato un prodotto dal gusto molto simile al cioccolato ma derivato dalla carruba, quindi dal profilo più sostenibile e locale, oltre che economicamente vantaggioso. Ne parlano Giuseppe D’Alessandro e Massimo Sabatini, concentrandosi sull’approccio che ne valorizza la circolarità, simile a quello che riguarda le biomasse ottenute da scarti agro-alimentari: nell’incontro in collaborazione con il Politecnico di Milano che entra in questo filone si concentreranno sul tema – proponendo ricerche, esempi di applicazioni concrete e rispondendo alle domande del pubblico – ricercatori e studiosi come Arianna Rossetti, del dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica “G. Natta”, Giulia Valentini e Giovanni Scotti del dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano che racconteranno di come si misurano e valorizzano le eccedenze e gli sprechi nelle filiere in un’ottica di Circular Economy (sabato, ore 16.15, Loggia del grano).

Innesto virtuoso è quello di cui si fa interprete Massimiliano Giansanti, che sabato alle 10 in Sala delle Lune e dei Nodi racconterà nascita e obiettivi di Mediterranea, la nuova associazione frutto dell’alleanza tra Confagricoltura e Unione Italiana Food, che unisce il mondo della trasformazione industriale e del settore primario mettendo al centro il modello mediterraneo e le sue filiere con l’obiettivo di aumentare efficienza produttiva, competitività sui mercati, sostenibilità, logistica e stoccaggio. Ultimo appuntamento della sezione, anche in ordine cronologico, quello di domenica alle ore 15.30: Fabio Antonelli, Head of OpenIoT Research Unit di Fondazione Bruno Kessler – FBK, Maria Cristina Rulli, docente di idrologia e ingegneria delle acque e co-coordinatore del nucleo transdisciplinare “Food Sustainability Research and INnovation Group (Food RING)” del Politecnico di Milano, e Massimo Galli, direttore del consorzio di bonifica del territorio del Mincio spiegano come irrigare tra siccità, nubifragi e tempeste (Loggia del grano).

Incroci

Nel prossimo futuro andremo ancora dai dietologi o basterà chiedere a ChatGPT di fornirci delle indicazioni alimentari? Chi preparerà la dieta migliore, la persona o il flusso di dati? A confrontare la professione umana con i modelli di intelligenza artificiale saranno i bioinformatici Ugo Ala e Christian Damasco, in un dialogo che si inserisce nel filone dedicato agli Incroci (sabato, ore 15, Sala delle Lune e dei Nodi), punti di intersezione fra tradizione e innovazione che definiscono le potenzialità della digital transformation e dell’agricoltura 4.0, passando per una riflessione sull’organizzazione delle filiere.

In perfetta armonia con questa visione, la sezione vede la partecipazione di ospiti come i ricercatori Marco Sozzi, del dipartimento di territorio e sistemi agro-forestali dell’Università di Padova, e Angelo Bratta, dell’Istituto Italiano di Tecnologia, che mettono insieme Intelligenza artificiale e riconoscimento dello scarto alimentare (domenica, ore 15.30, Palazzo della Ragione), Fabio Abeni, dirigente del Centro di ricerca Zootecnia e Acquacoltura del CREA, in un incontro focalizzato sulla tecnologia applicata alla zootecnia (sabato, ore 15.45, Loggia del grano), e il duo formato da Silvia Massa dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Roberta Paradiso, docente dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e componente del team di ricerca del dipartimento di agraria impegnato in progetti dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), sulla coltivazione di piante in sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita nello spazio (sabato, ore 10.30, Piazza Leon Battista Alberti).

Parte invece dai dati – dalla loro interpretazione, dal loro ruolo e dal loro uso – l’appuntamento dedicato alla filiera latto-casearia, settore complesso che sta vivendo una fase di grande trasformazione su diversi fronti, dall’ambientale al tecnologico, dal socioculturale al geopolitico. A interessarsi dell’argomento spiegando come i dati possono aiutare a leggere questo mondo e il suo impatto nelle nostre vite saranno Alberto Lancellotti (senior analyst – dairy and supply chain inputs, CLAL) Mirco De Vincenzi (senior analyst – dairy, CLAL) e Ester Venturelli (analyst – Animal Feed CLAL.it). A seguire, un confronto tra Simona Caselli, presidente Granlatte, e Stefano Berni, direttore generale Consorzio Tutela Grana Padano (sabato, dalle ore 14.30, Loggia del Grano).

Trame

Trappole, sfide e opportunità. In un gioco di luci e ombre che rimodella continuamente le identità produttive e culturali del nostro tempo, l’ultimo contenitore tematico del Food&Science Festival districa le Trame delle recenti politiche agricole e di strategie come la Farm-to-Fork, di urgente attuazione.

A sciogliere i primi nodi su questi temi, i docenti dell’Università di Parma Daniele Del Rio, prorettore alla ricerca e al trasferimento tecnologico e coordinatore del progetto ONFOODS, e Tommaso Ganino, in rappresentanza del progetto AGRITECH, in un incontro volto a spiegare l’uso dei fondi del PNRR nel settore alimentare (domenica, ore 12.15, Piazza Leon Battista Alberti) e Sandro Zinani, policy & mobilization manager dell’organizzazione non profit “The Good Lobby”, che, insieme alla responsabile dei rapporti istituzionali UE e internazionali di Confagricoltura Cristina Tinelli, cercherà di rispondere alla domanda Che cosa fa un lobbista? (domenica, ore 14.30, Piazza Leon Battista Alberti).

Sposta invece l’attenzione sul clima il comunicatore della scienza e componente del Climate Media Center Italia Antonio Scalari, che invita gli studenti delle scuole di Mantova a riflettere su un fenomeno indicativo del cambiamento climatico: la scomparsa dell’inverno. Quali sono gli scenari che potrebbero presentarsi se non interveniamo? Cosa dice la scienza? Appuntamento a Mantova per approfondire (venerdì, ore 10, Piazza Leon Battista Alberti).

Nel filone che riguarda gli scambi e le connessioni tra innovazione e identità, un dialogo a tre voci che parte da uno degli alimenti base della dieta mediterranea e della nostra produzione agricola: l’olio extravergine d’oliva. Cosa lo rende un’eccellenza? Quali sono gli aspetti qualitativi e nutrizionali da tenere presenti, e in che maniera la tecnologia può favorire il suo miglioramento? Le risposte arriveranno sabato alle ore 17.30 alla Loggia del grano da tre punti di vista diversi e complementari: l’agronomo Luca Sebastiani, docente di arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Accademico dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio di Spoleto, il nutrizionista Andrea Pezzana e il tecnologo alimentare Davide Nucciarelli, dottorando presso il dipartimento di scienze agrarie alimentari e ambientali dell’Università degli Studi di Perugia (in collaborazione con Costa d’Oro). Gianfrancesco Petroni, Assoprol Umbria, si farà portavoce delle iniziative di divulgazione dell’associazione con l’obiettivo di aumentare la percezione di qualità degli oli certificati DOP UMBRIA, BIO e SQNPI nel consumatore, permettendogli di avvicinarsi al mondo rurale in maniera consapevole, affermando così il valore insito nell’intera filiera olivicola.

Sempre a tema olivicolo, ma non solo, Claudio Rossi dell’Università di Siena arriva al Festival tracciando i Percorsi del Gusto: durante l’appuntamento che lo vede protagonista, traccerà i confini dei metodi sperimentali utilizzati per mappare l’origine geografica dei vini e degli oli di qualità, spiegando come si determinano – e cosa identificano – i parametri adottati per definire le produzioni di alta qualità (sabato, Piazza Leon Battista Alberti, ore 11.45).


SPETTACOLI, MOSTRE, INSTALLAZIONI

Fedele al suo carattere multidisciplinare e alla vocazione di apertura verso tutti i tipi di pubblico, bambini e ragazzi, esperti, neofiti o appassionati di cibo, scienza e agricoltura, il Food&Science Festival propone anche spettacoli, mostre e installazioni. Tra queste: Inquinamento e salute, a cura della Fondazione Umberto Veronesi, per approfondire il tema dell’inquinamento dell’aria, conoscere gli inquinanti presenti in atmosfera, le principali fonti da cui provengono e fare chiarezza sugli impatti per la nostra salute; Spazi gustosi, dove interagire e meravigliarsi con i progetti di studenti e ricercatori del dipartimento di Design del Politecnico di Milano (che cura l’installazione), per una nuova esperienza di alimentazione nei contesti scolastici e Gusto sostenibile, il viaggio verso la consapevolezza ambientale proposto questa volta dal dipartimento ABC del Politecnico, che si configura come esperienza interattiva in cui valutare il proprio stile alimentare e le implicazioni alimentari delle proprie scelte.

Come da tradizione, sabato sera il Food&Science Festival arricchisce la propria offerta con uno spettacolo in cui questa volta si potranno sperimentare gli intrecci tra musica, danza e acrobazia. Il Posto, una delle principali compagnie di danza verticale, si esibisce portando la magia e la tecnica delle evoluzioni aeree tra i palazzi storici di Mantova, che per una notte diventano esclusivo palcoscenico a cielo aperto. Una nuova lettura dell’architettura e dell’arte che vede la musica come co-protagonista e che stupirà il pubblico accompagnandolo in uno spettacolo unico (Palazzo Vescovile, ore 21, in collaborazione con Trame Sonore).

LABORATORI E VISITE GUIDATE, DEGUSTAZIONI E SHOW COOKING

Parte fondamentale della proposta del Food&Science Festival, laboratori e degustazioni cattureranno l’attenzione di adulti e ragazzi offrendo momenti per approfondire divertendosi alcuni aspetti della scienza che innova e indirizza la produzione alimentare senza mai dimenticare il benessere e la salute. Arriva a Mantova a ricordarlo la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro che cura Bilanciamoci, il momento di approfondimento in cui parlare attraverso il gioco e il dialogo di quanto sia fondamentale mantenere un’alimentazione sana ed equilibrata nella prevenzione di molte malattie, che non vieti nessun cibo ma stimoli alla conoscenza e al corretto consumo.

Gioco e dialogo sono ricorrenti anche negli appuntamenti in collaborazione con Regione Lombardia, che sfida gli alunni delle scuole cittadine a calarsi nei panni di Bio detective per andare alla ricerca del colpevole di un reato gravissimo: aver rubato il buon cibo. In Piazza Leon Battista Alberti si cercheranno prove e indizi, si condurranno esperimenti dal vivo, quiz e attività per arrivare a risolvere il crimine e imparare come, per essere definito buono, il cibo debba anche essere sano, sicuro e sostenibile. Ma non saranno solo i partecipanti dell’indagine a impararlo: tutti coloro che verranno intercettati dai Bio-Vélo potranno scoprire segreti e curiosità legate ad agricoltura e allevamento biologico attraverso piccole sfide e simpatiche gag, dall’uso delle clessidre ad acqua per spiegare il tempo della terra e delle colture all’amuleto sul benessere animale, ricevendo materiale promozionale del progetto “Mio Tuo Bio” e l’augurio di seguire il più possibile i consigli appena ricevuti. Due occasioni, entrambe a cura di Multiversi, per approfondire il tema unendo al divertimento l’accuratezza scientifica. Appuntamento poi con Verde in Movimento, Costruisci il tuo BioOrto da passeggio (a cura di HORTUS. Agricoltura Sociale) per imparare i fondamenti dell’agricoltura biologica per creare un piccolo orto da portare a casa, insieme al divulgatore scientifico Marco Martinelli.

Ma qual è l’elemento necessario a ogni coltivazione? L’acqua, come sa bene il Gruppo Tea che collabora alla realizzazione del laboratorio Una goccia alla volta! a cura di Alkémica Cooperativa Sociale onlus. In piazza Erbe, tanti momenti per sperimentare, osservare e conoscere, in modo chiaro e divertente, l’acqua e le sue caratteristiche, riflettendo anche sull’importanza di non sprecarla e spiegando alcuni dei passaggi dell’Agenda 2030 dell’ONU che si prefigge di permettere a tutti i popoli l’accesso a questa inestimabile risorsa.

Parlando di laboratori e degustazioni, immancabile la presenza dei Consorzi, che portano a Mantova tutto il sapore di latte e formaggio: il Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano arriva in Piazza Marconi con tre appuntamenti, uno riservato alle scuole e due aperti a tutto il pubblico del Festival. Il primo, a scuola di Parmigiano Reggiano sarà un viaggio alla scoperta del meraviglioso mondo del Parmigiano Reggiano, tra territorio, tradizione e benessere, mentre i successivi due porteranno ad assaggiare 3 stagionature diverse e gustosissime durante La Verticale e a sperimentare accostamenti dal sapore inaspettato sprigionati dall’incontro tra Parmigiano Reggiano e birra. Riservato alle scuole primarie è anche uno dei tre appuntamenti laboratoriali che propone il Consorzio Tutela Grana Padano in Piazza Concordia. Grana Padano DOP: un tesoro da mangiare sarà l’occasione per vedere con i propri occhi come si fa il formaggio Grana Padano, cosa gli conferisce il sapore e profumo caratteristico e molti altri segreti ancora, svelati ripercorrendo il processo di produzione di questo formaggio attraverso il gioco e l’esplorazione multisensoriale. Aperti a tutti sono invece la Sfida dei sensi tra Grana Padano e vino lanciata dall’agronoma Alessandra Biondi Bartolini e dal formatore del Consorzio Tutela Grana Padano Paolo Parisse, che guidano alla ricerca dell’equilibrio gustativo tra queste due produzioni millenarie, e Grana Padano DOP: Il laboratorio dei Sensi, in cui imparare a conoscere ed apprezzare un formaggio nutriente, equilibrato adatto a tutte le età. Ma non finisce qui, perché è previsto anche uno speciale Show Cooking pensato per esplorare le radici gastronomiche dei piatti della tradizione mantovana, mettendo sempre al centro il formaggio Grana Padano: un’occasione unica per immergersi nella cultura gastronomica locale e assaporare i suoi tesori più preziosi, in compagnia degli esperti Elisabetta Arcari e Giacomo Cecchin.

Ancora a tema latte, non manca all’appello Granarolo, che completa l’offerta del Festival con i laboratori degustativi The Milk Show e Sapore di Latte, adatti a grandi e piccini. Due occasioni per percorrere passo dopo passo le tappe della filiera, alla scoperta di latte e formaggio, panna e burro, ma anche per intraprendere una vera e propria esperienza sensoriale attraverso i profumi, i sapori, le consistenze e le forme che caratterizzano il processo di caseificazione.

