News
Ad
Ad
Ad
Tag

Adele Bertini

Browsing

STUDIO INTERNAZIONALE GUIDATO DA UNITO: PERCHÉ L’ITALIA È UNA “PENISOLA FELICE” PER RANE E SALAMANDRE

Il lavoro dei paleontologi mette in relazione i cambiamenti climatici avvenuti negli ultimi milioni di anni con la distribuzione di rettili e anfibi nell’Europa meridionale. È necessario monitorare con attenzione la salute degli anfibi italiani e concentrare gli sforzi di conservazione sulla nostra penisola, anche considerata l’elevatissima sensibilità di questi animali al cambiamento climatico in atto.

 

Un lavoro frutto di una collaborazione internazionale che vede coinvolti esperti paleontologi delle Università di Torino e di Firenze, ma anche dell’Università di Helsinki e dell’Istituto Catalano di Paleontologia Miquel Crusafont, ha messo in luce le correlazioni tra gli eventi climatici degli ultimi 3-4 milioni di anni e la distribuzione odierna di rettili e anfibi nell’Europa mediterranea. Secondo il recente studio, pubblicato su Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, la maggiore umidità relativa avrebbe permesso ad anfibi come le salamandre di trovare nella Penisola Italiana un rifugio accogliente in cui poter sopravvivere. Al contrario, eventi di freddo estremo non hanno permesso la sopravvivenza di alcuni rettili che oggi troviamo ancora nella Penisola Iberica e nei Balcani, ma non più in Italia.

Il gruppo di paleoerpetologi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, guidato dal Prof. Massimo Delfino, si occupa da anni di ricostruire la biogeografia del passato delle diverse specie di anfibi e rettili che vivono nel nostro territorio (e non solo).

Una solida conoscenza del record fossile è l’unica base possibile per avere accesso diretto alla storia passata degli organismi che ci circondano – spiega il Prof. Delfino – e di conseguenza indagare le loro reazioni ai cambiamenti climatici già avvenuti sulla Terra”.

Lo studio ha evidenziato come la Penisola Italiana abbia perso nel periodo di tempo considerato numerose specie di rettili che in passato la abitavano e che oggi si ritrovano ancora nelle penisole Balcanica e Iberica. Tra questi, lo pseudopo (Pseudopus apodus) e lo stellione (Stellagama stellio) o un loro parente stretto. Questo è dovuto ad alcuni intervalli di poche decine di migliaia di anni caratterizzati da un clima particolarmente inadatto a questi rettili nella nostra penisola, laddove invece le aree più meridionali di Balcani e Iberia hanno mantenuto condizioni meno avverse.

Diversamente dai rettili, la distribuzione degli anfibi, e in particolare delle salamandre, è maggiormente controllata dai livelli di precipitazioni e quindi di umidità. Il maggior grado di umidità ricostruito dagli autori per il territorio italiano ha, pertanto, determinato la presenza di un rifugio particolarmente ospitale per gli anfibi durante i periodi “difficili” degli ultimi 3 milioni di anni.

Queste condizioni più umide sono testimoniate sia da analisi di modellizzazione della nicchia climatica sia da indagini parallele fondate sull’utilizzo del record fossile di altri gruppi (come i mammiferi e le piante) per ricostruire i livelli di precipitazione del passato.

Quanto si osserva per la distribuzione degli anfibi è valido anche per alcune specifiche piante del passato, che richiedevano la presenza di estati umide”, osservano i paleobotanici Prof. Edoardo Martinetto (Università di Torino) e Prof.ssa Adele Bertini (Università di Firenze). “E non è escluso che pattern simili si possano osservare anche in gruppi diversi, soprattutto di organismi legati ad ambienti di acqua dolce”, aggiunge il Prof. Giorgio Carnevale (Università di Torino).

Ho creduto molto in questo lavoro, perché penso che il record fossile abbia molto da dirci e che guardando al passato possiamo mettere in prospettiva gli eventi che accadono sotto i nostri occhi”, sottolinea la Dott.ssa Loredana Macaluso, prima autrice dell’articolo e attualmente ricercatrice alla Università Martin Luther University Halle-Wittenberg in Germania, che ha svolto il suo dottorato su questo tema presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino. “Il contributo di diverse branche della paleontologia e la collaborazione tra diversi esperti sono stati fondamentali per avere il quadro completo, consentendo l’unione di tutti i pezzi del puzzle. Proprio in considerazione della loro particolare storia evolutiva e biogeografica, le salamandre dovrebbero essere fra i nostri simboli e orgogli naturalistici, visto che la loro biodiversità nel nostro paese rappresenta un unicum a livello europeo e mondiale, con molte specie endemiche (e dunque esclusive del nostro territorio). Dovremmo capire che abbiamo una responsabilità molto alta riguardo la loro conservazione e che dovremmo iniziare a preoccuparcene seriamente”.

