ACCENSIONE DI UNA LAMPADA AD ARCO VOLTAICO OTTOCENTESCA AL BO
RIEVOCAZIONE STORICA DELL’EVENTO DEL 31 AGOSTO DEL 1853
Nell’ambito delle celebrazioni per l’inaugurazione del nuovo Museo di Storia della Fisica dell’Università di Padova intitolato a Giovanni Poleni ieri, 31 agosto alle ore 21.00 nel Cortile antico di Palazzo Bo sede dell’Università di Padova, è stata accesa una lampada ad arco voltaico per ricordare l’accensione della prima illuminazione elettrica del Veneto.
Organizzato dal Dipartimento di Fisica e Astronomia e dal Centro per i Musei dell’Università di Padova, l’evento ha riproposto a distanza di 168 anni una delle prime dimostrazioni di illuminazione elettrica pubblica in Italia voluta e organizzata da Francesco Zantedeschi, professore di fisica presso l’Ateneo patavino.
Il 31 agosto del 1853, infatti, proprio nel utilizzando una lampada ad arco voltaico, Zantedeschi illuminò il Cortile Antico di Palazzo del Bo dalle 20 fino a mezzanotte, suscitando meraviglia nella popolazione. Sembra che gli abitanti dei vicini Colli Euganei, abbiano creduto si trattasse addirittura di un incendio in città. La serata è stata aperta con i saluti del Rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto, dell’Assessora del Comune di Padova, Francesca Benciolini, del direttore del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Ateneo, Flavio Seno, della direttrice Valentina Casi del MUMEC (Museo dei Mezzi di Comunicazione di Arezzo) e del curatore scientifico del MUMEC, Fausto Casi. Dopo l’intervento sull’illuminazione elettrica nell’800 di Paolo Brenni (Museo Galileo di Firenze) e lo spettacolo teatrale ‘Il 31 agosto 1853 a Padova’ con Lorenzo Maragoni e accompagnamento musicale di Annamaria Moro e Francesco Rocco, è stata accesa da Fausto Casi la lampada ad arco voltaico ottocentesca prestata dal MUMEC.
Caratteristiche tecniche
Lampada ad arco con regolatore del tipo Victor Serrin della metà del 1800
Proprietà: “Collezione Fausto Casi di Arezzo”
Gestione del MUMEC – Museo dei Mezzi di Comunicazione
Lampada ad arco per illuminazioni di gallerie teatri e luoghi all’aperto è usata anche nel campo fotografico per l’impressione dei dagherrotipi negli anni 1850 – 1870. La ditta di costruzione e della ditta ”Tecnomasio Italiano – Milano”, con ulteriore firma di ”Ing. Longoni Luigi”, uno dei fondatori della Tecnomasio Italiano con Carlo Dell’Acqua e Alessandro Duroni. I due carboni si accendono al centro di una parabola in rame argentato e lucidato, che riflette il bagliore dell’arco voltaico nell’ambiente circostante con una intensità di luce che all’epoca non aveva concorrenza. L’apparato ha un controllo del consumo dei due elettrodi di carbone, per mantenere l’arco luminoso al massimo del rendimento, costituito da un regolatore del tipo inventato a Parigi da Victor Serrin (1829-1905) che, assieme a Foucault, Dubosque ed altri, risolsero il problema del mantenimento della distanza degli elettrodi con complessi apparati elettromeccanici di nuova concezione rendendo queste lampade delle vere e proprie “macchine automatiche” i cui primi modelli erano costosissimi. L’alimentazione dell’apparato, in questi primi esperimenti, era effettuata con un complesso circuito di PILE a tazza del tipo BUNSEN con almeno 80 – 100 elementi1, posti in serie/parallelo. Oggi alimentiamo l’apparato dalla corrente alternata di linea al 220 Volt, utilizzando un alimentatore/raddrizzatore che fornisce corrente unidirezionale con le seguenti caratteristiche: primo trasformatore da circa 1.000 Volt/Ampere di potenza da 220 a 110 Volt; secondo trasformatore, sempre da circa 1.000 Volt/Ampere primario 110/ secondario 30 Volt misurata costantemente con il suo strumento (Voltmetro) originale ancora funzionante; uscita del secondo trasformatore con corrente al secondario 30 Ampere, collegato ad un grosso; reostato a filo con un commutatore a 4 posizioni per la regolazione dell’assorbimento; l’uscita del reostato, il centrale del commutatore, è messa in serie al raddrizzatore costituito dai due diodi di grossa potenza che, per garantire l’alto assorbimento senza nuocere, sono stati posti in parallelo, accollandosi ciascuno la metà della corrente richiesta dalla lampada; un grosso condensatore elettrolitico, da 22.000 Micro Farad, è collegato all’uscita del raddrizzatore in modo che, con la sua carica dovuta alla presenza della semionda, possa fornire una tensione di uscita non solo raddrizzata ma anche abbastanza livellata.
Il Museo “Giovanni Poleni”, che si trova in via Loredan 10 a Padova, aprirà le porte al pubblico a partire dal 2 settembre con un nuovo riallestimento capace di valorizzare a pieno la collezione dei 499 oggetti esposti. Dall’astrolabio alle macchine a vapore, dal battipalo che servì per la ricostruzione del ponte di Bassano alla macchina divulsoria ideata da Poleni per il restauro della Cupola di San Pietro, per citare solo alcuni degli oggetti che compongono una delle collezioni più ricche d’Europa.
Info: musei.unipd.it/fisica
Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università di Padova.