Rimanendo in tema alimentare ma spostandoci dai latticini alla norcineria, Levoni porta al Food&Science Festival il meglio della propria produzione per creare e far gustare vari tipi di pizza e panini gourmet, realizzati con ingredienti particolari e accostamenti insoliti. Accompagnato dal Brand Ambassador Giovanni Araldi, il pubblico potrà prima partire per un vero e proprio Viaggio gastronomico tra due fette di pane insieme al content creator esperto del mondo della cucina Stefano Cavada, e poi spostarsi nel mondo dei lievitati in cui L’arte bianca incontra la salumeria con Petra Antolini, titolare e pizzaiola della pizzeria “Settimo Cielo” a Settimo di Pescantina, che creerà topping d’eccellenza in grado di esaltare le caratteristiche organolettiche di ogni prodotto e creare ricette indimenticabili.

Allenamento percettivo è invece quello proposto dalla biologa Maria Lucia Piana, che porta a Mantova una delle trame più importanti e riconoscibili del mondo animale: quella dell’alveare. Con lei si potranno scoprire tutti gli intrecci dei sensi che si formano quando parliamo, assaggiamo, sperimentiamo il cibo, e non uno qualunque in questo caso, bensì il miele, che sorprenderà tutti per la sua grande varietà.

Tra assaggi e viaggi sensoriali non può mancare l’olio: in un percorso tra varietà e sapori daremo Olio, al palato con due laboratori di degustazione, uno a cura di Assoprol e un altro a cura di Costa d’Oro, dedicati a uno dei pilastri della nostra alimentazione. Ma non finisce qui, perché il Food&Science Festival invita tutto il pubblico a mettersi alla prova con due workshop: uno di pasticceria, con la pasticcera Anna Orria, per mettersi alla prova tra farina, zucchero e lievito e uno con le food-writers Sara Porro e Myriam Sabolla dal titolo “cinematrografico” A qualcuno piace caldo.

E cosa c’è di meglio che abbinare a ogni cibo il giusto calice di vino, o il cocktail perfetto? Farlo non sarà più un problema grazie a due appuntamenti a tema: che duro quel tannino!, il laboratorio sui vini tenuto da Alessandra Biondi Bartolini e la scienza dei cocktail con Renato Bruni, curatore dell’incontro, professore di Botanica e Biologia farmaceutica presso il dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Parma, e Yuri Gelmini, bartender, nominato Bartender dell’Anno ai Barawards 2020.

Ospite della città di Mantova, il Food&Science Festival vede inoltre nelle sue botteghe storiche il luogo perfetto in cui far dialogare divulgazione scientifica, cibo, storia e arte: torna infatti anche in questa ottava edizione il sempre partecipato format della Scienza dei retrobottega, il tour per la città in compagnia di proprietari di bottega, divulgatori scientifici e guide turistiche in cui le moderne spiegazioni scientifiche fanno da corollario alla tradizione delle botteghe nello scoprire i segreti di alcuni luoghi storici di Mantova e dei suoi misteriosi intrecci. A condurre le passeggiate, realizzate in collaborazione con Confcommercio, Confesercenti e Confguide Mantova, i divulgatori scientifici Roberto Cighetti e Chiara Ferrari e la guida turistica Fiorenza Lodi.

Chiude la sezione, un viaggio tra i fornelli che fa tornare indietro nel tempo, con il sostegno di Fondazione Banca Agricola Mantovana: con lo chef Elisabetta Arcari, lo Show Cooking a tema Medioevo in cui assaggiare cibi ispirati a quell’epoca storica accompagnati dal racconto dallo storico specializzato in storia dell’alimentazione Alessandro Marzo Magno; un momento conviviale in cui si uniscono scienza, storia, cibo e conoscenza, espressione di quel virtuoso mix di saperi che da otto edizioni è una costante del Food&Science Festival.

E INOLTRE…

Occasioni per guardare i legami tra cibo e scienza da prospettive e angolazioni diverse, gli incontri della tre giorni mantovana faranno sì che la produzione alimentare entri in contatto con ambiti diversi e ampi come ricerca, tecnologia, sostenibilità, innovazione ed economia, senza tralasciare nessuno degli aspetti che riguardano la filiera agroalimentare.

Si parte con l’appuntamento, in collaborazione con il Gruppo Tea, che mette in relazione sostenibilità e consumo idrico responsabile analizzati attraverso un panel a più voci e un quiz interattivo con cui coinvolgere il pubblico. A intervenire saranno, tra gli altri, Eleonora Campanelli, responsabile sostenibilità e qualità tecnica di AqA, Gruppo Tea, Alessandro Armillotta, Ceo e co-founder di AWorld, la piattaforma e App a supporto della campagna delle Nazioni Unite per le azioni individuali sul cambiamento climatico e la sostenibilità ActNow, che aiuta i cittadini ad avere comportamenti e abitudini sostenibili, anche rispetto al consumo di acqua, e non solo e la giornalista di “Altroconsumo” Stefania Villa (sabato, ore 17, Piazza Leon Battista Alberti).

E parlando di economia, torna l’Agrifood EXPerience, il Forum delle economie a cura di UniCredit in programma venerdì alle 10.30 nell’elegante cornice del Teatro Bibiena. Dopo gli appuntamenti già proposti nelle ultime due edizioni, il 2024 vede il Gruppo concentrarsi su Competenze e nuove tecnologie, dimensione sociale e finanza, proponendo un ulteriore momento di confronto sulle prospettive e le opportunità del settore agroalimentare, oggi uno tra i più rilevanti comparti del Made in Italy, alla luce delle sfide richieste dall’attuale scenario globale. Per stimolare il confronto e individuare strategie di sviluppo percorribili e sostenibili, saranno coinvolti esperti e imprenditori come Alberto Cortesi (Presidente Confagricoltura Mantova), Luisella Altare (Head of Corporate UniCredit), Andrea Dossena (Senior Specialist Prometeia), Alessandro Tosi (Corporate UniCredit), Simona Maretti (Responsabile IFOA Sede di Mantova – Project Manager ITS Academy Agroalimentare Sostenibile Mantova), Matteo Lasagna (Vicepresidente Nazionale Confagricoltura), Roberta Conti (Titolare San Giorgio Società Agricola), Alberto Barbari (Program Director “Foodseed” e Regional VP Italy “Eatable Adventures”) e Claudio Rambelli (Presidente Slow Food Lombardia).

Agricoltura rigenerativa e gestione responsabile delle risorse sono centrali anche nella ricerca promossa da Inalca, presentata a Mantova nel pomeriggio di sabato. Moderati da Gianluca Dotti, giornalista e comunicatore scientifico, i rappresentanti di Inalca (Gruppo Cremonini), Corteva e dell’Università di Piacenza ragioneranno sul tema dell’impatto di pratiche agronomiche innovative per la produzione di foraggio destinato agli allevamenti bovini, evidenziando come sia necessario promuovere un modello che generi una riduzione delle emissioni, favorisca una migliore produttività delle colture, porti a ottimizzare l’uso dei fertilizzanti e a migliorare la gestione del suolo incrementando il processo di sequestro di carbonio (sabato, ore 16, Palazzo della Ragione).

Infine, rivolto al grande pubblico sarà l’ormai famoso Happy Science Hour, portato a Mantova da Syngenta, l’aperitivo, guidato come ogni anno da Alberto Agliotti, che coinvolge chiunque voglia approfondire alcuni dei temi rilevanti sull’innovazione grazie al prezioso coinvolgimento di alcuni dei protagonisti della ricerca e divulgazione scientifica italiane come Simone Angioni, Elisa Barbisan, Stefano Bertacchi, Camilla Corsi, Giovanni De Caro, Marco Martinelli, Juan Fernando Mejia De Los Rios, Mirko Piani, Ruggero Rollini, Claudio Screpanti (sabato, ore 17.30, Palazzo della Ragione). Come ormai da tradizione, non mancheranno a fare da cornice a questi e a tutti gli appuntamenti del centro cittadino le varietà floreali di Syngenta Flowers Italia, che decoreranno i principali luoghi del Festival per l’intero fine settimana.

Il Festival è promosso da Confagricoltura Mantova, ideato da FRAME – Divagazioni scientifiche e organizzato da Mantova Agricola. Si avvale di Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Regione Lombardia, Provincia di Mantova, Comune di MantovaSIGA – Società Italiana di Genetica Agraria, Camera di Commercio di Mantova, Confcommercio Mantova, Confesercenti della Lombardia Orientale (che supporta il Festival attraverso convenzioni ad hoc), Fondazione Banca Agricola Mantovana, Fondazione BPA Poggio Rusco e Politecnico di Milano come partner istituzionali. Main partner sono Syngenta, Gruppo Tea, Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano e Consorzio Tutela Grana Padano; sponsor sono UniCredit, Levoni, Granarolo, Agrofarma – Federchimica e Aispec – Federchimica, Inalca, Assoprol-Costa d’Oro. Sponsor tecnici Gruppo Saviola, De Simoni, Mynet, Cucina da Manuale, Gruppo Bossoni e Agricar. Media partner Gruppo editoriale Athesis, AgroNotizie, Rai Radio 3, Radio Pico e Affari Italiani.

16 maggio 2024. Inizia domani, venerdì 17, il Food&Science Festival, la manifestazione promossa da Confagricoltura Mantova, ideata da FRAME-Divagazioni scientifiche e organizzata da Mantova Agricola che per tre giorni, fino a domenica 19, racconta gli intrecci – tema dell’ottava edizione – tra cibo e scienza. Oltre 140 appuntamenti a partire dalle 9 di domani mattina, con tre appuntamenti in Piazza Leon Battista Alberti, riservati alle scuole: il primo con i divulgatori scientifici famosi con il nome Non è la Zebra che racconteranno le distorsioni cognitive al ristorante, il secondo con Antonio Scalari, componente del Climate Media Center Italia, pronto a far riflettere sul cambiamento climatico durante La scomparsa dell’inverno (ore 10), e il terzo con la coppia formata da Enrica Favaro, medico specializzanda in Scienze dell’Alimentazione e Matteo Ghisolfi, performer e studente di medicina, che guideranno il pubblico di studenti in un viaggio ironico e divertente nel mondo della nutrizione invitando tutti a mettersi alla prova con un quiz interattivo per capire meglio come le scelte alimentari influenzino la nostra salute (ore 11).

Economia, tecnologia e settore primario si incontrano alle 10.30 al Teatro Bibiena durante il Forum delle Economie, Agrifood EXPerience a cura di UniCredit: di come nutrire il futuro tra competenze e nuove tecnologie parleranno Alberto Cortesi, Presidente Confagricoltura Mantova, Luisella Altare, Head of Corporate UniCredit, Andrea Dossena, Senior Specialist Prometeia, Alessandro Tosi, Corporate UniCredit, Simona Maretti, Direttrice del ITS Agroalimentare sostenibile, Matteo Lasagna, Vicepresidente nazionale Confagricoltura, Roberta Conti, Titolare San Giorgio Società Agricola, Alberto Barbari, Program Director “Foodseed” e Regional VP Italy “Eatable Adventures” e Claudio Rambelli, Presidente Slow Food Lombardia.

A cura di Syngenta è invece il primo incontro pomeridiano, Open Science: dopo l’esperienza dello scorso anno, appuntamento a Palazzo della Ragione alle 14.30 con Massimo Scaglia, Amministratore Syngenta Italia, Mauro Coatti, Technical Support Head Syngenta Italia, Francesco Manca, imprenditore agricolo e Luca Montanarella, componente del Joint Research Center della Commissione Europea per proseguire il viaggio sul tema dell’Agricoltura Rigenerativa e raccontare le esperienze concrete portate avanti dal alcune aziende del settore, tra traguardi e criticità affrontate.

Come da tradizione, infine, in programma alle 17 al Teatro Bibiena l’inaugurazione ufficiale dell’ottava edizione: a partecipare saranno Alberto Cortesi, Presidente di Confagricoltura Mantova, Alessandro Beduschi, Assessore all’Agricoltura Sovranità Alimentare e Foreste di Regione Lombardia e Mattia Palazzi, Sindaco del Comune di Mantova, presentati da Alberto Agliotti, FRAME-Divagazioni scientifiche per il tradizionale taglio del nastro; il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, in collegamento, e il Presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, moderati in dialogo dal direttore de “Il Foglio” Claudio CerasaCaterina Avanza, Responsabile agricoltura per Azione, Roberto Cota, Forza Italia, Angelo Ciocca, Europarlamentare per Lega, Michele Antonio Fino, Professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo nell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Carlo Fidanza, Europarlamentare Fratelli d’Italia, Silvia Fregolent, Senatrice Italia Viva, capogruppo commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica e Irene Tinagli, Presidente della Commissione Problemi Economici e Monetari del Parlamento Europeo, vicesegretaria vicaria del Partito Democratico, che moderati da Emiliano Audisio, FRAME-Divagazioni scientifiche, risponderanno alla domanda In che direzione va l’Europa? in ambito agroalimentare, e Deborah Piovan, presidente della Federazione Nazionale Proteoleanginose di Confagricoltura, a cui sarà consegnato il premio “Agricoltura mantovana”, presentata da Beatrice Mautino, FRAME-Divagazioni scientifiche.

E INOLTRE…

Non solo conferenze e panel di approfondimento, ma anche mostreinstallazioni e laboratori. Tra questi, Spazi gustosi, l’installazione a cura del dipartimento di Design del Politecnico di Milano in via Goito, i laboratori Smogville. Fino all’ultimo respiro a cura di Fondazione Umberto Veronesi alla Loggia del grano, Bilanciamoci, in Piazza Erbe, a cura di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, Bio-detective, a cura di Multiversi e in collaborazione con Regione Lombardia in Piazza Leon Battista Alberti e Una goccia alla volta! a cura di Alkémica Cooperativa Sociale onlus in collaborazione con Gruppo Tea in Piazza Erbe.

Degustazioni gustose quelle a cura di Consorzio Tutela Grana Padano (Grana Padano DOP: un tesoro da mangiare) in Piazza Concordia, Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano (A scuola di Parmigiano Reggiano) in Piazza Marconi e Granarolo (The Milk show – Giochi e laboratori sulla magia del latte) in Piazza Leon Battista Alberti.