Italia, “penisola felice” per rane e salamandre. Gallery

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

Biodiversità e clima: dal lago di Ocrida il segreto della resilienza delle foreste ai cambiamenti globali

Lo studio di un team internazionale di ricercatori coordinati dalla Sapienza, individua il ruolo del grande bacino d’acqua dolce situato al confine tra Albania e Macedonia del Nord, come di area di rifugio per le piante e gli alberi durante fasi climatiche sfavorevoli. La ricerca pubblicata su PNAS fornisce un importante contributo allo studio dei rifugi forestali e alle ricerche sulla conservazione e diversificazione delle foreste.

biodiversità clima lago di Ocrida
Biodiversità e clima: dal lago di Ocrida il segreto della resilienza delle foreste ai cambiamenti globali. In foto, il lago di Ocrida, piattaforma al tramonto. Foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

La conservazione e il ripristino delle foreste sono importanti strumenti di contrasto alle minacce causate dalla frammentazione degli habitat e dal cambiamento globale. Ma per favorire la diversificazione e la resilienza delle foreste occorre prima capire le dinamiche di risposta delle piante ai cambiamenti climatici del passato.

Uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), coordinato dal Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza, analizzando polline e spore fossili da campioni di sedimenti provenienti dal fondo del lago di Ocrida, un grande bacino d’acqua dolce situato al confine tra Albania e Macedonia del Nord, identifica e descrive la risposta di numerosi elementi forestali ai cambiamenti climatici determinati dalle oscillazioni glaciali-interglaciali negli ultimi 1,36 milioni di anni.

Il record dei sedimenti del lago di Ocrida rappresenta il più antico archivio lacustre continuo d’Europa, a partire da quando il lago si generò.

Questa nuova ricerca spiega l’importanza di un’area umida qual è il lago Ocrida, come rifugio per le piante durante le fasi climatiche meno favorevoli, quelle aride e fredde.

I risultati suggeriscono che circa 1,16 milioni di anni fa la zona del lago di Ocrida era caratterizzata da foreste che lasciarono il posto a un ambiente più aperto, con erbe e arbusti indicatori di un aumento dell’aridità e dell’approfondimento delle acque lacustri. A questa fase seguì un’altra transizione, circa 0,94 milioni di anni fa, dovuta alla risposta della vegetazione a cicli glaciali-interglaciali sempre più lunghi e accentuati. Numerose piante, altrove estinte o rare, hanno avuto una maggiore persistenza nella zona di Ocrida, dimostrando che il lago era un’area di rifugio, almeno fino a circa 1 milione di anni fa. Lo studio mette anche in evidenza come molti alberi abbiano avuto decrescite più o meno rapide, prima di scomparire.

“La valutazione degli effetti a lungo termine rispetto a clima globale e cambiamento della vegetazione locale – spiega Alessia Masi della Sapienza – rivela un’influenza significativa delle condizioni interglaciali umide sulla successiva composizione e diversità vegetale nel periodo glaciale”.

“Questo effetto – conclude Laura Sadori della Sapienza, coordinatrice dello studio – è opposto nelle osservazioni alle alte latitudini, dove l’intensità glaciale è nota per controllare la successiva vegetazione interglaciale, e le evidenze dimostrano che il bacino del lago di Ocrida ha funzionato come rifugio sia per le specie arboree termofile che per quelle temperate”.

Secondo gli autori, il record del lago di Ocrida può dare un contributo notevole alla gestione delle foreste e alle ricerche sulla loro resilienza ai futuri cambiamenti climatici.

 

Riferimenti:

1.36 million years of Mediterranean forest refugium dynamics in response to glacial-interglacial cycle strength  Timme Donders, Konstantinos Panagiotopoulos, Andreas Koutsodendris, Adele Bertini, Anna Maria Mercuri, Alessia Masi, Nathalie Combourieu-Nebout, Sébastien Joannin, Katerina Kouli, Ilias Kousis, Odile Peyron, Paola Torri, Assunta Florenzano, Alexander Francke, Bernd Wagner, Laura Sadori. – PNAS 2021 DOI: https://doi.org/10.1073/pnas.2026111118

 

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma