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Alessandro Bertero

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Un collettivo di ricerca italiano per una riflessione costruttiva sul tema della carne coltivata a supporto di un processo decisionale ragionato

Una discussione interdisciplinare sul tema dell’agricoltura cellulare diventa una nota critica revisionata tra pari: pubblicati sulla rivista One Earth 10 spunti che, a partire dal caso specifico italiano, vengono proposti ai decisori politici e agli esperti del settore.

Quello della carne coltivata è oggi un argomento polarizzante nel discorso politico mondiale. L’Italia è stato il primo Paese ad approvare una legge che vieta produzione e vendita di prodotti ottenuti tramite agricoltura cellulare: da qui l’urgenza, percepita dalle ricercatrici e dai ricercatori che studiano il tema, di impostare una riflessione che possa contribuire a guidare i decisori politici, e tutte le parti interessate, a intraprendere percorsi di valutazione ragionati, fondati su evidenza scientifica e caratterizzati da un approccio interdisciplinare.

Politecnico di TorinoUniversità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Università di Torino, insieme all’Università di Roma Tor Vergata, all’Università di Trento, a The Good Food Institute Europe e all’Istituto di scienze delle produzioni alimentari, si pongono in prima fila nell’affrontare una sfida ben precisa: promuovere un sostegno bipartisan alla ricerca scientifica, che permetta a questa di verificare se siano plausibili la sostenibilità e la praticabilità dell’agricoltura cellulare, per poi lasciare alle parti politiche le decisioni in materia di policy. È fondamentale sensibilizzare la coscienza collettiva sull’importanza di garantire ricerca libera e rispettata a priori, tenuta ben distinta dalle scelte regolamentari, necessarie ma attinenti a un dominio diverso in una democrazia che ha tra i propri valori il progresso della conoscenza.

Le ricercatrici e i ricercatori coinvolti nel progetto – 19 in tutto – hanno quindi elaborato dieci spunti confluiti in una nota critica revisionata tra pari pubblicata oggi su One Earth, la rivista dell’editore scientifico Cell Press che si occupa specificatamente di sostenibilità. Dal titolo “Cultivated meat beyond bans: Ten remarks from the Italian case toward a reasoned decision-making process” l’articolo – ad accesso libero e gratuito – vede nel ruolo di autori corrispondenti Michele Antonio Fino, professore di diritto all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Alessandro Bertero, professore di biotecnologie all’Università di Torino, e Diana Massai, professoressa di bioingegneria al Politecnico di Torino. Hanno con loro partecipato alla stesura del testo esperti in biologia delle cellule staminali e dei muscoli, medicina rigenerativa e ingegneria dei tessuti, bioingegneria, ingegneria industriale, tecnologie e sicurezza alimentare, diritto comparato, filosofia etica, semiotica, psicologia e percezione del consumatore, nonché comunicazione scientifica.

L’attenzione delle ricercatrici e dei ricercatori si è concentrata in primo luogo sulla libertà della ricerca, necessaria all’innovazione. Come garanzia della libertà serve un uso corretto del linguaggio per riferirsi al tema: termini quali “coltivato” o “carne coltivata” – che riportano all’origine biologica delle cellule e al metodo di produzione – non sono equivalenti a “artificiale” o “carne sintetica”. Altrettanto fondamentale è la salvaguardia dell’integrità delle informazioni trasmesse, il discorso pubblico deve infatti diffidare di tutte quelle scorciatoie linguistico-concettuali usate per descrivere i prodotti dell’agricoltura cellulare e che rischiano di compromettere la capacità degli individui di formarsi una propria opinione sulla base dei dati.

L’agricoltura cellulare ha un potenziale importante, in un mondo che si trova oggi ad affrontare sfide alimentari e ambientali non più rimandabili, con la previsione di una crescita della popolazione che raggiungerà tra i 9 e gli 11 miliardi entro il 2050. Ed è pertanto irresponsabile minare la fiducia dei consumatori nella valutazione dei nuovi alimenti, mettendo in discussione le autorità competenti in materia, qual è l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

Nel testo si evidenzia quindi l’importanza di fornire consistente sostegno alla ricerca pubblica allo scopo di mitigare i rischi di iniquità associati ai brevetti privati e ai potenziali monopoli. Gli autori e le autrici si rivolgono ai decisori politici per richiedere una stabilità normativa che possa sostenere gli sforzi della ricerca e il potenziale trasferimento tecnologico in tema di nuovi alimenti. Non manca, infine, un riferimento alla libertà individuale nelle scelte alimentari: una volta appurata la sicurezza e approvata la produzione, la libertà di compiere scelte alimentari non deve essere infatti limitata da alcuna maggioranza ma lasciata al singolo.