Taglio del nastro per l’ottava edizione del Food&Science Festival che inaugura oggi ufficialmente. Interviene in collegamento il ministro Francesco Lollobrigida

17 maggio 2024. Dal palco del Teatro Bibiena si è ufficialmente aperto il Food&Science Festival, che fino a domenica 19 renderà Mantova il centro del dialogo sugli Intrecci tra agricoltura, cibo e scienza. Promossa da Confagricoltura Mantova, ideata da FRAME – Divagazioni scientifiche e organizzata da Mantova Agricola, la tre giorni mantovana aggiunge un ulteriore tassello, l’ottavo, in direzione della promozione di quell’approfondimento apertoscientificamente accurato e inclusivo intorno al settore primario e alle sue innovazioni – l’ultima, su tutti i giornali, quella del trapianto di un riso geneticamente modificato con le nuove tecniche di editing genomico – di cui è pioniera e che dal 2017 continua a sviluppare coinvolgendo ogni anno scienziatiesperti di settore, esponenti delle istituzioni, divulgatori e professionisti nazionali e internazionali.

A partecipare all’inaugurazione dell’edizione 2024 anche il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, in collegamento video, in dialogo con il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, moderati dal direttore de “Il Foglio” Claudio Cerasa.

Abbiamo la possibilità di superare gli squilibri di mercato facendo sintesi sugli obiettivi che ci poniamo – ha dichiarato Giansanti – Per questo dobbiamo costruire modello agricolo per i prossimi vent’anni, tutti insieme, basandoci su innovazione, digitalizzazione, capacità di vincere lo stress causato dal cambiamento climatico” ha proseguito, evidenziando poi il ruolo del Festival come motore di innovazione e dialogo. “Sono soddisfatto che a Mantova abbia dato il via a una nuova visione di agricoltura con il Food&Science Festival, a cui non sono mai mancato. E la sperimentazione del riso a Pavia dimostra che la Lombardia sia all’avanguardia da questo punto di vista”.

Come da tradizione, sul palco per i saluti di apertura e il taglio del nastro, presentati da Alberto Agliotti (FRAME-Divagazioni scientifiche). il presidente di Confagricoltura Mantova Alberto Cortesi, che ha espresso grande soddisfazione per la strada percorsa dalla manifestazione, ormai un punto di riferimento e un unicum in Italia, l’Assessore all’Agricoltura, alla Sovranità Alimentare e alle Foreste di Regione Lombardia Alessandro Beduschi, che in più occasioni ha raccontato di come il Food&Science Festival abbia dato un impulso al progresso e alle tecnologie in campo agricolo, proprio a partire dall’uso delle TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita), e il Sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, sostenitore del Festival fin dalla prima edizione, da sempre convinto del valore scientifico e culturale rivestito per la città e il territorio tutto.

Tra i momenti in scaletta, la consegna del Premio “Agricoltura Mantovana” a Deborah Piovan, Presidente della Federazione Nazionale Proteoleginose di Confagricoltura, presentata da Beatrice Mautino (FRAME-Divagazioni scientifiche) che sul palco, proprio con l’occasione dell’avvio della sperimentazione delle TEA in Italia, ha ripercorso gli intrecci sviluppati in questi otto anni di Festival sul tema tra agricoltori, scienziati e divulgatori, che insieme hanno contribuito, e continueranno a farlo, a costruire un dialogo positivo e costruttivo attorno a questo e altri temi di interesse e attualità.

Infine, il panel a più voci tra Caterina Avanza (Responsabile agricoltura per Azione), Angelo Ciocca (Europarlamentare per Lega), Michele Antonio Fino, (professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo nell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), Carlo Fidanza (Europarlamentare Fratelli d’Italia), Silvia Fregolent (Senatrice Italia Viva, capogruppo commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) e Irene Tinagli (Presidente della Commissione Problemi Economici e Monetari del Parlamento Europeo, vicesegretaria vicaria del Partito Democratico), moderati da Emiliano Audisio (FRAME-Divagazioni scientifiche) a confronto sulle politiche agricole e il futuro del settore nel contesto europeo.

Dopo l’inaugurazione di oggi, interrotta per qualche minuto dalle proteste di alcuni componenti di associazioni animaliste, domani il Festival entra nel vivo degli oltre 140 appuntamenti – tra cui quello con Vittoria Brambilla, botanica all’università degli Studi di Milano, a capo del team che ha ottenuto la nuova varietà di riso, Federico Radice FossatiMario Pezzotti e Oana Dima, executive manager dell’EU-SAGE, il network che raccoglie gli scienziati per l’editing di più di 100 istituzioni europee – in cui esplorare scienza e cibo attraverso le lenti della tecnologia, dell’ambiente, della ricerca, della produzione alimentare e non solo: dialoghiconferenzelaboratorimostredegustazionispettacoli, panel a più voci e visite guidate per continuare ad approfondire la scienza che è alla base e gira intorno all’alimentazione.


Si chiude oggi il Food&Science Festival 2024, che festeggia il successo dell’ottava edizione e dà già appuntamento alla nona.

19 maggio 2024. Con più di 140 appuntamenti seguitissimi e diversi sold-out si chiude oggi il Food&Science Festival, l’appuntamento promosso da Confagricoltura Mantova, ideato da FRAME-Divagazioni scientifiche e organizzato da Mantova Agricola ormai immancabile nell’agenda delle manifestazioni di maggior rilievo. Arrivato all’ottava edizione, il Festival contribuisce a indirizzare e sviluppare il dibattito nazionale attorno al settore primario e al suo legame con scienzaricerca e innovazione, – l’ultima, su tutti i giornali, quella del trapianto di un riso geneticamente modificato con le TEA, le nuove tecniche di editing genomico, di cui al Festival si è sempre discusso e si continua a parlare ancora durante alcuni degli eventi di oggi – promuovendo un dialogo costruttivoscientificamente accurato e inclusivo attorno ai temi di maggior rilievo e attualità.

Un impegno portato avanti con determinazione e costanza, come spiega il presidente di Confagricoltura Mantova Alberto Cortesi: “Il Festival continua a promuovere, e continuerà a farlo, un dialogo aperto e inclusivo, anche su posizioni divergenti e idee distanti dalle nostre, che è insieme la nostra cifra distintiva e la chiave di un successo che cresce anno dopo anno. In un momento di incertezza geopolitica in cui emergono nuovi player a cui rispondere, come il Brasile e la Cina, attraverso il Food&Science Festival sentiamo di fare la nostra parte per indirizzare l’agenda di settore. Lo abbiamo fatto con le TEA, accendendo le luci del dibattito politico sulla necessità della ricerca in questo settore e ne festeggiamo quest’anno i risultati: è un’attestazione importante del lavoro che stiamo facendo e che ha sottolineato anche l’Assessore Beduschi dal palco del Teatro Bibiena”.

Anche quest’anno Mantova ha accolto più di 160 ospiti tra scienziatiesperti di settore, esponenti delle istituzionidivulgatori e professionisti nazionali e internazionali che hanno incontrato il pubblico della città e quello arrivato per seguire gli eventi, condividendo visioni plurali, esperienza e conoscenze, in un clima sempre festoso e coinvolgente.

“Il Food&Science Festival si è confermato ancora una volta un evento di altissimo valore, capace di attrarre un pubblico vasto e di ogni età, dai professionisti del settore agli appassionati di scienza e agricoltura fino ai più giovani e agli studenti” dichiara in proposito Mattia Palazzi, sindaco di Mantova. “Un ringraziamento speciale va a tutti i partecipanti, agli organizzatori, ai volontari e ai cittadini di Mantova che hanno reso possibile questo straordinario evento. La nostra città si è confermata centro nevralgico del dialogo tra agricoltura, cibo e scienza e ha dimostrato, ancora una volta, di saper accogliere e promuovere iniziative di grande respiro culturale e scientifico, contribuendo a costruire un futuro più innovativo e sostenibile”.

Un pubblico interessato e attento, che ha seguito il Festival anche sui social: nei giorni del Festival e nel mese precedente la copertura su Facebook e Instagram ha raggiunto oltre 1 milione e 200 mila utenti complessivi, vedendo Instagram sfiorare la quota di 900 mila impression, con una crescita costante delle interazioni e dei follower, mentre X e TikTok hanno registrato, rispettivamente, circa 10 mila e 15 mila visualizzazioni.

Gli intrecci del Food&Science Festival, tema di questa edizione, hanno permesso di stabilire collegamenti e intessere legami tra temi tanto diversi quanto connessi, tutti analizzati attraverso le lenti della scienza, della sostenibilità, della produzione e del consumo alimentare: tra i molti, ne hanno parlato le due ospiti internazionali di questa edizione, la columnist del “Washington Post” Tamar Haspel e l’executive manager dell’EU SAGE network (il network europeo degli scienziati che lavorano sul genome editingOana Dima, le ricercatrici Silvia Massa e Roberta Paradiso, insieme sul tema della coltivazione di piante in orbita, Roberta Sonnino, docente dell’Università del Surrey, interpellata su possibili sistemi alimentari sostenibili alternativi, Michele Antonio Fino, docente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo sulle fake news che circondano il vino e il mercato vinicolo, Vittoria Brambilla botanica all’università degli Studi di Milano, a capo del team che ha ottenuto l’autorizzazione al trapianto della nuova varietà di riso ottenuto con le TEA, il Ris8imo, il direttore del dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’OMS Francesco Branca e il Premio Nobel per la Pace per le ricerche condotte sul cambiamento climatico Riccardo Valentini, protagonisti di incontri che hanno catturato l’attenzione di tutti i partecipanti.

Non solo: grande attesa per gli incontri del vicedirettore de “Il Post” Francesco Costa, per cui fin dalle 9 di mattina il pubblico si è messo in coda davanti al , per il dialogo tra il chimico e divulgatore scientifico Dario Bressanini e lo sceneggiatore di fumetti Tito Faraci, anche questo uno dei molti sold-out, come anche per il viaggio tra i piatti senza frontiere di Alessandro Marzo Magno, quello tra le notizie del giorno raccontate dai giornalisti scientifici Roberta Villa e Marco Ferrari e quello tra le note e la danza che hanno incantato Piazza Sordello durante lo spettacolo del sabato sera Note verticali! con l’Ensemble dell’Orchestra da Camera di Mantova e la compagnia di danza verticale Il Posto, in collaborazione con Trame Sonore.

Proposte multidisciplinari e occasioni per scoprire o riscoprire tipicità e segreti del territorio, tra presente e passato, come nel caso delle visite guidate realizzate in collaborazione con Confcommercio, Confesercenti e Confguide Mantova e del viaggio in una cucina medievale realizzato con il sostegno di Fondazione Banca Agricola Mantovana, concentrarci sulle nostre abitudini di consumo, grazie al Politecnico di Milano – che partecipa con alcune iniziative sviluppate nell’ambito del progetto di ricerca PNRR Onfoods – Research and Innovation for Sustainable Food and Nutrition, e sulle evoluzioni del nostro modo di abitare e coltivare la terra, ad esempio sperimentando in prima persona cosa voglia dire fare un orto grazie alla Regione Lombardia con l’iniziativa Verde in Movimento, costruisci il tuo BioOrto da passeggio (a cura di HORTUS. Agricoltura Sociale).

Riflessioni attuali e necessarie, sviluppate anche negli appuntamenti che hanno coinvolto i main partner del Festival, come Syngenta, a Mantova con gli immancabili Open Science e Happy Science Hour, insieme a ricercatori e divulgatori, ma concentrata anche sul binomio tra ricerca pubblica e privata e il Gruppo Tea, che ha messo in relazione sostenibilità e consumo idrico responsabile durante il panel Goccia a goccia e coinvolgendo il pubblico nel laboratorio Una goccia alla volta (a cura di Alkémica Cooperativa Sociale onlus). E parlando di laboratori, impossibile non citare i tantissimi che hanno coinvolto i due consorzi sempre accanto al Food&Science Festival: il Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano che a Mantova ha anche festeggiato il 90esimo anniversario della propria nascita, esplorando le caratteristiche nutrizionali del Parmigiano Reggiano e scoprendo le tecnologie che hanno portato al suo miglioramento, e il Consorzio Tutela Grana Padano, che ha esplorato le radici gastronomiche dei piatti della tradizione mantovana, mettendo sempre al centro il formaggio Grana Padano, durante uno speciale Show Cooking in cui immergersi nella cultura gastronomica locale e assaporare i suoi tesori più preziosi.

Occasioni per gustare prodotti e tipicità anche quelle offerti da Levoni durante il Viaggio gastronomico tra due fette di pane e nell’universo della pizza, da Granarolo con i laboratori per meravigliarsi davanti alla Magia del latte, e da Assoprol e Costa d’Oro che hanno portato il pubblico a dare Olio, al palato. Alimentazione al centro ma da punti di vista diversi, durante gli incontri a cura di UniCredit, che nel primo giorno di Festival è tornata con al Festival con l’Agrifood EXPerience, durante il quale i tanti relatori coinvolti hanno potuto concentrarsi sulle prospettive e le opportunità del settore agroalimentare, Inalca, che si è concentrata sull’agricoltura rigenerativa per ridurre l’impatto ambientale della zootecnia, e di Federchimica – Agrofarma e Federchimica – Aispec, che hanno invece portato avanti un’occasione di debunking smontando le fake news, dal campo al piatto.

Il Festival prosegue ancora nel pomeriggio con moltissimi appuntamenti e dà appuntamento a maggio 2025 con la nona edizione.

 



Da otto anni a questa parte, il Food&Science Festival si conquista uno spazio sempre più importante nell’ambito della comunicazione di quel vivacissimo spazio di discussione tra agroalimentare e scienza, anticipando tendenze e ragionamenti nella discussione pubblica degli anni a venire.
Questa ottava edizione si svolge dal 17 al 19 maggio 2024 e diversi eventi sono in contemporanea, per cui li si citerà in maniera non sistematica.

La manifestazione gode sempre più del sostegno dell’ambizioso tessuto economico mantovano: l’inaugurazione quest’anno – al Teatro Scientifico del Bibiena – è stata influenzata dalle prossime elezioni europee.
Presentati da Alberto Agliotti, sono intervenuti il Presidente di Confagricoltura Mantova, Alberto Cortesi, Alessandro Beduschi, Assessore all’Agricoltura, alla Sovranità Alimentare e alle Foreste di Regione Lombardia, quindi il Sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, e poi il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in dialogo infine col Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, con la moderazione di Claudio Cerasa.
L’intervento di Lollobrigida ha visto l’arrivo di alcuni attivisti animalisti, che dal balcone del Teatro Bibiena hanno esposto uno striscione, protestando contro la manifestazione. Con la loro interruzione non è stato possibile intendere gran parte del discorso del Ministro.

Dopo il taglio del nastro, è seguito uno spazio di rapido confronto sulla direzione che sta prendendo l’Europa: Caterina Avanza (Azione), la senatrice Silvia Fregolent (Italia Viva), e gli europarlamentari Angelo Ciocca (Lega), Carlo Fidanza (Fratelli d’Italia) e la Presidentessa della Commissione Problemi Economici e Monetari del Parlamento Europeo Irene Tinagli (Partito Democratico).
Infine, un intervento del professor Michele Antonio Fino.

Al di là delle diverse posizioni sui temi trattati, il punto di partenza è la consapevolezza che ormai il settore agroalimentare è forte, di primissimo piano e trainante nell’economia del nostro Paese, nonostante le tante crisi di questi anni. La posizione di forza italiana non è però un dato da dare per scontato, viste le difficoltà e la la forza crescente di Paesi emergenti nel settore e la complessità delle sfide nell’attuale quadro geopolitico.

Il settore può anche mostrare la sua sensibilità verso temi ambientali e di valorizzazione del territorio: il dato delle risorse rinnovabili è ormai acquisito e punta a nuovi obiettivi, mentre l’agricoltura con l’indotto a monte e a valle permette la vita nei territori lontani dalle città, nella gestione delle aree interne. Confagricoltura ha sottolineato come siano sue grandi battaglie quelle della transizione energetica e ambientale e d’altra parte ci si è chiesti, “chi più degli agricoltori ha interesse alla sostenibilità ambientale?” Gli eventi di queste settimane, i problemi legati ai rischi del cambiamento climatico testimoniano come la preoccupazione sia giusta. Similmente, anche il ripristino delle foreste è una priorità.

Altre sfide: quella dell’incentivare i produttori virtuosi, quella delle infrastrutture digitali, del far valere le proprie ragioni in Europa, dell’idea di one health, sintetizzata nel finale proprio da Giansanti: Cibo buono = salute.

A seguire, l’intervento di Beatrice Mautino ci ha parlato di genetica agraria, altro tema che sta trovando rilevanza sui giornali proprio in questi giorni. In conclusione, il Premio Agricoltura Mantovana, consegnato a Deborah Piovan.

Gallery della prima giornata con foto di Giuseppe Fraccalvieri

Nella seconda giornata di sabato 18 maggio si comincia con la rassegna stampa, con Marco Ferrari e Roberta Villa. I temi della giornata erano tanti e nel complesso permettono di cogliere gli ultimi sviluppi in ambito agroalimentare, sotto le più varie sfaccettature.

Nel panel Piante in orbita, con la ricercatrice ENEA Silvia Massa e la docente dell’Università di Napoli Roberta Paradiso, si è andati proprio a parlare di uno di questi sviluppi, tra i più recenti e importanti. Si comincia sfatando un pregiudizio duro a morire, quello per cui le attività nello spazio siano prive di utilità pratica; è in realtà da sempre vero il contrario, ma in questo caso le relatrici hanno sottolineato come le tecnologie qui applicate possano avere un’immediata ricaduta a terra.
La docente ha spiegato come lo “space food” abbia fatto grandi progressi negli ultimi anni, rispetto a quando poteva essere, ad esempio, in un formato simile a quello del dentifricio (l’esigenza di fondo è quella di un cibo che non venga aspirato o finisca dove non deve finire). Oggi arrivano in orbita anche caffè e insalata, grazie alle tecnologie italiane, e questo è un grande conforto psicologico per gli astronauti, per quanto questi ultimi non possano lì percepire i sapori.
La ricercatrice è invece partita dal presupposto delle condizioni ostili nelle quali operano gli astronauti, a rischio di malattie degenerative e neoplastiche, con alterazioni nel gusto, nell’olfatto, nel calcio delle ossa. Le piante, ad esempio i pomodori, vanno a tamponare queste problematiche.
Dall’altra parte le piante “in orbita” si trovano a dover fornire il maggior output possibile a fronte di un minor input; le piante sono quindi più piccole di quelle di partenza. Si fa strada anche il concetto di food without field, cioè di cellule vegetali coltivate in laboratorio e non nel campo (similmente al concetto di carne coltivata, e anzi i vegetali si prestano anche meglio allo scopo).
Le tecnologie comunque maturano continuamente, e con la roadmap per il ritorno sulla Luna nel 2030, con missioni umanizzate, sappiamo che il nostro satellite sarà una tappa importantissima per le prime vere coltivazioni in situ di piante. Nel frattempo, le coltivazioni nella bassa orbita terrestre sono già realtà, e possiamo coltivare in condizioni diverse rispetto a quelle solite, addirittura sostituendo alla luce solare una luce LED adatta.

A Palazzo della Ragione si parla invece della rivoluzione del cibo, in particolare con riguardo ai sistemi alimentari. Diamo sempre per scontato, infatti (e questo era persino più vero in passato) che quello attuale (con una base capitalista e consumista) non sia alterabile.
L’altro presupposto essenziale da considerare è che il vero costo del cibo non è il prezzo, ma il complesso di costi sociali e ambientali che derivano dalle produzioni (per cui un prodotto che costa poco sugli scaffali può avere un impatto gravissimo per altri versi). Ripensare il cibo e il sistema alimentare è perciò una necessità, perché questi sistemi non si sono rivelati resilienti, ma al contrario molto fragili: ne abbiamo avuto una dimostrazione proprio durante la pandemia.
Di questi temi fondamentali ha parlato la professoressa Roberta Sonnino, da 30 anni nel Regno Unito.
Lo sforzo che dobbiamo fare tutti insieme è quindi quello di pensare al cibo come sistema, che in un sistema capitalista come il nostro risulta in un intreccio di relazioni di potere. C’è da capire che la fame nel mondo non è mai un problema isolato, ma un sintomo di problemi socio-ecologici più ampi. Non si può perciò intervenire in maniera isolata ma in maniera sistemica.
E non si tratta di teoria in astratto, ma esempi ne vediamo nelle città, e anche a Mantova. Sono difatti innanzitutto le città che rispondono alla crisi, che magari hanno già assessori dedicati al cibo.
Esempi europei vengono da Riga (col gas da rifiuti sfruttato nelle serre, esempio di economia circolare) e da Lisbona (dove gli orti urbani risollevano dalla povertà), dove questi luoghi innovativi diventano centri di aggregazione.
Siamo talvolta di fronte a un nuovo localismo, che vede a Barcellona un Parco Agricolo che fa da contraltare all’espansione urbana, mentre a Berlino si cerca di riconnettere la città con la campagna, con una strategia alimentare ben precisa.
Un localismo che vede d’altra parte il problema dell’inerzia dei governi dei diversi Paesi nella politica alimentare, un’inerzia che dovrebbe invece muovere verso investimenti nelle infrastrutture, verso sforzi di  regolamentazione e legislazione.
La trasformazione del sistema alimentare diventa insomma processo di democratizzazione.
Nella seconda parte del segmento, Marta Corubolo (che si occupa di design applicato anche all’alimentazione e alla sostenibilità), ha delineato scenari alimentari alternativi, reti alimentari alternative future. Anche qui gli esempi sono concreti, come quello della spesa sospesa. Milano si mostra come città che ragiona sul cibo da dieci anni, con dati positivi.

Un numero importante delle conferenze della giornata son state (più o meno esplicitamente) dedicate al problema delle fake news in ambito agroalimentare. Un problema che si ripresenta spesso e volentieri nella vita di tutti noi.

Si è parlato di infoxication nello spazio presentato da Beatrice Mautino e con relatore Andrea Pezzana, direttore della Struttura complessa di Nutrizione clinica della ASL di Torino. Le premesse qui son state molte, a partire dalla dieta mediterranea che non ci appartiene più, nonostante i proclami, fino alla malnutrizione, che può essere per eccesso, per difetto, o per deficit di determinati nutritivi.
Il cibo è un imbuto nel quale confluiscono tante criticità del nostro tempo e le fake news son sempre in agguato: una ricetta per difendersi richiede rispetto, sensibilità, attenzione.

Parla da sé il titolo del panel tenuto al Teatro Bibiena dalla giornalista Tamar Haspel, nutrire il dubbio: e in effetti, in un’epoca di polarizzazione sempre più estrema, il suo intervento è una boccata di aria fresca che ci invita a metterci in gioco e ad avere un atteggiamento costruttivo verso gli altri, specie verso chi la pensa in maniera diametralmente opposta rispetto a noi.
Tamar Haspel “parla solo di cose che comprende”, e lo fa in maniera che è al contempo brillante e non banale. Ci mostra esempi per i quali la gente non cambia idea quando le vengono presentati i fatti. A cominciare dal cambiamento climatico: quanto più ne sappiamo, tanto più cresce la polarizzazione. Similmente abbiamo visto fenomeni del genere coi vaccini.
La scienza non ti protegge in questo: quello che si può fare invece è cercare di costruire un dialogo.

Ci ha condotto invece in un viaggio al femminile in una cucina medievale la professoressa e storica medievista Gabriella Piccinni, accompagnata da Roberta Villa. È importante parlare di Medioevo e di donne senza pregiudizi su quell’epoca, ma basandosi su quello che davvero quel tempo ci racconta.
Ne vien fuori un quadro che a partire dal focolare, grande luogo di trasmissione, ci racconta di donne che non erano chiuse in casa, che potevano venire apprezzate anche per le loro doti intellettuali, che erano attive nel mondo economico e avevano dei loro spazi. È un mondo fatto anche di scienza, che ci permette di cogliere anche peculiarità del nostro Paese, come il gusto per l’amaro che potrebbe derivare proprio dalla ricerca delle erbe da parte delle donne.

Nell’incontro – sempre sul tema delle fake news – che ha visto Beatrice Mautino insieme al duo di divulgazione Il chimico sulla tavola e a quello di carattere cognitivo Non è la zebra. Focus su quegli articoli di giornale che hanno affrontato temi in ambito agroalimentare in maniera sensazionalistica o fornendo informazioni erronee.

Non poteva mancare l’Happy Science Hour in ambito agroalimentare con i divulgatori Simone Angioni, Marco Martinelli, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollini, e il giro tra i negozi della città di Mantova con la scienza dei retrobottega, protagonisti anche quest’anno Roberto Cighetti, Chiara Ferrari e Fiorenza Lodi.

Bel tempo anche nella terza e ultima giornata del Festival, domenica 19 maggio, al Teatro Bibiena c’è la fila per il giornalista Francesco Costa coi colleghi del Post Emanuele Menietti e Beatrice Mautino. Una chiacchierata che riprende grosso modo i temi che Costa presenta nel suo podcast e sul suo canale YouTube. Per i fan più sfegatati l’occasione di vederlo dal vivo, per tutti gli altri sicuramente uno spaccato non banale né stereotipato sugli Stati Uniti, con una certa attenzione per il cibo locale.

Nel panel sulla mitologia gourmet, con Sara Porro e la semiologa Simona Stano, si è andati a trattare l’evoluzione negli ultimi decenni del nostro modo di vedere il cibo.

Sempre al Bibiena fila interminabile per Dario Bressanini, che – insieme al grande sceneggiatore Tito Faraci – ha mescolato le sue grandi passioni, trattando il tema del cibo nei fumetti.

Si è parlato del senso del gusto (nell’uomo come negli animali) invece con la professoressa Gabriella Morini e il ricercatore Davide Risso. Un tema di grande estensione che spazia dall’abitudine al piccante, all’umami, fino all’esperienza spiacevole del COVID-19.

Il duo Il chimico sulla tavola ha poi trattato del mangiare per non mangiare, ovvero di tutti quei modi che abbiamo oggi (molto più che in passato) per avere un cibo ad esempio meno calorico.

A Piazza Leon Battista Alberti si è passati dal parlare della pera mantovana con la dottoranda Silvia Falasco, fino alla storia del maiale e del suino mantovano in particolare. In questo secondo incontro con Gian Luigi Restelli di Levoni, nuovo intervento degli attivisti animalisti.

Con i professori Devis Bellucci e Piero Martin si prova a riguadagnare una parte del senso della natura umana attraverso la cultura dell’errore, invece.

Il festival si è concluso col trio Simone Angioni, Stefano Bertacchi e Ruggero Rollinii, che hanno risposto alle domande e alle curiosità del pubblico sulla plastica.

 


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Comunicazioni ufficiali (tutto tranne il racconto del festival e immagini (ove non indicato diversamente) dall’Ufficio Stampa Ex Libris Comunicazione, Food & Science Festival.

BATTERI INTESTINALI COME IL LACTIPLANTIBACILLUS PLANTARUM MIGLIORANO CRESCITA ANIMALE PRINCIPALMENTE IN QUANTO PARTNER ATTIVI (SIMBIONTI)

Pubblicato su «Scientific Reports» lo studio dell’Università di Padova in cui si dimostra per la prima volta che se i batteri intestinali (Lactiplantibacillus plantarumsono vivi e attivi entrano in simbiosi benefica con l’animale e sono fonte nutritiva

 

Il microbiota intestinale è l’insieme dei microrganismi (batteri, ma anche virus, funghi e protozoi) ospitati da ciascun essere umano o animale sin dalla nascita e per tutta la sua vita. È una popolazione composta da centinaia di specie diverse formate da cellule e geni.

Queste “comunità”, come è noto da tempo, esercitano un effetto benefico sulla nostra salute: temprano il sistema immunitario, proteggono dalle infezioni di agenti patogeni, favoriscono la digestione e prevengono malattie cardiovascolari. Negli ultimi anni è stato scoperto che specifici batteri intestinali favoriscono anche la nostra crescita in condizioni di denutrizione. Semplificando, se una dieta è povera in nutrienti come ad esempio le proteine e se sono presenti batteri intestinali benefici, questi ultimi favoriscono comunque la crescita compensando la mancanza, come si avesse una dieta standard.

È stato anche dimostrato che ceppi di batteri appartenenti alla specie Lactiplantibacillus plantarum, comunemente isolati da diverse piante e presenti nel microbiota intestinale di molti animali, sono in grado di migliorare la crescita sia di insetti che di mammiferi (ad esempio i topi) se gli animali hanno un deficit nutrizionale.

Rimane da capire, però, il perché alcuni batteri intestinali – tra cui appunto il Lactiplantibacillus plantarum – migliorino la crescita di un animale. Sono batteri simbionti, cioè colonizzano l’intestino, ma al contempo apportano un vantaggio per l’organismo? Oppure sono semplicemente una fonte nutritiva? Su questo argomento la comunità scientifica si è sempre divisa.

Lo studio dal titolo “Gut microbes predominantly act as living beneficial partners rather than raw nutrients” pubblicato su «Scientific Reports» e guidato dalla professoressa Maria Elena Martino del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova ha dimostrato, per la prima volta, che i batteri intestinali esplicano la loro azione benefica migliorando la crescita animale principalmente in quanto partner attivi (simbionti) e, solo secondariamente, perché costituiscono anche una riserva energetica.