“Negli ultimi anni, in diversi paesi è emersa una linea politica contraria alla carne coltivata non fondata sui risultati di una ricerca scientifica compiuta – commentano Alessandro BerteroMichele Antonio Fino e Diana Massai – La situazione creatasi in Italia, con la conseguente crisi di conoscenza acuita da decisioni politiche basate su informazioni come minimo incomplete, ha ispirato la nascita di un collettivo di ricerca fortemente interdisciplinare. La posizione che ne è scaturita è un appello argomentato a riportare il sapere scientifico e la ricerca al centro del dibattito su un tema cruciale com’è quello della agricoltura cellulare. In quanto settima economia mondiale, l’Italia ha la responsabilità di contribuire in modo attivo e consapevole al progresso della conoscenza, prima che venga svolta qualsiasi valutazione su tecnologie capaci di influire sul futuro alimentare globale”.

Torino, 20 dicembre 2024

il primo hamburger di carne coltivata (2013) a Londra, prodotto dall'Università di Maastricht. Fotogramma World Economic Forum estratto da video YouTube (7:53), CC BY 3.0
il primo hamburger di carne coltivata (2013) a Londra, prodotto dall’Università di Maastricht. Fotogramma World Economic Forum estratto da video YouTube (7:53), CC BY 3.0

Testo dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

BATTITO REGOLARE: un innovativo studio internazionale, codiretto dal Prof. Alessandro Bertero, aggira il rischio di aritmie legate ai trapianti di cellule staminali grazie a metodiche di editing genetico.

Alessandro Bertero aritmie cellule staminali editing
Alessandro Bertero. Foto di Maurizio Marino

Ritmo cardiaco finalmente regolare, addio aritmie ed arresti cardiaci. Per la prima volta una nuova metodica per riparare il cuore infartuato evidenzia gli effetti positivi delle cellule staminali ingegnerizzate.

Negli ultimi anni è emerso che trapiantare cellule di cuore differenziate da cellule staminali ha un grande potenziale terapeutico, ma espone il paziente ad un periodo transitorio molto pericoloso, caratterizzato di severi disturbi del ritmo cardiaco, come le aritmie.

In questo studio innovativo è stato scoperto il meccanismo molecolare che porta ad un’incompatibilità tra le cellule trapiantate ancora “immature” e quelle del cuore adulto. E ciò influenza la capacità delle cellule immature di battere ritmicamente in modo analogo alle cellule del pacemaker adulto ma diversamente dal resto del cuore.

I risultati della ricerca mostrano, invece, l’assenza di aritmie legate al trapianto quando si applicano metodiche di editing genetico (CRISPR/Cas9) per ingegnerizzare delle cellule staminali. Esse, una volta differenziate nel muscolo cardiaco, non si contraggono più spontaneamente, ma solo in risposta ad uno stimolo elettrico come quello inviato dal pacemaker.

“Siamo stati sorpresi da quanti meccanismi inducano un battito spontaneo rapido nelle cellule immature: per ottenere delle cellule che seguano il ritmo del cuore adulto ci sono voluti ben quattro modifiche geniche, ed altrettanti anni di lavoro” – chiarisce la Dr.ssa Silvia Marchianò, prima firmataria dello studio.

I risultati dello studio, intitolato “Gene editing to prevent ventricular arrhythmias associated with cardiomyocyte cell therapy”, sono stati pubblicati il 6 aprile su Cell Stem Cell, la più prestigiosa rivista nel campo delle cellule staminali. Uno studio co-coordinato da Alessandro Bertero, responsabile del laboratorio Armenise-Harvard di genomica dello sviluppo e ingegneria cardiaca presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e dal Prof. Chuck Murry, Direttore dell’ “Institute for Stem Cell and Regenerative Medicine” dell’Università di Washington.

“In studi tuttora in corso si sta valutando l’efficacia di questo trattamento in coorti precliniche più ampie. In base ai dati ottenuti finora siamo ottimisti che le cellule ingegnerizzate mantengano la loro capacità di ripristinare la funzione contrattile del cuore danneggiato da infarto o altre patologie genetiche che portano all’indebolimento della muscolatura cardiaca” – ha dichiarato il Prof. Alessandro Bertero, giunto in Italia grazie al finanziamento della Fondazione Armenise-Harvard.

La pubblicazione dello studio arriva subito dopo la notizia del finanziamento di oltre 7 milioni di euro, conferito dal Ministero dell’Università e della Ricerca al Dipartimento di Biotecnologie e Scienze per la Salute UniTo nell’ambito del bando Dipartimenti di Eccellenza, ottenuto grazie al progetto EXPECT (EXcellence Platform for Engineered Cell Therapies). Il progetto quinquennale (2023 – 2027) si focalizza su cellule immunitarie antitumorali già validate nella pratica clinica. A fianco di ciò, costruendo sulle basi poste in questo lavoro, il gruppo di ricerca recentemente stabilito dal Prof. Bertero ambisce a portare in Italia terapie sperimentali a base di cellule ingegnerizzate anche per il cuore.