La ricerca è stata condotta sull’attività batterica intestinale nel moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster, attraverso l’uso di batteriostatici, cioè agenti in grado di inibire o limitare la replicazione batterica senza però uccidere il microorganismo. Questa metodologia ha permesso di analizzare tre condizioni fisiologiche nei batteri per vedere e quantificare gli effetti sull’animale: la condizione naturale, cioè l’attività di batteri vivi e attivi accoppiata alla crescita; l’attività di batteri vivi, ma che non si replicano; infine l’attività di batteri morti, cioè utilizzati come sola fonte nutritiva dall’animale.

«Lo studio – dice la professoressa Maria Elena Martino – ha evidenziato due importanti risultati: il primo è che l’effetto maggiore di promozione della crescita animale si ottiene esclusivamente in presenza di batteri vivi e attivi, in particolare il 60% dell’effetto benefico esercitato dai batteri intestinali deriva dalla loro interazione attiva con l’organismo. Il secondo è che l’effetto benefico, sempre e solo con batteri vivi e attivi, sulla crescita è il risultato di due componenti: da un lato le cellule batteriche rappresentano comunque una fonte nutritiva, dall’altro vi è sia la produzione di metaboliti (amino-acidi) che una stimolazione del sistema immunitario dell’animale. Specificando ulteriormente abbiamo notato che il 60% dell’effetto benefico, come detto, è dovuto all’attività batterica (vitalità), la risorsa nutritiva è circa il 15%, mentre il resto della percentuale deriva da altri fattori minori. In conclusione, la ricerca ha permesso, per la prima volta, di dimostrare e quantificare l’effetto benefico dei batteri intestinali: esso deriva dall’interazione tra il batterio con il proprio ospite animale. Secondariamente dalla capacità dell’animale di trarre nutrienti dalla biomassa batterica. Questo studio – conclude Martino – non solo rappresenta un significativo passo in avanti nella comprensione delle relazioni tra animali e microbiota, ma determina in maniera inequivocabile il ruolo dei batteri intestinali per la crescita animale e umana».

Maria Elena Martino batteri intestinali simbionti crescita animale
Maria Elena Martino

Link alla ricerca: https://www.nature.com/articles/s41598-023-38669-7

Titolo: “Gut microbes predominantly act as living beneficial partners rather than raw nutrients” – «Scientific Reports» 2023

Autori: Nuno Filipe da Silva Soares, Andrea Quagliariello, Seren Yigitturk & Maria Elena Martino

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova

SIAMO “CIÒ CHE MANGIAMO” MA NON SIAMO “DOVE VIVIAMO”

Uno studio di ricercatori dell’Università di Torino, Trieste e Padova – pubblicato su PNAS – ha esaminato le preferenze alimentari di sei popolazioni lungo l’antica Via della seta e ha scoperto come le nostre scelte, più che dal luogo dove siamo nati o abitiamo, dipendono maggiormente dal sesso biologico, dall’età e da altri fattori culturali.

Gli studi genetici degli ultimi 20 anni hanno ampiamente dimostrato che, tra le popolazioni di tutto il mondo, la maggior parte delle differenze genetiche si riscontrano a livello individuale piuttosto che a livello di popolazione. Due individui presi a caso nella stessa popolazione tendono infatti a essere geneticamente più diversi l’uno dall’altro rispetto alla differenza media fra due popolazioni distinte. Si può dire la stessa cosa anche se si parla di stile di vita e cultura?

In un recente articolo pubblicato sulla rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) da ricercatori delle Università di TorinoTrieste e Padova, gli autori hanno indagato la questione utilizzando le abitudini alimentari come una possibile fonte di differenze culturali fra individui. In particolare, hanno esaminato le preferenze alimentari relative a 79 diversi alimenti in sei popolazioni lungo la Via della seta, l’antica rotta commerciale che si estende attraverso tutta l’Asia centrale.

Abbiamo scoperto che la preferenza per alcuni cibi era informativa della preferenza per altri cibi, o che, in altre parole, le preferenze alimentari possono essere descritte combinando un numero discreto di ‘profili alimentari’”, ha affermato il Prof. Luca Pagani, autore senior dello studio, professore associato in Antropologia Molecolare presso l’Università di Padova.

Luca Pagani
Luca Pagani

Inaspettatamente, i profili così individuati non sono tipici di un determinato villaggio o nazione, ma sono invece legati ad altre caratteristiche degli individui partecipanti come la loro età, il sesso e altre scelte culturali. Questo naturalmente con qualche eccezione, rappresentata da alcuni alimenti disponibili solo in determinati Paesi: tra questi spiccano alcuni prodotti locali, come il “sulguni”, un formaggio in salamoia tipico della Georgia ed il “kurut”, un alimento diffuso tra le popolazioni nomadi dell’Asia centrale a base di yogurt essiccato.

I ricercatori hanno verificato che solo il 20% delle abitudini alimentari sono legate al Paese di origine, un valore piuttosto alto se confrontato con la sua controparte genetica (1%) ma ancora non sufficiente a spiegare le differenze osservate, nonostante le migliaia di chilometri che separano le aree geografiche oggetto di studio.

Siamo ciò che mangiamo ma non siamo dove viviamo

I ricercatori hanno poi condensato le differenze nella composizione genetica e nelle preferenze alimentari tra i Paesi in distanze “genetiche” e “alimentari”, e le hanno confrontate con le distanze geografiche reali tra i luoghi di campionamento, rappresentandole insieme in una mappa. Da essa emerge che la “localizzazione culturale” è leggermente più simile a quella geografica, rispetto a quella “genetica” per i gruppi analizzati (Figura 1), coerentemente con quanto emerso dal resto dei risultati.

Non importa dove viviamo o dove siamo nati. Le nostre scelte (almeno quelle legate all’alimentazione) dipendono maggiormente dal sesso biologico, dall’età e da altri fattori culturali”, ha concluso la dott.ssa Serena Aneli, prima autrice dello studio, ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino.

Serena Aneli
Serena Aneli

Informazioni

Titolo dell’articolo: “The impact of cultural and genetic structure on food choices along the Silk Road”

Autori: Serena Aneli, Massimo Mezzavilla, Eugenio Bortolini, Nicola Pirastu, Giorgia Girotto, Beatrice Spedicati, Paola Berchialla, Paolo Gasparini, Luca Pagani

LINK: https://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.2209311119

 

Testo e immagini dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino

Da Napoli lo studio dell’equipe della Diabetologia della Federico II pubblicato su “Advances in Nutrition”

Mangiare pesce fa bene al cuore? Sì, ma solo se è grasso!

Il consumo di pesce azzurro, anche detto pesce grasso, riduce il rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità precoce, mentre il pesce bianco, identificato come pesce magro, non ha lo stesso potenziale.

Importante l’impatto che la ricerca avrà sulle scelte alimentari della popolazione adulta e sull’ecosistema marino.

acciughe pesce cuore
Mangiare pesce fa bene al cuore? Acciuga europea o alice (Engraulis encrasicolus). Acciughe fotografate nel Mar Ligure. Foto di Alessandro Duci, caricata da Massimiliano Marcelli, in pubblico dominio

Chi di noi, rivolgendosi ad un esperto, non ha ricevuto l’indicazione di consumare pesce almeno tre volte a settimana? Ebbene, da oggi qualcosa potrebbe cambiare.

Se, infatti, numerosi studi hanno dimostrato che il consumo di pesce si associa alla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari ischemiche, come l’infarto del miocardio, sino ad ora nessuno aveva chiarito se i tipi di pesce fossero intercambiabili o se fosse meglio preferire le alici alla spigola, le sardine ai gamberi, in sintesi se fosse meglio il pesce azzurro, anche detto pesce grasso o il pesce bianco, noto come pesce magro.

La risposta è arrivata dallo studio dell’equipe della Diabetologia del Policlinico Federico II, guidata dalla professoressa Olga Vaccaro, che ha analizzato tutti i dati disponibili in letteratura sulla relazione tra il consumo di pesce e le malattie cardiovascolari.

Utilizzando una metodologia basata sulla sistematicità della ricerca, grazie a procedure statistiche in grado di combinare tutti i dati disponibili, abbiamo analizzato una popolazione di 1,320,509 individui, seguiti per un periodo di tempo che va dai 4 ai 40 anni. I risultati hanno mostrato, con estrema chiarezza, che il consumo di 1-2 porzioni di pesce grasso a settimana si associa ad una riduzione significativa del rischio di infarto e di altre patologie cardiache che, per i casi fatali, si colloca intorno al 17%. Al contrario, il consumo abituale di pesce magro, pur non aumentando il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, non si associa a questi benefici”, spiega la professoressa Vaccaro.

Vale a dire che il consumo di pesce grasso, come sardine, sgombri ed altri pesci azzurri, riduce il rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità precoce, mentre il pesce magro, come merluzzo, spigola, crostacei, molluschinon ha lo stesso potenziale.

I risultati di questo studio mettono in luce, per la prima volta, che l’effetto benefico sulla salute cardiovascolare attribuito finora al consumo di pesce in generale è in realtà limitato esclusivamente al pesce grasso. Questo ha una sua logica: il pesce grasso contiene, infatti, quantità fino a 10 volte più elevate di grassi cosiddetti omega-3, benefici per la salute, rispetto al pesce magro, inoltre, il pesce grasso è più ricco di molte altre sostanze salutari come calcio, potassio, ferro e Vitamina D, che possono contribuire all’impatto benefico del pesce azzurro sul cuore”, sottolinea il professore Gabriele Riccardi, già direttore della Diabetologia Federiciana.

Le conclusioni dello studio avranno implicazioni rilevanti per le scelte alimentari della popolazione adulta e per la preservazione dell’ecosistema marino.

La consapevolezza che bastano una o due porzioni di pesce azzurro a settimana per ridurre marcatamente il rischio di malattie cardiache facilita l’adesione alle raccomandazioni nutrizionali in confronto al generico consiglio di consumare ogni tipo di prodotto della pesca con una frequenza maggiore. Guardando agli aspetti ambientali, la scelta preferenziale di pesce azzurro di piccola taglia, e con un breve ciclo di vita come alici, sardine, sgombri, aringhe e molti altri pesci meno noti ma molto diffusi nel mar Mediterraneo, ha un impatto rilevante sull’ecosistema marino ed è molto più sostenibile dell’utilizzo di specie, ritenute più pregiate, che arrivano sulla nostra tavola grazie all’acquacultura o alla pesca intensiva”, conclude la professoressa Vaccaro.

All’innovativo studio, insieme ai professori Vaccaro e Riccardi, hanno preso parte le nutrizioniste Marilena Vitale e Ilaria Calabrese, la dottoranda di ricerca in “Nutraceuticals Functional Foods and Human Health” Annalisa Giosuè e la diabetologa Roberta Lupoli.

Testo dall’Ufficio Stampa Università Federico II di Napoli.

Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare: tra credenze e evidenze

Anche io, almeno fino a qualche tempo fa, cadevo nella facile conclusione che ci fosse una connessione tra Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) e Vegetarianismo. D’altronde, entrambe condividono una tendenza a orientare le proprie scelte alimentari a favore di vegetali e frutta, cibi tendenzialmente ipocalorici. Poi a un certo punto, come mi accade per molte credenze, mi è venuta voglia di sbirciarci dentro e ho deciso di approfondire il tema, un po’ per curiosità personale, un po’ per “dovere” professionale. 

Spoiler per chi non vuole leggere fino in fondo: la letteratura scientifica esistente su questo argomento è molto intricata, un po’ per le diverse metodiche utilizzate, un po’ a causa della complessità nel definire il “vegetarianismo” in modo chiaro e ineluttabile. Insomma, trarre una conclusione univoca è difficile. Per chi invece si è incuriosito e vorrebbe saperne di più, andate avanti e godetevi la lettura, la ricompensa sarà l’averci capito qualcosa in più rispetto a chi si ferma qui!

vegetarianismo disturbi del comportamento alimentare DCA
Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto PublicDomainPictures

Intanto, cosa sono i Disturbi del Comportamento Alimentare?

I DCA sono una serie di disturbi psichiatrici accomunati da due sintomi principali: l’alterazione delle abitudini alimentari e l’eccessiva preoccupazione per il peso e per la forma del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e ne soffrono soprattutto le donne. Sebbene ognuno di noi possa utilizzare strategie comportamentali o cognitive per cercare di limitare l’ingestione di cibo o controllare il proprio peso corporeo, non tutti soffrono di un DCA: ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa è patologico e cosa no, e sono ben descritti nel DSM-5 [1] e nell’ICD-11 [2].

 

Anoressia nervosa: fattori di rischio genetici e ambientali

I 3 principali DCA sono i) l’anoressia nervosa, caratterizzata da una costante ricerca della magrezza, da una paura patologica di prendere peso e da una distorta immagine corporea, le quali determinano un’assunzione di calorie insufficiente rispetto alle richieste fisiologiche, con conseguente perdita di peso che si attesta sotto la norma; ii) la bulimia nervosa, caratterizzata da abbuffate a cui seguono sensi di colpa legati alle preoccupazione per il peso e quindi condotte di eliminazione/compensatorie (vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici, pratica sportiva eccessiva ecc.) che dovrebbero placare l’ansia di prendere peso e iii) il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder) in cui sono presenti abbuffate e sensi di colpa, ma mancano le condotte eliminatorie che caratterizzano la bulimia nervosa; spesso si associa a un peso sopra la norma.

anoressia nervosa fattori di rischio
Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto di StockSnap

 

E invece il vegetarianismo cos’è?

Qui iniziano i problemi, perché la prima vera difficoltà con cui si scontra la letteratura che indaga il rapporto tra vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare è la definizione stessa di vegetarianismo e il modo in cui questa variabile viene declinata nei diversi studi.
Partiamo col dire che il
vegetarianismo (o vegetarianesimo o vegetarismo) è un insieme di pratiche alimentari accomunate dal prevalente consumo di alimenti vegetali. Il fatto è che è possibile distinguere molti sottogruppi di vegetariani: i latto-ovo-vegetariani sono le persone che non assumono carne animale e prodotti della pesca, ma che assumono altri derivati animali come latticini e uova (esistono però anche i latto-vegetariani e gli ovo-vegetariani); i vegani, evitano anche tutti gli altri derivati animali come appunto latte e uova; i semi-vegetariani invece evitano solo alcune tipologie di carne oppure mangiano pesce ma non carne (pescetariani) oppure possono consumare carne, ma in modo saltuario (flexitariani).

Molti studi, per semplicità, raggruppano i “vegetariani” in un unico gruppo, confrontandoli con i non vegetariani; altri studi si sono sforzati di suddividerli nei vari sottogruppi, in modo da confrontarli tra di loro, oltre che con gli onnivori. Quest’ultimo approccio, probabilmente il migliore, è stato usato di rado, a causa della difficoltà a reclutare un numero sufficientemente grande di individui con i vari tipi di vegetarianismo, ma la comprensione della relazione tra alimentazione a base vegetale e DCA sembra passare di qui.

 

Un thali vegetariano dal Rajasthan. Foto di Simranjeet Sidhu, CC BY-SA 4.0

Come se non bastasse, la decisione di diventare vegetariani può originare da una infinità di motivi: ci sono persone che sono vegetariane perché richiesto dalla loro religione (in India, ad esempio, il vegetarianismo è una questione storicamente religiosa), vegetariani che semplicemente non possono permettersi la carne o vegetariani che rifiutano di consumare carne solo per le proprietà gustative.

Ciononostante, nelle società industrializzate e secolarizzate occidentali possiamo distinguere fondamentalmente tre motivazioni che spingono una persona a diventare vegetariana. La prima motivazione è quella di stampo etico-animalista, cioè i vegetariani che affermano di seguire una dieta a base vegetale allo scopo di ridurre lo sfruttamento e le pratiche crudeli che subiscono gli animali d’allevamento. Un’altra parte di vegetariani riferisce di evitare carne e derivati animali per ragioni salutistiche e nutrizionali, ed in effetti una dieta a base vegetale – se ben bilanciata – sembra ridurre l’incidenza di disturbi cardiovascolari e cancro (Campbell, 1998; Hart, 2009). Infine, una terza motivazione è quella etico-ecologista, legata alla problematiche che gli allevamenti determinano a livello ambientale, causate dal sovraconsumo di acqua o dall’eccessiva emissione di gas inquinanti.

Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto di Daniel Reche

Ora, quali sono le motivazioni più spesso addotte da chi ha deciso di seguire una dieta a base vegetale? Klopp e colleghi (2003) suggeriscono che la ragione più di frequente riportata da chi intraprende una dieta vegetariana è quella relativa alla maggior salubrità rispetto alla dieta onnivora (37,5%), Timko e collaboratori (2012) invece hanno trovato che le motivazioni più spesso richiamate dai vegetariani sono quelle di natura etico-animalista (50% del campione). A complicare il panorama ci pensa la ricerca di Baş e collaboratori (2005) che riportava come ragione più comune semplicemente le preferenze gustative (cioè il 58,1% del campione ha dichiarato di essere vegetariano semplicemente perché non apprezza a livello gustativo carne e/o derivati animali).

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Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto di S. Hermann & F. Richter


Queste differenze sono in parte spiegate dalle caratteristiche sociodemografiche dei partecipanti, in prevalenza statunitensi sia nello studio di Klopp che in quello di Timko, ma in quest’ultimo caso più adulti (età media 26 contro i 19 del campione di Klopp). Nello studio di Baş invece i partecipanti erano turchi con un’età media di 21 anni. Queste differenze ci indicano che è fondamentale considerare gli aspetti sociodemografici, ma è invece trasversale la constatazione che molti dei vegetariani che parlano di motivazioni salutistiche/nutrizionali dietro alle loro scelte alimentari, fanno riferimento più o meno esplicito anche alla possibilità di poter controllare più facilmente il proprio peso e la forma del proprio corpo, escludendo i grassi animali dalla propria dieta (Bardone-Cone et al., 2012). Ed in effetti i vegetariani presentano un più accentuato tratto di ortoressia (fissazione sull’alimentazione salutare) rispetto agli onnivori (Barthels et al., 2018). È qui che nasce un primo collegamento con i DCA. 

 

Partiamo dagli stili alimentari…

Come abbiamo detto sopra, per fare diagnosi di DCA si deve soddisfare una serie di criteri. Questo non vuol dire che però ognuno di noi non possa presentare stili alimentari più o meno disfunzionali, senza per forza sfociare nella patologia. Uno di questi stili è il Restrained Eating, che potremmo tradurre come restrizione alimentare o dietetica. Per restrizione dietetica si intende il ricorso sistematico a diete o il tentativo di limitare il consumo di cibo in generale, al fine di controllare il proprio peso corporeo. Nella realtà dei fatti, le restrizioni dietetiche si manifestano come il ricorso a digiuni o, più frequentemente, come una riduzione nel consumo di specifici prodotti o macronutrienti, senza un reale riscontro sul peso, che è esattamente ciò che accade nel vegetarianismo. Inoltre, poiché a restrizioni croniche conseguono spesso abbuffate, elevati tratti di “restrained eating” sembrano predire la manifestazione di diversi DCA (Stiche, 2002; Polivy & Herman, 2002).

Dato che è possibile misurare le restrizioni dietetiche come fossero un tratto di personalità utilizzando specifici questionari, molti studi si sono concentrati su questo stile, per vedere se è più accentuato nei vegetariani che negli onnivori. I dati ci dicono che vegani e latto-ovo-vegetariani non si differenziano per questo tratto rispetto agli onnivori, ed anzi qualcuno suggerisce che una dieta vegana sia collegata a minori livelli di restrizioni alimentari (Janelle & Bar, 1995; Kahleova et al., 2013). Al contrario flexitariani e semi-vegetariani, che evitano quindi specifici tipi di carne o che cercano di limitare il consumo, mostrano un restrained eating più pronunciato rispetto agli onnivori (Forrestell et al., 2013; Timko et al., 2012). Questo lascerebbe ipotizzare che il vegetarianismo abbracciato da latto-ovo-vegetariani e vegani sia di fatto più di tipo morale ed etico, rispetto a quello dei flexitariani e semi-vegetariani, probabilmente più legato ad aspetti salutistici e di peso. Di conseguenza, questi ultimi sarebbero più a rischio di sviluppare un DCA o comunque comportamenti alimentari disfunzionali. 

Altri stili alimentari misurabili sono l’Emotional Eating (o alimentazione emotiva) ovvero la tendenza più o meno pronunciata a sovralimentarsi, in risposta ad emozioni stressanti e l’External Eating (o alimentazione disinibita), cioè la tendenza a cedere o meno a delle tentazioni alimentari che provengono dall’ambiente, indipendentemente dal nostro appetito fisiologico. Ad oggi non ci sono confronti tra vegetariani e onnivori in questi specifici tratti. D’altra parte alcuni studi hanno riportato una maggiore tendenza ad abbuffarsi da parte dei vegetariani rispetto agli onnivori (Robinson-O’Brien et al., 2009; MacLean et al., 2021). Questo risultato potrebbe avere tre cause: i) i vegetariani potrebbe essere più indulgenti con loro stessi in relazione alla quantità di cibo da consumare, essendo verdura e frutta prodotti sani; ii) una dieta a base vegetale non sempre potrebbe fornire un senso di pienezza o un apporto equilibrato di macronutrienti e questo potrebbe innescare episodi di abbuffate; iii) i vegetariani potrebbero anche avere una soglia più bassa relativa al concetto di “abbuffata” rispetto agli onnivori, a causa delle loro abitudini alimentari più ponderate. 

Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto di RitaE

 

Ma i vegetariani presentano più spesso un DCA rispetto agli onnivori?

Gli studi che hanno utilizzato domande dicotomiche non standardizzate, per rilevare la presenza di DCA tra i vegetariani, non sono arrivati a conclusioni definitive. Tre revisioni retrospettive (Hadigan et al., 2000; O’Connor et al., 1987; Kadambari et al., 1986), hanno rilevato che circa la metà delle persone con diagnosi di anoressia nervosa riferiva di aver aderito a una dieta vegetariana. Purtroppo, in nessuno di questi studi era specificato il sottotipo di vegetarianismo. Al contrario, un altro studio non ha trovato differenze nella distribuzione di vegetariani e onnivori in partecipanti con diagnosi di DCA e partecipanti sani (Estima et al., 2012). Infine, una ricerca, ha rilevato la maggiore propensione da parte dei vegetariani ad abbuffarsi ed utilizzare misure di controllo del peso non salutari, come il vomito autoindotto o l’uso di lassativi (Robinson-O’Brien et al., 2009).

 

Atteggiamenti alimentari disfunzionali nei vegetariani: i campanelli d’allarme

Un altro metodo per capire se il vegetarianismo è più o meno correlato ai Disturbi del Comportamento Alimentare è quello di valutare i punteggi ottenuti ai questionari self-report che indagano aspetti comportamentali o cognitivi che caratterizzano i DCA. Se è vero che il vegetarianismo è collegato ai Disturbi del Comportamento Alimentare, allora i vegetariani dovrebbero ottenere punteggi maggiori (che corrispondono a tratti più pronunciati) nelle varie scale e sottoscale che valutano la sintomatologia DCA rispetto agli onnivori. Gli studi che hanno utilizzato questo metodo d’indagine sono stati condotti prevalentemente su studenti universitari, ed hanno mostrato che i vegetariani avevano punteggi più alti (rispetto agli onnivori) nelle sottoscale che valutano le preoccupazioni relative all’alimentazione, alla forma e al peso corporeo, ma non in quelle che valutano le restrizioni caloriche (Sieke et al., 2013). Inoltre quelli che riferivano di essere vegetariani per motivi di salute o di forma/peso mostravano in media punteggi più alti rispetto a quelli che dichiaravano di seguire questa dieta per motivi etico-morali. E mentre Zuromsky e collaboratori (2015) hanno osservato punteggi maggiori in tutte le sottoscale in chi riferiva una qualsiasi forma di vegetarianismo, Timko e collaboratori (2012) hanno evidenziato che i punteggi critici nella sottoscala “preoccupazioni per l’alimentazione” caratterizzava solo il sottogruppo dei semi-vegetariani. 

In definitiva anche in questo caso i vari studi mostrano risultati contrastanti: alcuni hanno trovato punteggi più alti (e quindi atteggiamenti alimentari più disfunzionali) nei vegetariani rispetto agli onnivori, altri studi non hanno trovato differenze se non nei semi-vegetariani, che sembrano essere anche in questo caso quelli con più problematiche alimentari (Timko et al., 2012; Forestell et al., 2012). Infine, ad oggi un solo studio ha indagato gli atteggiamenti riguardanti la propria immagine corporea, meno negativi nelle ragazze vegetariane rispetto a quelle onnivore. Questa minore preoccupazione per la propria immagine corporea potrebbe dipendere dal BMI generalmente inferiore dei vegetariani (Dorard & Mathiue, 2021). 

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Immagine di Oberholster Venita

Conclusioni

In linea generale, dunque, sembrerebbe che chi ha una diagnosi di DCA riferisca di essere vegetariano più spesso rispetto a chi non ha una diagnosi di DCA. Inoltre, i gruppi subclinici quindi con punteggi alti nelle scale che misurano la sintomatologia DCA ma senza diagnosi, riferiscono storie di vegetarianismo più di frequente rispetto a chi non presenta alcun sintomo. Questi dati forniscono un supporto almeno preliminare all’idea che ci sia una relazione tra vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Gli studi che hanno confrontato sottogruppi di vegetariani, però, hanno sottolineato la necessità di distinguere tra i diversi sottotipi, i quali mostrano punteggi molto diversi nelle scale che misurano i comportamenti alimentari patologici. 

In particolare, rispetto a ovo-latto-vegetariani, vegani e onnivori, sembra che i semi-vegetariani siano quelli che riportano un comportamento alimentare più disfunzionale (sono i “più patologici” secondo Heiss et al., 2017). I semi-vegetariani hanno maggiori probabilità di limitare l’assunzione di cibo a causa di preoccupazioni riguardo l’alimentazione (Timko et al., 2012), mentre gli ovo-latto-vegetariani e i vegani aderiscono a una dieta vegetariana principalmente per motivi etici (Forestell et al., 2012; Curtis e Comer , 2006). Non solo, i semi-vegetariani sono anche più suscettibili alle abbuffate rispetto agli altri vegetariani e agli onnivori. Queste conclusioni suggeriscono che i semi-vegetariani sono categoricamente diversi dagli altri vegetariani e questa distinzione dovrebbe essere considerata quando si valuta il comportamento alimentare (Robinson-O’Brien et al., 2009).

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Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto di Дарья Яковлева

Da questo punto di vista, sarebbe interessante se ci fossero più studi provenienti dai paesi mediterranei (come l’Italia), dove, se da una parte il vegetarianismo è abbastanza diffuso, dall’altra la dieta mediterranea prevede già di per sé un consumo di carne e di derivati animali moderato, a favore del consumo di vegetali (Willett et al., 1995). In un campione con tali abitudini alimentari, il sottogruppo semi-vegetariano potrebbe essere molto meno numeroso rispetto ad altri paesi occidentali, dove il consumo di carne e grassi animali è maggiore. In generale, la tipologia di vegetarianismo e i motivi che ne sono alla base non possono non prescindere dal campione di riferimento, ma ad oggi la maggior parte dei dati sul tema derivano dagli Stati Uniti e dai Paesi del Nord Europa.

Infine dobbiamo considerare che non solo il tipo di vegetarianismo, ma anche le tempistiche in cui vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare si sono avvicendati dovrebbero essere maggiormente approfonditi. Al momento non ci sono dati che indicano inequivocabilmente che il vegetarianismo sia di per sé un fattore di rischio dei DCA e che, quindi, potrebbe contribuire all’esordio di un DCA. Piuttosto, il vegetarianismo potrebbe essere un modo per limitare l’introito calorico e/o per “camuffare”, con un metodo socialmente accettabile, un DCA o comunque una sintomatologia alimentare tendente al patologico (Baş et al., 2005). È anche probabile che il vegetarianismo possa contribuire ad un prolungamento della patologia alimentare, rendendo più difficoltosa la guarigione e dunque configurarsi come un fattore di mantenimento più che come un fattore di rischio. 

Sono dunque necessarie ricerche ben progettate, con campioni variegati e attente alle numerose variabili relative alle due condizioni, per trarre conclusioni definitive. Ad oggi possiamo dire che sì, ci sono delle relazioni tra vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare, ma quale siano queste relazioni, è ancora tutt’altro che chiaro.

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Vegetarianismo e Disturbi del Comportamento Alimentare. Foto di RitaE

 

[1] Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), edizione 5: sistema nosografico per i disturbi mentali o psicopatologici redatto dall’American Psychiatric Association

[2] Classificazione Internazionale delle Malattie (International Classification of Disease), edizione 11: sistema di classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità

Bibliografia:

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Zuromski, K. L., Witte, T. K., Smith, A. R., Goodwin, N., Bodell, L. P., Bartlett, M., & Siegfried, N. (2015). Increased prevalence of vegetarianism among women with eating pathology. Eating behaviors, 19, 24-27.