“Nel Dipartimento di Biotecnologie e Scienze per la Salute UniTo, oltre al Professor Bertero lavora anche la Professoressa Chiara Ambrogio, a sua volta vincitrice del Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard.” – dichiara Elisabetta Vitali, direttrice dei programmi italiani della Fondazione – “Sono 2 dei 30 eccellenti scienziati che abbiamo portato in Italia in oltre 25 anni di attività. Tutti sono accomunati da risultati straordinari, per numero e qualità delle pubblicazioni e per la capacità di attrarre finanziamenti: ciò significa che investire nella ricerca e negli scienziati più promettenti, non per forza italiani, significa investire nel futuro dell’Italia.”

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

È rientrato all’Università di Torino, dove si era laureato, dopo 10 anni di ricerca sulla genomica e l’ingegneria cardiaca a Cambridge e Seattle

ALESSANDRO BERTERO, DAGLI USA A TORINO PER STUDIARE LE MALATTIE AL CUORE

Il ricercatore piemontese è il vincitore del Career Development Award della Fondazione Armenise Harvard, che finanzia fino a un milione di dollari per 5 anni per l’avvio di nuovi laboratori di ricerca in Italia. 

Alessandro Bertero. Crediti: Maurizio Marino

Torino, 2 luglio 2021. Alessandro Bertero ha scelto Torino per avviare un laboratorio in cui svolgere le proprie ricerche sul cuore.

È un po’ come tornare a casa, sono partito da neolaureato e ora che ho la possibilità di essere leader di un team di ricerca sulle malattie cardiache, ho scelto di ritornare a Torino.” – spiega Alessandro Berteroche per10 anni ha lavorato all’estero, all’Università di Cambridge e di Washington.

Come “dote”, Bertero porta un finanziamento di 1 milione di dollari (200.000 dollari all’anno per 5 anni) della Fondazione Giovanni Armenise Harvard, vinto dopo essersi aggiudicato il competitivo bando Career Development Award del 2020.

Grazie a questo finanziamento, Alessandro Bertero dà ufficialmente il via al suo nuovo Laboratorio Armenise-Harvard di Genomica dello Sviluppo ed Ingegneria Cardiaca al Molecular Biotechnology Center (MBC) dell’Università di Torino. Lo stesso Ateneo dove aveva iniziato la sua formazione scientifica con il biologo cellulare Guido Tarone, laureandosi nel 2009 in biotecnologie e specializzandosi nel 2011 in biotecnologie mediche.

Alessandro Bertero Torino
Alessandro Bertero. Crediti: Maurizio Marino

Dopo aver vinto una borsa di dottorato dalla “British Heart Foundation”, Bertero si è trasferito all’Università di Cambridge nel Regno Unito, dove ha lavorato sulle cellule staminali. Successivamente ha continuato la sua carriera a Seattle grazie a un finanziamento di EMBO, che gli ha permesso di specializzarsi nei meccanismi dello sviluppo cardiaco, con un focus sulla cardiomiopatia dilatativa ereditaria, una grave malattia genetica al cuore ad oggi curabile soltanto attraverso il trapianto d’organo.

“Conosciamo troppo poco le basi molecolari delle malattie cardiache, che restano la più comune causa di morte – spiega Bertero – e l’obiettivo del mio laboratorio sarà proprio quello di capire quali sono i geni coinvolti in queste gravi patologie. E magari, in futuro, la mia ricerca potrebbe portare allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici, in particolare di medicina rigenerativa per le cardiopatie congenite, la più comune malformazione potenzialmente letale nei neonati. Chiarire i meccanismi di regolazione genica alla base dello sviluppo embrionale e delle patologie cardiache può infatti fornire le conoscenze necessarie per generare cellule e tessuti da utilizzare per la rimuscolarizzazione del cuore”. 

“Siamo orgogliosi di riportare in Italia e presso Università degli Studi di Torino un altro ricercatore eccellente – dichiara la Prof.ssa Fiorella Altruda, Direttrice del Molecular Biotechnology Center dell’Università di Torino – che si aggiunge ad altri, con un riconoscimento prestigioso dalla Fondazione Armenise Harvard. Il Centro di Biotecnologie Molecolari con il dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute sta investendo su giovani che hanno maturato all’estero ottime competenze che dalla comprensione dei meccanismi cellulari aprono la via a nuovi approcci terapeutici. Il reclutamento di giovani ricercatori molto brillanti permette di aumentare la massa critica indispensabile per competere nella ricerca a livello internazionale.” 

33 anni e originario di Bra, comune in provincia di Cuneo, Alessandro Bertero è l’ultimo dei 29 vincitori del grant Career Development Award Armenise Harvard, che promuove la ricerca di base in campo biomedico.  Ogni anno la Fondazione premia uno o più promettenti giovani scienziati, italiani e non, che vogliano aprire un proprio laboratorio di ricerca in Italia.

Attualmente sono aperte le candidature per il Career Development Award 2021, con scadenza il prossimo 15 luglio. Tutte le informazioni sul sito della Fondazione Armenise Harvard https://armeniseharvard.org/

Testo dall’Università degli Studi di Torino