Convergenza evolutiva: la dieta come fattore determinante? Sì, ma solo in alcune specie

Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza ha pubblicato sulla rivista Evolution uno studio sulla convergenza evolutiva tra le specie. La ricerca si interroga su quanto sia comune la convergenza morfologica nei carnivori e sulle possibili cause, con il risultato, inatteso, che essa derivi da interazioni complesse tra morfologia, ecologia e biomeccanica.

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Convergenza evolutiva: la dieta come fattore determinante? Sì, ma solo in alcune specie. Panda rosso (Ailurus fulgens), Aachen. Foto di Brunswyk, CC BY-SA 3.0

La convergenza evolutiva è un fenomeno per cui specie diverse, che vivono e si sono adattate ad ambienti simili, evolvono caratteristiche morfologiche e funzionali analoghe che li portano a somigliarsi moltissimo pur non avendo parentela in comune.

Una delle questioni più dibattute tra gli studiosi è quella di determinare in maniera affidabile quali siano i tratti maggiormente predisposti a convergere tra le specie, e quali le cause. Numerose le ipotesi ancora inesplorate, non solo ecologiche, ma anche comportamentali e filogenetiche. Il fattore ecologico che più frequentemente si presume abbia prodotto convergenza morfologica nei carnivori, e più specificamente nel loro complesso cranio-mandibolare, è la dieta.

Perché è importante fare chiarezza su questo aspetto? Perché se diete simili producessero morfologie dentali convergenti, i paleoecologi potrebbero arrivare a definire le condizioni ecologiche di una specifica area geografica del passato.

Se finora il numero di casi documentati di convergenza evolutiva è stato più basso di quanto ci si aspettasse, numerosi invece i casi basati su considerazioni unicamente qualitative che però non hanno consentito di comprendere la frequenza del fenomeno, rendendo difficile individuare delle tendenze evolutive ricorrenti, sia tra i vari gruppi tassonomici che al loro interno.

Oggi un nuovo studio pubblicato sulla rivista Evolution e coordinato da Luigi Maiorano del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, in collaborazione con il Museo di Zoologia dell’Ateneo, l’Università John Moores di Liverpool e l’Università di Napoli Federico II presenta la più vasta valutazione quantitativa mai realizzata, riguardante la convergenza evolutiva cranio-mandibolare nell’ordine Carnivora dei mammiferi.

“Questo studio – spiega Davide Tamagnini del Dipartimento di Biologia ambientale, primo nome dello studio – si inserisce in un trend crescente di ricerca, che impiega metodi innovativi (phylogenetic comparative method) per indagare fenomeni tradizionalmente descritti solo in maniera qualitativa. Nel lavoro si impiegano anche semplici dati morfologici, estratti da un gran numero di taxa dell’ordine Carnivora, per chiarire se la dieta causi convergenza nel loro complesso cranio-mandibolare”.

Le evidenze ottenute sostengono la rarità della convergenza evolutiva all’interno di vaste categorie ecologiche, ma mostrano invece una maggior frequenza di questo fenomeno evolutivo in casi isolati di specie che, pur non essendo imparentate tra loro, hanno lo stesso ruolo nell’ambiente in cui vivono.

È il caso del panda gigante e del panda rosso che appartengono a due famiglie diverse: il primo a quella degli ursidi (come gli orsi), mentre il secondo alla famiglia ailuridae (come i procioni) accomunati dall’alimentazione a base di bambù, dalle tipiche macchie nere intorno agli occhi e dal cosiddetto “falso pollice”.

Se per i panda, dunque, la convergenza si trova in due specie che vivono nello stesso habitat e nella stessa regione, tra i carnivori, invece, si trovano frequenti esempi di adattamenti morfologici convergenti anche in specie evolute in continenti diversi. Queste coppie di specie sono comunemente ritenute “ecologicamente equivalenti”, perché vivono in diverse regioni geografiche ma occupano nicchie ecologiche simili.

“In questa ricerca abbiamo studiato la convergenza morfologica, raggruppando le specie in base al tipo di cibo prevalente nella loro dieta. Poi, abbiamo considerato diversi casi di potenziale convergenza morfologica concentrandoci su specie ecologicamente equivalenti di dimensioni corporee simili, oppure taxa molto affini rispetto a dieta e habitat, ma con grandi differenze di taglia”.

“I nostri risultati – dichiara Luigi Maiorano, coordinatore del lavoro – non supportano quasi mai il verificarsi di un’evoluzione convergente nelle categorie alimentari dei carnivori viventi: l’evoluzione convergente in questo clade sembra essere un fenomeno raro”.

Il fenomeno della convergenza, dunque, è meno frequente di quanto atteso e tale risultato è probabilmente dovuto a interazioni complesse tra morfologia, ecologia e biomeccanica.

Questa ricerca sottolinea inoltre l’importanza della scala tassonomica considerata negli studi macroevolutivi.

Riferimenti:

Testing the occurrence of convergence in the craniomandibular shape evolution of living carnivorans – Davide Tamagnini, Carlo Meloro, Pasquale Raia, Luigi Maiorano – Evolution, 75(7): 1738-1752. DOI: https://doi.org/10.1111/evo.14229

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma sulla dieta come fattore determinante di convergenza evolutiva.

Quale impatto ha avuto la pandemia sulle dipendenze?

Intervista ai professori Angelo Panno, Benedetto Farina, Claudio Imperatori e ai dottori Giuseppe Alessio Carbone e Chiara Massullo del Laboratorio di Psicologia Cognitiva e Clinica (CCPL) dell’Università Europea di Roma

“[…]la pandemia ha prodotto, tra le sue tragiche conseguenze, un incremento delle condizioni di disagio psichico, acutizzando situazioni di emergenza psicologica e sociale.” Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la Giornata mondiale della salute mentale del 2020, spiegava la situazione di aumento di disagio psicologico e sociale con cui l’Italia si è trovata a fare i conti per via della pandemia.

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Dipendenze: “la pandemia ha prodotto, tra le sue tragiche conseguenze, un incremento delle condizioni di disagio psichico, acutizzando situazioni di emergenza psicologica e sociale.” Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana. Foto da quirinale.it, licenza con attribuzione

È oramai noto come la quarantena, l’isolamento sociale e l’aumento dei casi di COVID-19 siano strettamente legati ad un peggioramento generale della salute mentale nella popolazione. Rimangono, però, alcune psicopatologie e domini cognitivi non del tutto analizzati, tra questi le dipendenze, sia da sostanze che comportamentali. Con la parola “dipendenze” si prendono in considerazione tantissimi tipi di disturbi: dal disturbo da uso e abuso di alcool fino a un disturbo di shopping compulsivo.

Quanto la pandemia, quindi, ha avuto un impatto sulle dipendenze? E su quali dipendenze?

In uno studio pubblicato a Novembre 2020 su Frontiers in Psychiatry, Angelo Panno, Giuseppe Alessio Carbone, Chiara Massullo, Benedetto Farina e Claudio Imperatori hanno cercato di ottenere un quadro più comprensibile della situazione e, in particolare, degli effetti del tipo di stress negativo (distress), percepito dagli italiani in maniera crescente, e il suo eventuale collegamento con diversi tipi di dipendenze.

In particolare, lo studio si è focalizzato sulla dipendenza da alcool, quella da social media e la dipendenza da cibo. Ai più di 1500 soggetti presi in considerazione è stato richiesto anche di indicare se fossero fumatori o meno, ma questo dato, come anche riportato successivamente nell’intervista, non è stato approfondito ulteriormente.

 

Dipendenza da alcool, da social media e da cibo

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Pandemia e dipendenze: l’alcool. Foto di Myriams-Fotos

Dei tipi di dipendenza presi in considerazione da Panno e colleghi, la dipendenza da alcool è quella più conosciuta non solo in ambito scientifico, ma anche in generale. L’alcool è una sostanza psicoattiva, per questo inserita nell’elenco delle sostanze stupefacenti, che spesso e volentieri può portare a una dipendenza e, con questa, all’insorgenza di una serie di sintomi che possono aggravarsi col tempo. Questo tipo di dipendenza, anche chiamata disturbo da uso e abuso di alcool, è chiaramente definita in moltissimi manuali diagnostici, come il Manuale Diagnostico Statistico – 5 (DSM 5) dell’American Psychiatric Association e la Classificazione Internazionale delle Malattie – 11 (ICD-11) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Non è lo stesso per la dipendenza da social media e la dipendenza da cibo.

La dipendenza da social media può essere considerata un “nuovo” tipo di disturbo, in quanto nasce e si diffonde in parallelo con l’uso delle nuove tecnologie. Se nei primi anni 2000 erano poche le persone che facevano uso di social network, dal decennio successivo questi strumenti hanno iniziato a spopolare (indagine Censis, 2018). Inizialmente, i più giovani utilizzavano di più le piattaforme social, ma con il tempo queste hanno iniziato ad essere sfruttate da persone di tutte le fasce di età. Con l’aumentare della popolarità e dell’uso dei social, ovviamente, è divenuto sempre più palese il problema della dipendenza da social media e, in particolare, da social network e da smartphone.

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Pandemia e dipendenze: i social media. Foto di Engin Akyurt

La dipendenza da cibo, invece, è un tipo di dipendenza che si trova a cavallo fra la dipendenza comportamentale e un disturbo del comportamento alimentare, in quanto vi è una relazione con il cibo anormale e maladattiva che può portare a serie conseguenze psicologiche, sociali e mediche (Gordon et al., 2018). 

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Pandemia e dipendenze: il cibo è un piacere. Foto di Moira Nazzari

Il cibo per il nostro cervello è un piacere e provoca una cascata di eventi che vanno ad agire su una serie di strutture cerebrali chiamate “circuito della ricompensa”. Questo circuito, solitamente, è tenuto strettamente sotto controllo, così da preservare il cervello stesso da possibili comportamenti impulsivi, motivati solo dalla gratifica imminente. A fronte di cibi molto gratificanti per la persona, questo circuito può “districarsi” dal controllo delle aree superiori, facendo sviluppare comportamenti compulsivi e pensieri ossessivi simili a quelli delle altre dipendenze.

Nella dipendenza da cibo abbiamo tre sintomi che solitamente accompagnano l’uso di sostanza o l’adozione di comportamenti disfunzionali, quali: sindrome da astinenza; la tolleranza, cioè l’adattamento del corpo e, in particolare, del cervello a determinate dosi di cibo crescenti; il craving, cioè il bisogno ossessivo, psicologico e fisiologico, che invade i pensieri della persona rispetto al dover ottenere, in qualsiasi modo, il cibo da cui è dipendente.

Seppur nessun manuale abbia mai definito tale dipendenza, gli studi crescenti a riguardo stanno definendo il quadro sintomatico di questo disturbo e le sue differenze con altri disturbi, come il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), ed altre condizioni non patologiche, come l’alimentazione come risposta a determinati stati emotivi (emotional eating).

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Pandemia e dipendenze da cibo. Foto di Free-Photos

 

Lo stress? Gli stress

Per il loro studio, Panno e colleghi hanno preso in considerazione quanto è stato forte l’impatto della pandemia e la quarantena in termini di “stress” percepito. Stress, in psicologia, è un termine indica la capacità di adattamento a fronte di una richiesta ambientale. Con il tempo e le ricerche, quel che noi chiamiamo semplicemente “stress”, può essere diviso in due tipologie: eustress e distress. L’eustress è un tipo di stress tipicamente definito “positivo”, è uno stress che si rivela necessario per reperire risorse sufficienti per affrontare  una situazione che, generalmente, non determina un rischio di vita per la persona. Il distress, invece, è tipicamente definito “negativo”, ed è quello che comunemente definiamo come, semplicemente, “stress”, e ci porta a vivere una situazione specifica con uno stato affettivo e cognitivo alterato e disfunzionale (Selye, 1956; 1974).

Nel loro studio sulle dipendenze, Panno e colleghi hanno preso in considerazione quanto è stato forte l’impatto della pandemia e la quarantena in termini di “stress” percepito. Foto di 1388843

I risultati dello studio

In generale, tutti i punteggi nelle scale di misurazione della presenza e gravità dei diversi tipi di dipendenza sono aumentate con l’aumentare dell’importanza che l’evento della quarantena ha avuto nella vita dell’individuo. In altre parole, dai dati presentati in questa ricerca, lo stress dato dalle condizioni pandemiche da COVID-19 ha portato a un peggioramento dei diversi tipi di dipendenza, sia da sostanze che comportamentali.

Per quanto lo studio presenti alcuni limiti, come la prevalenza di partecipanti di sesso femminile nel campione, i suoi risultati sembrano presentare un quadro abbastanza preoccupante per quanto riguarda l’incidenza delle dipendenze tra gli italiani. Le dipendenze, come ricordiamo, non hanno solo effetti sulla mente e sul corpo della persona, ma, come ogni tipo di patologia, influenzano anche le famiglie, le relazioni, la società e il lavoro.

Ringraziamo i professori Angelo Panno, Benedetto Farina e Claudio Imperatori, che insieme ai dottori Giuseppe Alessio Carbone e Chiara Massullo, del Laboratorio di Psicologia Cognitiva e Clinica (CCPL), un’unità del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università Europea di Roma, hanno risposto alle domande di ScientifiCult.

Intervista

Il vostro studio è stato uno tra i pochi a prendere in considerazione la variazione e l’aumento delle dipendenze durante la quarantena. Dalle vostre ipotesi, sappiamo cosa vi aspettavate, cioè che il distress associato al COVID-19 sia collegato ai problemi di alcool, all’abuso di social media e alla dipendenza da cibo. Avete preso in considerazione moltissime variabili anche personali (dall’età fino allo status personale durante la quarantena). C’è stato qualche dato, nelle vostre analisi statistiche, che non vi aspettavate, che vi ha sorpreso? Se sì, quale e perchè?

Intanto, anche a nome degli altri colleghi che hanno realizzato lo studio, ci tenevo a ringraziarla per questa intervista. Occorre fare una precisazione: il nostro studio ha fatto una “fotografia” della situazione legata alla prevalenza di alcune dipendenze durante il lockdown: per calcolare una vera e propria variazione avremmo dovuto avere dei dati relativi allo stesso campione prima dello scoppio della pandemia.

In particolare, sono due i dati che hanno stimolato la nostra attenzione. Il primo ha riguardato l’elevata percentuale di persone che hanno ricevuto una diagnosi di dipendenza da cibo (46.9%), nettamente superiore alle stime riportate in altri campioni non-clinici, che si attestano tra il 3% e il 13% circa.

Se da un lato questo dato potrebbe essere stato influenzato dalle modifiche apportate alla scala in relazione agli obiettivi della ricerca (riferimento dei sintomi negli ultimi 14 giorni, invece che negli ultimi 12 mesi), non ci aspettavamo comunque una percentuale così elevata.

Il secondo dato che ci ha colpito, invece, è stato quello relativo al numero di persone che hanno riportato un livello di distress clinicamente significativo legato al COVID-19. Più di una persona su 2 (il 54.4%), infatti, ha sviluppato dei sintomi significati di distress psicologico (pensieri intrusivi, comportamenti di evitamento, sintomi da iperarousal) durante il lockdown.

Il vostro studio ha preso in considerazione tipi di dipendenze comportamentali e da sostanze con rinforzi “facilmenti accessibili” in casa durante il lockdown, quali alcol, social media e cibo. Riguardo la nicotina, avete preso solo in considerazione l’essere o non essere fumatore da parte del soggetto preso in considerazione. Dato che circa il 28,8% del vostro campione era composto da fumatori, come mai non si sono presi in considerazione anche i dati relativi alla variazione dei sintomi della dipendenza da nicotina (es. numero di sigarette, sintomi associati, aumento o diminuzione dell’assunzione di nicotina)?

Questa è buona domanda. In fase di progettazione dello studio, pensando di fare uno studio che potesse riguardare tutta la popolazione, abbiamo deciso di raccogliere semplicemente il dato relativo ai fumatori e di non fare un’analisi mirata solo su questo campione. Perciò abbiamo deciso di concentrarci su altri stimoli di rinforzo facilmente accessibili. Sicuramente altri studi sul tabagismo completeranno il quadro da noi messo in evidenza.

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Pandemia e dipendenze: lo studio ha raccolto il dato relativo ai fumatori ma non ha effettuato un’analisi mirata solo su questo campione. Foto di Free-Photos

Guardando i dati di regressione della Bergen Social Media Addiction Scale, scala da voi utilizzata per misurare il livello di dipendenza da Social Media, sembra che il punteggio di questa scala sia significativamente legato all’età. I soggetti da voi presi in considerazione avevano un’età compresa tra i circa 18 e i 38 anni. Come avete specificato, questi dati non possono essere generalizzati alla popolazione adolescente, ma per quanto riguarda, invece, persone fra i 40 e i 50 anni?

In realtà il range di età dei nostri partecipanti è stato 18-74, anche se l’età media dei partecipanti era relativamente bassa (28.49 ± 10.89 anni). I social media ormai fanno parte della nostra vita quotidiana e la crisi pandemica “ha costretto” e “sta costringendo” anche fasce di età diverse da quelle degli adolescenti e dei giovani adulti a cimentarsi sempre maggiormente con questi strumenti. Perciò, sebbene sia un fenomeno diffuso soprattutto nel mondo dei giovani, non mi sorprenderebbe avere dei dati di prevalenza elevati anche in altre fasce d’età. Probabilmente il fenomeno sarà destinato ad aumentare in futuro proprio perché i social media raggiungono fasce della popolazione sempre più variegate.

 

All’inizio del vostro studio avete preso in considerazione lo status personale durante il lockdown (isolamento, quarantena, lavoro, numero di coabitanti ecc.). Pare che lo status personale durante la prima fase della pandemia, dove la curva dei contagi si stava alzando esponenzialmente, sia strettamente collegato ai punteggi del Bergen Social Media Addiction Scale. Questo legame sembra svanire nel momento in cui si vanno invece ad analizzare una ad una le sottovariabili (isolamento, numero di coabitanti, smart working ecc.) Volendo speculare su questo risultato, come avete provato a spiegarvi questo risultato? Potrebbe essere che non vi sia un solo fattore nell’ambiente ad influenzare lo sviluppo di abuso di social media, ma tutti concorrano ad esso, differenziandosi per peso e misura da persona a persona?

In letteratura sono riportati diversi dati che suggeriscono, in accordo con il modello biopsicosociale di Bronfenbrenner, il ruolo di diversi fattori (sociali, psicologici e biologici) nel determinismo di questa forma di dipendenza.

Rispetto a chi poteva uscire per andare al lavoro, chi era in isolamento o in quarantena ha riportato maggiori sintomi legati alla dipendenza da social media. Questo potrebbe essere dovuto alla condizione di necessità imposta dal lockdown in cui i social hanno rappresentato l’unico modo per rimanere connessi con i propri cari e con il mondo esterno nel quale eravamo abituati ad immergerci ogni giorno. Sicuramente questo è un tema che merita di essere approfondito.

 

Dai dati è emerso un forte collegamento fra i punteggi della Bergen Social Media Addiction Scale e la modified Yale Food Addiction Scale Version 2.0, quest’ultima utilizzata per misurare la presenza e la gravità dei sintomi di dipendenza da cibo. La dipendenza da cibo è spesso descritta come un disturbo a metà fra dipendenza comportamentale (per via del circuito coinvolto, della presenza di tolleranza, astinenza ecc.) e disturbo del comportamento alimentare (soprattutto, per via della compromissione del rapporto con il cibo). Da letteratura, sappiamo che i social media hanno un forte impatto sui disturbi del comportamento alimentare, in particolare su bulimia e binge eating. A fronte di quanto è emerso dalla vostra ricerca, pensate che la dipendenza da social network e la dipendenza da cibo abbiano un legame più profondo di quel che attualmente ci è noto? In altre parole, pensate che questi due tipi di dipendenza si alimentino a vicenda, soprattutto in una situazione di forte stress, come la pandemia?

È assolutamente possibile. Si tratta di una tematica molto attuale e molto interessante. Una recente meta-analisi pubblicata nel 2019 e condotta su 16.520 studenti ha riportato che l’uso problematico di Internet sembra essere un predittore della sintomatologia legata ai disturbi del comportamento alimentare. Nonostante questo, la complessa associazione tra questi due fenomeni deve essere ancora chiarita e ulteriormente approfondita, soprattutto in riferimento a quei meccanismi psicopatologici che possono alimentare e mantenere questa relazione anche in contesti non necessariamente legati alla pandemia.

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Nello studio di Panno e colleghi su pandemia e dipendenze, il 76% del campione è composto da donne. Foto di Foundry Co

Tra i limiti del vostro studio vi è il fatto che il 76% del  campione fosse composto da donne, le quali “fanno molto più uso dei social network rispetto agli uomini, più propensi a giochi online” (Panno et al.,2020, p.8). Tralasciando l’uso dei social, studi precedenti hanno confermato come il sesso femminile sia stato più a rischio di sviluppo di sintomi depressivi e ansiosi durante il periodo di quarantena in vari paesi (Shaukat, Ali  Razzak, 2020; Luo et al., 2020). I sintomi depressivi e ansiosi, a loro volta, sono strettamente collegati alle dipendenze, in quanto l’uso di sostanze o l’adozione di comportamenti disadattivi (come l’abuso di social network o la dipendenza da cibo) sembrano fungere come da ansiolitici e antidepressivi momentanei, proprio per via della loro specifica azione sul sistema nervoso centrale. Pensate che avere una così grande percentuale di persone di sesso femminile nel vostro campione, possa aver influito sui risultati anche in questa direzione? Pensate, in caso, di prendere in considerazione i sintomi depressivi e di ansia in studi successivi?

Come giustamente osservato la maggior prevalenza di donne distorce il nostro campione che, come specificato, non è rappresentativo della popolazione italiana. Per controllare questo aspetto, questa variabile è stata inclusa come covariata nei modelli testati proprio al fine di “limitarne” il suo effetto.

Relativamente alla seconda domanda, bisogna considerare che lo strumento utilizzato per valutare il distress legato al COVID-19 nel presente studio, la IES-R, nasce per l’assessment del disturbo da stress post-traumatico caratterizzato anche da una forte componente sintomatologica ansioso-depressiva. In ogni caso, un approfondimento specifico su queste due dimensioni psicopatologiche, in relazione alle dipendenze patologiche, potrebbe essere sicuramente interessante, soprattutto in associazione al contesto pandemico.

 

Il vostro studio mette in luce una realtà della pandemia nascosta, ma non più ignorabile, cioè l’aumento e la presenza di dipendenze di vario tipo nella popolazione italiana. Più in generale, assieme a molti altri studi, si mette in luce la presenza di sempre più disagi e disturbi psicologici dovuti sia all’emergenza che alla quarantena. Visti i dati in crescita raccolti dalla scienza, cosa vi augurate o vi aspettate per il futuro della Sanità da un punto di vista psicologico? Credete che siamo ancora in tempo per poter promuovere nuove iniziative e nuovi movimenti di sensibilizzazione a questi temi? Infine, pensate che gli effetti psicologici a lungo termine della pandemia necessitino di ulteriore attenzione?

Assolutamente sì! Questo si ricollega alla risposta della prima domanda, in riferimento all’elevato numero di persone che durante il lockdown hanno sperimentato dei livelli significativi di distress psicologico. In Italia, ormai siamo a più di un anno dall’inizio della pandemia ed è lecito pensare che ci sarà un significativo aumento della richiesta di aiuto legata a problemi di depressione, ansia e più in generale alla salute mentale. Numerosi studiosi internazionali hanno già lanciato questo allarme e l’Italia non può sottovalutarlo. Perciò, da un lato, sarà necessario porre estrema attenzione ai problemi di salute mentale legati alla pandemia nel prossimo futuro e dall’altro essere pronti ad agire per fronteggiarli nel miglior modo possibile. In questo senso, policy makers e decisori politici dovranno porre la massima attenzione nell’offrire linee guida chiare ed efficienti volte ad offrire servizi ed interventi tempestivi per contrastare questi effetti della pandemia, che potremmo definire secondari, nel senso che si svilupperanno a lungo raggio. Tutto dovrebbe avvenire in un’ottica di prevenzione e promozione della salute pubblica che non può non passare anche attraverso delle campagne di sensibilizzazione.

 

Bibliografia

  • Panno, A., Carbone, G. A., Massullo, C., Farina, B., & Imperatori, C. (2020). COVID-19 Related Distress Is Associated With Alcohol Problems, Social Media and Food Addiction Symptoms: Insights From the Italian Experience During the Lockdown. Frontiers in Psychiatry, 11, 1314.
  • Idagine Censis (2018) I Media digitali e la fine dello star system, https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Sintesi_2.pdf
  • Gordon et al. (2018) What is the evidence for “food addiction?” a systematic review, Nutrients, 10(4), 477, doi: 10.3390/nu10040477
  • Selye, H. (1956). The stress of life.
  • Selye, H. (1974). Stress without distress. Philadelphia.

Giorni d’estate, di mare, di vacanze, la cistite è in agguato, come prevenirla e curarla: le indicazioni della professoressa Elisabetta Costantini, dell’Ateneo di Perugia

“Il caldo e la cistite possono essere collegati, ma per contrastare l’infezione ci sono buone pratiche e comportamenti attenti da seguire”. Lo evidenzia la professoressa Elisabetta Costantini, Professore Associato dell’Università degli Studi di Perugia e Direttore della Struttura complessa interaziendale di Clinica Urologica ad indirizzo Andrologico ed Uroginecologico Azienda Ospedaliera di Terni e Perugia.

 “Il caldo facilita le cistiti, prima di tutto perché è più facile la disidratazione – spiega la professoressa Costantini -. Bere aiuta molto perché urinando più spesso eliminiamo più rapidamente i batteri eventualmente entrati in vescica; l’umidità inoltre, a contatto con i genitali, facilita le vaginiti che a loro volta predispongono alle cistiti. Perciò ricordiamo sempre al mare, a contatto della sabbia, o in piscina o in palestra, di fare attenzione perché l’ambiente umido modifica il microbiota del perineo. È bene inoltre utilizzare indumenti che facilitano la traspirazione, non molto stretti e preferibilmente di cotone o fibre naturali. Infine ricordiamo che l’alimentazione modifica il microbiota intestinale, talora predisponendo alle cistiti. Questo può accadere ad esempio in vacanza e allora il consiglio è di evitare l’alcool, l’eccesso di caffeina, le spezie, i cibi piccanti e gli zuccheri complessi”.

 La cistite è un’infezione batterica a carico delle vie urinarie e in particolare della vescica; molto frequente nelle donne, ma che non risparmia gli uomini. Dati statistici affermano che 1 donna su 2 almeno una volta nella vita ha sofferto o soffrirà di cistite e di queste un 30% andrà incontro a ricorrenze. Colpisce invece circa il 12 % degli uomini, e nel sesso maschile ha caratteristiche diverse perché spesso legata ad una patologia uretro-prostatica, quindi meno frequente rispetto alla donna ma più difficile il suo trattamento.

cistite curarla prevenirla Elisabetta Costantini

Quali sono i sintomi?

“La diagnosi di cistite è clinica, cioè sulla base di sintomi caratteristici: dolore sovrapubico, senso di peso perineale, aumento della frequenza minzionale, urgenza, necessità impellente di urinare, con talvolta incontinenza da urgenza, bruciore e/o dolore durante la minzione, senso di incompleto svuotamento, sangue nelle urine. Il tutto accompagnato dal riscontro nelle urine di batteri uropatogeni, tra cui il più frequente è l’Escherichia Coli, che ha il suo serbatoio nel nostro intestino” evidenzia la professoressa Costantini che ieri ha parlato della cistite, di come si manifesta, di come prevenirla e curarla, a Speciale Tutta Salute, su Rai3, trasmissione condotta da Michele Mirabella, Pier Luigi Spada e Carlotta Mantovan.

E la cura?

“La terapia è fondamentalmente antibiotica ma quello che oggi è diventato prioritario è riconoscere ed agire sui fattori predisponenti che sono la causa dell’alta recidività; ci sono donne che hanno anche una cistite al mese – rileva ancora -. D’altra parte l’uso indiscriminato degli antibiotici, cioè l’uso scorretto nel senso di scelta dell’antibiotico, dosaggio e durata della terapia ma anche l’autoprescrizione, tipico nella cistite è il ‘fai da te’, sono fattori che oggi hanno una estrema importanza data la ormai nota a tutti problematica dell’antibiotico-resistenza”.

Conoscere e agire sui fattori di rischio è la chiave di volta. Oltre a fattori di predisposizione genetici le infezioni urinarie possono essere legate a modificazioni anatomiche o funzionali dell’apparato urogenitale che devono essere riconosciute e trattate: l’alterato svuotamento vescicale; l’alterazione del microbiota intestinale, vaginale e perineale; igiene intima scorretta; rapporti sessuali non protetti; irregolarità intestinali (stipsi o diarrea); errori nell’alimentazione; problematiche legate alla menopausa; terapia antibiotica non adeguata.

 

Perugia, 24 giugno 2020

Testo e foto sui consigli della professoressa Costantini sulla cistite, su come prevenirla e curarla, dall’Ufficio Stampa Università degli Studi di Perugia